Un pellegrinaggio artistico all’antica: da Levante …

a Ponente della Liguria

Provvidenzial Tour fra allergie, fontanelle, treni, incontri e parrucchiere che fanno la barba. La quattordicesima volta dell’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega

Da dove comincio? Non lo so (ma come fare non so si devo dirlo ma a chi se mai qualcuno capirà sarà senz’altro un altro come me). Mi viene ancora male a scrivere su uno schermo o diciamo su una “pagina inesistente” eppure lo faccio da anni. Certo ho avuto il mio periodo “primitivista” e anti-tecnologico… vent’anni fa circa. Allora perché questa remora? Questa difficoltà? Forse la strage di Genova. Forse perché della fatal quieta sei l’imago a me sì cara vieni o sera, con i tuoi ecc?. Forse l’aria di “ferie” che mi prende e mi…svacca? Io in quanto artista – quindi sempre in vacanza e mai in vacanza – come potevo organizzarmi per un viaggio anche di promozione, visto che ho un cd da poco stampato da promuovere (questo è il mio lavoro) ma sentivo il bisogno di riposo?

La risposta me l’ha data il maestro Attilio Del Vinco, ingegnere elettronico di formazione ma pescatore, artigiano, contadino e filosofo di prassi. «Devi andare via per quindici giorni, in bicicletta, all’avventura, come facevi una volta, quando non eri famoso». Avevo fatto una prova generale a metà luglio inoltrato, alla Pieve di Romena, a due ore di treno da dove abito, ed era andata bene. Il maestro suggeriva e pretendeva la riprova.

Lorenzo e Anna che lavorano a Monterosso da inizio luglio mi invitano e mi incoraggiano a raggiungerli alle Cinque Terre: «C’è un ostello a 15 euro a notte, al Santuario della Madonna di Soviore» . Parto, ma senza bicicletta, perché subito prima della partenza mi dicono che da Monterosso a Soviore ci sono 5 km di strada in salita: allora riempio lo zaino e due borse di stoffa, sacco a pelo compreso (il prezzo del pernottamento non comprende le lenzuola) ovviamente con libri e cd. La bicicletta sarà per un’altra volta, anche a Romena volevo portarla….ma se devi sostenerti con la vendita, meglio aprirsi alla convivialità dell’autostop. Infatti una signora di Milano che dormiva nello stesso monastero delle suore di Poppi aveva comprato due miei libri dopo avermi dato un passaggio da Poppi a Romena (8 km). Al ritorno – da Poppi verso Arezzo – ero andato in autostop, e mi aveva dato un passaggio un giornalista dell’Espresso che cura una rubrica di musica, gli avevo dato il mio nuovo cd: quando si dice: può più la strada che mille escamotage promozionali!

Vacare” è liberarsi: bottigliette, borraccette…o fontanelle!

Quando dicevo che mi è tornata un po’ di “allergia alla video scrittura” lo attribuivo al fatto che per circa una settimana sono rimasto senza possibilità e neanche volontà di connettermi a internet. Qualche anno fa poteva sembrare una cosa fattibile, adesso con l’impero degli smartphone e degli Ipad ecc sembra una follia: una “perdita” o magari una conquista? Questo svuotamento mi ha fatto bene e ha ragionato che se mi penso “sempre in vacanza e mai in vacanza” è per un fatto “metafisico”: di fatto io, anche se con tempi e ritmi autogestiti, lavoro al computer almeno 5 ore al giorno, fra scrittura e contatti vari, quindi avevo un gran bisogno di staccare la spina. Il giornalista dell’Espresso, durante quel passaggio, mi aveva detto: «»Ci vuole una grande autodisciplina per lavorare senza padroni come fai tu, e senza linee imposte da altri, io non ce l’avrei fatta, mi sarei perso in mille fiumi».

A un certo punto del viaggio, a Levanto, volevo comprare la borraccetta per evitare di prendere almeno una bottiglietta d’acqua al giorno. Poi una donna con la quale ne parlavo mi disse: “né bottiglietta né borraccia, ci sono tante belle fontanelle, e al limite un bicchiere d’acqua al bar non te lo nega nessuno”. In effetti mi sono guardato intorno: al parchetto di Levanto, a Bonassola e un po’ dovunque. Le fontanelle ci sono ancora, sparite forse dal nostro immaginario ma nello spazio fisico resistono; anche tante e spesso belle! Quindi mi sono riappropriato dell’acqua pubblica.

Al Convegno della Pieve di Romena c’era comunque un contesto definito in cui informalmente – senza una chitarra mia (presa in prestito dal prete!) – avevo venduto bene cd e libri: vacanza retribuita quindi, come diceva Attilio. Adesso la prova sarà più ardua: niente di definito e i giorni saranno quindici.

La provvidenza non si fa attendere: dopo l’arrivo a Monterosso (il 30 luglio) Lorenzo mi butta in acqua, provo a proporre libro e cd a una signora napoletana che ha conosciuto in quei giorni di bancarella nel lungomare di Monterosso, ma niente, è tutto in mano alla Madonna e al Santuario. E la Madonna risponde bene: vendo libri e cd a tutto andare tra la fermata della navetta che da Monterosso mi porta al Santuario (il primo ad Alessia: una bella e giovane donna con mamma e figlia al seguito che alloggiano all’albergo del Santuario; sono di Firenze, la madre di Alessia è greca e, mi sembra di capire, dipinge anche lei). In serata al bar del Santuario vendo due libri – «I diari della bicicletta» e «Un anno di frontiera» – a una signora di Bologna che è lì con il figlio adolescente. Vendo anche qualche cd e posso andare al letto sereno, avendo incamerato una cifra che mi permetterà di pagare le tre notti che rimarrò qui. La sera arriva anche Lorenzo col camper. Gli offro una birra al bar del Santuario, da dove si gode una visuale meravigliosa sul golfo delle Cinque Terre. I turisti americani impazzano nella movida, laggiù sotto di noi, Lorenzo mi dice che una sera potremmo andare a vedere le donne nella movida di Monterosso ma io spero di no, sono scappato dalla sagre del Lago Trasimeno e non voglio andarmi a infilare in altre “movide” balneari. Non ho un’alternativa da proporre, è tutto nelle mani della Provvidenza. L’unica certezza che ho è la data a Vallebona, vicino Bordighera, estremo ponente ligure ma devo dare conferma.

L’indomani percorro il sentiero pietroso da Soviore a Monterosso, 40 minuti a piedi attraversando il bosco quindi molta ombra, fortunatamente. Prima di partire incontro fuori dalla camera del mio ostello l’unico pellegrino che dorme nell’Ostello: viene da Trento, lavora in una biblioteca e compra al volo – sulla soglia della porta del bagno in comune – il mio libro «Un anno di frontiera». Prima di scendere vendo un cd al bar a uno scrittore milanese. Durante la discesa del sentiero una coppia con due giovani figlie, lui con il disegno di una bici sulla maglietta, mi danno il là per attaccare bottone e fargli vedere «I diari della bicicletta» e allora «Non possiamo non comprarlo, sarà il nostro libro dell’estate».

Le poche certezze che ho… arrivano camminando. E «Camminando s’apre il cammino» è il titolo di un libro di Arturo Paoli. Il suo ricordo e la sua testimonianza mi sono di grande aiuto. Dopo un bagno ristoratore (al solito posto dove Lollo – cioè Lorenzo – fa bancarella) torno su al Santuario ma con lui, nel tardo pomeriggio. Intanto scopro che a Lorenzo i vigili hanno detto di andar via perché il suo permesso scadeva il 30 luglio, e si rinnova dal 10 al 24 agosto. Quindi è più libero (ma incavolato per il modo in cui lo hanno trattato soprattutto quelli della Proloco) anche perché mi dice che le vendite sono andate molto bene a luglio.

Anna e Leone, sua moglie e il bambino, in questi giorni sono andati a trovare i genitori di lei vicino Roma, quindi siamo più liberi di muoverci in camper. La sera quindi ci ritroviamo a mangiare testaroli al pesto che abbiamo comprato al supermercato a Levanto: “te li voglio fare assaggiare” mi dice lui che ormai è qui da quasi due mesi e ha scoperto le tipicità del Levante ligure. Poi capirò che quella pasta rotonda per fare i testaroli è tipica della Lunigiana più che del Levante ligure. Lorenzo mi fa riscoprire un modo di vivere conviviale “all’antica”, soprattutto nella condivisione, cose che io vivevo di più fino a dieci anni fa quando ero in viaggio quasi permanente mentre ora – come dice Attilio Del Vinco – mi sono “imborghesito”. Un esempio? Lorenzo ha una bicicletta recuperata da qualche parte a Levanto: era totalmente abbandonata e l’aveva messa a posto (gonfiato ruote, aggiustato freni ecc.) ma poi gliel’hanno rubata. Allora ne ha presa un’altra…in buono stato: forse era di qualcuno ma quella che gli hanno rubato fa da compensazione! O forse c’è un “errore” in questo modo di ragionare?

A un certo punto, giovedì mattina, a Bonassola mi dice di chiedere alla ragazza del bar con cui abbiamo un po’ di confidenza se sa dove trovare una bicicletta. Io da ex artista di strada “imborghesito” glielo chiedo ufficialmente e Dasha (così si chiama lei) mi dice che le bici le affittano alla Proloco. Poi però Lorenzo mi dice di chiederle se ha una bici da prestarmi e lei magicamente mi dice così: «effettivamente ho una bici ma è alla stazione di Levangto, legata a un palo un mese fa, siccome lavoro quasi 12 ore al giorno non ho tempo per andarla a prendere». Allora scatta il piano salvabici: «Se vuoi l’andiamo a prendere noi e te la riportiamo, in cambio la uso per i pochi giorni che rimango qui». Dasha si fida e mi dà il codice per sbloccare il catenaccio aggiungendo: «Ammesso che la troviate, temo me l’abbiano rubata».

Lorenzo ormai è di casa alla stazione di Levanto, dove torna spesso perché ha il camper parcheggiato lì visto che a Monterosso non ci sono parcheggi per camper. Andiamo e troviamo la bici: il codice funziona, la bici è nostra! Gonfio le ruote e olio la catena ormai parecchio arrugginita, poi la riporto a Dasha. In quel bar ogni mattima ci arrivo camminando nel sentiero che da Montaretto, in mezz’ora di cammino, mi porta a Bonassola. Faccio un ritratto e lo vendo – offerta libera – alla signora di turno o a alla coppia con bambini, quasi ogni giorno. Una tarda mattina (secondo giorno a Montaretto) una signora di Genova con una sua amica si ferma a guardare le mie dita che disegnano: così le faccio vedere i miei libri illustrati: lei compra «Ricordare Milano» con il cd «Strade e contrade», la sua amica compra «Un anno di frontiera».

Il passaggio da Soviore a Montaretto è avvenuto mercoledì sera perché martedì, dopo la cena a base di testaroli, Lorenzo mi aveva promesso che l’indomani mi avrebbe portato a vedere la movida ma io aspettavo la Provvidenza per salvarmi, e infatti è arrivata. Il mercoledì mattina siamo scesi a Levanto e in un muro vicino la stazione ho visto il manifesto del Festival «Mare mosso, per bambini terribili» a Montaretto. Ho detto a Lorenzo: «Questa sera andiamo a Montaretto» (15 km di strada di salita tortuosa). Partiamo nel primo pomeriggio, Lorenzo mi dice di prendere la roba che tanto a Montaretto «troveremo un ostello o comunque puoi dormire con me nel camper». E’ un po’ alterato emotivamente perchè la mattina i gestori laici e cattolici del ristorante e dell’albergo del Santuario di Soviore gli hanno detto che deve andare via dal parcheggio dove è rimasto una notte per stare vicino a me che dormivo lì. Io – un po’ “imborghesito” e impreparato psicologicamente a disfare i bagagli – dico che è meglio andare a vedere, quindi pago una notte all’ostello senza dormirci.

L’ostello a Montaretto: 18 euro senza lenzuola. La notte del martedì dormo con Lorenzo nel camper. Constato che il mio “imborghesimento” ha i suoi motivi fisiologici: appena sveglio a cerco un bar aperto per andare in bagno, ma l’unico è ancora chiuso alle 7 e 30; non posso andare all’Ostello perché ho prenotato per la sera successiva. Quindi scappo qua e là peril “bisogno impellente”; e alla fine lo faccio all’aperto, in un ciglio di una strada… che porta all’Ostello!

Montaretto e noi

Un tipo – che ho incontrato a Levanto – mi aveva detto che «Montaretto è l’ultimo covo di comunisti in Europa». Pago una settimana di ostello: credo non mi succedesse dai tempi delle prime vacanze con gli amici negli anni ’90 del secolo scorso! E forse neanche allora così a lungo, considerando i primi tre giorni a Soviore e poi quelli a Sestri Levante (20 euro a notte alla Madonna del Grappa, tariffa del pellegrino!): per me è un record anzi un passaggio epocale! D’altronde, l’artista prima o poi deve andare in vacanza.

A Montaretto arriviamo attratti dal Festival «Mare mosso» in cui avevo riposto qualche aspettativa…”borghese”: nel senso di fare un banchetto con i libri e i cd. Invece il festival, dura 5 giorni ma quasi sempre a Bonassola e Framura con spettacoli serali o pomeridiani per bambini. Quando con Lorenzo percorriamo per la prima volta il sentiero che da Montaretto porta a Bonassola mi prende un po’ di sconforto: artista di strada sì, avventuroso pure ma negli ultimi dieci anni ho sempre fatto tournée anche lunghe tutta un’estate (con molte date stabilite e qualcuna improvvisata). Adesso è tutto lì, la vertigine e l’abisso… pane per i miei denti ma il momento di sconforto e di scoramento arriva: eccolo lì a Bonassola. Ma Lorenzo mi tira fuori dal tunnel, mi butta a mare e sulla spiaggia mi offre pure un aperitivo a base di bruschetta con pomodoro e gorgonzola che ha tenuto dentro il suo zaino dalla sera prima. Per me – “imborghesito” – è inaudito! Invece è la svolta! La sera torniamo a Montaretto e troviamo la Casa del popolo- Lì c’è un musicista ecuadoregno che suona la chitarra e canta, proprio come io sognavo: poca gente, clima raccolto, il musicista mi invita a suonare. Vendo un cd a Mauro che poi scoprirò essere un assessore di Bonassola. Un cd lo regalo al musicista ecuadoregno che abita in Germania: così «Strade e contrade» arriva così in Germania, passando…dall’Ecuador!

I giorni successivi lo schema sarà questo: alle 8 partenza da solo, a piedi, per Bonassola, almeno un ritratto venduto al “Bar 26” e colazione pagata, più qualche vendita di libri e cd a signore e signori della provvidenza. Il giovedì Lorenzo mi fa scoprire la spiaggia di Portopidocchio, una caletta di Framura, dove arriviamo in bicicletta partendo: anche se fa caldo la strada è “fresca”, perché passiamo sotto la galleria dell’ex ferrovia riconvertita da pochi anni in strada pedonale e ciclabile. Un anno e mezzo fa avevo fatto il percorso ma a ponente, da Sanremo a Imperia, in gran parte sotto la galleria: adesso scopro che forse la pista ciclabile in galleria percorre il ponente e il levante in buona parte; sarebbe bello farla tutta.

Ci andrò da solo venerdì e sabato, quando Lorenzo sarà con Anna e Leone in montagna. A Montaretto quasi ogni sera canterò pochi miei brani del nuovo cd usando la chitarra classica della Casa del popolo, che è anche Circolo Arci. Incontri importanti avverranno sulla soglia, cioè due giorni prima di partire, sia con Paola e Maurizio di Bologna che con Elia, Camilla e il loro bimbo Ismaele che vengono da Milano. Sabato e domenica l’ostello è stato “invaso” dalle donne che partecipano al seminario di yoga gestito da Morena. La cuoca di Genova cucina per il gruppo, eccede con le quantità e per due sere abbiamo da mangiare in abbondanza couscous e riso: evviva. In una di queste sere conosco due donne tedesche che abitano a pochi passi dalla Casa del popolo: canterò le mie canzoni sulla loro terrazza e una di loro comprerà il mio cd a prezzo pieno (li stavo vendendo con lo sconto “Liguria”: 10 euro anziché 15). L’altra non compra il cd però mi fa assaggiare il piatto che ha cucinat: spaghetti al sugo con salsiccia.

Volendo quasi tutte le sere avrei mangiato a scrocco. Una sera alla casa del popolo ho già in mano la chitarra e Giancarlo mi invita a un minestrone genovese (con il pesto quindi). Siccome sono proprio “imborghesito” ho comprato anche il tonno “di lusso” a 4 euro e 50 due scatolette piccole.

Dopo Montaretto parto per Sestri Levante, l’unico paese al mondo dove ci sono i versi di un poeta locale (sestrino!) inneggianti ai bambini che giocano per strada e poi però in ogni angolo piazza o piazzetta trovi «VIETATO IL GIOCO DELLA PALLA», scritto con un ornamento giocoso: cioè il disegno di un ragazzo col cappello colorato in stile Luzzati. Penso che Luzzati si rivolterebbe nella tomba, come dice Antonio Carletti che rivedo il sabato mattina a Sestri Levante così gli consegno il cd (che aveva prepagato) e lui mi dà il libro di Luca Rastello «Dopo domani non ci sarà» che ha comprato per me il giorno prima alla Feltrinelli di Genova perché io non riuscivo a trovarlo. Sempre a Sestri Levante trovo una parrucchiera vicino alla stazione che alla domanda «Mi puoi fare la barba?» risponde: «Devi aspettare un po’ tanto, oppure ti presto il rasoio e te la fai tu». Così mi siedo in mezzo alle madamine sotto i caschi che si fanno le acconciature e mi rado. L’ho chiesto a una donna perché a Levanto avevo visto una parrucchiera che fa la barba agli uomini: però voleva 7 euro, a secco, senza schiuma. Il barbiere in centro storico a Sestri voleva 10 euro… Giusi è una parrucchiera di Sestri ma di origine napoletana, mi fa conoscere la figlia Valentina che fa trattamenti estetici sempre lì. Regalo una copia del mio cd e loro comprano il libro «In viaggio con Leopardi» super scontato. Sono contento di tutta questa provvidenza… in barba a chi mi diceva che meno di 10 euro per la barba a Sestri Levante te lo scordi!

Il venerdì mattina a Sestri sono un po’ stressato dal mobbing delle suore della Madonna del Grappa che mi vogliono mandare via perché non ho la carta del pellegrino e per altre quisquilie paranoiche. Regalo una copia di «Ricordare Milano» alla direttrice ma il mobbing continua. Però venerdì sera trovo il circolo ricreativo Santo Stefano del Ponte e ritorna la vita…popolare! Ci passo davanti (è molto vicino alla stazione, a due passi dalla Madonna del Grappa dove dormo, ma si deve uscire dal sottopassaggio lato via Antica Romana) e vedo due uomini più grandi di me che suonano le chitarre: mi siedo e bevo una bibita. Mi chiedono se voglio cantare e suonare, accetto e intono i cavalli di battaglia del nuovo cd: «Donne della Liguria, Genova Ferita». Uno di loro lo compra e l’altro mi invita per l’indomani sera a una cena del circolo. Sabato sera chiudo in bellezza con la cena, altra cantata più due cd venduti e un libro regalato («Un anno di frontiera») al tipo che mi ha invitato alla cena.

Il mio «Informal Tour» ligure volge al termine ma non è finita qui. L’unica data fissata per il 14 agosto viene cancellata… il 12! Non appena scendo dal treno a Bordighera mi arriva l’sms che dice di no però i soldi me lo danno lo stesso. Insomma vacanza dell’artista fino in fondo: pagato anche senza far spettacolo. Mi era capitato altre due volte ma dieci anni fa circa: una di quelle due volte a Genova e poi dicono che i liguri sono tirchi!

Riprendo il treno il 15 agosto da Bordighera per Genova e poi per Pisa, Firenze e Perugia. Nel viaggio avevo incontrato una brasiliana che aveva comprato il mio cd: le avevo detto che non avevo il biglietto e lei: «così ti paghi il viaggio». Non le ho spiegato che non pago il biglietto anche per “vendicare” tutti i ritardi, i disservizi…(in questi giorni ne ho visti ai danni miei e di amici, da un’ora di ritardo del Thello da Milano a Ventimiglia ai 20 minuti in più “regolari” nei treni fra La Spezia e le Cinque Terre). La brasiliana andava alla Chiesa Cristiana dello Spirito Santo a Genova. Mi dà un opuscolo dimostrativo dal titolo «Io ero così. E’ successo». Alcune testimonianze di copertina: «Da affittuaria malata, ho salute e ho comprato due case»; oppure «Sono passato da dipendente stressato a imprenditore». All’interno, in seconda pagina, c’è il racconto di Julia Gomes, una signora di Roma, che per vari motivi aveva perso la possibilità di ricevere la pensione. ha deciso, anziché rivolgersi ai sindacati, di partecipare alla catena di preghiera del lunedì, cioè il Congresso per il Successo, «chiedendo a Dio giustizia». Della serie: dove non arrivano i sindacati o la legge vincerà la preghiera: «neanche mio marito e mio figlio ci credevano…finalmente riceverò la pensione». Mi colpisce l’impostazione delle preghiere per il successo, mi ricorda il movimento Momentum – di cui parlo nel libro «In viaggio con Leopardi – e in parte la Soka Gakkai e il buddismo di Dai Shonin.

Al ritorno fra Genova a Pisa non pago il biglietto su un Intercity. C’è una scena meravigliosa: ci sono due napoletani con “la faccia da Rom” che quando chiedo se sono autoctoni mi dicono di sì. Mentre me lo dicono vedo il controllore e mi allontano. Passa un po’ di tempo e riecco il controllore: gli dico che sono un artista, ci sono tanti ritardi. Lui è toscano, fa finta di arrabbiarsi, mi dice: «vai al tuo posto che poi ti faccio un biglietto da 10 euro fino a Pisa». Non ripasserà. Nel frattempo uno dei due napoletani mi interroga, quasi avesse subodorato che non ho il biglietto e magari potrei dar consigli. Mi dice che gli manca il biglietto da La Spezia a Viareggio e dovrebbe scendere perché il controllore lo ha sgamato.

Arrivo a Terontola dopo sette ore, dovrei aspettare un’ora il treno per Perugia. Decido di fare autostop nel ferragosto inoltrato a due passi dal lago. Mi prendono due donne, una inglese e una canadese: quellsa inglese ha casa a San Feliciano, proprio dove abito io, mentre la canadese compra il cd che le faccio vedere ma solo dopo avermi fatto cantare a cappella una delle canzoni, «Mi sento come mi sento» (che a Bonassola ho scoperto che è anche il nome di un gelato confezionato).

Dopo trovo un passaggio da Tuoro: un perugino con la macchina piena di libri e riviste di letteratura. Poi due ragazzi di Tuoro mi accompagnano fino a Passignano, intanto per un chilometro ho camminato dalla zona industriale di Passignano alla pizzeria l’Uliveto, di fronte alla Chiesa antica che c’è sul ciglio della strada. Uno dei due ragazzi abita a Barcellona con Conrad, l’ex cuoco dell’osteria Rosso di sera al quale avevo dedicato una strofa della canzone «Rosso di sera». I ragazzi mi accompagnano fino a casa allungando di 10 km, io regalo il cd che con loro arriverà a Barcellona.

Il «Liguria Informal Tour» si chiude in questo ferragosto tremendo per la Liguria, alla quale dedico la tragicamente riattualizzata canzone «Genova ferita». Negli ultimi giorni del tour mi arrivano apprezzamenti e riconoscimenti insperati per il mio cd, il più bello si riassume così: «Nada preferisce Maddalena a De André». Nada è il nome della piccola bimbetta di Adria e Marco, due amici che gestiscono il circolino di San Savino sul Trasimeno: mi hanno detto che Nada, quando sono in macchina e mettono De Andrè, urla: «Maddalena, voglio Maddalenaaaaaaa». Le canzoni che vuole ascoltare di più sono «Gigolò cattolico» e «Donne della Liguria». Se i bambini sono la voce della verità (qualcuno dice di Dio) siamo a buon punto: la sana stanchezza del viaggio è ripagata ampiamente da queste dolci note/notizie.

QUESTO APPUNTAMENTO

Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Perciò ci rivediamo qui (scsp: salvo catastrofi sempre possibili) fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. [db]

LE IMMAGINI – scelte dalla “bottega” – SONO DI JACEK YERKA.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *