Il vaccino della discordia
di Giuliano Spagnul
Nel libro «La cura»1 di Salvatore Iaconesi e Oriana Persico si auspicava una possibile coesistenza tra pratiche curative opposte capaci di “cogliere le innumerevoli e sottili analogie e intersezioni di pratiche e significati fra un medico e uno sciamano”. Auspicio fatto suo da Gregory Bateson già nel secolo scorso e di cui oggi però possiamo vederne l’assoluta negazione nel feroce conflitto che divide vaccinisti e antivaccinisti, e ancor più in generale i cultori di una medicina alternativa e i custodi di quella tradizionale. Credo che per poter entrare nel merito della questione, riguardante i vaccini, occorra chiarire prima alcuni nodi che ne impediscono lo sciogliersi in una discussione, più o meno pacata che sia, comunque collaborativa. Possiamo individuare subito almeno due nodi importanti: il primo, già accennato, concerne la possibilità per la pratica medica ufficiale, che si basa su un metodo scientifico, di confrontarsi con altre pratiche non sorrette da alcun metodo che possa definirsi legittimamente scientifico. Il secondo riguarda il rapporto tra governato e governante, fra il cittadino e lo Stato, insomma la questione della democrazia. Può la medicina essere democratica? Sul primo dobbiamo essere molto chiari: no! Una volta costruito il metodo scientifico, razionale, sperimentale, dobbiamo riconoscere che il metodo della scienza non è barattabile con alcunché di diverso, pena la sua inefficacia. Ed è bene che sia così, così come è sbagliato il ricercare da parte delle pratiche alternative conferme scientifiche che possano avvalorarle. Per quest’ultime si otterrebbe solamente un indebolimento e depauperamento della loro efficacia e potenziale ricchezza creativa. Questo significa che sono due mondi che potrebbero coabitare, tollerarsi nella loro diversità come succede già da secoli tra scienza e religione? Sì, potrebbe succedere, ma qui dobbiamo aprire il secondo punto critico, quello che, per comodità, abbiamo definito democratico. Chi decide della mia vita? Chi decide che un diritto individuale possa ledere un interesse collettivo e viceversa? Che peso può avere una democrazia diretta in una democrazia rappresentativa? E così via gli interrogativi potrebbero essere numerosi, ma anche qui occorre avere il coraggio di una risposta scomoda: nell’ambito della realtà della pratica medica odierna, che è sempre più scienza medica (in una quasi ormai assoluta sostituzione della parola arte) non è più possibile tollerare l’idea di una democraticità della stessa. La medicina ha dalla sua parte il fatto incontrovertibile che funziona; ha un potere reale sulla vita; chiunque di noi di fronte a qualcosa di grave è disposto ad andare dallo ‘stregone’ solo in ultima istanza. La potenza della medicina non può, realisticamente, essere messa in discussione, e anche quando gli effetti collaterali producono la morte, è evidente non un suo possibile malfunzionamento quanto piuttosto la dimostrazione della sua enorme efficacia, non potendo esistere effetti benefici reali senza inevitabili resti, scorie, da cercare di limitare senza però pensare di poterli eliminare. In questo panorama è difficile vedere come la democrazia possa non essere un intralcio. E il nodo, il vero nodo io credo sia proprio questo: possiamo, ci conviene fare a meno di questo intralcio? Se lo eliminiamo avremo una società in salute e felice o avremo minato alle fondamenta la possibilità per la nostra specie di vivere evolvendoci, progredendo in questo incredibile esperimento naturale che è la vita nelle sue possibilità non decise mai una volta per tutte, potenzialmente libere, in un processo creativo libero di inventarsi ogni volta di più?
Nota 1: https://www.labottegadelbarbieri.org/la-malattia-e-un-evento/
Sugli stessi temi (vaccini, libertà, consenso…) segnalo:
“La libertà ai tempi del morbillo”
di Giovanni Iozzoli
https://www.carmillaonline.com/2017/05/20/la-liberta-ai-tempi-del-morbillo/
Ottimo articolo da far girare. Azzeccatissima la citazione dal film di Petri “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”
Caro Giuliano,
ho qualche problema con quello che affermi. Mi pare che la macchina mediatica messa in campo dal governo abbia prodotto l’effetto desiderato. Mettersi a discutere di ‘scienza’ o ‘non-scienza’ in questo caso è fuorviante. E’ pura disinformazione, come si diceva una volta, mentre oggi le chiamerebbero fake-news. Gli autori di disinformazione (fake-news) sono molto spesso gli stessi grandi media che allarmati per la perdita di credibilità e lettori accusano gli stessi (ex) lettori di volersi documentare in prima persona.
Nessuno dei medici che viene tacciato di ‘anti-vaccinismo’ ha contestato i benefici dei vaccini. Questo è un fatto, basta leggere i loro libri e ascoltarli parlare negli incontri pubblici. I termini della questione sono altri, e riguardano la qualità e quantità dei vaccini somministrati ai bambini, l’attenzione del medico alle conseguenze dei vaccini, la cura della persona. Riguardano, infine, la libertà degli individui di decidere sulla propria vita. La lettera del dott. Dario Miedico, pubblicata anche in questo blog, è una sintesi illuminante del problema che abbiamo di fronte e andrebbe riletta ogni volta che si vuole discuterne.
Innanzitutto grazie
Ho molto spesso anch’io ‘problemi con quanto affermo, soprattutto quando parlo di cose di cui so poco e rispetto alle quali non posso ammantarmi del titolo di esperto, cosa che oggi sempre più pare essere un requisito indispensabile: se non sei un esperto taci, anche se riguarda la tua vita o quella dei tuoi cari. Di esempi nefasti a seguito delle parole degli esperti, in tutti i campi, ne conosciamo a iosa, per cui penso che da non esperti sia giusto dire comunque e sempre la nostra. Ora veniamo al dunque: parlare di scienza/non-scienza è certamente sbagliato se applicato tout court allo scontro in atto sul vaccino… (e qui però devo fermarmi subito perché già non sono d’accordo con quanto ho appena scritto)… ne siamo così sicuri? E invece io penso che quello che bolle sotto tutto questo sia in prima istanza proprio questo scontro tra un sapere/potere medico, che in questi due ultimi secoli è cresciuto, e continua a crescere, in modo esponenziale e sta occupando tutti gli ambiti della nostra vita, e chiunque osi opporsi, mettersi in contrasto, in opposizione, anche se in modo del tutto democratico. Il potere è ghiotto e più cresce e più ingordo diventa perché ha paura, più va in alto e più soffre di vertigini. Scienza e coscienza non possono convivere, se si sta con la scienza si deve rinunciare a orpelli che creano solo difficoltà come la coscienza, la democrazia e… agli avversari sleali e antiscientifici come le medicine alternative. È uno scontro di potere e se ne volete una prova non avete altro da fare che provare a dialogare. Per loro sei solo un cretino, un antiscientifico, un ciarlatano, comunque un nemico da sconfiggere. E forse non hanno torto, perché in un qualche modo hanno capito che in queste forme di resistenza, di disobbedienza c’è anche una critica radicale, per quanto larvata e confusa possa essere, a una forma di potere/sapere che sta assumendo proporzioni gigantesche. La medicalizzazione della vita non è una prospettiva fantascientifica, è ciò con cui stiamo facendo i conti in modo sempre più pressante. E in questa prospettiva la democrazia è solo un intralcio, un sassolino dentro la macchina del potere. E sia ben chiaro: non se ne esce da tutto questo ritornando a un rapporto bucolico con la natura, il problema è se abbiamo ancora lo spazio minimo di libertà per intervenire sulla nostra vita, su come pensiamo debba essere la nostra vita. Abbiamo ancora voce in capitolo?
Ho un serio problema in questa interpretazione di ‘scienza’. In primo luogo la medicina si porta dietro da secoli la definizione di ‘arte medica’, e una ragione ci sarà. Credo, spero, che ci sia ancora un testo che porta questo titolo tra i primi volumi proposti agli studenti di medicina. Il corpo umano non è una macchina, l’uomo non è un utensile, ma pensarlo tale è uno dei drammatici lasciti del positivismo ottocentesco. Mi pare incredibile che si possa ancora ragionare in questi termini: io sono un esperto, tu non sai niente e decido io. No, caro il mio esperto. Se esperto sei veramente devi saper comunicare con chi esperto non lo è e devi dimostrare che hai a cura le persone, e non solo il tuo tornaconto. Altrimenti, seguendo questo filone di pensiero, tutto verrebbe deciso da chi ha il potere di farlo. E sottolineo il potere. Ma insomma, dove è finita la democrazia?