Congo: in cerca di giustizia

di Donata Frigerio (*)   

Prosegue, in Congo RD (la Repubblica democratica del Congo) la ricerca di una legge soddisfacente sui delitti commessi durante la guerra, che purtroppo è conclusa solo in teoria.

Il 3 febbraio scorso, l Assemblea dei deputati ha approvato la legge sull’amnistia per atti di guerra (che hanno causato danni ai civili), atti insurrezionali (che minano le istituzioni dello Stato e il suo territorio) e «infrazioni politiche», che turbano il potere pubblico.

Molti non sono d’accordo con questa nuova legge: la Renadhoc – cioè la Rete nazionale delle ong (organizzazioni non governative) per i diritti umani della RD Congo – denuncia il grave rischio di banalizzazione dei crimini e di altre gravi violazioni dei diritti umani, quali stupri e crimini contro l’umanità, che vengono ridotti ad atti di guerra ma anche il consolidamento dell’insicurezza in conseguenza della liberazione di criminali e del loro possibile riciclaggio nella gestione delle istituzioni politiche e della vita pubblica del Paese.

Contestualmente l’Acaj – cioè l’Associazione congolese per l’accesso alla giustizia – chiede la creazione di una «Commissione verità, giustizia e riconciliazione» (il riferimento è all’esperienza del Sudafrica) per monitorare l’applicazione della legge e ovviare al rischio di favorire l’impunità di grandi criminali che potrebbero, se non identificati attraverso apposite inchieste, approfittare dell’amnistia.

Anche Human Rights Watch (Hrw) ha sottoposto a Kabila, il presidente, alcune specifiche raccomandazioni per porre fine all’impunità di cui usufruiscono i responsabili di M23 e di altri gruppi armati implicati in gravi violazioni dei diritti umani in Congo. Secondo informazioni certe, vari membri dell’M23, sanzionati dall’Onu e dagli Stati Uniti o sotto mandato di arresto congolese, sono attualmente in Ruanda e in Uganda. Per facilitare la loro estradizione, Hrw chiede alle autorità congolesi di soddisfare, in conformità con le norme internazionali, una serie di condizioni relative ai diritti umani, fra cui la garanzia di un trattamento umano degli accusati una volta detenuti in Congo, il rispetto del diritto a una procedura regolare, la garanzia di un processo equo e credibile e l’esclusione dell’applicazione della pena di morte che nella RD Congo non è ancora stata abolita. Hrw ritiene che uno dei modi migliori per rispondere a queste condizioni sia la creazione di tribunali specializzati misti, un istituzione nazionale integrata nel sistema giudiziario congolese, con il mandato di trattare i crimini di guerra e i crimini contro l umanità commessi nella Repubblica democratica del Congo nel corso degli ultimi due decenni. I tribunali sarebbero composti da pubblici ministeri e giudici congolesi e stranieri, ma non persone provenienti dal Ruanda e dall’Uganda, due Paesi direttamente implicati nel conflitto.

Inoltre non si raggiungerà la riconciliazione nazionale se non saranno risarcite le vittime, le vedove, gli orfani, coloro che hanno visto distrutta la loro casa, le loro scuole, i loro ospedali. Dopo essersi arricchiti per aver praticato il contrabbando dei minerali e aver imposto tasse illegali, i capi di M23 e degli altri gruppi armati hanno la possibilità e il dovere di farlo.

Per i membri smobilitati dei vari gruppi armati che usufruiranno dell’amnistia, si potrebbe pensare a progetti di “formazione e servizio sociale”, in cui dispensare corsi di orientamento professionale volti al mantenimento delle strade e alla costruzione di edifici pubblici, per favorire il loro reinserimento sociale e risarcire la popolazione.

Infine la comunità internazionale dovrebbe vegliare alla piena applicazione dell’ «Accordo quadro per la pace, la sicurezza e la cooperazione» firmato ad Addis Abeba nel febbraio 2013, i cui Paesi firmatari – Ruanda e Uganda fra gli altri – si erano impegnati a «non ospitare, né fornire qualsiasi tipo di protezione a persone accusate di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, atti di genocidio e crimini di aggressione, o a persone sotto sanzioni dell’Onu».

Vedi anche «Congo Attualità» 210 e 211: http://paceperilcongo.it   

(*) Ho chiesto a Donata Frigerio di “riscrivere” – ogni mese (questo è il secondo appuntamento) – gli editoriali di «Congo attualità» per il blog: non perché questo bollettino sia poco informato (anzi) ma perché si rivolge a chi già si muove in solidarietà con il Congo e dunque ha un quadro di riferimento abbastanza preciso; proprio quello che invece manca a chi legge codesto blog e ancor più a italiane/i da sempre vittime della disinformazione dei grandi (supposti) media e che dunque faticano a decifrare le pochissime (confuse e spesso volutamente omissive) notizie che ogni tanto bucano il muro del silenzio sull’Africa in generale e sul Congo in particolare.

 

 

Redazione
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