Il robot vede Dio in una muffa e altre faccende
Rileggendo il romanzo «Wetware uomini e robot» di Rudy Rucker
Attenzione: la recensione “normale” inizia dopo il link e dopo l’immagine, dunque potete saltare questo “cappello” – in pratica un dispositivo di sicurezza – a meno che non siate amiche e amici da lungo tempo di db, soprattutto con piccoli problemi di cuore e/o nervi. SE LO CONOSCETE BENE leggete da qui ma prima mettetevi sedute/i, bevete un goccio d’acqua, rilassatevi: perché db (son mi) farà qualcosa di davvero insolito, parlerà molto bene di un libro stimato fra le “pietre miliari” del cyberpunk del quale lui (db o se preferite dibbì) ha sempre detto – con l’avallo del suo socio di scrittura e fratellone Riccardo Mancini – “peste e corna”. Siete avvisate/i, ora andate avanti senza paura. Senza paura? Magari con questa colonna sonora: ORNELLA VANONI & FIORELLA MANNOIA – SENZA PAURA
Fine del dispositivo di sicurezza “psico medico”
La recensione “normale” inizia qui.
Bis-bis-bis nipote di Hegel, il quasi settantenne Rudy Rucker – ma a essere anagrafici e pignoli sarebbe Rudolf von Bitter Rucker – è matematico e filosofo della scienza, scrittore (di fantascienza e non solo) ma in passato anche rocker. Per almeno due di questi orribili delitti, cioè amare la matematica e scrivere, pare che il “mandante” sia Edwin Abbott per interposto padre di Rudy (ovvero Embry Rucker) che regalò al figlio adolescente «Flatlandia»; ma comunque il pargolo già a 12 anni aveva preso a bazzicare i loschi ambienti delle scienze e delle fantascienze.
Io amo quasi sempre RR – ma se lo siglo così si potrebbe confondere con il disgustoso attore/presidente Ronald Reagan… o con l’ottima Rossana Rossanda – e pochissimo mi importa se viene etichettato come cyberpunk: è un sottogenere che detesto per la sua banalità, cattiva scrittura e ripetitività… pur con qualche eccezione; affermazioni di questo tipo sono costate in passato – a me e al mio fratellone Riccardo Mancini – quasi un ostracismo in certi fantambienti gibsoniani e sterlinghiani. Ma tiremm innanz… come disse quel tipo prima di essere fucilato.
Questo libro di Rucker è ottimo pur con qualche piccola caduta qua e là; magari scrivessero così Gibson e Sterling. Il romanzo fa parte di un trittico già uscito su Urania. In edicola (ri-)trovate adesso «Wetware uomini e robot» del 1988: sono 196 pagine per 5,90 euri, nella traduzione di Daniele Brolli e Margherita Galletti. Una scrittura nera, tossica, punk, trucida. Una trama – che, al solito, non rivelerò – forse troppo “piena” ma avvolgente dall’inizio al (finto?) lieto fine.
Qualche passaggio “frizzy” del romanzo, frullato a casaccio.
«Gli escrementi della formica si insinuavano nell’albero di connessione ipertestuale e da lì nel sistema operativo» e chi poteva cercare «gli escrementi di una finta formica sullo sfondo di una foto di 29 anni prima?».
«Sbadeggia = sbadiglio + scoreggia. Come in biblioteca giusto? Sebo ovunque. Sebo = secrezione oleosa che trasuda dalla pelle umana. Sbadegge e sebo, e un vuoto desolante fuori dalla cuuuuupooooola». Ah, vivere sotto la cupola è «avere intorno sempre le stesse cose, come macchioline di unto su carte da gioco stropicciate stese davanti a te per un solitario».
Eccovi due «né vive né morte ma semplicemente … sedute là con le membrane cangianti». Stahn guarda e ridacchia: «sedute là in una perfetta posizione meditativa del loto, aum mane padme hum. Ottimo: il robot vede Dio in una muffa».
Quei due escono mano nella mano – che carini veri? – ma uno dei protagonisti nota «che le due mani unite erano in realtà fuse in un’unica massa rivestita di pelle». E’ amore mistico e un po’ stimmatico, promosso da padre Pio? Non proprio: «La gente assumeva il merge per fondere il proprio corpo per un breve lasso di tempo». Droga dunque.
Ah, se in giro vedete che vendono già «cardio-felpe» fatemi un fischio; ne devo regalare una alla nonna di Salvini.
Ari-ah, «il ratto è un robot a controllo remoto a forma di lacrima e delle dimensioni di un pollice». Lo sospettavo.
«Per un bopper io significa: 1. il mio corpo; 2. il mio software; 3. la mia funzione nella società». E per un umano io cosa significa? Lo saprete a pagina 46. E comunque è meglio non confondere un bopper qualsiasi con un «meatbop, un bopper carnoide» o con un «chipmold» (vedi pagina 131).
La parte sulle gravidanze accelerate è sconsigliata a padri impressionabili (tutti?) nonché a mamme e/o ostetriche tradizionaliste.
Fine citazioni.
Urania annuncia un novembre interessante: in un solo volume due romanzi italiani (Sandro Battisti e Francesco Verso) con il titolo «Il sangue e l’impero»; il vecchissimo «Gulliver di Marte» di Edwin Lester Arnold; «Il libro del tempo», ovvero una seconda antologia di Fritz Leiber, che sempre sia lodato quando è “folle” ma se fa il serio a volte scivola sul palloso. E per non diventar palloso anch’io, vi saluto.