A Nicotera è scoppiata la rivolta dell’acqua

reportage di Marina Forti  (*)

Alle otto del mattino c’è già una discreta folla sulla piazza della Marina di Nicotera, provincia di Vibo Valentia, in Calabria. Donne, uomini, vecchi e giovani. “Siamo stufi di promesse non mantenute”, dicono. “L’acqua è inquinata, il mare è sporco. Viviamo di turismo, ma il mare d’estate è una fogna”. Circolano ciambelle e thermos di caffè. Una bimba di pochi mesi sorride, coccolata da tutti.

Protestiamo perché le istituzioni sono latitanti”, dice Pasquale Pagano, medico del presidio pubblico di Nicotera. “L’estate scorsa le autorità regionali hanno preso degli impegni, poi non è successo nulla”. Due pullman noleggiati per l’occasione sono in attesa: è il 31 gennaio, un comitato di cittadini ha deciso di partire per una “manifestazione non autorizzata” a Catanzaro. “Non abbiamo altro modo per farci ascoltare”, dice Pagano.

Nicotera, 6.300 abitanti, ha un problema con l’acqua. Il problema ha diverse facce, ma la prima è che dai rubinetti esce acqua inquinata. Un’ordinanza comunale in vigore dall’ottobre del 2014 ne vieta “l’utilizzo al consumo umano”: bere, cucinare, lavarsi i denti. L’ordinanza riguarda in particolare alcune frazioni, tra cui Marina, poco meno di un migliaio d’abitanti d’inverno e il triplo d’estate.

Del resto qui molti avevano già cominciato a usare acqua minerale per cucinare, ancora prima che le analisi dell’Azienda sanitaria provinciale certificassero la presenza, tra l’altro, di manganese in quantità 50 volte superiori ai limiti di legge. Il divieto resta in vigore da allora. “Fino a successive verifiche”, diceva l’ordinanza firmata dal sindaco dell’epoca: sono passati due anni e mezzo. Sembra incredibile.

Il movimento 14 luglio
Il problema del resto non riguarda solo Nicotera, perché lo stesso acquedotto serve altri comuni, Ioppolo, Ricadi, fino a Tropea: la “costa degli dei”, una delle zone più rinomate del litorale tirrenico calabrese, lo sperone formato dal monte Poro. Nicotera è un piccolo borgo alla fine dello sperone, affacciato sulla piana di Rosarno-Gioia Tauro: da un lato le scogliere, dall’altro le coltivazioni dove migliaia di braccianti perlopiù africani reggono l’economia degli agrumi. All’orizzonte le gigantesche gru del porto.

Paghiamo la bolletta dell’acqua ma dobbiamo comprare le bottiglie di minerale”, s’indigna la signora Francesca Iannizzi sulla piazza di Nicotera Marina. La protesta qui è esplosa l’estate scorsa, quando ormai dai rubinetti usciva un liquido scuro, marrone. “Gli abitanti erano esasperati. Il 14 luglio negozi, bar, lidi balneari, tutti gli esercizi commerciali della frazione Marina hanno chiuso per protesta”, racconta Arturo Lavorato, attivista di questo movimento di cittadini che ormai si chiama “movimento 14 luglio”.

Alla serrata è seguita l’occupazione del municipio, durata una settimana. Poi il blocco della stazione di Rosarno, che dista appena 12 chilometri: “A quel punto abbiamo ottenuto un incontro con rappresentanti della giunta regionale”. L’incontro, convocato alla prefettura di Vibo Valentia, qui è rimasto famoso per le affermazioni del prefetto Carmelo Casabona, che ha fatto una vera e propria ramanzina ai dirigenti politici locali. Diceva che i manifestanti hanno tutte le ragioni, è inaccettabile che dei cittadini vivano senz’acqua potabile. Che le responsabilità dello “scempio” sono ben note, “le conosciamo tutti”.

Noi però a quell’incontro non siamo andati”, continua Lavorato. “Il prefetto aveva invitato tutti i deputati eletti nella provincia e ci sembrava un’inutile passerella. Invece siamo andati a occupare gli uffici dell’Azienda sanitaria provinciale (Asp), dove il dirigente continuava a sostenere che la nostra acqua è potabile mentre le analisi e l’ordinanza comunale dicevano il contrario”.

Il risultato di quell’estate di proteste è stato l’impegno della regione a stanziare circa 400mila euro per interventi urgenti per acqua, fognature e acque bianche del comune di Nicotera: impegni messi nero su bianco, incluso quello di scavare nuovi pozzi per rifornire i cittadini di acqua potabile.

Il monopolio dell’acqua
Ma perché quell’acqua è inquinata? Qui nessuno ha ancora ottenuto una risposta precisa. L’acquedotto Nicotera-Ricadi-Tropea attinge dal bacino denominato Medma (che è l’antico nome di Rosarno) con pozzi situati nel territorio del comune di Nicotera: a vederli sono piccoli, anonimi casotti di cemento disseminati nella piana tra gli alberi di clementine. Sono affidati alla gestione di Sorical, Società risorse idriche calabresi, azienda mista in cui il partner pubblico è la regione Calabria e quello privato è la multinazionale francese Veolia (quasi alla pari, 47 per cento).

Sorical gestisce acquedotti, depuratori e rifiuti in gran parte della Calabria, quasi un monopolio. Ma è in liquidazione, e Veolia sta abbandonando la società lasciandosi dietro una scia di polemiche e di contenziosi legali.

Intanto, sarà una coincidenza, proprio nei giorni delle proteste a Nicotera la società idrica ha avviato i lavori per applicare filtri ai pozzi del bacino Medma. “Un ingegnere di Sorical poi ci confidato che all’azienda il problema era noto già da quattro anni, ma non avevano adottato rimedi per mancanza di risorse”, dice Arturo Lavorato. In altre parole, “la società idrica ha speso circa 800mila euro per applicare costosissimi filtri a una fonte d’acqua contaminata. E per di più senza risolvere il problema”, aggiunge. L’aspetto dell’acqua è migliorato, questo sì: ora è per lo più trasparente. Ma resta inquinata, insiste Lavorato citando le analisi dell’Azienda regionale di protezione ambientale (Arpa).

Il blocco della stazione di Rosarno, il 31 gennaio 2017. (Nadia Lucisano)

 

Sulle analisi c’è una piccola guerra. Quelle più recenti, datate 10 gennaio 2017, attestano la presenza di batteri coliformi fecali e di pseudomonas aeruginosa nei campioni prelevati all’uscita dei filtri e nei serbatoi. Il certificato firmato dal dirigente della Asp di Vibo Valentia è sibillino: “Pur se i valori rientrano nei limiti di legge, si consiglia comunque di intervenire prontamente per abbassare i valori in questione”, cioè la presenza di batteri.

Sarebbe come dire che l’acqua è buona ma non troppo. L’assessora regionale all’ambiente Antonietta Rizzo, che raggiungo al telefono, insiste che l’acqua di Nicotera è potabile (ma non era informata dell’ordinanza comunale che ne vieta l’uso, non è di sua competenza). Il balletto dei dati non ha certo rafforzato la fiducia dei cittadini di Nicotera. Né dei loro vicini.

 

Spostiamoci a Ricadi, che riceve la stessa acqua attinta dal bacino Medma. Anche qui la situazione è precipitata quando gli abitanti hanno visto arrivare acqua marrone. “A scuola usciva fango dai rubinetti, e le maestre non sapevano cosa fare”, dice Catia, una giovane madre; “a casa dovevo lavare i bambini con l’acqua in bottiglia”. Siamo nella frazione Santa Domenica, nella saletta del circolo locale di Legambiente. Da anni questo circolo raccoglie dati per denunciare abusivismo edilizio, depuratori non funzionanti, sversamenti illeciti.

Ma l’acqua marrone ha fatto esplodere il paese. In maggio un gruppo spontaneo di cittadini, con il sostegno del circolo di Legambiente, ha promosso un esposto alla procura di Vibo e a tutte le autorità locali e nazionali, firmato da 1.400 cittadini in un comune di cinquemila anime. “Si è mobilitata una cittadinanza fatta di giovani, anziani, mamme, famiglie, associazioni: un fatto straordinario”, dice Franco Saragò, referente di Legambiente a Ricadi e attivista di quel gruppo spontaneo. A Nicotera fanno blocchi stradali, qui raccolgono firme, la rabbia è la stessa.

Il problema sta alla fonte”, continua Saragò. “Sorical ha speso fior di soldi per applicare dei filtri: è uno sperpero di denaro pubblico e una presa in giro per la cittadinanza. Sarebbe costato molto meno aprire altri pozzi da cui captare acqua pulita”. Invece “l’acqua resta fetida, anche se piena di cloro per renderla accettabile”. Già, sbotta una signora, “certi giorni apri il rubinetto e ti sembra di stare in piscina”.

Il paradosso è che l’acqua non manca, nella montagnosa Calabria. E la vicenda di Nicotera, Ricadi e di tutta la “costa degli dei” è solo un esempio di cosa può succedere quando un bene comune come l’acqua è gestito con criteri commerciali invece che come un servizio pubblico. Un’eredità della privatizzazione.

Il vero problema è Sorical”, riassume Saragò. “È un carrozzone vuoto che ha lucrato su quello che dovrebbe essere un servizio. Ha beneficiato di finanziamenti pubblici ma non ha investito in infrastrutture, neppure la manutenzione ordinaria”. Fa l’esempio della diga e del bacino di Alaco, che serve 88 comuni tra cui la città di Vibo, esempio di una politica di grandi opere che Legambiente contesta (e che ha un risvolto giudiziario con lindagine che nel 2015 ha portato al rinvio a giudizio di quattro dirigenti di Sorical per avvelenamento colposo e malversazioni varie). “C’è una responsabilità grave della regione per aver permesso tutto questo”, insiste Saragò.

La battaglia dei cittadini di Santa Domenica di Ricadi però non è facile. “Ci dicono: se parlate di acqua inquinata spaventate i turisti, fate un danno al paese”, osserva Salvatore Nardone, medico. “Al contrario: noi denunciamo la situazione perché amiamo il nostro territorio e vogliamo preservarlo”. Si intuiscono pressioni. “Dobbiamo combattere anche una certa mentalità”, dicono i cittadini riuniti nel circolo di Legambiente, vincere l’apatia e la sfiducia dei più. “Abbiamo acqua non potabile, vediamo saltare i tombini delle fognature, la depurazione è carente e non abbiamo risposte dalle autorità”, dice Nardone: “Per forza che la cittadinanza è sfiduciata”.

I commissari in municipio
A Nicotera sono rimasti lettera morta gli interventi annunciati dopo la lunga estate di proteste. Anche perché nei primi giorni di ottobre il sindaco Franco Pagano si è dimesso e il ministero dell’interno ha sciolto la giunta comunale per “infiltrazioni mafiose”: è la terza volta in quindici anni (già: Nicotera, la vicina Limbadi, il clan Mancuso, le famiglie potenti… Nelle conversazioni, che si parli di scarichi abusivi a mare o di licenze edilizie facili, viene un momento in cui qualcuno dice “quelli” e non c’è bisogno di aggiungere altro).

Finora abbiamo visto solo promesse”, dice Caterina Pagano. Così, tra dicembre e gennaio il “movimento 14 luglio” ha ripreso le proteste: blocchi stradali a Vibo, una nuova occupazione del municipio di Nicotera.

Non si tratta solo dell’acqua, spiegano. L’altro problema è il mare, che in queste giornate invernali è bellissimo ma con la stagione calda, quando la popolazione aumenta, si riempie di schiume e chiazze marroni: perché il sistema di depurazione non funziona, e comunque ci sono intere zone che scaricano in modo abusivo.

Percorriamo il lungomare. In fondo all’abitato la strada scavalca il canale San Giovanni, in cui confluisce il reticolo dei canali della bonifica della piana di Rosarno: l’acqua è verdastra-marrone, dal ponte si nota lo sbocco di uno scarico che arriva dall’abitato. I canali stessi sono diventati collettori di scarichi abusivi e di rifiuti, quando piove spesso straripano.

La strada prosegue sul “waterfront”, nome pomposo per il nuovo lungomare voluto dalla passata amministrazione comunale, una strada con pista ciclabile ricavata tra la pineta e la spiaggia. Ma sembra già dissestato, muretti dai bordi sconnessi, rifiuti interrati nella sabbia. E fanghiglia secca intorno ai tombini: sotto scorre la fognatura di Nicotera, ma “ogni tanto strabocca”, spiega Antonio Capua, già farmacista, oggi impegnato nel movimento dei cittadini.

Nicotera manda i suoi reflui al depuratore di Gioia Tauro, venti chilometri più a sud, con un sistema di pompe e di centrali di carico: “Alcune pompe però non funzionano, così spesso saltano i tombini e i liquami si disperdono”. Lasciato il “waterfront” la strada gira all’interno e corre alle spalle della pineta, sterrata e piena di buche. Costeggia un paio di villaggi turistici e alcuni agrumeti, detti “i giardini”. Ma anche le arance sono in crisi, osserva Capua, le piccole coltivazioni stentano, “molti li tagliano per piantare kiwi, che rendono di più” e i giardini scompaiono.

Passiamo il villaggio Valtur, ex Club Med, ormai inattivo. Infine arriviamo alla foce del fiume Mesima, che costeggia Rosarno, segna il confine tra le province di Vibo e di Reggio Calabria, e si butta nel Tirreno con un piccolo estuario sabbioso. In questa giornata d’inverno il blu del mare è stupendo, ma per vederlo bisogna prima scavalcare cumuli di immondizia ai bordi della strada e fin sulla spiaggia, spazzatura comune, elettrodomestici rotti, calcinacci. Lungo il suo corso il Mesima raccoglie i reflui (spesso non trattati) di decine di piccoli comuni, cosa da tempo segnalata da comitati di cittadini della zona.

Parallelo al fiume, sulla riva sud, un canale nerastro finisce nello stesso estuario. Nel tentativo di trattenere quei reflui, ogni estate le amministrazioni locali spendono grandi risorse per costruire una diga di sabbia, di solito spazzata via dalle prime mareggiate: un altro sperpero di denaro pubblico in misure d’emergenza che non risolvono nulla. Poco oltre c’è San Fernando, propaggine industriale di Rosarno, dove quest’estate un canale è stato ostruito da sostanze bituminose poi finite in mare (sono in corso indagini per stabilire quali siano le aziende responsabili). Rifiuti, liquami.

Un disastro ambientale e sociale
Anche per questo Marina di Nicotera è sul piede di guerra: per salvare il mare e la prossima stagione balneare. “Qui c’è un disastro ambientale e insieme sociale”, riassume Pasquale Pagano, “ed è frutto dell’incuria e della negligenza di chi doveva vigilare sul servizio pubblico”.

Questo è un piccolo paese che vive di pesca e di turismo, e trent’anni fa le cose andavano bene”, dice Arturo Lavorato: in paese tutti ricordano le estati affollate, i villeggianti stranieri. “Poi è cominciato il degrado ed è crollato anche il turismo”. Nicotera vive un disagio profondo, aggiunge il medico. Parla di una popolazione anziana perché i giovani vanno via, di un presidio medico che ha solo un defibrillatore e neppure un’ambulanza, di una popolazione che si sente ignorata dalle istituzioni. “La protesta nasce da tutto questo”.

L’occupazione della sala consiliare di Marina di Nicotera, il 9 gennaio 2017. (Nadia Lucisano)

 

Torniamo dunque alla mattina del 31 gennaio, quando decine di abitanti della frazione Marina si sono raccolti in piazza intenzionati a farsi sentire. “Il mare è di tutti, difendiamolo”, dice uno striscione firmato “movimento 14 luglio”. “Siamo cittadini onesti che alzano la testa”, dice la signora Francesca. “Andiamo alla cittadella”, propongono alcuni (la “cittadella” è il quartiere degli uffici della regione, appena fuori Catanzaro).

Quel giorno però la stampa locale ha annunciato le intenzioni dei cittadini di Nicotera, mettendo in subbuglio le autorità. “Il dipartimento all’ambiente della regione Calabria ci ha contattato”, annuncia Pasquale Pagano, “sta arrivando qui un funzionario delegato a portare nuove proposte”. Qualcuno vorrebbe partire lo stesso. I pullman scaldano i motori. “Ci temono perché siamo in maggioranza donne e madri di famiglia”, dice Caterina Pagano: “Vogliono prendere tempo”. Ma infine è deciso: la prima tappa è Nicotera Alta, la sala del consiglio comunale, dove i manifestanti incontreranno i delegati della regione.

L’assemblea sui binari
“Da mesi i nostri interlocutori sono latitanti”, dice l’ingegner Antonio D’Agostino, originario di Marina di Nicotera. Per la sua competenza, è lui che rappresenta il movimento dei cittadini nei “tavoli tecnici” che da mesi studiano gli interventi per ripulire acqua e mare. “Abbiamo concordato cose ragionevoli e fattibili”, continua, rivolto ai concittadini. Sono interventi d’emergenza, rimettere in funzione le pompe, intercettare gli scarichi abusivi, bloccare lo smaltimento abusivo dei fanghi di depurazione: “C’è un’intesa, ci sono anche gli impegni di spesa della regione: manca solo il decreto che sblocchi i finanziamenti. E lo aspettiamo da quattro mesi”. La regione non ha rispettato i patti, insiste D’Agostino; ora i cittadini vogliono un “cronoprogramma”, tempi certi.

A metà mattina arrivano i messi della regione. “Stiamo lavorando per voi”, dice l’ingegner Stenta: ma il decreto di spesa manca, dice, perché non è ancora chiaro sotto quale capitolo andrà messo in bilancio. “Aspettiamo il via libera del ministero, fidatevi”, ripete. Una voce femminile lo interrompe: “Insomma, non ci state dicendo nulla”. La sala consiliare ormai risuona di proteste: “Promesse, non vi crediamo più”. “Solo impegni disattesi”. “Venite a vedere com’è l’acqua nelle nostre case”. I cittadini sono su tutte le furie. “Se non avete altro da dirci, arrivederci”, dice Arturo Lavorato. Gli ingegneri della regione ripartono. “Visto come ci hanno presi in giro?”, commenta Carmen Putortì.

Tutti sui pullman: stavolta la destinazione è la stazione ferroviaria di Rosarno. Alle 12.30 la piccola folla venuta da Marina di Nicotera occupa i binari, o almeno quattro binari su sei, abbastanza per bloccare gran parte dei convogli. Tamburi, fischietti. “Chiediamo un’interlocuzione diretta con il governatore della Calabria”, annunciano i manifestanti, ormai un centinaio. “Abbiamo sempre manifestato in modo civile, senza provocare danni, ma vogliamo risposte”, dice Putortì. Sventolano striscioni: “Nicotera comune de-potabilizzato”. Una bambina salta su e giù dai binari, la bimba di pochi mesi sbadiglia e si addormenta. Dai sacchetti escono le vettovaglie – teglie di lasagne, torte salate, caffè. Mesi di battaglie vissute insieme hanno creato una collettività solidale.

Poco dopo le due del pomeriggio arriva una nuova proposta dal gabinetto del governatore, Mario Oliverio: invita una delegazione del movimento a incontrarlo l’indomani, alla Cittadella di Catanzaro, con i commissari del comune di Nicotera. Un’improvvisata assemblea sui binari accetta. L’occupazione sarà durata circa tre ore.

Epilogo (provvisorio)
Sabato sera, 4 febbraio, Marina di Nicotera era in festa. L’incontro con il governatore Oliverio ha prodotto un nuovo “quaderno di impegni” per la crisi dell’acqua potabile e per quella dei depuratori, e questa volta è controfirmato dal governatore in persona. Le misure urgenti sono sempre le stesse, in ballo ormai da mesi: ripristinare il sistema fognario (“efficientare”, gergo burocratico), trovare e bloccare gli scarichi abusivi, ripulire i canali della bonifica. Di nuovo c’è l’impegno a sbloccare i finanziamenti e avviare gli appalti entro due settimane, in modo che i lavori siano fatti prima della stagione estiva. “Siamo soddisfatti”, dice Arturo Lavorato.

Entro un paio di settimane dovrebbero cominciare anche i lavori per il nuovo pozzo, per dare a Nicotera e ai comuni della costa acqua pulita e bonificare la rete di distribuzione. Si scopre che la passata amministrazione comunale aveva già deliberato mesi prima di realizzare quel pozzo (su un terreno confiscato alla criminalità organizzata, pare). Il nuovo pozzo costerà poco più di 200mila euro. Viene da pensare male: quanti pozzi si potevano scavare con il denaro speso per filtrare malamente acqua inquinata, e chi aveva interesse allo sperpero?

Se tutto va bene, tra Nicotera e Tropea tornerà a scorrere acqua potabile. I cittadini hanno vinto una battaglia.

(*) Ripreso, con le foto, da «Internazionale». Marina Forti ha un suo blog: «Terra Terra – cronache da un pianeta in bilico». L’immagine in evidenza, scelta dalla bottega, è di Giuliano Spagnul. (db)

Redazione
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