Raffaele Mantegazza: «I Giusti»
Sapere solo Auschwitz e il Vietnam avvelena
Ai giovani serve anche l’esperienza
Di un mondo diverso davvero
Danilo DolciCapita, a volte, a chi cerca di spiegare ai giovani e ai giovanissimi che cosa è stato il nazismo e che cosa è stata la Shoà, di sentirsi in imbarazzo: parlare del male, della sua onnipervasività, del suo tentacolare diffondersi in quello che è stato il più atroce degli esperimenti demoniaci tentati dall’uomo: tutto questo è politicamente necessario, eticamente corretto, pedagogicamente decisivo. Ma rimane sempre, alla fine, l’amaro in bocca: anzitutto perchè si sente il rischio del fascino del male, dell’innamoramento che soprattutto le menti giovani e in età evolutiva possono avere nei confronti delle “bestie bionde”; ma anche perchè ci si sente sempre messi sulla difensiva, come se fossero sempre i nemici a dettare i temi, l’agenda culturale e pedagogica, come se fossimo condannati a celebrare indirettamente gli assassini parlando sempre delle loro imprese.
Libri come questo – I Giusti. Gli eroi sconosciuti dell’Olocausto – cioè una ricerca appassionata e rigorosissima come sempre dovrebbero essere le ricerche storiche, ci permette di tirare il fiato; perchè stavolta non sono gli aguzzini a dettare i tempi e i temi della narrazione, ma al contrario essi restano sullo sfondo, facendo la figura meschina dei comprimari ridicoli e un po’ patetici. I protagonisti di questo libro sono gli altri, i veri altri, coloro che dissero di no, che pagarono di persona una ribellione dettata dalla scelta politica, o dalla fede religiosa, o semplicemente dallo straordinario potere dell’umano. Ed è proprio il potere di queste persone a fare paura, soprattutto a chi vorrebbe ripetere le mostruosità di allora: un libro come questo fa paura perchè dice che l’opposizione è possibile, perchè mostra un potere del singolo verso il singolo, un potere cui il dominio totalitario non è abituato; il potere dei deboli e dei vinti è il vero protagonista de “I Giusti” e forse è proprio da qui che occorre tornare a narrare la Shoà.
Il libro di Gilbert dovrebbe essere obbligatorio in ogni scuola, accanto a “La distruzione degli ebrei d’Europa” di Raul Hilberg.
Il secondo traccia in modo rigoroso e serio le piste dello sterminio e dell’assassinio di massa, il primo decifra le tracce parallele carsiche e segrete di un umano che non solo non si lascia intimorire ma soprattutto ha la debole forza di porsi come il vero nocciolo, la vera questione in gioco quando si parla d Shoà. Forse la vera domanda non è “come hanno potuto uomini comuni uccidere 6 milioni di persone” (una domanda ineludibile quanto scorante) ma “come hanno potuto uomini e donne comuni opporsi a quanto stava accadendo”. La mappa del cuore vigile provvista dal libro di Gilbert fornisce più di una risposta a questa che la vera e profonda domanda pedagogica sospesa sul baratro della Shoà.
Martin Gilbert
I Giusti. Gli eroi sconosciuti dell’Olocausto
Roma, Città Nuova, 2007