Presidenziali Uruguay: ballottaggio il 24 novembre

Al primo turno Yamandú Orsi, del Frente Amplio, ha ottenuto il 15% di consensi in più rispetto al blanco Álvaro Delgado, ma, in caso di vittoria, al centrosinistra è richiesto un cambio di rotta radicale, soprattutto in ambito economico. Non hanno raggiunto il quorum i referendum su sicurezza e previdenza sociale.

di David Lifodi

Occorrerà attendere il 24 novembre per sapere quale sarà il prossimo presidente dell’Uruguay, tuttavia sembra abbastanza chiara, a meno di clamorose sorprese, la tendenza dell’elettorato che, al primo turno, il 27 ottobre scorso, ha votato in larga maggioranza per il candidato frenteamplista Yamandú Orsi, il quale ha ottenuto circa il 42,3% delle preferenze. A sfidarlo, sarà il blanco Álvaro Delgado, del Partido Nacional, con il 27,6% dei voti.

Un altro aspetto rilevante riguarda il fallimento dei due referendum, non meno importanti delle presidenziali, relativi alla riforma della previdenza sociale e alla modifica dell’articolo 11 della Costituzione sugli allanamientos nocturnos, cioè l’eventuale possibilità che le forze di polizia abbiano garantito il diritto di compiere perquisizioni notturne nelle abitazioni dei cittadini sospettati di aver commesso dei crimini, una misura rivolta soprattutto contro i movimenti sociali. Entrambi i referendum, di cui il secondo voluto fermamente dal presidente uscente, il blanco Lacalle Pou, non hanno raggiunto il quorum, fermandosi intorno al 38% dei voti espressi.

Per i colorados il voto di ieri rappresenta una vera debacle: il loro candidato, Andrés Ojeda, con il suo 16% di consensi, non ha raggiunto il ballottaggio e il referendum sugli allanamientos nocturnos, su cui gli stessi colorados, oltre al Partido Nacional, avevano scommesso molto, si è rivelato un fallimento. Adesso resta però da chiedersi se, in vista del secondo turno, l’elettorato dei colorados, come del resto quello di partitini di estrema destra quali tra i quali Identidad Soberana e il battagliero Cabildo Abierto dell’ex generale dell’esercito Guido Manini Ríos (finanziato da UnoAmérica, entità legata ai repubblicani Usa) apertamente simpatizzanti del regime militare di Bordaberry (1973-1985), si coalizzeranno allo scopo di impedire la vittoria del Frente Amplio il prossimo 24 novembre.

Nel 2019, Lacalle Pou, come del resto oggi Delgado, doveva colmare, al secondo turno, il distacco dal candidato frenteamplista di allora, Daniel Martínez, e fu proprio grazie alla capacità di coalizzarsi di colorados ed estrema destra che riuscì a raggiungere la presidenza del paese.

Resta la delusione, invece, per il mancato raggiungimento del quorum per il referendum proposto dal Pit-Cnt (Plenario Intersindical de Trabajadores – Convención Nacional de Trabajadores) e dalle altre organizzazioni popolari, che puntavano a fissare a 60 anni l’età della pensione e ad equiparare le pensioni minime al salario minimo nazionale.

Il prossimo Parlamento, alla Camera, vedrà la maggioranza del Frente Amplio, con 47 seggi, rispetto ai 29 del Partido Nacional e ai 9 del Partido Colorado. Anche al Senato, la maggioranza sarà frenteamplista con 15 senatori contro i 9 dei blancos e i 5 dei colorados.

Alla vigilia del primo turno, l’unica cosa certa era che Lacalle Pou avrebbe lasciato la presidenza del più piccolo paese del Cono Sur latinoamericano con una popolarità al minimo storico. Secondo i sondaggisti di Cifra, nel 2020, nonostante le difficoltà dovute anche alla pandemia, aveva un indice di gradimento intorno al 63%, poi scivolato, nei giorni precedenti al voto, al 45%. Inoltre, ha ricordato Gustavo Veiga sul quotidiano argentino Página12, il governo di Lacalle Pou ha indebitato il paese per 15.000 milioni di dollari e rinunciato alla gestione del porto della capitale, Montevideo, per affidarlo alla multinazionale belga Katoen Natie, la quale ne potrà disporre a piacimento per 60 anni.

Su Lacalle Pou pesa anche l’accusa di legami con il narcotraffico perché è stato proprio il suo governo a consegnare il passaporto al signore della droga Sebastián Marset, alla guida del Primer Cártel Uruguayo e sul quale pendeva un mandato d’arresto dell’Interpol. Un altro scandalo ha coinvolto il suo capo della sicurezza, Alejandro Astesiano, accusato di traffico di influenze e spionaggio nei confronti di dirigenti dei partiti d’opposizione, ma adesso in libertà, grazie al fin troppo magnanimo regime di libertà condizionale.

Tuttavia, se l’atteso cambiamento alla guida del paese è ritenuto necessario per farla finita, in primo luogo, con la ricetta neoliberista che applicherebbe Delgado in caso di vittoria, a sinistra sono in molti a pensare che Orsi e il Frente Amplio, in caso di successo, debbano a loro volta cambiare rotta in senso più radicale. Ad esempio, in relazione al referendum sul welfare proposto dal Pit-Cnt, il Frente Amplio non si è impegnato più di tanto, nonostante un’istituzione statale quale il Banco de Previsión Social, che amministra e gestisce la previdenza sociale dei lavoratori, sia stata progressivamente smantellata e saccheggiata a vantaggio delle amministrazioni private.

Anche in relazione al referendum sugli allanamientos nocturnos, il Frente Amplio, non si è adoperato particolarmente per evitare il raggiungimento del quorum, su cui solo i movimenti sociali hanno promosso una campagna di sensibilizzazione chiara sull’argomento. In questo caso, fortunatamente, l’ampia maggioranza dell’elettorato frenteamplista ha deciso di votare scheda bianca, un risultato non scontato visto che, almeno il 6% degli elettori del Frente stesso, nel 2019, avevano sostenuto la riforma costituzionale Vivir sin miedo, promossa dalla destra nazionalista di Jorge Larrañaga e non si era schierata contro il referendum sulla Ley de urgente consideración (Luc), incentrata su una visione securitaria del paese, oltre che sugli aggiustamenti strutturali, sulla privatizzazione del sistema sanitario e sulla limitazione del diritto di sciopero, a partire dal divieto dei picchetti, considerati illegali.

Orsi, in caso di vittoria al ballottaggio, dovrebbe indicare come futuro ministro dell’Economia Gabriel Oddone, che, negli ultimi tempi, aveva già reso nota la sua volontà di recarsi negli Stati Uniti per riunirsi con i funzionari della Banca mondiale e del Fondo monetario internazionale. Se davvero sarà così, l’auspicata vittoria del Frente Amplio rischierebbe, nel corso degli anni, di essere definita come quella di un gruppo di amministratori che si limitano a governare un paese mettendo in pratica i diktat della grande finanza internazionale.

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *