Ancora sui BRICS, il Nicaragua e il Brasile
Alle origini della rottura tra Ortega e Lula le pressioni esercitate da quest’ultimo affinché il paese centroamericano rimanesse escluso dai Brics.
di Bái Qiú’ēn
«Per ingannare il mondo, assumi il suo aspetto, nella lingua appari come il fiore innocente, ma sii la serpe che vi si cela sotto…». (William Shakespeare, Macbeth)
L’uomo politico pragmatico è colui che agisce con senso pratico e concreto. Ossia che “mira al sodo”. I vari megafoni dell’orteguismo hanno da sempre strombazzato il notevole pragmatismo di Daniel. Il che poteva forse avere un fondamento fino all’aprile del 2018, quando esplose del tutto inaspettata l’insofferenza di una grossa fetta della popolazione e lui agì soprattutto d’istinto (dopo il rientro precipitoso da Cuba, dove stava sottoponendosi ad alcune cure mediche). Quel momento fu uno spartiacque che separò nettamente il prima e il dopo.
Le critiche anche aspre di numerosi esponenti della sinistra latinoamericana nei confronti della gestione eccessivamente repressiva della situazione da parte del governo orteguista fece perdere la bussola a Daniel, sempre più influenzato dalla lucida follia della moglie e vicepresidente Rosario. Il risultato fu una evidente attualizzazione pratica della tragedia shakespeariana del re di Scozia Macbeth e della relativa perfida consorte divorata dall’ambizione.
Senza alcuna visione pragmatica Daniel iniziò a spargere veleni nei confronti di chiunque lo criticasse, specialmente se era di sinistra. Le sue dichiarazioni, spesso offensive e sempre aggressive nei confronti dei vari uomini politici latinoamericani di sinistra lo hanno condotto all’isolamento continentale. Non a caso, all’inizio di ottobre 2024 Pepe Mujica aveva affermato che il governo del Nicaragua era indifendibile.
L’esempio più evidente di questo folle comportamento a livello internazionale è senza dubbio quello nei confronti di Lula. Oltre alle parole, pure le scelte avventate hanno contribuito alla sostanziale rottura con il presidente brasiliano. Ho già parlato della rottura dei rapporti diplomatici a causa di una “ripicca” infantile: l’ambasciatore brasiliano a Managua non aveva partecipato alla celebrazione partitica del 19 luglio 2024 e fu espulso dal Paese. Per reciprocità, Lula fece lo stesso con l’ambasciatrice nicaraguense a Brasilia.
La mossa di Daniel fu assolutamente stupida: era infatti in ballo l’entrata del Nicaragua nei BRICS e il Brasile, in quanto membro fondatore (e quindi di peso), non doveva essere provocato (qualunque uomo politico pragmatico, avrebbe ingoiato il rospo e, tutt’al più, chiesto chiarimenti, accettandoli di buon grado anche se spiacevoli).
Come se non bastasse, un figlio di re Macbeth, Juan Carlos, il 18 ottobre aveva postato su X un messaggio diretto a Lula: «Que tus años, miedo y comodidad te hayan alejado de esa meta es muy cosa tuya». Il fatto che i tuoi anni, la tua paura e le comodità ti abbiano allontanato da quella meta, è un affare tuo. La meta è ovviamente il comunismo, dalla quale il presidente brasiliano, per sua stessa volontà, si sarebbe allontanato. Altrettanto ovviamente, il comunismo è quello instaurato in Nicaragua dal novello Stalin. «Caro @LulaOficial, il comunismo non è un demone. È un’aspirazione delle anime più elevate del mondo, alla ricerca dell’uguaglianza e della giustizia per tutti», aveva scritto lo stesso Juan Carlos Macbeth dal castello scozzese di Cawdor.
Il giorno prima sulle pagine web del portale ufficiale El 19 Digital era apparso attacco a tutto campo contro lo stesso Lula che «Morde e tradisce la sinistra scodinzolando all’impero», definendolo un politico corrotto, riprendendo non soltanto in modo del tutto acritico le accuse rivoltegli in passato dalla destra brasiliana (per la faccenda nota come Lava Jato) ma affermando che «Lula Da Silva era stato dichiarato colpevole dei reati di corruzione passiva e riciclaggio di denaro, ma gli esperti legali affermarono all’epoca che, poiché i processi erano stati annullati per ragioni tecniche, l’innocenza di Lula non era stata provata». All’anagrafe, l’autore è registrato come Stalin Vladimir Centeno. Nome che la dice lunga e non necessita di commenti. Peraltro pubblica una rivista digitale che, con una raccapricciante fantasia, ha come testata il suo stesso primo nome Stalin.
Orbene, nella seduta inaugurale dell’incontro dei BRICS che si è svolta quattro giorni dopo, il 22 ottobre a Kazan (Russia), è stata esclusa la possibilità per il Nicaragua di farne parte (l’hanno invece la Bolivia e Cuba). Proprio il Brasile di Lula ha esercitato una notevole pressione politica sugli altri membri, ponendo sostanzialmente il veto alla entrata del Nicaragua. Almeno per ora.
È stata senza dubbio una forte umiliazione per Daniel, che poche settimane prima aveva catalogato il governo di Lula tra quelli «servili e traditori», ossia quelli retti dalla sinistra in America latina ma che non sostengono il “socialismo” orteguista. Il passo è davvero breve verso la riproposizione dello slogan «molti nemici, molto onore».
Come era da aspettarsi, il portale ufficiale El 19 Digital ha evitato accuratamente di accennare a questa esclusione, continuando comunque a inneggiare ai BRICS, a Putin e a Xi (ma evitando accuratamente di nominare Lula e il Brasile). La stessa Rosario, nel suo quotidiano sproloquio del 24 ottobre, ha accuratamente evitato di pronunciare le parole «Brasile» e «Lula». Anzi, con un uso assai disinvolto delle parole, ha lasciato falsamente intendere che il Nicaragua fa oggi parte dei BRICS («creando la Comunidad de Futuro, ese Futuro hacia el que vamos tod@s, habitando plenamente, desde ya, el Mundo Nuevo»).
Chissà se Daniel ha appreso la lezione della non convenienza di attaccare e offendere politicamente chiunque non la pensa esattamente come lui (e come Rosario)? In ogni caso, pare intenzionato a continuare a bussare alla porta nella speranza che qualcuno la apra, invece di sbattergliela in faccia.
Ortega su lula ha detto solo il vero. Si è vista la pugnalata alle spalle al Venezuela. Lula si è venduto agli yanquis. Sic et simpliciter. Virrebbe fate il triplo gioco come il presidente turco, ma non ha la capacità di Erdogan