Missione Rosetta, quando cometa ha un gusto pop

di Luca Tancredi Barone (*)

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Difficile immaginare un epilogo più romantico. La sonda spaziale Rosetta, dopo aver orbitato attorno alla «sua» cometa per 786 giorni, si è spenta pochi giorni fa, adagiandovisi sopra, e non la abbandonerà mai più. Se questo racconto vi sembra eccessivamente antropomorfico per quella che in fondo non è altro che una sofistica cassetta di latta di 300 chili, che ha volato 10 anni per arrivare a un sasso di 4 km x 3, l’impronunciabile cometa 67P / Churyumov–Gerasimenko, non avete tutti i torti. Ma questo è solo un aspetto della questione.

Come l’Agenzia spaziale americana Nasa ci insegna da sessant’anni, attorno a ogni missione spaziale che si rispetti, per garantirne il successo bisogna costruire una narrazione convincente, ricca di «sfide», «esplorazioni» e «record».

20 hours to go. Foto Esa

Tutto quello che ha a che fare con l’astronomia si presta facilmente perché, come dice la famosa citazione di Kant, non c’è nulla che riempia «l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente» più del «cielo stellato» sopra di noi. E «non si può ricercare niente di più magnifico o imparare niente di più utile di ciò che riguarda la natura delle stelle e degli astri», come invece scriveva Seneca.
Non c’è dubbio che la missione Rosetta fosse disegnata per entusiasmare gli appassionati di astronomia e i patiti della tecnologia: è stata la prima sonda a mettersi in orbita attorno a una cometa, a depositarci sopra un piccolo lander pieno di strumenti scientifici, a seguire la cometa mentre forma la sua chioma; i suoi strumenti hanno funzionato utilizzando i giganteschi pannelli solari di 14 metri, per la prima volta a una distanza di 800 milioni di km dal sole, dove arriva solo il 4% di tutta l’energia che giunge sulla terra, e a una temperatura di -150 gradi. Sempre dal punto di vista tecnologico, poi, obiettivamente guidare una sonda per sei miliardi di km nel vuoto per raggiungere con precisione millimetrica una cometa di 4 km di diametro il giorno e l’ora previsti 12 anni prima è un’impresa colossale: rende ottimisti sull’umanità e su quello che può riuscire a fare se riesce a collaborare. Per non parlare dell’enorme valore scientifico delle osservazioni e delle misure reperite da Rosetta, che stanno aiutando gli astronomi a comprendere meglio come è fatto e come si è formato il nostro sistema solare. Con un bel pizzico di sciovinismo, dato che oltretutto è una missione dell’agenzia spaziale europea Esa.

Ma Rosetta è stata molto più di un’affascinante sfida scientifica e tecnologica. È di gran lunga, fin dall’azzeccata scelta del nome della famosa stele, la missione più pop in cui si sia imbarcata l’Esa. E non solo: Rosetta racconta anche la storia di una scienza che si sporca le mani, costretta a dialogare con la società di cui è frutto, e di scienziati non più avvolti da un’aurea d’intoccabilità, ma carichi di umane piccolezze dietro le imprese più nobili, come quella di andare a esplorare un sasso remoto per il mero piacere di sapere come è fatto.

L’idea di costruire una missione come quella di Rosetta venne approvata nel 1993: internet non era ancora arrivato nelle nostre case. Quando finalmente venne lanciata, nel 2004, non esistevano ancora le reti sociali e neppure youtube, per quanto oggi possa sembrare incredibile.
Il lancio non fu proprio banale: il razzo Arianne che doveva portarla in orbita ebbe dei problemi e fu posposto. Questo provocò anche un cambio di piani: la prima cometa scelta come obiettivo, che si chiamava 67/Wirtanen, non era più facilmente raggiungibile. Per fortuna nel sistema solare ci sono miliardi di comete, molte con periodo «breve»: fra quelle che impiegano 200 anni o meno a fare tutta un’orbita attorno venne scelta la cometa 67P/ChuryumovGerasimenko.
In ogni caso, durante i tre anni in cui rimase ibernata, sulla terra stava avvenendo la rivoluzione digitale e qualcuno all’Esa ebbe la brillante idea di inventarsi un sistema per raccontare una missione che fino al 2013 era nota solo agli specialisti del settore, e ai pochi che avevano seguito i suoi passaggi per alcuni corpi celesti del sistema solare.

Approfittando del momento del «risveglio» nel gennaio 2014, dopo la lunga ibernazione, venne lanciata la campagna chiamata «Svegliati, Rosetta». Furono ideati una serie di video per raccontare in modo innovativo la missione e aperti due account di twitter, uno per Rosetta e uno per il lander Philae, che viaggiava a bordo. In questa occasione, fu disegnato un grazioso fumetto che in modo schematico ma accattivante ritraeva le due sonde. E che ben presto, al di là delle aspettative dei suoi creatori, prese il sopravvento. Fra i disegni, e gli account di twitter che si comportavano come se fossero le stesse sonde a mandare i tweet, la formula antropomorfa perfetta per catturare media e pubblico per i successivi due anni era stata trovata.
Persino il fallimento più grande, vero dolore per i migliaia di follower in tutto il mondo, e cioè quando venne «persa» la sonda Philae – si scoprì molto dopo l’atterraggio che era caduta in un crepaccio, e per questo aveva smesso di trasmettere i dati alla sonda madre Rosetta – l’idea di raccontarlo con questo tono leggero si è rivelata più vincente di qualsiasi tradizionale strategia di comunicazione dei danni.

Ma proprio il grande interesse e l’entusiasmo che l’Esa è riuscita a suscitare ha avuto anche un importante lato B. Nel giorno più importante per tutta la missione – e forse uno dei più rilevanti nella storia dell’Esa – quello dell’atterraggio della prima sonda su una cometa nel novembre del 2014, uno degli scienziati responsabili, Matt Taylor, si trovò, con sua grande sorpresa, al centro di una polemica internazionale. Il buon Matt aveva scelto di indossare per l’occasione e in diretta mondiale una maglietta di pessimo gusto – e fin qui tutto il diritto di farlo – decorata con immagini di donnine nude in pose provocanti. Né a lui, né ai numerosi uomini che lo circondavano era venuto in mente che poteva essere quanto meno inappropriata, e certamente offensiva per molte persone. Un aneddoto, in grado però di desacralizzare la scienza e i suoi protagonisti, con i loro limiti e le loro piccolezze. Tra l’altro, anche se per l’occasione si cercò di rimediare con delle scuse imbarazzate, il problema della promozione femminile in Esa esiste, nonostante il gran numero di scienziate.

È di pochi giorni fa la storia di un’altra scienziata di Rosetta, Rita Schulz, che denunciava proprio quella che per lei era la scarsa propensione dell’Esa a fomentare il talento femminile. Sosteneva di essere stata allontanata dal gruppo dei responsabili della missione a sei mesi dall’evento chiave, la messa in orbita attorno alla cometa nell’estate del 2014, proprio per toglierle protagonismo in quanto donna. Sia come sia, dalla sua fondazione nel 1975, la prima direttrice è arrivata in Esa solo nel 2008: l’italiana Simonetta di Pippo. Oggi, su 10 direttori, solo una è di sesso femminile.

La missione Rosetta si è chiusa («missione compiuta» è l’ultimo tweet che ha spedito la sonda dal suo account). E ancora una volta, abbiamo visto le emotive immagini, trasmesse da tutti i media, della sala controllo al momento della collisione con la cometa: a molti scienziati, tra gli abbracci, scappavano le lacrime e, proprio come nella vita, la fine di un’avventura lunga e difficile riempie di malinconia e di orgoglio per quello che si è saputo realizzare. Ma con Rosetta non si chiude solo una bella missione spaziale, in attesa di poter analizzare tutti i dati che la sonda ci ha mandato. Si apre anche un nuovo capitolo di una storia ancora più emozionante: quella di una scienza che si sporca le mani, gettandosi nella mischia. E che deve essere pronta a finire sotto osservazione e sensibile alle critiche, al pari di ogni altra umana faccenda.

(*) Ripreso dal blog del quotidiano «il manifesto» dove si trovano anche altre immagini. Qui in “bottega” più volte abbiamo gioito e tifato per Rosetta: vedi Buon giorno Philae e grazie (a te e a Rosetta) oppure La concezione di Rosetta dell’amore che è uno dei molti – e bei – post di Mauro Antonio Miglieruolo “dalle parti” di Rosetta. (db)

 

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