Un augurio per il Primo Maggio 2017
di Mario Agostinelli con un video e i versi di Francesco D’agostino, poeta operaio
Care/i, invio un video https://www.youtube.com/watch?v=gcC1C1vfHHU realizzato solo pochi anni fa (nel 2011) quando quasi nessuno si sarebbe sognato di obbligare lavoratrici e lavoratori a stare alle casse, alle scrivanie, sulle macchine anziché dietro ai loro striscioni srotolati in piazza già al mattino presto. C’è da pensare a quanto sia stato annichilito in così corto tempo.
Ma senza una ribellione che guarda lontano, da soli e divisi non ci si salva. Saremo capaci di costruire una “coscienza di specie”, in grado di creare nuovi rapporti tra gli uomini e tra gli uomini e la natura? Questo è l’augurio del Primo Maggio 2017, tra migrazioni, risorse in esaurimento, cambiamenti climatici, umiliazione del lavoro, crescenti disuguaglianze e deformazioni imposte “dalla produzione per la produzione e il profitto”.
Francesco D’agostino era un poeta operaio, immigrato dalla Sicilia e residente per tutta la sua vita lavorativa a Venegono Superiore. Lo incontravo a tutti i Primo Maggio finché è rimasto in vita, vestito della festa. Stava anche alla manifestazione riportata nel video. Scriveva poesie umili e insieme raffinate, che leggeva ai turnisti della sua squadra e che ha lasciato in eredità alla famiglia e agli amici su fogli incisi a matita. Voglio ricordare la Festa dei Lavoratori con una sua lirica scritta in ricordo di Portella della Ginestra e ritrovata fra i miei appunti per organizzare i comizi in giro per la Lombardia.
Non sparare
Non sparare al mio bisogno:
ti sono fratello,
cerco solo lavoro per il pane giusto
che mangeremo insieme.
Non sparare a un figlio:
mia madre mi aspetta
perché sono solo suo,
come tu sei della tua:
le mamme ci vogliono vivi.
Non sparare a me uomo:
io non sono Abele,
e non voglio che tu sia Caino,
facendoti assassino del tuo sangue,
nei poveri pascoli della vita.
Non sparare al mio lavoro,
perché lotto anche per te;
perché il pane quotidiano
è dono di Dio ai figli
ed è frutto della nostra fatica.