Autisti dell’autobus come parafulmini
42esima puntata dell’«Angelo custode» ovvero le riflessioni di ANGELO MADDALENA per il lunedì della bottega; in coda “i nuovi figli della Malanotte… del Maddalena” in offerta
Da mesi – se non da anni – leggiamo e sentiamo notizie di controllori di treni e di autobus, ma soprattutto autisti di autobus urbani aggrediti da passeggeri. Cosa c’è dietro questo accanimento?
Ho incontrato un autista di Perugia che è stato aggredito da pochi giorni da un passeggero. La notizia è passata poco sui giornali locali. Come mai da anni succedono questi “incidenti?”. Forse bisogna guardare a monte. A partire dal 2007, in corrispondenza con l’attivazione delle linee ferroviarie e dei treni ad Alta Velocità (o ad Alta Voracità di soldi pubblici a discapito dei treni dei pendolari, per capirci) sono aumentate le tensioni fra pubblico e controllori del biglietto e/o autisti dei autobus, magari in linee e in orari notturni e marginali. Qualche anno fa a Milano un controllore di Trenord è stato accoltellato con un machete! A Roma recentemente aggressioni ripetute agli autisti di bus urbani hanno spinto alcuni di loro a organizzarsi in “ronde” per proteggere i colleghi. E’ una cosa molto triste che ovviamente chiama in causa le responsabilità dell’Azienda, delle dirigenze, delle politiche dei trasporti urbani e nazionali.
C’è un collegamento fra le spese e gli sprechi per l’Alta Velocità e le ricadute locali, le tensioni, gli scontri? In una parola: la guerra fra poveracci (dove poveri sono sia i passeggeri esasperati sia i lavoratori vessati dalle Aziende di trasporti pubblici) è colpa di qualcuno in alto?
Quando cominciai a raccogliere testimonianze e documentazioni per quella esperienza di viaggio che diventò poi una pratica raccontata nel mio monologo teatrale (poi libro pubblicato da Eris edizioni) Amico treno non ti pago, uno degli argomenti e delle intenzioni della lotta era… l’alleanza fra lavoratori (dei mezzi pubblici: macchinisti, capitreno ecc.) e passeggeri. Ci ho messo poco a capire che le dirigenze e le “connessioni alte” – il potere e la politica che dall’alto scorre e si innerva verso il basso – temevano soprattutto questo. Infatti nel mio monologo cito i licenziamenti in tronco dei ferrovieri che nel 2003 erano stati intervistati da Report, poi ancora recentemente il caso di Dante De Angelis (che ho incontrato in più di un’assemblea dei ferrovieri alla quale ho partecipato) e oggi altri casi simili: un tranviere intervistato dalle Iene è stato licenziato per «danni all’immagine dell’Azienda» dove l’Azienda in questo caso è quella romana, cioè l’Atac.
A Perugia, mi dice un tranviere di Busitalia, è successa una cosa simile ultimamente, che richiama la “sacralità” dell’immagine dell’Azienda che vuol dire distanza abissale fra l’Azienda che sta nei cieli rispetto a passeggeri e lavoratori che stanno nella melma. Ecco un esempio. Ho incontrato il tranviere “N” che è stato richiamato dall’Azienda per futili motivi, un pretesto per dare questo messaggio: «tu autista ti devi accollare tutte le mancanze dell’Azienda, devi subire gli sfoghi e le richieste anche ridicole dei passeggeri, così con il tuo culo noi facciamo bella figura, e se ti aggrediscono vuol dire che te la sei cercata». Detta in modo brutale, l’essenza del discorso è questo.
Certo, l’ottusità di alcuni passeggeri, la velocità del vivere senza riflettere, il non voler capire come stanno le cose, facilita lo sfogo contro gli autisti, e poi magari arriva la richiesta di “sicurezza” militare o delle ronde! Anni fa l’Azienda di trasporti pubblici dell’Umbria fece manifesti così: «Chi non prende il minimetro è un torzone» che a Perugia vuol dire “coglionazzo”. Qualche perugino si risentì, e se è vero che poteva essere una campagna pubblicitaria “simpatica” e provocatoria, è anche vero che il minimetro è rimasto una falla nei trasporti pubblici in Umbria e a Perugia in particolare: continua a essere sotto utilizzato rispetto alle aspettative e soprattutto rispetto agli investimenti.
Si torna al dunque: gli investimenti truffaldini o comunque spreconi sono alla radice dei danni e delle perdite dell’Azienda. Poi per creare il capro espiatorio si scarica tutto sui passeggeri, specialmente quelli senza biglietto che a volte se la prendono con gli autisti e i controllori, anche loro vittime di un sistema che li schiaccia. La cosa da fare sarebbe: informarsi, allearsi e protestare contro chi sta in alto. E questo vale in generale, non solo per i mezzi pubblici.
N. mi dice cose molto dure, però parecchio aderenti alla realtà delle cose, e soprattutto documentate, fondate e motivate. Racconta che gli autisti aggrediti sono poco o niente protetti dall’Azienda, anzi azzarda un teorema che può sembrare fantapolitica ma invece è realtà vissuta e osservata da dentro.
Nell’Azienda municipale romana per esempio una ronda si crea quando non c’è una protezione da parte di chi dovrebbe garantirla, in questo caso l’Azienda. Spiega N che l’Azienda – in questo caso di Perugia che è ormai Busitalia (quindi c’è di mezzo Trenitalia in quanto ha acquisito Umbria Mobilità dal 2015) – fa in modo che gli scontri fra autisti e passeggeri ricadano, come responsabilità, sugli autisti, fomentando (anche con le divisioni “politiche” fra colleghi di lavoro) l’idea che l’autista lavora male e dunque “se l’è cercata lui”.
Queste cose succedono soprattutto a partire dal 2006, da quando è aumentata in modo esponenziale la privatizzazione delle Aziende di trasporti – con sprechi e investimenti truffaldini – e la frammentazione delle società interne o copartecipanti alla gestione dei mezzi, del personale e delle linee ferroviarie (nel caso dei treni). Succede in modo poco visibile ai più.
«C’è una complicità morale – insiste “N” – e potremmo dire che in un certo modo all’Azienda conviene che molti autisti vengano aggrediti dai passeggeri. Per due motivi: perché così l’attenzione e le tensioni che dovrebbero scaricarsi sulle dirigenze si scaricano altrove; e anche perché, così facendo, si diffonde una certa paura fra gli autisti sempre più spinti a un certo servilismo nei confronti dell’Azienda che comunque rimane il datore di lavoro». Anzi il «padrone» sottolinea “N” perchè il rapporto fra lavoratore e Azienda è diventato sempre più quello di uno schiavo o di un servo.
QUESTO APPUNTAMENTO
Mi piace il torrente – di idee, contraddizioni, pensieri, persone, incontri di viaggio, dubbi, a volte autopromozioni, storie, provocazioni – che attraversa gli scritti di Angelo Maddalena. Così gli ho proposto un “lunedì… dell’Angelo” per aprire la settimana bottegarda. Siccome una congiura famiglia-anagrafe-fato gli ha imposto il nome di Angelo mi piace pensare che in qualche modo possa fare l’angelo custode della nuova (laica) settimana. Perciò ci rivediamo qui – scsp: salvo catastrofi sempre possibili – fra 168 ore circa che poi sarebbero 7 giorni. Ma siccome Angelo è un “vagabondo” (per lavoro: pensate che paradosso) mica sempre può rispettare la scadenza settimanale. Perciò se state “a rota” leggete/ascoltate uno dei suoi libri cd. Per esempio quelli segnalati QUI SOTTO. Vedo alzarsi il sopracciglio di Tore detto il fustigatore a ore: “Ma questo è uno spot” obietta; gli risponde Enzo detto vendo buon senZo: “sì ma Angelo se lo merita perciò je lo famo e puro aggrattisse”. [db]
SCRIVE ANGELO
Una delle questioni da approfondire:
il livello di vibrazioni trasmesse al corpo è così basso da poter consentire all’Inail di dire : “rischio non tabellato o inesistente “?
cioè l’autista che si ritrova con un problema di bulging o peggio di ernia è stato esposto a carichi e vibrazioni fuori dal lavoro?
per essere più precisi: le valutazioni del rischio fatte dalle aziende sono state validate e condivise dagli rrllss e dagli organi di vigilanza?
Inoltre una ipotesi: che siano sotto soglia le vibrazioni “oggi” ma anni fa?
e poi le valutazioni aziendali sono teoriche o hanno tenuto conto delle buche e delle condizioni oggettive dei tragitti ?
Io prendo atto del disagio e della sofferenza di molti lavoratori a cui le istituzioni disconoscono la causa professionale, che è come dire : la tua malattia è causata dalla sfortuna.
fatemi sapere (chi sa o intuisce qualcosa).
Grazie della attenzione.
Vito Totire, medico del lavoro