A passo di tartaruga. Storie di una latinoamericana per scelta
Recensione al libro di Loretta Emiri (Edizioni Arcoiris, 2016)
di David Lifodi
Non poteva scegliere titolo migliore, A passo di tartaruga. Storie di una latinoamericana per scelta, Loretta Emiri, nata in Umbria, ma naturalizzata brasiliana. Dopo aver trascorso buona parte della sua vita, nell’Amazzonia brasiliana, tra gli indios yanomami, in una delle selve più nascoste e inaccessibili del paese, l’autrice scrive delle brevi storie tratte dalla sua esperienza di vita, che inevitabilmente si intrecciano con le comunità indie, ma anche con il suo percorso personale, riflettendo sul rapporto con il popolo yanomami, sulle differenze tra questo spicchio di America Latina e l’occidente e sulle modalità di porsi della cooperazione italiana.
I brevi racconti di Loretta Emiri sono frecce appuntite che puntano diritte al cuore dei problemi, inducono a ragionare sul nostro mondo e, al tempo stesso, scorrono piacevolmente perché permettono al lettore di immergersi nella sua esperienza brasiliana. Indigenista, Loretta Emiri, si immedesima nel popolo yanomami, porta avanti le campagne politiche e culturali a loro favore e, come evidenzia Maria Rossi nella presentazione, “lei, italiana che pensa in lingua indigena e parla in portoghese con accento brasiliano”, deve ritrovarsi, dopo aver affondato le sue radici in territorio amazzonico, senza che nulla sembri avere più in comune con l’Italia della sua infanzia. Loretta Emiri termina il suo racconto intitolato Tartaruga chiedendosi: “In America Latina leggeremo mai libertà?”. L’autrice si pone la domanda dopo che ha ottenuto la naturalizzazione brasiliana per scelta e, come una Chico Mendes al femminile, corre da una parte all’altra della selva per denunciare lo sfruttamento dei beni naturali dell’Amazzonia con il consenso delle oligarchie e della politica. Davvero, dall’epoca di Chico Mendes, in Brasile non è cambiato molto a livello di rispetto dei diritti. Al tempo stesso, annota Loretta, “la naturalizzazione era affermazione di identità: rifiuto di appartenere a una società che accumula superfluo rubando l’essenziale a intere popolazioni”. Le riflessioni sul superfluo si affacciano in numerose storie raccontate da Loretta Emiri nel suo libro, dal gustoso racconto Itinerari gastromissionari a Modena con gli stivali fino a Imbecilli a Porto Alegre. In quest’ultima storia l’autrice racconta le emozioni vissute in occasione del III Forum Sociale di Porto Alegre, svoltosi nel gennaio 2003 e caratterizzato dal vento della speranza per la prima elezione al Planalto di Lula, che si inseriva in quell’ondata rosa-rossa che avrebbe caratterizzato i successivi appuntamenti elettorali in buona parte del continente. Tuttavia, Emiri non può far a meno di notare il comportamento discutibile di alcuni italiani giunti al forum, da un politico “di sinistra” nella delegazione della Regione Marche al presidente di un’associazione di volontariato di Modena.
La particolarità principale del libro è però la completa identificazione dell’autrice con la causa yanomami. Nel racconto Sandrina degli spiriti, molto vicino, per titolo e ispirazione, alla narrazione di Jorge Amado, Loretta Emiri racconta la battaglia per difendere gli indigeni macuxi dall’invasione della terra messa in atto dai bianchi. Gli indios erano visti come un ostacolo al progresso, anche da alcuni esponenti reazionari del clero che guardavano con avversione il sostegno ai macuxi da parte dei laici, Loretta compresa. Solidarietà e giustizia sociale si contrappongono alla visione miope delle istituzioni, a partire da quelle ecclesiastiche, che erano riuscite ad ottenere l’allontanamento dell’autrice dai villaggi yanomami e dallo stato del Roraima. Emiri è brasiliana a tutti gli effetti e, in Crociera da vomito, racconta il suo sconsolato viaggio di ritorno su una nave da crociera italiana in cui, “probabilmente, ero l’unica a non essere in viaggio di piacere”. In quello che lei descrive come “Oceano del Superfluo”, Loretta Emiri pensa agli indios morti a causa delle malattie portate da cercatori di oro e diamanti che invadevano il territorio degli yanomami, i quali, sprovvisti di anticorpi, finivano per essere decimati da episodi di influenza e morbillo. Nessuno, più di lei, si è lasciata compenetrare dalla cultura yanomami, e, in qualità di indigenista, si è calata in una realtà che ad un primo sguardo, anche per un occidentale solidale e a conoscenza dello stile di vita indigeno, non è semplicissima ad accettare. Al tempo stesso, Loretta Emiri sottolinea il razzismo dilagante da parte di “volti idioti di bianchi” che fanno domande tipo: “Gli indios riescono a imparare a leggere e a scrivere?”, ma evidenzia anche l’oppressione delle istituzioni ecclesiastiche, che portavano nella foresta i turisti che volevano e gli invasori la penetravano indisturbati, mentre coloro che erano interessati a compiere studi, ricerche e piani di lavoro di cui gli indios avrebbero potuto beneficiare dovevano ottenere l’autorizzazione scritta a Brasilia.
Nella sua postfazione Claudilèia Lemes Dias ha scritto che le riflessioni di Loretta Emiri sono “pungenti, ironiche e a tratti destabilizzanti” perché sanno puntare il dito, senza paura, sulla piaga dell’indifferenza. “Grazie Loretta. Ne avevamo davvero bisogno”, conclude Claudilèia Lemes Dias, e noi non possiamo che associarci.
A passo di tartaruga. Storie di una latinoamericana per scelta
di Loretta Emiri
Edizioni Arcoiris, 2016, Salerno