Ingo Benz: «Mare Monstrum»
una poesia ripresa da www.pabuda.net
relitto del mondo:
o galleggia o va a fondo.
infine, infine: sfracella
sotto il freddo scintillio d’una stella.
sussurro di vento
e d’un bimbo il pianto,
senza conforto…
vigile ascolta la volpe del deserto.
nella calma prima della tempesta,
sotto una luce opaca,
del viaggio si paga quel che resta.
delle ombre si muovono,
e poi si fermano.
la meta:
quelle luci lontane,
non è segreta.
di colpo movimenti in avanti,
nella fretta incitamenti
l’aria ha l’odore del fuoco
le barche son vicine,
il vento s’alza un poco.
la barca è in affanno
nella sua ultima traversata
le voci, le grida
da forti mute si fanno.
la quiete va a fondo
come fosse di piombo.
“crolleranno i muri di Europa
tra gli anemoni e il corallo”.
i pesci trepidano,
lo spavento contagia, a folate,
le vite separate.
sciabordio di conchiglie e pietre
e, sulla terraferma,
un pezzo di legno illuminato dalla luna,
mezzo bruciacchiato.
chi ascolta le onde le sentirà sussurrare:
nessun perdono.
(*) NELL’IMMAGINE «GLOSSARIO-DUN-MIGRANTE-TROVATO-A-LAMPEDUSA» ovvero “vocabolario minimo di inglese – glossario di sopravvivenza” (lo si potrebbe definire un pericoloso “doppio senso”) trascritto in bengali da un anonimo migrante del Bangladesh.
Così sul suo blog Pabuda la presenta: «Questa poesia non è opera mia ma dell’amico tedesco Ingo Benz. Pabuda l’ha soltanto tradotta, con l’aiuto di Marco Franceschetti (germanista, oltre che sassofonista di vaglia e complice in mille imprese). L’ho letta in occasione del reading “Tra il Dire e il Fare” con Les Enfants du Voudou, il 30/01/2016 e poi, ancora, durante lo spettacolo dei Va de Bolero “Migrare è una storia d’amore”. Con un po’ d’emozione in più: fra il pubblico era nostro graditissimo ospite l’autore».
