Giuliano Bugani: comunista
Io ricordo. Io sono stato piccolo. Io ero piccolo Abitavo in un paese piccolo. E c’era una festa grande. D’ estate. Io sono nato in una famiglia grande. Mio fratello. Mio padre. Mia madre. Mio nonno. Mia nonna. Mio bisnonno. Mia bisnonna. Io ricordo. Era una famiglia. Comunista. Il bisnonno faceva parte di una cooperativa di muratori. Nel 1907. Poi venne il fascismo. La cooperativa venne sciolta. Io non c’ero ancora. Ma io mi ricordo. Poi venne il 1968. Mio bisnonno morì. Il nonno mi portava alla festa. In estate. Con mio fratello. Con le mie cugine. Io ricordo le bandiere. Rosse. Io ricordo una canzone. Bandiera Rossa. Mio padre lavorava sempre. La mamma e la nonna. Facevano le sarte. Mio padre faceva il metalmeccanico. Suo padre era stato in un campo. Di concentramento. Io non c’ero. Ma io mi ricordo. Da bambino, andavo a giocare da un amico d’ infanzia. Aveva un campo. Da contadino. Giocavamo a cauboi e indiani. Io cantavo Bandiera Rossa. Un giorno, il mio amico mi disse. Non cantare quella canzone. E’ la canzone dei comunisti. Se ti sente la mia nonna. Non ti fa più venire qui. A giocare a cauboi e indiani.
Poi, sono diventato grande. Non tanto. Ma sono diventato grande. Ho sempre cantato Bandiera Rossa. Non ho più giocato a cauboi e indiani. E ho perso di vista quell’amico d’infanzia. Sono diventato grande. E più diventavo comunista. E più litigavo con i partiti comunisti. Io c’ero. Io mi ricordo. Il mio paese adesso è grande. Lui sì che è cresciuto. Non io. Forse io non sono mai cresciuto. Forse io ho fatto tanti errori. Mi è rimasta quella canzone. Bandiera Rossa. Ma sono contento, di averci litigato. Sono contento, di avere fatto tanti errori. Perché io, sono rimasto comunista. Forse non diventeremo mai grandi. Forse non andremo più a quella festa. D’ estate. Ma io mi ricordo. Io c’ ero. E adesso, che ti ho detto tutto di me. Ti lascio un abbraccio. Ti lascio i miei ricordi. Ti lascio questa notte. Che non dormo. Che non capisco. Dove andremo. E se divento grande. Allora ti porto a una festa. E mi spiegherai tutto, di te. Io mi ricorderò. Io ci sarò. Bandiera Rossa.
Giuliano Bugani è operaio, giornalista, poeta e autore di documentari importanti. E’ stato già ospite di questo blog e spero lo sarà ancora. Ho accettato di fare la prefazione del suo romanzo “La pianure” (trovate la segnalazione-recensione qui, in data 25 settembre 2009) perchè mi è sembrato un bellissimo e originale noir politico-psichiatrico. Naturalmente sono poco obiettivo perché anche a me è sempre piaciuta molto “Bandiera rossa”. (db)
Scrive bene Bugani, non c’è dubbio. e “La pianure” è un buon romanzo. Ciò che è fastidioso è codesto continuare a rivendicare orgogliosamente, a “ricordare”, di essere (stato) “comunista”. Che cosa c’è da rivendicare? E poi, avrebbe detto Lorenzo il Magnifico, “chi vuol essere comunista… sia, del doman non c’è certezza”.
Andrei cauto anche su “l’orgoglio”. Io non sono mai stato “comunista” (e ho anche sempre odiato “autodefinirmi”), ma la maggior parte dei miei amici lo erano (e alcuni, pervicacemente, come Bugani, lo sono ancora: è certo un loro diritto).
Ho sempre chiesto loro: “Come fai ad essere orgoglioso di uomini (“comunisti”) che hanno utilizzato – a volte peggio che i fascisti – la tortura, i campi di concentramento, i lavaggi di cervello, lo sfruttamento dei lavoratori e via dicendo”?
Questi amici pervicaci mi hanno sempre mandato a cagare. E vabbè, pazienza, a certe domande non ci sarà mai risposta. E come uno possa orgogliosamente definirsi “qualcosa” o “comunista” rimane un mistero quanto quello di chi ancora apprezza e si emoziona (ma qui entra in gioco la nostalgia dei tempi che furono) a sentire una marcetta musicalmente monotona come quella dell’inno nazionale italiano e poeticamente (epicamente) vicina a quello nazionale francese: roba poco pacifista e poco raccomandabile.
Molti anni fa, in una trasmissione radio, qualcuno mi ha spiegato la grande differenza, l’abisso che corre fra chi ha le idee e gli ideologi. Troppo spesso pronti a stravolgerne il senso fino a negarlo nei fatti per farne strumento del proprio potere. E’ la stessa differenza che c’é tra Marx e i “rivoluzionari di professione”, fra Gesù e la gerarchia cattolica. Con un’aggravante temporale: il primo aveva idee estratte dalla società XIX secolo, intuizioni giuste o sbagliate ma travisate e abusate dagli ideologi del secolo seguente. I secondi abusano da 16 secoli di un potere sociale nel nome di uno spirituale, tenendo in ostaggio il loro stesso dio.
Una grossa aggravante se esistesse, una truffa ancor più grande qualora non esista. Come cantava Ivan Della Mea: “che tutto il male può diventare scienza e che il potere ed i fascismo sono la vera scienza” (“Chi può chiamare scienza”,1975 – http://www.alabianca.it/alabianca2000/ita/ricercafr.asp?f=tutti&t=128553719-2)
Spesso chi critica il comunismo o l’essere comunisti, lo fa adducendo come prova dell’empietà di quella ideologia (ideologia, altra parola demonizzata, chissà perché) gli esempi della sua presunta realizzazione in regimi tipo quello sovietico, o cinese ecc. ecc. Il discorso sarebbe lunghissimo. Ma qualunque tipo di potere potrebbe metter su un regime con la forza, esercitare coercizione e oppressione sulla popolazione e definirsi “comunista”. E allora? Richiamarsi formalmente ad una ideologia per poi tradirla nella pratica non significa che quella ideologia è sbagliata, ingiusta. Le più feroci dittature del pianeta si sono spesso dichiarate cattolicissime, quasi di ispirazione evangelica (ahahah): come la mettiamo? Buttiamo a mare tutto il cristianesimo o qualche altra religione? Il bambino con tutti i panni sporchi? Molte dittature sanguinarie si sono fregiate formalmente del titolo di “repubblica democratica”. Quindi nemmeno la democrazia occidentale è buona? Non bisogna essere degli storici per sapere che l’URSS si fondava su un capitalismo di stato, e che Lenin, immediatamente dopo la rivoluzione di Ottobre dovette decidere in quel senso, in pochi giorni, per far sopravvivere l’economia russa in un mondo capitalista. La Russia è stata comunista per qualche settimana, nulla più.
La Cina? Mao, fraintendendo completamente il messaggio marxista, pensava che il benessere individuale dovesse essere sacrificato in nome del benessere collettivo. Ma cos’è mai il benessere collettivo se non la somma di benesseri individuali? E così via…
Se si conosce un minimo l’ideologia comunista, si comprende perfettamente come si possa continuare ad essere comunisti… (naturalmente è lecito anche il contrario).
Le ideologie di destra storiche, invece, i nazifascismi vari, nelle loro concretizzazioni, sono state mediamente ciò che dicevano di essere, con ammirevole coerenza. Proterve, aggressive, oppressive, xenofobe e genocide. Lì effettivamente bisognerebbe chiedersi: come si fa ad essere ancora di destra? (fascisti o che so io…).
A proposito, vado quasi a memoria:
IDEOLOGIA: INSIEME ORGANIZZATO DI PRINCIPI, IDEE ED IDEALI PROPRI DI UN’EPOCA, UN GRUPPO SOCIALE, UN MOVIMENTO O UN AUTORE.
Cosa c’è di sbagliato in questa parola? come mai l’aggettivo “ideologico” fa così paura? (Quasi che fosse un marchio infamante che sminuisce e priva di verità qualsiasi opinione che ad una ideologia si ispiri. Quasi che un ideologia fosse per principio rigida ed immutabile, retaggio obsoleto d’altri tempi).
Naturalmente faremo finta di non conoscere la risposta…
Ciao
Non replico a Giorgio Caledonio né al successivo Alberto, che condivido.
Brevemente, invece, all’ottimo Ginodicostanzo.
Sulla “auto-definizione”, in questo caso sullo “essere comunisti”. Ho sempre pensato – e riscontrato, anche su me stesso – che ognuno di noi NON sia qualcosa ma ABBIA delle idee, che, come espressione di libertà individuale e di pensiero, sono SEMPRE rispettabili e hanno sempre pari dignità. Quindi dire “condividevo e condivido le idee che si chiamavano ‘comuniste’ o simili” va bene. Dire “ero o sono comunista” va meno bene perché ciò implica immediatamente un riscontro di coerenza (questo vale, a fortiori, anche per i cristiani, i musulmani, e così via). Francamente, io non ho visto né vedo in giro – con qualche eroica eccezione, così come sono eroici certi c.d. santi – alcun “comunista” che davvero “viva” e “si comporti” da tale. Ciò, infatti, è umanamente impossibile.
Detto questo, passiamo all’ideologia. Condivido molto il parallelo con la religione. Perciò ne parlerò allo stesso modo. La ideologia e la religione non sono sbagliate mai in quanto contenitori di idee, sono sbagliate e – come si è visto – foriere di cattiverie e di lutti in quanto idee immodificabili, “giuste” per definizione, fossilizzate, insomma quando diventano – come è stato e, credo, sia per il “comunismo” – una fede. Questa, infatti, ha delle comodità: in particolare, che chi ce l’ha ha la coscienza a posto e crede di fare il bene dell’umanità. Quindi, cambiare o ripudiare l’ideologia significa “tradire” o “essere apostati”. E quindi essere condannati al rogo o al lager!
E allora non si tratta di buttare al mare anche il bambino ma di riuscire a cambiare opinione restando coerenti (vedremo a cosa). Se l’applicazione pratica di una ideologia o di una religione è impossibile o addirittura contrario allo stesso principio generale che le giustifica, perché non buttarle a mare? Che male c’è? Si “tradisce”, dunque, una fede, non può mai tradirsi un’idea, che sia essa buona o cattiva. Credo che se questa fede non sia “innocua” (per gli altri) sia senz’altro giusto “tradirla”.
Ginodicostanzo, infine, cita, magari non spregiativamente come facevano una volta i “comunisti”, la democrazia occidentale. Penso che questo sveli molto di quanto sia fideistico (e quindi sbagliato) il pensiero di quelli che credono in un mondo migliore (se comunista).
Occorre introdurre ora il concetto di “principio generale” che accomuna – altrimenti sembra che quelli come me siano dei puri e semplici agnostici in balia del vento – quelli che la pensano come me e quelli che la pensano come Ginodicostanzo: io credo fermamente nel principio di uguaglianza – e intendiamoci, non sono la maggioranza degli uomini a crederlo – prendendo atto che il mondo così com’è continui a generare disuguaglianze (e quindi ingiustizie, eccetera). Le ideologie (e le religioni) sono state inventate (in assoluta buona fede) per questo: raggiungere un obiettivo che – secondo, invece, quelli che non credono nel principio di uguaglianza – non solo è irrealizzabile ma va contro una legge di natura: la disuguaglianza, appunto.
Detto questo, la (dileggiata) democrazia (epurata dall’aggettivo “occidentale” perché l’Occidente ha creato anche tutti i sistemi totalitari possibili, tutte le religioni possibili, e tutte le non democrazie possibili) è la forma – credo l’unica – che consente di dare voce a quelli che credono nel principio generale e tentano di metterlo in pratica. Certamente dà voce anche a chi crede e pratica il contrario (diciamo la Destra), ma questo fatto è per ora ineludibile e direi anche “giusto” perché, fintantoché tutti non siamo convinti di questo, avremmo solo un modo di far passare la nostra idea: la forza bruta o la rivoluzione che, come si sa, è un atto di violenza.
Sul numero speciale del Manifesto a 50 euri c’era un articolo di Eduardo Galeano in cui invitava a non irrigidirsi sul “nome della cosa” e concludeva ricordando che Ulisse battè Polifemo dicendo di chiamarsi Nessuno.
E’ un po’ tardi, ma tento ugualmente di continuare il dibattito. Sul fatto che i comunisti coerenti siano pochi (o pochissimi) sono abbastanza d’accordo. Ma anche che vivere secondo certi ideali sia impossibile, qui, oggi:lo trovo quasi ovvio. Non sarebbe possibile, non ci sono le condizioni storiche ed il comunismo non pretende l’essere santi né il sacrificio di eroi. Le persone realmente di sinistra, in un paese come il nostro, si dibattono tra mille contraddizioni, perché questa è la contingenza storica. Ma questa la considero una questione minore.
Le ideologie, come le religioni, non provocano lutti, genocidi e atrocità varie perché qualcuno ne fà una “fede”, non è questo che provoca “automaticamente” quelle tragedie. Ci sono banalissimi scopi strumentali di conservazione del potere che per autogiustificarsi si nascondono dietro l’ideologia, credo. Stalin causò milioni di uccisioni, tanto per fare un esempio caro alle destre, verissimo. Il comunismo non c’entra nulla, però. Soprattutto non c’entra l’aver ridotto il marxismo a pura “fede”, quella era solo propaganda, soprattutto in funzione della politica estera, perché nello scenario interno Stalin il potere lo ha conservato con il terrore. Basti vedere con quale velocità le popolazioni sovietiche si siano liberate della loro”fede”. Come inciso (non riferito ai presenti) dirò che da diversi anni capita di sentire molti (topolini) che affermano che Marx (la montagna) sia superato, ottocentesco; che la finanzia internazionale ha affinato i suoi strumenti; gli fanno i finti complimenti dicendo che è stato il più grande economista dell’ottocento, un modo elegante per relegarlo in soffitta. Il fatto è che questi, (alcuni in buona fede) non hanno la benché minima idea delle sbalorditive intuizioni marxiane sull’evoluzione del capitale internazionale (chiamiamolo globalizzazione per schematizzare, o perdita di potere e dissoluzione dello stato-nazione), non conoscono ciò che criticano. Loro restano topolini e Marx una montagna… certamente non incontestabile, per carità! Ma quanti sono in grado di criticare realmente le sue idee? Quanti lo hanno letto? [Come nota a margine dirò che io stesso ho molto pudore a definirmi “comunista”, non lo faccio mai, in realtà. Ho troppo rispetto per ciò che quella parola rappresenta]. Ma andiamo oltre, che per la stanchezza sto perdendo il filo…
In verità ciò che mi è difficile comprendere, è come si fa a dire che l’applicazione pratica di una ideologia sia impossibile o contraria al buon principio generale che l’ha generata. Ancora una volta si torna sulle strumantalizzazioni delle ideologie e sui tentativi falliti di loro applicazioni pratiche. Io non vedo prove inconfutabili che l’ideologia di cui parliamo sia irrealizzabile. Non posso fornire nemmeno le prove certe del contrario, ma che vuol dire? questo vuol dire avere un “ideale”, un principio non fisso ed immutabile, non una fede, ma un sistema organizzato di idee con caratteristiche di flessibilità interna per adattarsi al mutare delle condizioni storiche. Visto che qui piace Galeano lo cito anch’io, proprio per chi pensa che certe cose siano irrealizzabili tout court:
“«Mi avvicino di due passi, lei si allontana di due passi. Cammino per dieci passi e l’orizzonte si sposta dieci passi più in là. Per quanto io cammini non la raggiungerò mai.
A cosa serve l’utopia? Serve proprio a questo: a camminare.»
Fotografa abbastanza bene il mio atteggiamento questa citazione: sembra fede? Non saprei, non direi.
Uso il maiuscolo per enfatizzare, non per urlare: QUESTO E’ IL GRANDE INSEGNAMENTO DI MARX: IL METODO, IL MATERIALISMO STORICO, LA CONSIDERAZIONE DELLE CONDIZIONI SOCIOECONOMICHE COME MOTORE DELLE TRASFORMAZIONI STORICHE E COME METODO “SCIENTIFICO” DI INTERPRETAZIONE DELLA STORIA. ALTRO CHE FEDE, VERREBBE DI DIRE… L’ideologia come fede, ripeto, è pura strumentalizzazione del potere, non è una caratteristica intrinseca all’ideologia stessa.
Io non vedo società realmente comuniste oggi, alcune magari si sono avvicinate, ma ci pensano da sempre i gendarmi a stelle e strisce a render loro la vita molto difficile. Uno stato non è una monade, deve relazionarsi con questo pianeta.
Il discorso pure sulle religioni sarebbe lunghissimo, ma credo ci siano molti ottimi saggi di serissimi antropologi, tra cui ricordo Marvin Harris, che spiegano bene come le religioni non siano nate per diffondere esattamente principi di uguaglianza. Le ritualizzazioni religiose avevano in realtà intenti molto “pratici”, diciamo così, e sin dai primordi i ministri dei vari culti hanno rappresentato l’altra faccia del potere. Sto andando “a frammenti” lo so, perdonatemi… sono stanco.
Sulla democrazia Occidentale dirò che ormai (occidentale ci vuole, secondo me, se non altro per la connotazione geografica della Grecia) è ridotta ad un feticcio. Naturalmente rispetto chi crede sia l’unica forma a partire dalla quale si possa dar voce a chi chiede uguaglianza. La storia afferma il contrario, credo, e non mi riferisco a sistemi democratici “falliti”, ma ai sistemi tutt’ora operanti che abbiamo sotto gli occhi, quindi non falliti come l’URSS per il comunismo. Le democrazie hanno preso piede in Europa, soppiantando le vecchie monarchie, quando il grande capitale ha compreso che per i propri profitti era meglio imbonire le popolazioni con “democrazie” costituzionali che garantissero la pace sociale, con una società divisa in classi abbastanza rigide, con i più poveri assistiti “più o meno”, e soprattutto con una gestione dei conflitti di classe irregimentata da regole “condivise”, tramite organizzazioni di tutela delle parti fortemente gerarchizzate, sindacati, industriali e così via. Questo ha garantito e garantisce tutt’ora gli immensi profitti delle classi dominanti, a scapito dei soliti… Da un bel po’.(tanto per schematizzare brutalmente). Non è la forma di governo ad influenzare le economie e la tutela dei diritti umani: è esattamente il contrario. Il “sistema” è il capitalismo. e la democrazia delegata, nel senso che noi comunemente intendiamo, è una delle forme di governo che meglio lo servono. la legge del profitto è contro l’uguaglianza, contro qualsiasi diritto umano, per definizione, ed ha bisogno di una società divisa in classi, e di guerre cicliche per i propri “aggiustamenti” interni al sistema stesso. Se non si comprende questo, se non si mira all’abbattimento di questo sistema che ha portato il pianeta al collasso, (è già quasi troppo tardi), possiamo argomentare all’infinito, più o meno bene, ma non ne usciamo.
Sulla forza bruta (violenza).
Se il posto in cui vivo fosse sotto il tallone di una dittatura sanguinaria, ed io, insieme ad altri, mi sollevassi per liberare il luogo in cui vivo, con le armi, dal dittatore e dal suo esercito, quindi sparando e uccidendo, farei violenza? Tecnicamente direi di sì; ma io preferisco chiamarla intelligenza.
E’ stato un piacere parlare con Enrico e con tutti voi, ma sono a pezzi, ed il mio discorso smozzicato e confuso ne dà ampia prova.
Buonanotte
è molto intensa questa discussione: mi piacerebbe intervenire…. devo trovare un po’ di tempo (la frase mi uona ironica visto che in questi giorni sto costruiendo un dossier sul TEMPO per la rivista “Cem mondialità”)
Appena posso dico la mia ma intanto ringrazio chi è intervenuto: finora tutti maschietti… sarà un caso?
Il tipico atteggiamento di DB di “rimandare” ad meliora (perchè sempre a zonzo, stanco, oberato, eccetera) un dibattito (da lui suscitato) sul comunismo e specialmente la replica di Ginodicostanzo sono rivelatori (e molto coerenti) col mio assunto di partenza (che ovviamente non è Vangelo): credere o sognare l’utopia è bello, ti sciacqua la coscienza, giustifica il “catastrofismo” e considera meno che merda una delle poche cose davvero “di sinistra” che esistono in Italia, vale a dire la “democrazia”. Innanzitutto proprio quella “formale” che, a cominciare dall’ottimo Marx (ottimo sociologo, pessimo politico), viene considerata “borghese” e al servizio dei padroni. Incredibile!
E poi la “democrazia sostanziale” ancora una volta viene equivocata o travisata o fagocitata nei confini impossibili dell’utopia. Ecco perchè un Berlusconi continuerà a vincere le elezioni fintanto che campa! L’economia deve certo essere “governata” dalla democrazia, ma come? Ecco il punto che dimostra come “la fede” impedisca anche a chi è più esposto verso i deboli e la lotta alle ingiustizie e così via di fare a volte gli interessi opposti agli stessi: come hanno fatto “i compgni che sbagliavano (sovietici et similia, Brigate Rosse) o sbagliano ancora” tipo i cubani che, però, per carità, la colpa è degli embarghi se sbagliano (e poi sbagliano poco…). Ripeto, è incredibile, e perseverare è diabolico! Alla domanda: con quale sistema economico intendete dar da mangiare a sei miliardi di persone, i comunisti – di allora e di oggi – non sanno dare risposta. Allora dicevano che occorreva abbattere il capitalismo, oggi (diventato tabù parlare di capitalismo) è la globalizzazione… Cazzate! Dum Romae consulitur Saguntum expugnatur.
Occorre dire molto onestamente – ma con la “fede”, si può? – in che modo il “comunismo” influisca sulla legge della domanda e dell’offerta, oppure coraggiosamente occorre dire che è necessario abolire la legge della domanda e dell’offerta e dire che cosa ci sarà al suo posto.
Allora è vero che oggi i comunisti si nascondono…
ahahahah. Mala tempora…
Non ho dimenticato la tua recensione del libro di Enrico, appena posso…
Ciao, Danié, a presto.
… a proposito, ho appena finito di chiacchierare del più e del meno con una cara amica mia e di Enrico… a lei ho detto di avere già intuito che il Pili è più comunista di coloro che si definiscono tali indossando il panciotto alla Bertinotti…
… e mi assumo la responsabilità di questa affermazione su Enrico, a rischio di querela!
;-D)
O Gino, h appena replicato in linea ideologica, che io “sia” davvero un comunista è possibile, meglio dire “socialista” e aggiungerei il vituperato “democratico”. Chi è la nostra cara amica?
…Savina Dolores Massa…
😉
GRANDE! Ha qualche difficoltà. Scriverle qualche parola di conforto le farà bene.
Sì, Savina è eccezionale… ed io sono tutt’ora in contatto con lei, anche se ha lasciato il blog per un po’.
Solo per chiudere perchè sono stremato e non ho vis polemica con una persona che, ne sono convinto, è dalla mia stessa parte, a dispetto di tutte le etichette. E non appartengo nemmeno a quelli di sinistra a cui “piace” dividersi, un vizio storico. Io non sono un anti-democratico, anzi, ma, purtroppo, dipende di quale democrazia parliamo. Io ho riferito semplicemente delle democrazie parlamentari in cui viviamo, e del loro essere un utile strumento per… ecc. ecc. E’ storia, non sono mie opinioni, non so cos’altro dire. Ma è anche ovvio che vivendo in siffatto sistema ci devo fare i conti come meglio posso. Nel mio piccolo io mi muovo e credo nella democrazia partecipativa dal basso, attualmente, la congiuntura storica mi dice questo, se voglio “operare”; nella democrazia “sostanziale” che non ho relegato al rango di utopia, ma se lo è, sarebbe comunque un bel modello da tenere presente per “muoversi”, come dice Galeano. Quella citazione serve proprio per dire che ci si muove per piccoli passi, per approssimazione, e certezze non ce ne sono. Questo è il contrario della fede, com’è che non si capisce? Il “metodo” marxiano è questo, analizzare, comprendere la congiuntura storica, che è mutevole, e comportarsi di conseguenza. E’ il contrario della rigidità.
Poi chi sarebbero questi comunisti che confondono il capitalismo con la globalizzazione? Che confondono il sistema con un suo strumento? Certo che sono cazzate, e di quelle grosse pure! Devi aver proprio parlato con gentaccia! :-D)
Su Cuba si aprirebbe un altro capitolo lunghetto, ma ho pietà di me stesso e di te, quindi me/te lo risparmio, nun c’a faccio chiù!
Forza e coraggio, che non siamo soli.