«A costo di essere chiamati folli»
La tesi di laurea di Sara Corsi e una pazza proposta della “bottega”
«Arrivo così alla mia difesa personale degli usi dell’immaginazione, in particolare modo nella narrativa, e in modo ancora più particolare nelle fiabe, nelle leggende, nei racconti fantastici, nella fantascienza e nel resto dell’area folle.
[…] Perché il fantastico è vero, naturalmente. Non è reale ma è vero.»1
Questa ricerca mira a sostenere un’analisi delle capacità intrinseche della letteratura fantastica e dei suoi sottogeneri e fra questi nello specifico del fantascientifico, per poter rilevare come in tali aree della scrittura «di fantasia», avvenga una resa di una, anzi di molte, realtà, che seppur distorte o bizzarre rendono percepibili elementi più veri del reale stesso.
L’azione di creare mondi fittizi in cui immergersi o la decisione di intromettere fatti e vicende improbabili e assurdi nel quotidiano, non è qui affrontata come atto di vaneggiamento o di fantasticheria fine a sé stessa. Viene invece valorizzata come capacità generatrice di storie sì illusorie, ma contenenti verità riscontrabili nella «comune» realtà.
Precedenti illustri esistono e in grande quantità, qui ne vengono affrontati alcuni, a sostegno della tesi che, all’interno dei generi fantastico e fantascientifico, nonché di eventuali ibridi, ci siano dei legami sottili. Legami che si svelano osservando come le iper-realtà di fantascienza e fantastico creino uno squarcio dove affacciarsi non tanto per allontanarci da ciò che ci circonda, ma per vederlo meglio. È così che possiamo riconoscere i sintomi del reale, quei fenomeni di stortura germinali, problematici, intimi e insiti nell’uomo e nella società che si è creata.
Una vista che dunque vale la pena provare, a costo di esser chiamati folli.
NOTA DELLA “BOTTEGA”
Questa estate Sara Corsi si è laureata all’Accademia di Belle Arti di Bologna (al corso di illustrazione per l’editoria; professoressa Maja Celija) con la tesi «Folle fantasia: I sintomi del reale dal fantastico alla fantascienza» di cui qui sopra avete letto la breve introduzione… e in coda troverete il gustoso indice.
Succede che il nostro Daniele Barbieri – un po’ per competenza e un poco per questioni di omonimia – si sia ritrovato dentro e abbia letto le 142 pagine (senza saltare nulla, dicono). Visto il tema l’idea FOLLE era di mettere tutto nella “bottega” in comode puntate. Oppure di chiedere a qualcuna/o più capace di piegare la “rete” ai suoi voleri di sistemare un link alla tesi. Ma si potrà? Domanda successiva (o preliminare?): ma la tesi è di proprietà dell’università? Lasciamoci con queste domande, come da tradizione (un bel po’ prima di zia Ursula): «stretta la foglia e larga la via, dite la vostra che io ho detto la mia» .
Le immagini sono state scelte dalla “bottega” all’insegna del motto: con Karel (Thole) e Jacek (Yerka) non si sbaglia mai.
1 Le Guin, Ursula Kroeberg, Il linguaggio della notte – Saggi di fantasy e fantascienza, (introduzioni a cura di Susan Wood), Roma, Editori Riuniti, 1986, p.38
Si potrebbe anche dire che è il valore della metafora, lo spostamento da un piano reale ad uno parallelo per farlo vedere/capire meglio