6 agosto 1945 alle 8,15 … con un’intervista a Ward Wilson
di Vincenzo Apicella (*)
Il mattino del 6 agosto 1945 l’aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica (affettuosamente chiamata Little Boy) sulla città giapponese di Hiroshima; poi tre giorni dopo un ordigno simile (soprannominato Fat Man) colpì Nagasaki. Non fu mai stabilito il numero delle vittime dirette – ma bisognerebbe contare anche i morti per radiazioni, nei mesi e negli anni successivi – e le stima variano da 100 000 a 200mila, quasi esclusivamente civili.
Non esistevano motivazioni militari – il Giappone era allo stremo – per quella strage però gli Usa “dovevano” provare la nuova arma e volevano lanciare un messaggio all’Urss.
In “bottega” ne abbiamo scritto più volte. A esempio qui Hiroshima: ricordando con Nazim Hikmet e Pete Seeger, qui Hiroshima: 72 anni fa iniziò l’equilibrio del terrore e qui Hiroshima 6 agosto 1945: la ferita è ancora aperta
(*) Enzo Apicella è volato via nell’ottobre scorso: aveva 96 anni ma pochi se ne accorgevano perchè continuava a disegnare quasi ogni giorno. In “bottega” lo abbiamo ricordato qui: E’ morto Vincenzo Apicella
L’autore di “5 Myths of Nuclear Weapons” a colloquio con Tony Robinson (**)
Lo scorso 6 giugno qui a Pressenza abbiamo mostrato in anteprima il nostro ultimissimo documentario “The Beginning of the End of Nuclear Weapons”. [L’inizio della fine delle armi nucleari]. Per la produzione del film abbiamo intervistato 14 esperti che hanno saputo darci una visione storica generale sull’argomento, dal processo che ha condotto al “Trattato per la proibizione delle armi nucleari”, ai vari tentativi di trasformare la proibizione in eliminazione. Parte del nostro impegno è di rendere questo tipo di informazione accessibile a tutto il mondo. Così abbiamo deciso di pubblicare la versione integrale delle interviste con le loro trascrizioni nella speranza che questo materiale sia utile a futuri registi, attivisti e storici interessati alle autorevoli testimonianze documentate nelle nostre ricerche.
L’intervista che segue è con Ward Wilson, storico e autore di “5 Myths of Nuclear Weapons“[5 Miti sulle armi nucleari], eseguita il 25 settembre 2018 a Battery Park, New York City.
Domande: Tony Robinson, Cameramen: Álvaro Orús.
Quali sono i punti chiavi del tuo libro?
“5 Myths about nuclear weapons” è in qualche modo un’introduzione che parla dei cinque principi a cui i sostenitori delle armi nucleari credono fortemente, che non si basano né su fatti veritieri né su argomentazioni attendibili.
La prima teoria dice che le armi nucleari hanno spinto i giapponesi ad arrendersi alla fine della Seconda guerra mondiale, e su questo ci sono sempre stati molti dubbi. Recenti ricerche mostrano come altamente improbabile che la resa da parte del Giappone sia stata causata dall’uso delle armi nucleari. Si sono arresi per l’entrata in guerra dei Sovietici. La notte prima del bombardamento su Nagasaki, l’Unione Sovietica dichiarò guerra con l’entrata in campo di 1.5 milioni di soldati, e storicamente, quando una grande potenza entra in guerra costringe tutte le altre forze coinvolte nel conflitto a riconsiderare le proprie possibilità di vittoria.
Quindi ha senso che il Giappone, nel vedere l’entrata della Russia nel conflitto, abbia riflettuto sulle probabilità di vittoria o sconfitta, al di là delle 68 città giapponesi bombardate nell’estate del 1945. Se tutti i 68 attacchi venissero tracciati basandosi sul numero di persone uccise, Hiroshima risulterebbe seconda, Tokyo, bombardata con armi convenzionali, sarebbe la prima. Se tracciassimo i chilometri quadrati distrutti Hiroshima sarebbe sesta; se tracciassimo la percentuale di distruzione della città Hiroshima sarebbe diciassettesima.
Quindi ci sono nuove prove, e ce ne sono molte altre. Sono uno storico, amo parlare di queste cose, ma cercherò di non dilungarmi. Cambia significativamente il nostro punto di vista sulle armi nucleari, perchè Hiroshima è stata la prima impressione, il primo caso che ha definito tutte le nostre conclusioni e se cambiamo il modo in cui pensiamo ad Hiroshima tutto cambia. E questa è una.
La seconda si basa sulla convinzione che negli anni 50 con l’invenzione della bomba ad idrogeno le armi nucleari diventino determinanti. E’ un’idea stupida. Grande non significa necessariamente meglio. Se un operaio chiedesse al suo assistente di andare a prendergli un attrezzo di lavoro, invece di dire “Darren, vai a prendere l’attrezzo più grande”, direbbe “Prendi l’attrezzo giusto”.
Che le armi nucleari siano il giusto strumento per qualsiasi piano militare non può essere dato per scontato.
La terza teoria è che questo tipo di armi stabilizzino paesi momenti di crisi, che siano efficaci durante una crisi, ma la storia non lo dimostra affatto. Siamo sopravvissuti a molte crisi nucleari. La pace tra le grandi potenze è durata 70 anni, ma c’è stata pace tra le grandi potenze per centinaia di anni, tra le guerre napoleoniche e la Prima guerra mondiale, e non è scontato che quel lungo periodo di pace abbia reso più violento lo scoppio finale della guerra.
L’ultimo mito dice che non c’è alternativa, che non possiamo disfarci delle armi nucleari e questo dimostra una cosa che spero ognuno capisca, cioè che le argomentazioni a favore di questo tipo di armi sono state create da persone che avevano paura, e che di conseguenza non pensavano in modo molto chiaro, e moltissime sono assurde.
L’idea che “Non possiamo dis-inventare le armi nucleari” si basa su un processo che è immaginario. Non esiste la dis-invenzione. Immaginate un laboratorio con un tipo che indossa un camice bianco che dis-inventa i computer IBM degli anni 90. É ridicolo. La tecnologia cambia. Si evolve quando le persone la adottano. Si basa sull’utilità. Se un’arma, o uno strumento, o un attrezzo è utile, viene adottato e usato, altrimenti viene gettato via; quindi è importante ricordare che tutte queste argomentazioni possono essere capovolte e non dobbiamo sempre combattere una battaglia in salita.
Maggiori informazioni sulla deterrenza
Per quanto riguarda la deterrenza, storicamente parlando l’idea che le armi nucleari ci abbiano salvaguardati durante momenti di crisi è semplicemente errata, alcuni sostenitori del nucleare spesso dichiarano che “la deterrenza è stata” perfetta dal momento che fino ad ora non c’è stata una guerra nucleare. E’ un argomento a dir poco ridicolo.
Nel 1948 i sovietici bloccarono Berlino, e questo avrebbe potuto portare ad una guerra nucleare, ma per quanto gli Stati Uniti avessero il monopolio sulle armi nucleari i Sovietici non si fecero intimidire. Nel 1950 la Cina si unì alla guerra coreana nonostante il fatto che gli USA trasferissero armi nucleari a Guam. Nel 1973, durante la guerra del Medio Oriente, tutti sapevano che gli israeliani possedevano armi nucleari, eppure l’Egitto e la Siria decisero comunque di attaccare Israele nei territori occupati. Nel 1982… e così via.
In tutti questi casi la deterrenza ha chiaramente fallito, e non è fallita solo in passato ma inevitabilmente fallirà ancora nel futuro. Siamo coinvolti nella deterrenza nucleare. Facciamo minacce, le valutiamo, decidiamo come reagire. Gli esseri umani sono parte del sistema e per natura imperfetti. Nessuno è perfetto. Se gli esseri umani sono fallibili e se sono coinvolti nella deterrenza nucleare, allora per definizione la deterrenza nucleare è imperfetta. Fallirà.
Non è una questione di se, ma di quando.
La cosa importante da ricordare riguardo tutte queste argomentazioni sulle armi nucleari è che sono poco ragionate, sono basate su una falsa logica, a volte senza attenersi ai fatti. Non stiamo combattendo costantemente in salita una battaglia senza speranza, stiamo combattendo in discesa perché i loro argomenti non sono convincenti.
Puoi parlarci dell’impatto che il tuo libro ha avuto sul processo del Trattato per la proibizione delle armi nucleari?
Sono stato molto fortunato. ICAN mi ha invitato ad alcune delle loro conferenze, e ho parlato a molti di loro. Beatrice Finn mi ha recentemente lasciato un commento su Facebook dicendo che le idee esposte in “5 Myths about Nuclear Weapons” hanno reinquadrato il pensiero che ha portato al trattato, e questo per me è stato un complimento enorme.
É difficile sapere che tipo di impatto stai avendo, a volte viene fuori nei luoghi più strani. Un uomo dell’Oman Times ha scritto un articolo di approfondimento basandosi sul libro. Sto navigando su internet ed ecco l’articolo di qualcuno in Oman di cui non ho mai sentito parlare, e ho pensato “beh, che buffo mondo”, quindi spero che abbia avuto un qualche impatto.
Parlaci del progetto “Realist Revolt”.
Il problema con le armi nucleari è che risiedono in stati dotati di armi nucleari. Questi paesi hanno esperti e funzionari di governo intrappolati in una mentalità, una specie di cosa di gruppo, ed è molto difficile per loro sentir parlare di nuove prove, ascoltare argomentazioni contrarie.
Il loro punto di vista è in gran parte non realista. Credo che noi siamo i realisti, e quelli che sono a favore di questo tipo di armi siano “romantici delle armi”. Sono infatuati da questearmi e hanno esagerato le loro capacità e la loro influenza in modo sproporzionato rispetto alla realtà..
Così ho fondato un gruppo chiamato “Realist Revolt”. La nostra missione è di lavorare alla radice dall’interno del più grande stato dotato di armi nucleari, gli Stati Uniti, e costruire una forza politica che spinga esperti e il funzionari governativi a riesaminare la questione e a cambiare la loro opinione.
Qual è l’importanza del trattato?
Mi trovavo a Nayarit, in Messico, alla seconda conferenza che portò alla realizzazione del trattato e ci fu un momento bellissimo durante l’ultimo giorno che risponde perfettamente alla tua domanda. Dovevano esserci dei relatori a chiudere l’evento, dopodichè ci sarebbe stato il tempo per i commenti di diplomatici provenienti da tutto il mondo, e poi il presidente avrebbe fatto un riepilogo. Ma qualcuno nel pubblico ha alzato la mano per parlare, e poi altre persone volevano dire la loro, diplomatici provenienti da piccoli paesi dell’Africa, dall’Asia, del Sud America e così si andò avanti. La conferenza avrebbe dovuto finire alle 14, ma continuò fino a molto più tardi, in questa fantastica esternazione da parte di diplomatici che rappresentavano stati non dotati di armi nucleari e che realizzarono di avere voce, giocando un ruolo in questo dibattito.
Per 70 anni gli stati dotati di armi nucleari hanno detto a tutti “Ci pensiamo noi, rimanete a casa, non vi preoccupate”, e penso che sia stato proprio quello il momento in cui il resto del mondo ha aperto gli occhi e ha detto “Questo avrà un impatto su di noi. Abbiamo un diritto, ed è nostro dovere farci sentire”, generando così una forte motivazione che ha portato al trattato per la proibizione. Credo che il futuro implichi due cose: sempre più pressione da parte di stati non dotati di armi nucleari, e persone che lavorano all’interno degli stati armati per indebolire i miti sulle armi nucleari.
Cosa possono fare le persone normali per aiutare ad eliminare le armi nucleari?
Nei paesi non dotati di armi nucleari le persone possono appoggiare il trattato di proibizione. Ci si sta muovendo per convincere le banche a cessare di investire nelle aziende riportate da Don’t Bank on the Bomb, e credo che sia un modo straordinariamente buono per creare pressione. Nei paesi dotati di armi nucleari credo la gente possa auto-educarsi rispetto ai miti relativi alle armi nucleari per poi fare pressione sui propri leader politici chiedendo: “Che mi dici della guerra in Medio Oriente nel 1973? Dici che la deterrenza non ha mai fallito, ma ha chiaramente fallito. Perché continuiamo a mettere la nostra vita a rischio per un metodo che evidentemente non può funzionare per sempre?”.
Qual è la tua motivazione?
Ho lavorato per lungo tempo sulle armi nucleari, almeno 40 anni, e per la maggior parte del tempo non ero neanche finanziato. Lavoravo di notte e durante i fine settimana, ed è stato un periodo lungo e a volte economicamente sfidante e difficile. Ma devo dire che lavorare su un qualcosa che ha importanza è stato gratificante più di ogni altra cosa.
Mentre ci pensavo mi sono ricordato la citazione di un magro uomo indiano che una volta disse: “Quando mi dispero, ricordo che nell’arco della storia la verità e l’amore hanno sempre vinto. Ci sono stati tiranni e assassini che per un momento sono sembrati invincibili, ma alla fine sono sempre caduti. Pensaci, sempre!” .
(**) ripreso da PRESSENZA; traduzione dall’inglese di Asia Butti
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto oppure un disegno come oggi. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega
Riprendo la frase di Ward Wilson : “….Quei Paesi ( riferiti a quelli dotati di armi nucleari) hanno esperti e funzionari governativi, una specie di cosa di gruppo….” A mio parere tutti gli stati, anche non dotati di armi nucleari hanno questo ” spirito di gruppo”. E’ proprio insito nell’ essere stato, solo che oggi in era nucleare quello spirito “di morte tua vita mia” non è più possibile, pena la potenziale reciproca distruzione. Senza tralasciare una considerazione per me basilare che non mi stancherò di mettere in evidenza. Noi cittadini di TUTTI gli stati belligeranti e NO, sappiamo che potremmo morire anche se una guerra nucleare scoppiasse solotra due o più stati per le conseguenze che ne deriverebbero ? Dov’ è il nostro senso della vita, il nostro amore per le persone e le cose, e il rispetto , penso io, per la nostra intelligenza?
Non sto a dirvi altro. Il Trattato di proibizione delle armi nucleari potrebbe salvarci tutti , americani , russi, cinesi ,italiani e così via, una volta ratificato, sperabilmente anche dal nostro Paese, con un percorso politico, che partirebbe da una situazione di fatto. Ci sarebbe una legge, firmata da 122 stati Onu nel 2017, che proibirebbe nero su bianco, il possesso di armi nucleari, magari accompagnata da una maggiore attenzione dei cittadini, che non devono dimenticare di aver delegato, nei fatti , la propria vita ai governi di rappresentanza.