A chi la medaglia d’oro del machismo?
Beppe Pavan riflette sul graphic novel «La caduta del patriarcato» di Marta Breen e Jenny Jordahl
Il titolo – La caduta del patriarcato – è di quelli che mi fanno drizzare subito le antenne; ma, più del titolo, a farmi correre in libreria è stato il format “fumetto” (o graphic novel, se preferite) e l’uscita nella collana “Einaudi ragazzi”.
Frutto della collaborazione fra due donne, racconta una storia che conosciamo, anche se la fa iniziare da un tempo in cui il patriarcato era già ben radicato. Le autrici lo dichiarano subito: «E’ difficile datare esattamente l’origine del patriarcato, ma partiamo dal luogo dove ha avuto inizio gran parte della storia occidentale: l’antica Grecia». Non indico il numero di pagina delle singole citazioni perchè le pagine non sono numerate… ma importa poco: vale la pena leggerlo e basta.
Dunque: per le autrici patriarcato e storia occidentale vanno a braccetto… Infatti i primi che incontriamo sono Platone e Aristotele, impegnati a dissertare filosoficamente sulle differenze, sulle similitudini e sui rapporti fra uomini e donne. I due erano in profondo disaccordo tra loro: per Platone “donne e uomini sono alquanto simili, perciò possono svolgere lo stesso tipo di compiti” mentre per Aristotele “donne e uomini non sono affatto simili, quindi devono svolgere compiti radicalmente diversi”. Commentano le autrici: “Purtroppo furono le idee di Aristotele a prendere il sopravvento. Molti filosofi hanno condiviso le sue teorie sulla donna”… E nelle pagine seguenti ci mostrano una carrellata di teste maschili “illustri” e un’antologia raccapricciante dei loro pensieri sulle donne: da Pitagora a Rousseau, da Galeno a Hegel, da Freud a Lutero, da Tommaso d’Aquino a Tertulliano ovvero filosofi, leader religiosi, scienziati, medici, artisti…
“Accidenti… ma le donne non hanno protestato contro tutto ciò?”.
“Sì certo. In ogni epoca e in tutto il mondo”.
Le splendide tavole successive ci fanno conoscere volti, nomi, cognomi e nazionalità di 60 donne “coraggiose e innovative” che “sono state ignorate, dimenticate o ridicolizzate” nonché le tombe di altre che “hanno incontrato grandi ostacoli nella loro epoca” e di altre che “sono state uccise”.
Il libro prosegue presentandoci lo sviluppo e la diffusione nel mondo della ribellione delle donne alla prepotenza maschile e la violenza che ha sempre caratterizzato le reazioni del potere patriarcale a ogni tentativo delle donne di conquistare per sé libertà di autodeterminazione. Al punto che Virginia Woolf afferma che “la storia dell’opposizione maschile alla liberazione delle donne è forse ancora più interessante della storia della liberazione stessa”. Ma non credo che intendesse mantenere l’uomo al centro della storia e dell’interesse storico.
La conclusione del libro è travolgente. Mentre le due autrici brindano all’imminente crollo del patriarcato, ecco entrare in scena un corteo di uomini che le rimproverano di giudicarli “un po’ troppo severamente”… “Sì, ricordatevi che siamo uomini del nostro tempo”.
Le due amiche restano un attimo interdette ma trovano subito le parole giuste per farli riflettere: compito dei filosofi, degli artisti, delle persone “geniali” è “farsi venire idee nuove… pensare al di fuori degli schemi. Ma per quanto riguarda i generi avete solo cercato di mantenere lo status quo… Pensiero innovativo poco o niente, eh?”.
Ed ecco la grande idea: propongono di eleggere e premiare “il campione di sessismo”. A quegli uomini non par vero: un concorso con premiazione e medaglia ai primi tre! Vai con la gara! Il bronzo viene assegnato a Paolo di Tarso, “visto che si è dato tanto da fare per tenerci la bocca chiusa”; l’argento a Rousseau, che ringrazia con un breve discorsetto: “Come sapete, il compito principale di una donna è rendere la vita piacevole agli uomini”; rullo di tamburi e medaglia d’oro ad Aristotele: “Naturalmente, nessuno lo può battere”. I tre esultano e ringraziano come moderni vincitori di competizioni olimpiche.
Mentre i colleghi dei premiati applaudono, le due amiche calano il sipario sul podio e se ne vanno, in compagnia di donne e uomini felici, come loro, di aver chiuso con il patriarcato.
Marta Breen e Jenny Jordahl, «LA CADUTA DEL PATRIARCATO. La storia del sessismo, la lotta e la resistenza delle donne», Einaudi Ragazzi 2022 (13,90 euri).
leggendo i libri di Apo, Abdullah Öcalan e di altri storici l’origine del patriarcato risale alla nascita delle citta stato e quindi durante il regno degli Assiri. Durante il neolitico le tribu /comunità erano matriarcali, tanto è vero che si si venerava la Dea Madre. Con le nuove tecnologie in agricoltura, si comincia ad avere surplus produttivo, nascono le prime citta stato e nuove classi sociali “parassitarie” come sacerdoti, nobili, soldati… che beneficiano di questo surplus e cominciano a sfruttare la manodopera. Nel mentre si sostituisce alla dea madre il culto di divinità maschili, nasce la storia della creazione di Adamo ed Eva…..