A un mese dalla strage di Stato di Cutro

articoli e canzoni di Cecilia Strada, Mem.Med – Memoria Mediterranea, Michele Zizzari, Duccio Facchini, Livio Neri, Gang, Dimartino (ripresi da tpi.it, pressenza, meltingpot, altreconomia, cir-onlus.org)

Cecilia Strada a TPI: “Il Governo si è fermato a Cutro”

(intervista a Cecilia Strada, di Luca Telese)

Cecilia Strada, hai scritto e hai dichiarato per giorni sulla strage di Cutro.
«Verissimo».

E hai detto che dobbiamo imparare molto da quello che è accaduto. Posso chiederti di spiegare cosa pensi, e perché, a tuo avviso, questa storia ha segnato il sentimento collettivo del nostro Paese?
«Assolutamente sì. Intanto sono contenta che continuiate a parlarne mentre si spengono tanti altri riflettori. E poi vorrei fissare alcune lezioni importanti che stiamo capendo solo adesso, alla distanza».

A cosa ti riferisci?
«Questo naufragio è diventato un simbolo, e non era scontato. E oggi Cutro significa molto anche per chi, come me, si occupa di migranti e profughi da anni».

Come spieghi l’enorme onda di emozione e dibattito che la strage ha suscitato nel Paese?
«Accade per una serie di fattori diversi e concomitanti tra di loro. E ci dice che le posizioni della destra sono diventate di fatto indifendibili. Ma a questo arrivo più avanti. Partiamo dal dire cosa ha prodotto l’anomalia».

Cecilia Strada, operatrice umanitaria, attivista, soccorritrice. Per anni ha diretto Emergency, l’organizzazione fondata da suo padre Gino. Poi, conclusa l’esperienza nella Ong  “del chirurgo di guerra”, è diventata responsabile della  comunicazione per la onlus italiana ResQ, People Saving People. Una organizzazione che proprio adesso è impegnata nei salvataggi a mare (anche) nella famosa rotta adriatica. 

Cecilia, dici che Cutro diventa un simbolo per un insieme di fattori diversi. Elenchiamoli.
«In primo luogo la catastrofe è accaduta a pochi metri dalla riva. Sono state fatte fare mille ricostruzioni, lacunose o burocratiche, ufficiali e ufficiose, si è cercato di nascondere quello che era evidente dietro una cortina fumogena. Ma se poi vai lì, e capisci dove è affondata la nave, ti accorgi di una cosa semplice: non si poteva non vedere. Non si poteva lasciar morire delle persone ad un passo dalla salvezza».

C’è poi un fattore emozionale aggiuntivo.
«Il fatto che ci fossero tanti bambini, tra le vittime, ci ha giustamente colpito. Ha infranto da subito il racconto della destra: clandestini, pericolosi, potenziali criminali».

Ma per te neanche questo è stato il motivo decisivo, vero?
«Trovo ancora più importante il fatto che siamo riusciti a ricostruire le storie delle vittime».

È una lezione anche per il giornalismo.
«Infatti. Al contrario di tante altre stragi anonime del passato, pensaci, abbiamo avuto la straordinaria potenza della memoria in campo. E questo perché i superstiti ci hanno portato le loro storie e quelle di coloro che sono scomparsi».

La narrazione ha orientato l’emozione dell’opinione pubblica.
«È triste, è brutale, ma io cerco sempre di dire come stanno le cose. Quando un notiziario racconta  una cosa del tipo: “Altri 63 corpi trasportati dal mare sulle coste della Tunisia”, l’indifferenza è il primo sentimento possibile. Perché un numero, senza una storia, è algido».

Ne sei convinta.
«Senza dubbio. Nessuno prova empatia per un numero. E pensa anche come sono cambiate le parole dei politici, man mano che la forza delle storie irrompeva sui media».

Fammi un esempio.
«Persino per i profughi che fuggivano dall’Afghanistan, parlo delle prime e incredibili parole di Piantedosi, qualcuno nel centrodestra era riuscito a dire: “Però potevano non partire”».

E poi?
«Poi, quando scopri che su quella barca c’era – tra gli altri – una giornalista che fuggiva dai talebani perché aveva lavorato con gli occidentali, cioè con noi, tutto diventa diverso».

Sono molti che fuggono dai talebani.
«Vedi, io sono stata per tanti anni, e tante volte in Afghanistan. Mi sarebbe piaciuto molto poter dire in faccia a Piantedosi: “Caro ministro, provi lei a stare, anche solo per tre minuti, fuori dalle mura accoglienti dell’ambasciata, in strada a Kabul”»…

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La nave Louise Michel fermata a Lampedusa: troppi soccorsi!

La nave Louise Michel, finanziata dall’artista Bansky, è stata sottoposta a fermo amministrativo a Lampedusa, dove era approdata con 180 migranti, per aver contravvenuto al recente decreto sulle Ong.

La sua colpa? Dopo l’assegnazione del porto di Trapani per lo sbarco dei naufraghi, ha continuato ad effettuare altri soccorsi.

“Ventiquattr’ore dopo l’annuncio del fermo della nostra nave, non abbiamo ancora ricevuto alcuna spiegazione scritta. Sappiamo che decine di barche si trovano in pericolo, eppure ci impediscono di assisterle. Questo è inaccettabile!” denunciano gli attivisti su twitter. “Ieri varie vite sono andate perdute in due naufragi. Queste morti non sono un incidente, né una tragedia. Sono volute” aggiungono.

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Naufragio di Cutro, a un mese dalla strage di Stato

Un rapporto del progetto Mem.Med

Ad un mese esatto dalla strage di Cutro è stata rinvenuta la salma numero 91. Ancora tanti i dispersi e le persone non identificate. Mem.Med ripercorre il lavoro di monitoraggio, ricerca, accompagnamento e lotta insieme alle famiglie delle vittime e ai sopravvissuti.

Oltre la cronaca: Storie, tempi, luoghi, sconfinamenti

Il resoconto che presentiamo è il risultato del costante lavoro sul campo che l’equipe di Mem.Med – Memoria Mediterranea ha svolto nell’ultimo mese, in seguito al naufragio avvenuto all’alba del 26 febbraio 2023. Un’imbarcazione partita dalla Turchia sovraccarica, con a bordo circa 180 persone per le più di origine iraniana, afghana e pakistana, si infrangeva su una secca a 150 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, a pochi chilometri da Crotone, in Calabria.

Non il maltempo ma le necro-politiche di frontiera europee hanno provocato la morte di 91 persone 1, al momento accertate, e di decine di altre persone ancora disperse. Nell’intento di ricostruire gli eventi che hanno portato alla strage di Cutro e di chiedere verità e giustizia, Mem. Med ha sottoscritto insieme ad oltre 40 organizzazioni italiane ed europee impegnate nella difesa dei diritti delle persone migranti, un esposto, presentato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone 2.

Ad un mese da questi accadimenti, il nostro lavoro intende andare oltre i fatti cronaca, ripercorrendo l’attività e la pratica di Mem.Med e di chi, assieme a noi, ha portato avanti attività di ricerca e documentazione: di storie inghiottite dal mare, di memorie faticosamente riemerse, di tempi e luoghi di lutto, di commemorazione e di lotta, e infine, nell’intento di contribuire a tessere la trama di una memoria collettiva, a partire da questa vicenda.

Pertanto, il rapporto presenta il resoconto di un tempo di azione breve e concentrato, come quello con cui l’immediata emergenza ci ha obbligate a confrontarci. Un tempo scandito dall’intervento di una molteplicità di attori, tra cui i pochi che, quotidianamente, operano sul tema e i molti altri che, talvolta goffamente, hanno usato la visibilità della tragedia per fuoriuscire dalla loro inattività ed invisibilità sociale o istituzionale. Un tempo breve, ma tuttavia presente. Un tempo meno raccontato e curato, che nondimeno necessita uno sforzo collettivo, affinché non resti invisibile e cada nell’oblio. In questo tempo ci siamo trovate a svolgere un lavoro intenso, seppur non improvvisato. In esso l’esperienza maturata nel tempo dal gruppo di Mem.Med, nonostante la sua recente costituzione, è stata messa in campo, in prima linea, in attività di ricerca e di identificazione dei corpi delle persone non sopravvissute, attraverso un supporto costante delle delle famiglie delle vittime e dei dispersi.

Questo lavoro non vuole soltanto documentare un intervento di emergenza, seguito al naufragio, ma si propone di mettere in luce e denunciare le sistematiche carenze istituzionali che – dalle operazioni di ricerca e soccorso sino alle procedure di identificazione delle vittime – hanno negato alle persone coinvolte il diritto alla vita, alla dignità, al lutto. Nel farlo, esso prova a contribuire alla tessitura di un filo di una memoria attiva e collettiva, come fine ultimo del nostro progetto.

Ad un mese dalla strage, Mem.Med continua il lavoro di monitoraggio, ricostruzione, accompagnamento, diffusione e denuncia di quanto accaduto, a fianco delle persone sopravvissute e dei familiari delle vittime, nella ricerca dei loro cari ancora dispersi.

Come avevamo sottolineato nel riepilogo delle attività da noi svolte nel 2022, pubblicato in un primo rapporto lo scorso 16 marzo 3, a due settimane dal naufragio di Cutro, non vi è epilogo alle stragi di Stato.

Questa ennesima strage ci permette di ri-affermarlo forte e chiaro, attraverso le storie dei familiari e delle stesse morti che gridano verità e giustizia…

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I frutti del “Decreto Cutro”, tra nuova irregolarità e ulteriore contenzioso nei tribunali

(intervista di Duccio Facchini all’avvocato Livio Neri)

Dietro l’annunciata repressione di “scafisti” e trafficanti si ritrovano misure che penalizzano la regolarizzazione delle persone già presenti, colpendo la protezione speciale, osserva l’avvocato Livio Neri. Con il paradosso di far esplodere gli arretrati negli uffici, con tempistiche incompatibili con gli obiettivi del Pnrr. Il caso di Milano

Nell’analizzare il decreto legge 20/2023 (intitolato “Disposizioni urgenti in materia di flussi di ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare”), emanato lo scorso 10 marzo, dopo che il Consiglio dei ministri si è riunito a Cutro, l’avvocato Livio Neri, socio dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), premette di voler “partire dal contesto”. Perché il tragico naufragio del 26 febbraio davanti alle coste calabresi “avrebbe dovuto far trovare soluzioni per evitare quel che è successo”. E invece, osserva Neri, le misure contenute nel decreto riprendono “fili conduttori che non danno rimedio all’evento. Tutt’altro”. E alla fine del suo ragionamento il legale rilancia un allarme: i continui e pasticciati “colpi” alla normativa sull’immigrazione stanno creando la vera e unica “emergenza”, quella dei contenziosi nei tribunali, che rischiano persino di affossare gli obiettivi del Pnrr.

Avvocato Neri ci può aiutare a comprendere meglio il contenuto del decreto?
LN Parto dal primo “filo conduttore”, che è quello della repressione del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, la misura più sbandierata dall’esecutivo e dalla stessa presidente del Consiglio. Per loro infatti quel che è accaduto è solo colpa di trafficanti e scafisti, e non perché non ci sono canali legali di ingresso, sicurezza del viaggio o operazioni di ricerca e soccorso. No, la colpa è degli scafisti. Ma se anche seguissimo questo ragionamento, quel che viene previsto nel decreto è assai poco. C’è infatti un inasprimento minimo delle pene edittali per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sia in forma semplice sia in forma aggravata. Da pene che andavano da uno a cinque anni (semplice) e da cinque a quindici anni (aggravata) siamo passati a due-sei e sei-sedici anni. Dubito fortemente che questo aumento di pena disincentivi trafficanti e scafisti a far intraprendere i viaggi alle persone. Si tratta perciò di una misura inefficace e propagandistica.

Poi c’è il reato di morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina. Che cosa comporterà?
LN È la forma speciale di un reato che esiste già. Il decreto prevede in sostanza che se l’aver favorito l’ingresso irregolare in Italia ha portato a lesioni gravi o gravissime o addirittura al decesso delle persone fatte entrare, il responsabile è punito con sanzioni severe che vanno da 20 a 30 anni. Su questo vorrei richiamare l’attenzione rispetto al rischio che tale misura possa essere contestata in ipotesi anche alle navi umanitarie delle Organizzazioni non governative. Può infatti capitare che una Ong effettui un’operazione di trasporto di naufraghi salvati e che uno di questi possa perdere la vita. Dalla lettura della norma sembrerebbe esclusa tale circostanza ma sappiamo bene in quale contesto oggi sono costrette a operare le organizzazioni. Quindi non è una buona notizia.

Arriviamo al cuore del decreto, e cioè alla “colpa” della immigrazione irregolare.
LN Il provvedimento è costruito sull’assunto che il naufragio di Cutro sia stato causato dall’immigrazione irregolare, “clandestina” per usare le parole del governo. Quindi occorre creare modi sicuri di ingresso e soggiorno regolare. Per carità, alcune misure vanno in questa direzione ma sono timide.

Può fare un esempio?
LN Prendiamo la durata massima del permesso di soggiorno per lavoro a tempo indeterminato, per lavoro autonomo e per ricongiungimento familiare, che viene allungata da due a tre anni. È un bene ma il problema è un altro, ovvero i tempi di rilascio di quei permessi da parte del questore. Se, come avviene oggi, il permesso è rilasciato tardissimo, a volte addirittura sotto od oltre la scadenza, l’allungamento della durata massima del titolo conta poco. Un’altra norma timidamente positiva è quella che consente, al di fuori delle quote, l’ingresso e il soggiorno per lavoro subordinato allo “straniero residente all’estero che completa le attività di istruzione e formazione”. Ma ciò che cambierà davvero la vita delle persone, in peggio, è altro…

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IL NUOVO DECRETO ANNUNCIATO A CUTRO: TRA RESTRIZIONE DEI DIRITTI E MISURE INEFFICACI

Il Presidente del Consiglio Italiano per i Rifugiati Roberto Zaccaria è stato oggi audito dalla I Commissione Affari Costituzionali del Senato, che sta analizzando il cd Decreto Flussi. Un decreto che desta viva preoccupazione, seri dubbi di costituzionalità e perplessità rispetto alla sua efficacia.

“Un decreto che non avrà alcuna incidenza concreta né sulle stragi in mare, né sulle partenze. L’obiettivo che invece sembrava voler raggiungere. Ma che avrà un sicuro effetto sullo spazio di protezione delle persone che arrivano e si trovano in Italia, causando effetti da non sottovalutare: l’incremento del numero di persone irregolarmente presenti nel Paese e della marginalità sociale che tale condizione va a determinare” afferma Roberto Zaccaria.

La protezione speciale, che ha riempito il vuoto lasciato dell’abolizione della protezione umanitaria, rappresenta una delle tre forme di tutela consolidate nel nostro ordinamento e, nel corso del tempo, è servita per dare attuazione al diritto costituzionale di asilo. Una Costituzione che ha previsto un riconoscimento molto ampio del diritto d’asilo che deve essere garantito a chiunque non possa godere nel suo Paese delle libertà democratiche.

La protezione speciale è anche quella che registra nel nostro Paese il più alto tasso di riconoscimento, oltre il 20%, e ha contato 10.865 riconoscimenti nel 2022.

Il decreto abroga il riconoscimento della protezione speciale per quelle persone che rischiano, tornando nel loro Paese, di veder violato il loro diritto alla vita privata e familiare. “Il diritto alla vita familiare e privata è garantito dalla nostra Costituzione, della CEDU e dalla Carta dei diritti fondamentali UE: un diritto che non può essere ignorato né derogato da una legge ordinaria. Questo decreto vuole cancellare norme che tutelano diritti fondamentali. E questo non possiamo permetterlo.” continua Zaccaria.

Deve anche essere ricordato che la maggior parte dei titolari di protezione speciale la riceveva proprio in virtù delle norme che si vogliono ora abrogare: si colpirà in modo significativo chi si era già integrato nel nostro Paese. Si tratta di una disposizione che avrà un forte impatto sull’irregolarità e che alimenterà la criminalità organizzata e costringerà molte persone a piegarsi al lavoro nero e allo sfruttamento lavorativo.  

Il decreto prevede inoltre norme volte a facilitare un ampliamento dei Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR), luoghi in cui le persone sono lasciate in uno stato d’incertezza, isolamento e abbandono e la cui efficacia finalizzata al rimpatrio si è rivelata spesso fallimentare. L’ampliamento della rete dei Centri per il rimpatrio è propedeutico, nell’impalcatura del Decreto, ad aumentare l’efficacia del sistema di espulsione e di rimpatrio forzato.

Un sistema inefficace che ha costi umani, sociali ed economici altissimi. E che dovrebbe essere totalmente ripensato.  Nel 2021 sono state rimpatriate forzatamente 3.939 persone (dati Polizia di Stato), di cui solamente 2.520 persone dopo trattenimento amministrativo nei CPR. A fronte di un numero di migranti irregolarmente presenti sul territorio italiano stimato in 519.000 persone (dati ISMU al gennaio 2021) e di 26.251 provvedimenti di espulsione adottati dalle forze di polizia. Un sistema di detenzione amministrativa che  riesce a rimpatriare solamente il 50% di quanti detenuti amministrativamente nei CPR.

“Noi crediamo che in un’ottica di gestione integrata del fenomeno migratorio si dovrebbe investire nello strumento del Ritorno Volontario Assistito che trae la sua forza dalla collaborazione del migrante e dalla predisposizione di un adeguato progetto di reintegrazione nel Paese di origine. Un programma che può trasformare il fallimento del processo migratorio in una nuova occasione anche per quelle persone costrette a lasciare l’Italia” dice Zaccaria.

Vogliamo concludere ricordando che la Costituzione italiana è un cappello protettivo dei nostri diritti politici, civili, sociali ed economici da maneggiare con cura.

da qui

 

 

Su Cutro – Michele Zizzari

Poiché non sono un gran frequentatore dei social, non mi esprimo in essi così spesso e fino a ora non ho pubblicato parola sull’orrore di Cutro né sull’inquietante momento che stiamo attraversando. Ma a sentir certi discorsi e a vedere quel che accade non se ne può fare a meno. Sono decenni che assistiamo impotenti, frustrati (e molti perfino assuefatti e indifferenti) al genocidio umano, sociale e ambientale perseguito e operato con sistemica applicazione dal dominio dell’ingiusto e della disuguaglianza diventati ormai legge, consuetudine, normalità e stato naturale delle cose e che ha fatto tabula rasa dello spirito critico in una considerevole parte dell’opinione pubblica.

Mi chiedo infatti come si possa pensare che una famiglia o una persona possa vivere senza un lavoro o un reddito adeguato o con poche centinaia di euro al mese, tra l’altro in un paese, come l’Italia, dove solo l’affitto ne costa mille e dove crescere e mandare a scuola un figlio o curarsi occorre una rendita patrimoniale. Eppure c’è chi aderisce acriticamente, con ebete e disarmante convinzione (istigata dai media e dalla propaganda della destra, che è sempre quella dell’ignoranza e della ferocia) alla crudele e millenaria crociata contro i poveri, per togliere loro tutto quel che si può (sia persino un misero ed elemosinante sussidio) per darlo ai ricchi, anzi ai ricchissimi. E ancora, mi chiedo come si possa pensare che l’aspirazione a una vita dignitosa, a vivere in pace e non come vittime di guerre, tirannie, miseria e catastrofi ambientali possa essere un diritto solo di pochi, e non invece di tutti, come lo è per sua intrinseca natura, prima che sul piano politico. A meno che non si creda che si tratti di un diritto che una qualche entità o autorità superiore abbia dato in via esclusiva solo al “nostro cosiddetto mondo occidentale”, e di questo mondo solo agli agiati. Un mondo che autodefiniamo aprioristicamente (chiudendo gli occhi sulle sue colossali ingiustizie e inaudite contraddizioni) civile o civilizzato, democratico o liberale o superiore per cultura, a seconda della convenienza dialettica, politica ed elettorale.

E che tutto questo appaia a molti del tutto normale lo si avverte anche nei commenti che si ascoltano al bar, che pappagallano a menadito le falsità, le fake news e i discorsi da bar (ora pronunciati in Parlamento) propugnati (in mala fede e sapendo di mentire) su giornali, tivù e social da politici, governanti e giornalisti senza scrupoli e seminatori d’odio, oltre che incompetenti di tutto e incapaci di interpretare i fatti e le dinamiche che li determinano.

Comincio a credere che il mondo, e in particolare l’Occidente e l’Italia, siano governati (e anche diffusamente abitati) non più da esseri umani e/o senzienti, ma da cinici organismi geneticamente modificati posseduti dal morbo della cattiveria e dalla banalità del male, dall’ingiusto e dal disumano, da un gretto egoismo, per giunta schiavista e razzista, e da un odio gratuito, scaricato soprattutto sui più deboli, capri espiatori ormai derubricati come scorie, rifiuti o carico residuale.

Certo, la tragedia di Cutro non è la prima né sarà l’ultima, e questo – come purtroppo sappiamo – a ogni latitudine del globo terracqueo (come lo definisce l’impresentabile  Meloni) e indipendentemente dalla natura politica dei governi (locali, nazionali o sovranazionali che siano) che da tempo si succedono senza che nulla cambi… dalla Bossi-Fini ai patti di Dublino, dagli scellerati accordi bilaterali di Minniti siglati con gli aguzzini e i trafficanti libici fino ai decreti-sicurezza della Bestia Salvini, rinfrescati – proprio a Cutro, a poca distanza dalle bare degli annegati e dai loro disperati familiari – dal governicolo di turno, con un nuovo decreto che criminalizza le vittime intimando ai migranti di stare ben attenti di provare a sbarcare in Italia…

Dinanzi a questa ennesima atrocità – che si poteva benissimo evitare e che questo governo ha lasciato si consumasse per impartire una esemplare lezione di stampo fascista a dei poveri disperati scappati da guerre, carestie e tirannie, additati invece come pericolosi nemici della nazione – la reazione di ogni persona con un minimo di umana sensibilità, di senso della verità e di buon senso era quanto meno dovuta e scontata.

Una reazione che senz’altro c’è stata, anche se mi sarei aspettato una sollevazione ben più generale, forte e decisa di tutta la società nel suo insieme, dalla comunità civile alle forze politiche di opposizione, dal mondo del lavoro e dai sindacati all’universo delle associazioni e del volontariato, dalle istituzioni scolastiche e culturali a quelle locali, dagli artisti e dall’intellighenzia all’intero mondo della comunicazione e dell’informazione, arrivando fino al Parlamento e al Presidente della Repubblica, che negli ultimi mesi avrebbe avuto più di un’occasione per picconare (più a ragione di Kossiga) questo governo… (dai cimeli e dai busti di La Russa ai rituali e ai pestaggi fascisti come quello di Firenze; dalle intimidazioni di gruppi di estrema destra (contigui e tollerati dalle forze di governo) alle minacce di sanzioni da parte di ministri a chi esercita la libertà di espressione – come se la critica costituisse un reato di lesa maestà – dal tentativo di condizionare la Scuola e l’informazione a quello di riscrivere la Storia, fino alla tragedia di Cutro e tanto altro)… giusto o almeno per ricordare in maniera più energica e vincolante possibile (anche se tra quei pochi che sono andati alle urne parecchi hanno votato a destra) che la nostra è una Repubblica antifascista fondata sull’antifascismo e sui valori ineludibili della Costituzione, che bandisce il razzismo e sancisce l’obbligo del soccorso e della solidarietà, come anche la Dichiarazione dei Diritti Universali dell’Uomo, come tutte le norme internazionali sul soccorso in mare e come l’obbligo di accogliere tutti i profughi richiedenti asilo.

Detto questo, allego anche un mio testo poetico dedicato ai migranti e al mare…

(scritto qualche anno fa e pubblicato nella raccolta “Balzi ribelli”

edita dalla IOD Edizioni di Napoli)

 

Mare mio, Mare Nostro, Mare…

che muovi il destino delle onde tra le avverse sponde,

che tuo malgrado separi il povero dal ricco, il satollo e l’affamato

che sei di mezzo, tra le terre afflitte e quelle agiate…

poiché gli uomini se ne sbattono i coglioni, prego Te.

 

Che Tu sia il Fato, un Dio, Nettuno o Poseidone, non importa:

Ti prego, non affondare le carrette malandate,

i gommoni gonfi di speranze e di iatture,

queste affollate imbarcazioni di fortuna,

senza benzina, senza motore.

Non annegare questi sventurati naviganti…

sono senza remo e senza averi

senza viveri e senz’armi…

 

 

Non giungono dal mar per assalir le roccaforti dell’Europa.

Non sono eserciti in vena di conquiste, non sono flotte.

Forse che… saranno quelli che ci serviranno la pizza, la birra e il caffè

che ci offriranno le rose, i calzini e i fazzoletti,

gli ombrelli, i pareo, le collane e gli accendini…

 

Non t’accanire di burrasca oltre misura, sono disperati

marinai, senza timone…

che a caso, all’incirca, al buio, chi sa come, seguono una rotta

forse, una stella, un faro, un lumicino in fondo alla notte…

 

Non hanno capitano che li comandi e guidi nel periglio,

ma uno scafista senza onore che li abbandonerà al primo intoppo,

che non esiterà a buttarli in acqua come prove di reato,

tra gli scogli, morti, spiaggiati sulle rive…

 

Non agitare i venti, le mareggiate, le correnti

le loro braccia esauste, forse, non avranno forza…

Ѐ già tanto che non li abbia consumati il sole, il freddo, la sete, il sale…

 

Sono pastori senza più animali, contadini senza più terreno,

scacciati dalla siccità , sfollati dalle guerre,

scampati ai genocidi, ai fratricidi…

popoli ridotti alla miseria dalla globalizzazione,

diseredati, emarginati, spiantati

molti cresciuti nelle baraccopoli intorno alle discariche…

 

Sono nell’acqua (agonizzanti) come pesci fuor d’acqua…

e tra loro donne e bambini sopraffatti dagli sforzi

che forse non hanno mai visto una vasca da bagno…

 

Non scuotere, o Possente, il tuo profondo ventre.

Non l’inghiottire, non li abbandonare

agli spazzini del mare, al pescecane…

 

Forse che… saranno quelli che ci faranno il pieno di benzina

che ci puliranno le toilette,  il culo ai nostri vecchi e il parabrezza all’autogrill,

che impasteranno il cemento per le scuole e gli ospedali,

l’asfalto per le strade, bruciando col bitume…

e che raccoglieranno i pomodori sotto il sole.

 

Per favore, Mare di misericordia e compassione

almeno tu, visto che gli uomini se ne sbattono i coglioni,

esaudisci la preghiera, placa la tempesta, e a onda a onda

accompagnali alla giusta riva, sani, salvi, vivi…

 

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

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