C’è un’alternativa al mercato delle balle?
Vi propongo un giochino: attenzione c’è “il lieto fine” ma leggete tutto senza sbirciare … in anticipo
Mi presento o chissene? Vi basti per oggi sapere: sono un ex giornalista che ha sempre cercato di nuotare controcorrente: “salmone” mi pigliava per il culo un amico; “panda” mi sono sentito a un certo punto. Del mestiere, a mio modo inteso, ho conservato alcuni vizi: uno è cercare le notizie e storie scomode, possibilmente anche ben scritte che non guasta mai.
Così vi faccio un giochino. Eccovi un po’ di articoli interessanti, tutti presi da una sola testata italiana. Volete provare a indovinare quale? Vi aiuto: non è un quotidiano, non è on line.
Prendete fiato.
Un bell’editoriale che parla della libertà di stampa in Turchia, in Egitto, in Italia: fatti e numeri non chiacchiere vaghe. Un dossier sulla nuova agricoltura europea «a 38 anni dalla prima Csa, Community Supported Agriculture». Altro bel dossier: «Un mondo di conflitti per l’acqua. Dalla Siria assetata per la siccità alla contesa sui grandi fiumi»: molto se ne parla ma questo è uno sguardo un po’ diverso… c’è spazio anche per «la diga degli italiani» ovvero quella di Mosul, in Iraq, dove «la Trevi spa di Cesena si è aggiudicata l’appalto per la manutenzione» e dove potrebbero essere inviati 500 soldati italiani per presidiare il cantiere, secondo la ministra Roberta Pinotti. Ancora un dossier – 12 pagine – sulla privacy con intervista ad Antonello Soru, «garante italiano per la protezione dei dati personali», e un po’ di storie di «attivisti sotto controllo»: persone come Hisham Almiraat, Nighat Dad, Michelle Yesudas (per dirne solo tre) che in Italia sono del tutto sconosciuti ai grandi media. C’è poi la «traduzione non autorizzata» – ovvero inventata, purtroppo – dello «storico discorso di Renzi all’Onu» sul clima.
Riprendete fiato, vado avanti.
Due pagine su ciò che sta accadendo in Brasile: «così le elite finanziarie hanno rovesciato Dilma Rousseff»; l’articolo non è di qualche estremista ma di Glenn Greenwald, premio Pulitzer 2014. Subito dopo la Colombia con «Le miniere attentano al paramo, la riserva idrica sulle Ande». C’è anche il commento «Distratti dalla libertà» sull’«esercizio della memoria» in Italia che ragiona fra l’altro di strane cose successe nel Consiglio regionale della Toscana e sul recente libro di Andrea Speranzoni «A partire dalla memoria». Restando in Italia: tre pagine sulla «stagione delle spiagge: fra mercato, diritti e sostenibilità»; dirà qualcun* che è “tema banale e di stagione”… vero ma dipende come lo si affronta. Spostiamoci nella capitale della Ford, cioè Detroit – che nel 2013 presentò «istanza di bancarotta» – dove ad aprile è stato ospitato «il primo forum nordamericano dell’economia sociale solidale» edove sorgono tante «iniziative comunitarie che ne fanno un laboratorio del futuro». Interessante anche il viaggio nelle (purtroppo poche) «earthships» olandesi ovvero «case a impatto zero». Torniamo in Italia con un piccolo ma sorprendente reportage: «Il patrimonio Unesco siciliano che “vive” grazie alle associazioni».
Ancora?
C’è un breve articolo di Pierpaolo Romani, il coordinatore di “Avviso pubblico” che riflette sugli errori commessi da chi fa antimafia e sui profondi mutamenti nelle strategie delle organizzazioni criminali. Un paio di pagine raccontano che «in Alto Adige le latterie “salvano” il territorio». Si parla del libro «101 piccole rivoluzioni» cioè di «un dialogo serrato fra Paolo Cacciari e Aldo Bonomi, alla ricerca di un’economia differente, nel concreto del tempo e dello spazio». E subito un breve ricordo di Antonio Cederna. A seguire il pianista Stefano Bollani racconta il suo disco «Napoli Trip». Insolite quanto argomentate le riflessioni di Tommaso Montanari sulla tutela del territorio, sulle sciocchezze dei “governativi” – in questo caso soprattutto della ministra Stefania Giannini e di Massimo Inguscio, presidente del Cnr – e su una grande manifestazione (“bucata” dai media, guarda tu che combinazione) per difendere l’articolo 9 della Costituzione.
Sto per finire, resistete.
Chiudo questa panoramica con tre segnalazioni italiane: un’intervista all’ideatore e direttore della Banda Rulli Frulli, un gruppo di 70 giovani; un articolo sulla tortura di Enrico Zucca, pm del “processo Diaz”; le idee eretiche sull’economia di Roberto Mancini il quale termina la sua paginetta così: «Resta quasi soltanto la pseudopolitica fatta di carrierismo, corruzione e servilismo verso la finanza. Perciò è urgente ribellarsi a questo incantesimo e contrastarlo alla prima occasione, il referendum costituzionale di ottobre».
Siete pronte/i a rispondere al piccolo quiz?
Mentre ci pensate vi comunico i risultati del mini-test, tre persone soltanto…
Un’amica mi dice grosso modo: «avrebbe potuto essere Carta ma purtroppo non esce più… forse un mese di “Internazionale” però mi sembra che c’è troppa Italia». Infatti: non si tratta del pur stimabile settimanale «Internazionale».
Un vecchio amico guarda più volte l’elenco, poi guardingo e con faccia da camaleonte azzarda «sarà mica L’Espresso?». Gli rispondo con una domanda: «scusa, da quanti anni non compri L’Espresso?» e lui ammette «da 15-20 anni però lo sfoglio dal dentista e dal mio barbiere di fiducia». Gli dico che non si tratta dell’«Espresso» perché la testata di cui parlo ha pochissima pubblicità e tutta etica; inoltre dubito fortemente – ma sarò felice di sbagliarmi – che «L’espresso» parlerebbe con tale disinvoltura della suddetta diga di Mosul visto che nel consiglio d’amministrazione della Trevi spa siede anche Monica Mondardini, ad (non vuol dire Anno Domini o anteriore destro ma amministratore delegato) del Gruppo L’Espresso.
Ne becco un terzo, coetaneo di mio figlio. Lui dice «escludendo Internazionale boh, forse Pagina 99 o Left ». No.
I tre si sono arresi… Anche voi?
Rullino i tamburi.
Tutti gli articoli, dossier, editoriali sopra citati – e qualche altro più breve – erano in un solo numero del mensile «Altreconomia»: per l’esattezza il 183, datato giugno, che trovate – 72 pagine per 4 euri – in alcune librerie, botteghe del commercio equo e altri luoghi non proprio alla moda. Si presenta così: «Altreconomia è un mensile d’informazione indipendente: 1. è di proprietà di una cooperativa, composta soprattutto da lettori 2. non riceve finanziamenti pubblici 3. limita e seleziona con criteri etici le inserzioni pubblicitarie». Vi dico pure che se lo acquistate per strada «3 euro su 4 del prezzo di copertina vanno al venditore». Che altro? «Tutti i numeri dal 1999 a oggi sono sul nostro sito, www.altreconomia.it/archivio». A essere pignoli la prima «e» del titolo è a rovescio – vedi qui sotto . Ma sulla mia tastiera non so farlo.
Ci si può abbonare ad «Altreconomia» – e io lo farò, perché ogni tanto fatico a trovarla in giro o forse sto girando poco – in vari modi: «carta, digitale, web reader e pdf, tutto a soli 40 euro». Ve la consiglio per essere informate/i e anche per difendere quel poco che resta di informazione libera in quel buffo Paese a forma di stivale che non ricordo mai come si chiama…
Dirò di più: mi piacerebbe che un po’ di blog e siti “regalassero” un piccolo spazio a inizio mese ad «Altreconomia» pubblicando il sommario. Io mi offro di farlo qui.
Se fra voi ci sono maligni – categoria che non disprezzo pregiudizialmente – forse mi faranno tre o quattro domande. Tipo: 1. ma se tu sei sempre d’accordo con loro, che valore ha il tuo giudizio? 2. possibile che «Altreconomia» non abbia difettucci? 3. chi ci dice che tu non abbia qualche “accordo” con loro, insomma che questo non sia uno spot occulto?
Rispondo:
- In effetti sono molto d’accordo con loro, però non su tutto. D’altronde mi sono abituato a non essere d’accordo al 100%… neppure con me stesso.
- Difettucci «Altreconomia» ne ha, ma poca roba. E la libertà di chi scrive, la pubblicità etica, lo sguardo lungo sono mooooolto più importanti dei nei.
- Avete la mia parola, per quel che vale: non c’è “conflitto di interessi” cioè non scrivo per «Altreconomia», non ho lì fidanzate/i e neppure amiche/amici (conosco di vista o di buona fama un paio di persone ma finisce lì).
Perciò, dateci un’occhiata. A vedere se si respira “aria pura”. Stretta la foglia e larga la via, dite la vostra che io ho detto la mia.
LA VIGNETTA D’APERTURA è di MAURO BIANI, ripresa da «il manifesto», e purtroppo rappresenta bene, sia pure in modo paradossale, lo stato della “libertà di espressione” in quel buffo Paese a forma di stivale del quale sopra vi dicevo.
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