«Cosa dirà la gente»
Un bel film di Iram Hak sui matrimoni forzati e sui conflitti generazionali nelle migrazioni
di Silvia Acquistapace (*)
AVVERTENZA: la recensione svela molto della trama; dunque se state per vederlo e non volete conoscere il finale… aspettate a leggerlo [db]
L’interesse principale in questo film – che parla di una famiglia pakistana emigrata in Germania e del conflitto che nasce fra le tradizioni religiose e culturali della famiglia e le aspirazioni della figlia adolescente, affezionatissima alla famiglia ma orientata a vivere una vita autonoma e libera da condizionamenti – è costituito dal fatto che la regista è una donna.
Il suo sguardo femminile ci permette di cogliere aspetti fondamentali: il desiderio acuto della ragazza di non mettersi in contrasto con genitori che ama, pur ribellandosi alle loro imposizioni; la gioia con la quale accoglie la riappacificazione familiare, anche dopo le vessazioni e le umiliazioni subite; e la regista evidenzia anche il turbamento del padre, responsabile del rispetto della tradizione, eppure incapace di spingere all’estremo la propria intransigenza e tristemente inerme di fronte alla fuga della figlia, che rifiuta un matrimonio forzato con l’interruzione degli studi.
Appare evidente nel film l’ignavia dei giovani maschi con cui la protagonista entra in contatto. Suo fratello appoggia il padre che la manda in esilio in Pakistan; il cugino , invaghito di lei, non la sostiene nè la difende per paura del proprio genitore.
E’ invece indomita la ragazzina che dal Pakistan riesce a contattare via internet gli assistenti sociali tedeschi, e la sua persistente tenacia evidenzia la sofferenza che vivono le giovani immigrate costrette a subire condizionamenti impropri rispetto alle loro aspettative di vita .
Il titolo e le frasi ripetute dalla madre («Cosa dirà la gente?») suonano però familiari a un pubblico occidentale, che ha certamente vissuto situazioni in cui comportamenti socialmente ritenuti inaccettabili sono stati stigmatizzati.
Il peso delle convenzioni si manifesta anche nei nostri Paesi, e la regista ne è senza dubbio consapevole. Il suo film ci mostra in profondità le conseguenze dolorose di queste costrizioni sociali, che spesso non risparmiano neppure i costrittori.
Indimenticabile lo sguardo del padre che vede la figlia allontanarsi per sempre sulla strada innevata.
(*) ripresa da rivoluzionegentile.it. In realtà la famiglia pakistana è emigrata in Norvegia ma questo… non cambia il discorso.