Giù le mani da Durruti e …

giù le mani dalla lotta di classe

di Gianni Sartori

Premessa con lamento e domanda retorica.

Di nuovo? Ancora? Ma perché tocca a me – proletario autoalfabetizzato che non è nemmeno anarchico – intervenire?

Non bastavano l’Irlanda e Bobby Sands?

Rimando alla lettura dell’ormai datato “Che c’entra Bobby Sands con Casa Pound? e ci (ri)provo.

SENZA VERGOGNA. DOPO CHE GUEVARA E BOBBY SANDS, ORA ANCHE CON DURRUTI

Lo sapevo, prima o poi doveva succedere. Anche se mi aspettavo che a compiere l’atto osceno in luogo pubblico (la “rete”) sarebbero stati direttamente i fasci. Invece stavolta pare avvenga per interposta persona. Materia troppo delicata, evidentemente. Da maneggiare con cura.

A tentare l’operazione di appropriazione indebita – uno scippo maldestro – è stato un noto intellettuale originariamente di sinistra (ora non si sa) ed esperto in materia di fascisteria e fascistume. Vuoi per aver scrutato troppo a lungo nell’abisso (con i noti effetti collaterali di reciproca specularità), vuoi per innamoramento perverso, vuoi per una variante della “sindrome di Stoccolma” ora l’interessato sembra volersi dannare definitivamente l’anima allineandosi con una visione del mondo apertamente – a mio modesto parere – di destra. Nel caso in questione evocando addirittura le junghiane “coincidenze sincroniche” (vedi il giorno della duplice morte, 20 novembre) e mettendosi così al riparo da ogni ragionevole (ossia fondata sul buon senso) critica. Come e cosa ribattere di fronte a Eventi metafisici insondabili, Manifestazioni dell’Assoluto nel Fatidico Giorno, Disegni imperscrutabili del Destino, Grande Ineffabile Mistero Trascendente…? Sto cercando di interpretare ovviamente. Ma a questo punto ognuno può aggiungervi a piacere e volontà altra “roba di Valore” … e Furio Jesi aveva visto giusto qualificando la cultura di Destra come un concentrato di…Liala in salsa evoliana (*).

IL FATTO. L’esperto in questione (proveniente dall’area dell’Autonomia operaia) che neppure nominerò ha osato paragonare il fondatore della Falange José Antonio Primo de Rivera – fucilato in quel di Alicante dai repubblicani il 20 novembre 1936 – a Buenaventura Durruti, feritosi accidentalmente a Madrid forse nella notte fra il 19 e il 20 novembre e morto appunto il 20 (**).

Partendo da questa coincidenza, l’articolo arriva – sostanzialmente – a renderli quasi equivalenti, intercambiabili. Equiparandoli in quanto “ribelli” (alla Junger?), non omologati rispettivamente al franchismo e al Fronte popolare repubblicano. Due morti – suggerisce il preteso esperto – accolte con soddisfazione dai capi dei rispettivi schieramenti in quanto entrambi (Durruti e De Rivera) scomodi, troppo idealisti e refrattari alla realpolitik.

E per dare maggior peso all’equivalenza, riesuma l’ormai screditata ipotesi che Durruti sia stato assassinato dai “comunisti”.

IPOTESI CALCOLATE E PROVOCATORIE

Riporto testuale : «...è sicuramente una coincidenza significativa che lo stesso giorno dello stesso anno nello stesso Paese, la Spagna del 1936, muoiano, più o meno per la stessa mano, i due leader che avrebbero potuto determinare un esito rivoluzionario alla guerra civile. Il leader fascista della Falange, Josè Primo de Rivera muore in esecuzione di una condanna a morte della repubblica spagnola. Ma per Francisco Franco e i generali golpisti è un terno al lotto, perché si sono tolti dalle palle un peso politico notevole, un leader che avrebbe potuto orientare l’insorgenza in direzione ben diversa dagli esiti bigotti e reazionari voluti dal Generalissimo.

Buenaventura Durruti, amatissimo ed eroico leader anarchico. viene ammazzato da un cecchino a Barcellona. Nulla è certo ma forti sono i sospetti che a fare fuoco sia stato qualche agente stalinista».

La stessa mano”? Più che azzardata, l’ipotesi (la stessa diffusa a quel tempo dai fascisti) mi sembra calcolata, interessata e provocatoria.

Avendo chi scrive sprecato – si fa per dire – gran parte dell’adolescenza e prima giovinezza a litigare duramente con marxisti-leninisti, maoisti, operaisti, trotskisti, anche autonomi (cioè: non solo con gli stalinisti, come sarebbe stato ovvio) in merito al maggio 1937 di Barcellona (la Telefonica, Nin, Berneri...) ed essendo stato oggetto mio malgrado in svariate occasioni del poco caritatevole commento “faremo come in Spagna” oggi trovo perlomeno imbarazzante dover difendere i “comunisti”, in senso lato, da accuse che ritengo infondate e strumentali. Sulla morte di Durruti ormai non dovrebbero esistere dubbi di sorta. Come confermarono sia gli anarchici (vedi Garcia Oliver o Abel Paz) sia Emilienne Morin, la compagna di Durruti (non presente al fatto, in un primo momento aveva sollevato qualche dubbio sulla reale dinamica) si trattò di un incidente dovuto – con ogni probabilità – soprattutto alla stanchezza. Alla stessa conclusione era giunto anche Hans Magnus Enzensberger dopo ricerche accurate. Durruti scese dall’auto, dopo un viaggio massacrante dall’Aragona e giorni di duri, insonni combattimenti, con il colpo in canna. Un movimento brusco, un contraccolpo e dal suo mitra tedesco (un “naranjero”) partì una raffica colpendolo al torace.

Può capitare. Capita.

Non è certo casuale che – aderendo alla versione del “cecchino comunista” – l’autore dell’articolo si ritrovi perfettamente allineato con la tesi da sempre accreditata e messa in circolazione dai franchisti. Con l’intento di screditare, demoralizzare e dividere il fronte repubblicano antifascista.

ESITI ALQUANTO IMPROBABILI

Quanto al presunto “esito rivoluzionario “ determinato (non si sa come e soprattutto perché) da un José Antonio ancora in vita, stendiamo un pietoso sudario sui resti mortali del senorito in questione. Esponente di quelle classi privilegiate che videro in Franco il loro salvatore. Ma poi questa chi gliela avrà raccontata? L’amico Stefano Delle Chiaie che proprio in Spagna prese parte alla “guerra sporca” delle squadre della morte antibasche?

Comunque – onestamente – non vedo proprio quali astruse analogie si possano stabilire fra l’operaio anarchico Buenaventura Durruti e José Antonio Primo de Rivera y Saenz de Heredia, marchese di Estella e Grande di Spagna (titolo ereditato dal padre Miguel, generale e dittatore). Non solo. Fervido ammiratore di Mussolini, venne apposta in Italia per conoscerlo e intervistarlo. Sostenitore della “collaborazione di classe” (in versione corporativista) e del più bieco paternalismo nei confronti delle classi subalterne (i “miseri” li chiamava, lui); difensore e garante sia della proprietà privata – sempre e comunque – sia della indissolubilità della Spagna (concepita alla stregua di entità metafisica) contro le tentazioni indipendentiste di baschi e catalani. Con forti legami, anche per ragioni familiari, con il peggiore conservatorismo clericale e agrario.

Sorvoliamo poi sul fatto che il preteso esperto confonde (come da vulgata staliniana) il POUM con i trotskisti. Andreu Nin aveva litigato con Trotski ancora nel 1934 e per le stesse ragioni di Victor Serge, altro comunista libertario: ossia sul giudizio da dare in merito alla rivolta e successiva repressione di Kronstadt nel 1921 con la condanna espressa dai due comunisti libertari sull’operato dell’Armata Rossa – all’epoca comandata proprio da Trotski – in tali frangenti (***).

Non solo. Questo sedicente esperto sembra quasi suggerire – per la gioia e l’estasi mistica dei suoi lettori fascisti –che anche la morte di Franco (il boia Franco tardivamente deceduto il 20 novembre 1975) rientri comunque nella serie “coincidenze sincroniche” quindi in qualche disegno occulto e imponderabile. Anche se – ormai ridotto allo stato puramente vegetale da qualche settimana – il boia Franco venne artificialmente tenuto “in vita” proprio per realizzare la mistica coincidenza: morire nello stesso giorno di José Antonio. (****).
Mancava solo un richiamo alla Cabala e ne sarebbe venuto fuori un bel romanzo dell’Occulto alla Gianluca Casseri (magari con prefazione di Gianfranco De Turris), cioè l’attivista di Casa Pound che il 13 dicembre 2011 a Firenze uccise a freddo Samb Modou e Diop Mor.

Dimentica invece – questo “esperto” – che quella data (in quanto «sacra», «fatale»…) è stata poi celebrata in varie occasioni dalla squadre della morte parastatali spagnole (ATE, BVE, GAL… di cui fecero parte anche fascisti italiani come Delle Chiaie e Concutelli) eliminando esponenti dell’indipendentismo basco di sinistra (sia militanti abertzale rifugiati in Iparralde che esponenti di Herri Batasuna come Santi Brouard).

Ma poi – mi hanno e mi sono chiesto – in fondo, perché te la prendi tanto?”. Forse più per ragioni personali (storiche e sociali) che per ragioni ideologiche. Durruti – al pari dell’etarra basco Txiki, dei repubblicani irlandesi Bobby Sands e Patsy O’Hara, del libertario catalano Puig Antich e dell’anarchico antispecista Barry Horne – era sicuramente un esponente della mia classe di appartenenza (proletaria, subalterna – per quanto obtorto collo – working class….).

Esempio da manuale di quel proletariato “per sé” e non solo “in sé” di cui – nell’epoca decadente del proletariato quasi “fuori di sé” – nutro nostalgia profonda.

Non ho rinunciato a una professione piccolo-borghese (*****) per poi vedermi scippare anche quel poco di dignità proletaria che ho cercato, conosciuto e finalmente incontrato (nelle persone di amici, familiari e compagni di lotta dei personaggi citati) in Euskal Herria, Catalunya, Irlanda…

(*) in realtà non mancavano modesti precedenti: una filosofa di destra, Alessandra Colla (ex moglie di Maurizio Murelli ) ci aveva già provato sulla rivista Orion, sempre giocando sulla coincidenza del giorno della morte. E anche gli squadristi di Bases Autonomas. I cosiddetti “anarco-nazisti”, riesumazione iberica dei nostrani “nazi-maoisti” di Lotta di popolo (anzi Organizzazione Lotta di Popolo – OLP, tanto per alimentare la confusione) in realtà emanazione di Avanguardia nazionale e antenata di Terza posizione. Arrivando – quelli di Bases Autonomas – addirittura a sovrapporre la A cerchiata alla cosiddetta “croce celtica”. In realtà un simbolo nazista, usato dalla Charlemagne (sia come mostrina, sia su alcuni manifesti di questi collaborazionisti francesi in versione “svastica tonda”) e più tardi dalla famigerata Oas. Del resto è di questi giorni la scoperta di alcune scritte inneggianti ai Nar con nell’acronimo la A cerchiata (un calcolato – e sospetto – richiamo al presunto “spontaneismo” di queste scalcagnate guardie bianche?).

(**) Per dovere di cronaca, riferisco che anni fa avevo raccolto anche un’altra versione orale (da persone e in contesti diversi). Durruti si sarebbe ferito il 20 e morto poco dopo la mezzanotte, ossia – tecnicamente – il 21. Alquanto improbabile, ovviamente. Vien da chiedersi come mai sia stata diffusa questa specie di “leggenda metropolitana”. A che pro? Curiosa la forzata analogia con il destino di Che Guevara (in questo caso documentato) ferito e catturato l’8 ottobre 1967 (diventato il “Giorno del guerrigliero eroico”), ma in realtà – lo si seppe con certezza soltanto dopo anni – assassinato la mattina del 9. Per non alimentare altre folli congetture sorvolo sul fatto che il nostro Buen era nato il 14 luglio (1896) ossia nel giorno (magari “fatidico”, volendo, ma scritto minuscolo per carità) della presa della Bastiglia. E comunque il 20 novembre è morta un sacco di gente più o meno illustre: De Chirico, Croce (Benedetto), Tolstoi (che a modo suo era anarchico anche lui…). E allora? Allora un cazzo. Fascisti e rosso-bruni, neo-peronisti e terceristi vari, diversamente destri e affini…. tenete giù le mani dalla lotta di classe.

(***) Aveva comunque fatto in tempo a firmare le sue ultime condanne a morte. Ben cinque in un colpo solo: due etarras e tre esponenti del FRAP fucilati il 29 settembre 1975.

(****) Una considerazione sul film «Terra e Libertà» di Ken Loach. Nel suo genere, uno spartiacque. Prima sui fatti del maggio ’37 a Barcellona c’era una totale rimozione o peggio (una sorta di travisamento, vedi l’infamante diceria sul POUM “quinta colonna” di Franco…). Dopo il 1995, grazie al film, la situazione in parte appariva rovesciata. Quasi che la colpa della sconfitta repubblicana dovesse ricadere sui “comunisti” (Psuc e Pce). In parte vi aveva contribuito la scena del miliziano che – quando si rende conto della reale politica di Stalin in Spagna – strappa la tessera del partito. Un episodio, storicamente documentato, che Ken Loach potrebbe aver preso in prestito da «Blocco H. La ballata di Colm Brady» (di Roger Faligot) ma che non andrebbe enfatizzato, tantomeno generalizzato. Segnalo anche la cifra assolutamente errata – per eccesso – sul numero delle vittime della controrivoluzione staliniana del ’37 che appare in didascalia alla fine del film. In realtà furono alcune centinaia (circa 500, pare), non certo migliaia. Fra l’altro viene citata come fonte la storica rivista «Maquis». Avendone conosciuto il direttore Filippo Gaia (persona seria e meticolosa), penso si sia trattato di un errore di trascrizione. Senza per questo giustificare gli stalinisti (ci mancherebbe! Personalmente non giustifico nemmeno Lenin per Kronstadt e per la repressione contro gli anarchici ucraini di Nestor Ivanovic Makhno) sarebbe quindi il caso di riportare le cause della sconfitta alle vere responsabilità. Innanzitutto quelle di Franco, il boia che dopo la fine della guerra – dal ’39 sino alla fine degli anni quaranta – firmava quotidianamente decine di condanne a morte. Prima del tutto indiscriminate, poi con processi farsa in cui gruppi di decine di persone venivano condannate a morte collettivamente. E rammentare anche il ruolo fondamentale di Italia e Germania che fornirono migliaia di soldati, navi e centinaia di aerei (vedi i bombardamenti di Durango, Gernika, Granollers, Barcellona…). Il sostegno nazifascista risultò determinante per la vittoria franchista e fornì ai due dittatori la possibilità di testare i rispettivi eserciti in vista della fase successiva, la Seconda guerra mondiale.

(*****) Mi spiego meglio, magari per la vostra collezione di “e chi se ne frega?”.

Vinto un concorso statale nei primissimi anni settanta, scoprivo che avrei dovuto anche giurare. Naturalmente mi rifiutavo (allo Stato delle stragi? Mai!) e rinunciai tornando ai miei abituali turni di notte alla Domenichelli per finire in varie fasi successive (si parla di anni, non di lavoretti stagionali da studente) prima inchiodato alla fresa nel laboratorio-retrobottega di una mini-azienda artigiana nordestina, poi (già meglio) commesso in una libreria. A insegnare – da maestro elementare – comunque alla fine ci andai. Molti anni dopo (seconda metà degli ottanta), quando scoprii casualmente che nel frattempo l’obbligo del giuramento era stato levato.

SU QUESTI TEMI trovate molti post  in “bottega” a partire da : Aspettando il ritorno di Buenaventura Durruti , Scor-date: 1 marzo 1921 (su Kronstadt), Camillo Berneri, gli spararono alle spalle e I nazifascisti conquistano la Galassia? (sul libro di Gianluca Casseri).

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