Abramson, Boldrini, Haarmann, Johansson, Rota con…
… con il duo Nocenzi-Villari più Autori vari
7 recensioni di Valerio Calzolaio
Marina Rota
«Sotto le stelle di Fred. T’ho veduto, t’ho seguito… Incontri da sogno con Fred Buscaglione»
con una nota di Paolo Conte, prefazione di Vittorio Sgarbi
Buendia Books
152 pagine, 14 euro
Torino. Il 23 novembre 1921 nasce a Torino il grande musicista Fred Buscaglione. Ricorre il centenario, non scordiamolo! In soli trentotto anni di vita segnò un’epoca. A fine anni cinquanta, poco prima di morire in un incidente, si trovava all’apice di una carriera clamorosa e multimediale: era uno degli artisti di spettacolo, cinema e televisione più noti e celebrati in tutto il paese; aveva un calendario di importanti serate quotidiane (che copriva più anni successivi) e una tournée negli Stati Uniti; tante italiane e italiani di varie generazioni fischiettavano e provavano a ballare le sue canzoni. Fermarsi un attimo a memorizzare una vita intensa e culturalmente significativa è un dovere e un piacere. Fred crebbe in un noto grande palazzo ottocentesco su un cortile di Piazza Cavour, di sobria eleganza, emblematico del decoro borghese sabaudo, dove la mamma Ernesta faceva la portinaia (diplomata in pianoforte, uno lo aveva in casa). Il giovane Nando mostrò subito uno straordinario talento per la musica (chitarra, violino, contrabbasso e altri strumenti, a lezione o al conservatorio o da autodidatta), ereditato anche dal padre verniciatore (e buon fisarmonicista) e dalla zia artista di café chantant (morta però di tubercolosi nel 1920). Presto dovette smettere di studiare per aiutare il bilancio familiare (con fratello e sorella): fattorino, pellettiere, apprendista odontotecnico, artigiano. Nel tempo libero tanto jazz e blues, collaborazioni con orchestre importanti, ingaggi in locali dove, fra l’altro, conobbe Leo Chiosso. Poi la guerra, ma in Sardegna riuscì a organizzare uno spettacolo ricreativo e a suonare spesso nella radio indipendente. Tornò, ritrovò Leo (lettore di gialli), divennero inseparabili, lui il grande frenetico indimenticabile Fred.
La brava giornalista Marina Rota adotta un colto ingegnoso espediente letterario per farci incontrare il suo concittadino Buscaglione, un intreccio di realtà e sogno su un uomo carismatico e beffardo, diventato leggenda dopo una morte assurda. Segnala subito come è emersa in lei l’esigenza di riascoltare il musicista e studiarne contesti familiare e sociale torinesi, per caso, trasferendosi proprio dalle parti di quell’antico palazzo e organizzando una festa di apertura con personalità e amici illustri, fra cui il grande americanista Claudio Gorlier. La narrazione prosegue in prima al presente, sia quando restiamo nell’oggi con i suoi contemporanei colloqui e progressi, sia soprattutto quando ci tuffiamo in sogno indietro nel tempo, accanto al fantasma di Fred, mentre sempre lei (giornalista alla Gazzetta del Popolo) e Claudio (in veste di Virgilio) frequentano il palazzo dagli anni venti ai Cinquanta, lo vedono crescere da piccolo artista, si fanno raccontare le gesta dalla madre, lo incrociano nei bar e nei locali. I capitoli riguardano le principali fasi della vita: fino alla partenza per la guerra, dal rientro ai primi successi del gruppo orchestra Asternovas, il quasi decennio della gloria generosa e trascinante (Paolo Conte parla di “spirito guascone”). Rota lo ha definito una rigorosa biografia romanzata e un viaggio nella Torino swingante degli anni Quaranta e Cinquanta, più povera, ma ricca di speranza; un viaggio a ritroso nel tempo che può piacere ai cultori appassionati, ai musicisti attivi e ai nostalgici di una stagione irripetibile della storia culturale della città operaia e del paese in ripresa. In appendice le interviste a Fred Chiosso (figlio di Leo), a Dario Arrigotti (figlio del pianista del gruppo) e alla nipote Letizia Buscaglione (figlia della sorella). Titolo e copertina azzeccati, interessanti apparati bibliografico e iconografico.
Liliana Cori, Simona Re, Fabrizio Bianchi, Luca Carra (a cura di)
«Comunicare ambiente e salute. Aree inquinate e cambiamenti climatici in tempi di pandemia»
ETS
310 pagine, 16 euro
Italia. 2006-2020. Da quindici anni una legge italiana ha individuato 42 siti di interesse nazionale (SIN) dove si consumarono fallimenti industriali e sviluppo insostenibile, intrecciando diseguaglianze sociali e contaminazioni industriali, rappresentativi di circa il 3% del territorio e di circa il 10% della popolazione. Una struttura del CNR organizzò nel novembre 2020 un convegno sulla comunicazione nelle aree a rischio (queste e non solo). Ora l’ottimo volume collettaneo curato dai quattro studiosi Fabrizio Bianchi, Luca Carra, Liliana Cori e Simona Re, “Comunicare ambiente e salute”, raccoglie le sedici interessanti relazioni e comunicazioni (distribuite in quattro parti), inaugurando la bella collana PiGreco. Clima, ambiente, salute, intitolata al grande comunicatore scientifico Pietro Greco (Barano d’Ischia, 1955), per anni direttore del master in comunicazione delle scienze alla Sissa di Trieste e caporedattore de Il Bo Live fino all’improvvisa scomparsa il 18 dicembre 2020.
Svenker Johansson
«L’alba del linguaggio. Come e perché i Sapiens hanno iniziato a parlare»
traduzione (dallo svedese) di Alessandro Storti
Ponte alle Grazie
452 pagine 20 euro
Africa e poi ovunque. Da centinaia di migliaia di anni fa in poi, evolvendo. Nella ricerca scientifica sull’origine della nostra specie e dei suoi linguaggi si sono osservate nel mondo animale sempre più facoltà che ritenevamo prettamente umane. Non siamo poi così unici come ci piacerebbe credere. Forse l’innovazione biologicamente più eccezionale è la gestione della memoria tramite puntatori, una dotazione non specifica della lingua. I punti che ci distinguono oggi nettamente da altri animali e dai nostri parenti più stretti sono più relativi alla volontà che alla capacità: i sapiens vogliono comunicare, impulso spiegabile con l’alto livello di fiducia e cooperazione all’interno della società umana e con l’altrettanto alto livello di controllo sociale che la comunicazione consente. Probabilmente, all’interno del genere Homo, la protolingua è comparsa all’inizio dell’evoluzione, riguarda specie precedenti la nostra, progenitori comuni. Poi, la lingua si è sviluppata gradualmente, soprattutto per la svolta nell’evoluzione sociale dell’erectus (fiducia e cooperazione, appunto), in un arco di tempo molto lungo. La comparsa degli adattamenti anatomici e delle tracce culturali si estende su un arco di centinaia di migliaia di anni, in più luoghi e forme. La protolingua si è consolidata come vantaggio evolutivo, partendo da una struttura atomistica: ogni espressione (tendenzialmente parola) era un’unità semantica, senza necessariamente una struttura grammaticale interna, con una funzione comunicativa (magari non unica) di trasmissione di significati, anche con un sistema misto di suoni e gesti. Quando noi sapiens moderni abbiamo cominciato a espanderci ovunque fuori dall’Africa eravamo già parlanti a pieno titolo, con tutte le raffinatezze grammaticali e tutti gli adattamenti biologici necessari alla lingua, sempre più ramificatasi poi nelle migliaia di lingue che si parlano oggi.
Il fisico e linguista svedese Svenker Johansson (1961) nel 1990 ha abbandonato la fisica delle particelle (tesi di dottorato sulla generazione di coppie leptoniche nelle collisioni protoniche in un sincrotone in Svizzera) per dedicarsi al linguaggio e alla comunicazione umana. Oggi sappiamo molto di più sull’origine del linguaggio, anche se il quadro completo è un puzzle al quale mancano ancora tante tessere. L’autore ha preso in considerazione riferimenti scientifici di varie discipline, non solo la linguistica: biologia evolutiva, paleoantropologia, archeologia, primatologia, genetica, anatomia, etologia, neuroscienze, psicologia, evidenziando sempre quali sono le questioni controverse, dentro ciascuna e fra di loro. I titoli della tripartizione narrativa e dei capitoli riassumono l’accidentato percorso. La prima parte è più breve e non storica: riguarda la comprensione e la definizione delle varie componenti del linguaggio umano, ovvero concetti e proprietà di categorie lessicali e fonemi, di grammatiche e semantica; le caratteristiche superficiali e fondamentali della comunicazione (sconfinata espressività, inattendibilità e triadicità, soprattutto) e gli universali linguistici; la comunicazione verbale orale e scritta, concentrandosi giustamente su quella ostensivo-inferenziale. La seconda e la terza parte seguono la storia antichissima di lingua e lingue: le origini delle specie comunicanti (dai primati), ovvero le spiegazioni di Darwin, i ruoli di ereditarietà e ambiente, il cervello (eventualmente) predisposto, la scimmia cooperante; poi l’origine della lingua, ovvero i primi parlanti, il primo argomento di conversazione, l’uomo delle caverne, l’uomo culturale, le prime lingue e le prime parole, gli spunti intorno alla lingua primigenia; offrendo in fondo qualche sua risposta sul tragitto “da scimmie balbettanti” a sapiens parlanti. La bibliografia è limitata all’essenziale rispetto alla multidisciplinarietà, si chiude con le referenze iconografiche per foto e immagini (rare).
Harald Haarmann
«Storia universale delle lingue dalle origini all’era digitale»
traduzione di Claudia Acher Marinelli (originale 2016)
Bollati Boringhieri
464 pagine, 25 euro
Da quando noi si parla, ovunque e comunque accada. Le stime più recenti sul numero totale di lingue parlate oggi nel mondo oscillano tra le 6000 e le 6500. La lingua e le lingue con le quali siamo cresciuti o che abbiamo imparato sono differenti separati apparati di regole lessicali e grammaticali. Deve trattarsi, dunque, di un sistema fonetico che, indipendentemente dal numero dei rispettivi locutori e dalla quantità dei paesi in cui è diffuso: si differenzia strutturalmente dagli altri; si distingue per l’esistenza di conseguenti barriere comunicative con i parlanti “altra” lingua; viene usato sia come mezzo di comunicazione multifunzionale sia come simbolo di un’identità culturale; possiede un’eventuale forma scritta non divergente, se esiste, rispetto a quella parlata. La loro denominazione è meno certa di quel che si crede: per le circa 6400 lingue mondiali sono in uso quasi 40000 nomi diversi, autoctoni o attribuiti da altri, spesso divergenti. Se appena appena ci guardiamo indietro, il numero complessivo delle lingue umane e dei loro nomi si moltiplica enormemente e si articola ulteriormente: le lingue possono essersi fuse, aver sviluppato varianti regionali o sociali autonome (prima o poi percepite come idiomi differenti), estinte. Il compito della linguistica storica è appunto quello di identificare tutte le lingue parlate nella preistoria, nella storia e nel presente dell’umanità, delineandone l’origine e lo sviluppo, valutando criticamente anche il carattere mutevole del lessico, dovuto soprattutto alle migrazioni (sia emigrazioni che immigrazioni) e al contatto con altre culture e lingue, in un continuo intreccio meticcio di ecosistemi e parlanti.
Il famoso linguista tedesco Harald Haarmann (Braunschweig, 1946) ha insegnato in patria e un po’ in tutti i continenti, da parecchio vive e lavora in Finlandia. Dopo aver scritto una quarantina di testi in svariate lingue si è cimentato con una complessa completa Weltgeschichte der Sprechen, ora tradotta in italiano. Nell’esposizione l’autore segue un andamento sia cronologico che geografico. Il primo capitolo ripercorre gli albori dell’evoluzione umana: i primordi espressivi verbali e simbolici degli ominidi, la diffusione dall’Africa delle principali specie umane con le loro identità e abilità linguistiche (straordinari motori culturali), il protolinguaggio dell’uomo di Neandertal, le intenzionali complesse proprietà linguistiche di Homo sapiens. I capitoli successivi seguono in parallelo l’arrivo dell’uomo moderno nei vari continenti e l’evoluzione linguistica della nostra specie (secondo le note ipotesi della genetica delle popolazioni sviluppate da Luca Luigi Cavalli Sforza): Africa ed Eurasia a partire da circa 100000 anni fa (le origini della varietà culturale); Australia, Siberia e Nuovo Mondo a partire da 65000 anni fa (con varie ondate migratorie e cenni sulla specificità della diffusione linguistica nelle isole grandi e piccole); le tracce altrove (come nel basco) delle lingue più antiche dell’Africa e dell’Eurasia, con le caratteristiche arcaiche nella costruzione grammaticale e i relitti di antiche strutture sintattiche. Si passa poi al cuore del volume, l’arco temporale degli ultimi 12000 anni, il Neolitico: il quinto capitolo è dedicato all’origine delle famiglie linguistiche, il sesto alle famiglie linguistiche indoeuropee (da 9000 anni fa), il settimo alle altre famiglie linguistiche moderne (da 8000 anni fa). I capitoli finali trattano gli sviluppi diacronici e sincronici delle lingue: l’ottavo il ruolo delle tecnologie (tendenze sincroniche nella diffusione dell’agricoltura ma anche sviluppi indipendenti), con particolare attenzione alla lavorazione del ferro e ai sistemi di scrittura; il nono i frutti tardivi dell’età moderna (pidgin e lingue creole); il decimo presente e futuro delle lingue (ben sapendo che le inglesi sono lingue plurali).
Jill Abramson
«Mercanti di verità. Il business delle notizie e la grande guerra dell’informazione»
traduzione di Andrea Grechi (originale 2019)
Sellerio
898 pagine, 24 euro
Stati Uniti. Dal 2007. La rivoluzione digitale ha cambiato i giornali, ormai esistono aziende che producono non solo testi cartacei ed è difficile distinguere fra fenomeni strutturali e ciclici. Jill Ellen Abramson (New York, 1954) è una bravissima giornalista, prima donna a dirigere il New York Times, dal 2011 al 2014. Da anni si è dedicata alla formazione di generazioni di reporter, scrittori e redattori alla Harvard University, docente di corsi di giornalismo. Nel 2019 scrisse lo splendido documentato “Mercanti di verità”, per raccontare, da cronista, quattro aziende giornalistiche: due siti on line di informazione di immenso successo (Vice e BuzzFeed), veri e propri snack d’intrattenimento (le onnipresenti liste di tutto, le notizie scoop, i video di animali), accanto allo stesso NYT e al Washington Post. Viene pubblicato ora in italiano con un’introduzione che fa riferimento anche alla situazione europea e italiana. Istruttivo sia per chi scrive che per chi legge quotidianamente.
Vittorio Nocenzi e Francesco Villari
«Nati liberi. La storia del Banco del Mutuo Soccorso»
Tsunami edizioni
224 pagine, 20 euro
Italia e suoni in onda per ogni dove. 1972-2022. Il nome Banco del Mutuo Soccorso, gruppo che nel 2022 celebrerà cinquant’anni di carriera musicale, evoca molto ma nasce casualmente. L’aneddoto che è circolato non è vero: non si trattò di un commento sarcastico dell’usciere della casa discografica RCA alla prima audizione, bensì di un suggerimento dell’amministratore delegato RCA, influenzato dall’allora nascente moda (inglese) di chiamare le band pop e rock con nomi bizzarri e possibilmente di tre parole in italiano, forse per agevolarne l’acronimo, accolto dal gruppo perché “riportava alla mente le società di mutuo soccorso del primo Novecento, nate per tutelare gli operai, le vedove dei lavoratori, le famiglie, gli orfani”, ovvero una cassa solidale. Così qualche anno dopo, a inizio 1972 l’album di lancio ebbe immagine e forma di un salvadanaio, però con la Ricordi! Siamo a Marino, un paese dei Castelli Romani, lontano dalla capitale. In una famiglia benestante e colta, vi sono cresciuti i due fratelli Nocenzi, Vittorio (gennaio 1951) e Gianni (dicembre 1952), che hanno studiato fin dalle elementari anche attraverso lezioni private di musica, polistrumentisti classici, virtuosi soprattutto col pianoforte. A fine Sessanta il primo ha una collaborazione stabile con Gabriella Ferri, di cui scrive anche alcuni brani per l’album di esordio; il secondo ha una sua band beat, i Kriminal. Vittorio viene presto notato, sono invitati in studio con amici, i tre primi brani finiscono in una raccolta pubblicata in musicassetta che ne comprende altri di due differenti gruppi. La RCA investe sul primo lavoro ma decide di non pubblicare il risultato, i fratelli si esibiscono in vari festival, allestiscono una spaziosa mitica Stalla per le prove, cambiano spesso compagni musicisti, finché arrivano il chitarrista Todaro, la voce solista Di Giacomo, il bassista D’Angelo, il batterista Calderoni e uno degli esordi discografici più folgoranti della storia della musica italiana.
Il grande compositore e tastierista Vittorio Nocenzi (Marino, 23 gennaio 1951) continua ad arricchire di musica la vita e la cultura di connazionali e appassionati. Nel 1972 i due album che lo hanno reso famoso furono un trionfo e innovarono sostanza e forma della biodiversità musicale italiana. Qualche mese dopo il salvadanaio, esce Darwin e la svolta diventa epica. Decidono di riscrivere poeticamente il contributo scientifico di Charles Darwin, le sue ipotesi (rivelatesi fondamentalmente esatte e fertili) sull’origine delle specie e dei sapiens, dal creazionismo all’evoluzionismo. Partono “dalla parabola, dal paradigma scientifico che dagli organismi monocellulari porta all’uomo, passando dalla scoperta della Terra, dell’aria, dell’acqua” e descrivono un percorso che enuncia le teorie e riflette sulle relative conseguenze esistenziali moderne e contemporanee. Una meraviglia! Si tratta di un concept album, un prodotto musicale di canzoni splendide con un unico impegnativo filo conduttore: meditati concetti di divulgazione scientifica (quella possibile cinquanta anni fa), ricerca compositiva, ampiezza melodica e timbrica, movimenti strumentali, costrutti lirici, solidi testi poetici ed evocativi. Non ho mai cessato di ascoltarlo con godimento di tutti i sensi e gli intelletti! Appare proprio opportuno che a fine 2021 il bravo giornalista e critico Francesco Villari (Reggio Calabria, 1973) abbia collaborato con Nocenzi per raccontare la storia del Banco del Mutuo Soccorso. Villari chiarisce il contesto musicale internazionale e spiega la “quarta via” adottata da Nocenzi e compagni. Il titolo prende spunto dal terzo album, Io sono nato libero (1973), che vale la chiamata a Londra agli Advision Studios di Emerson, Lake & Palmer e le versioni tradotte in inglese, Banco IV. Ovviamente i primi dieci anni (con una decina di album) occupano il settanta per cento delle pagine del volume, pur se la giusta attenzione viene lasciata alle produzioni successive e ai progetti in corso, sottolineando il peso della strada autonoma intrapresa dal fratello Gianni nel 1985, della morte nel 2014 sia dell’indimenticabile cantante Francesco che del chitarrista Rodolfo Maltese (dal terzo album). I 25 capitoli hanno un andamento cronologico e dedicano ampio spazio alle riflessioni di Nocenzi in corsivo, insieme ai testi delle canzoni più note.
Laura Boldrini (intervista a cura di Eleonora Camilli)
«Una storia aperta. Diritti da difendere, diritti da conquistare»
Edizioni GruppoAbele
Dall’Italia per il mondo. 1989-2021. Attraversiamo una fase storica delicata, di regressione e di crisi della democrazia. Il Novecento è stato il secolo in cui i diritti umani (dopo due terribili conflitti mondiali) si sono affermati attraverso la Dichiarazione Universale del 1948 e molte delle coeve Costituzioni dei paesi che uscivano dalle macerie della seconda guerra mondiale. Il tempo che viviamo sembra, invece, quello della loro erosione, in particolare sul fronte dei diritti civili, delle donne, delle minoranze e dei migranti. Contro il diritto d’asilo abbiamo visto formarsi all’interno dell’UE delle vere cordate di Stati con l’intento di sbarrare l’ingresso ai richiedenti che, in base ai trattati, avrebbero il diritto di entrarvi. Anche l’Italia non è immune dal rischio di retromarcia su questo terreno e ciò riguarda ovunque pure i diritti sociali, il diritto al lavoro e alla salute. Intervistata dalla brava giornalista Eleonora Camilli, la competente deputata italiana Laura Boldrini descrive la situazione internazionale attuale e sollecita ciascuno a mobilitarsi per la difesa, la conquista o la riconquista, dei diritti e delle libertà di tutti. Prima di suggerire attività pubbliche, collettive e associative solidali e coerenti parte sempre dall’analisi dei principali fenomeni globali in carne e ossa: popoli in fuga, migranti e rifugiati; populismo, nazionalismo, neofascismo; ruolo delle istituzioni e della politica; invadenza dei social e dei messaggi d’odio. Possiamo immaginare un futuro diverso, più inclusivo e sostenibile, se i giovani si faranno carico dei diritti e della loro salvaguardia. Se saranno loro a cambiare le priorità dell’agenda politica e a rafforzarle con la loro attiva partecipazione. Sono tante le ragazze e i ragazzi che si mobilitano per la libertà di Patrick Zaki e per la verità su Giulio Regeni. E questo ci fa ben sperare, conclude Boldrini.
Laura Boldrini (Macerata, 28 aprile 1961) è divenuta famosa, nota a praticamente tutte le italiane e gli italiani, quando è stata eletta presidente della Camera dei Deputati il 16 marzo 2013. Aveva avuto onorevoli impegni e rilevanti incarichi anche nei decenni precedenti. Nata e cresciuta nelle Marche, dopo la maturità classica a Jesi si è laureata in Giurisprudenza a Roma, iniziando già durante il corso di studi a viaggiare e lavorare in giro per il mondo, diventando anche giornalista pubblicista, finché nel 1989 è stata capace di vincere un concorso e ha così iniziato la carriera professionale all’Onu presso varie agenzie e programmi. Partendo dalla sua esperienza, risulta proprio utile e interessante un volume che fa il punto sui diritti che devono diventare fatti: posti di lavoro, salari adeguati, asili nido, giustizia rapida ed efficace, centri antiviolenza, protezione delle minoranze. Nelle risposte, Boldrini accenna ogni tanto alle vicende personali (di mamma girovaga, con una recente delicata malattia) ma l’attenzione prevalente riguarda questioni politiche, nazionali e internazionali: le guerre e le migrazioni forzate, gli stranieri e la necessaria riforma della legge sulla cittadinanza, le forze politiche di destra e di sinistra oltre al recente arrivo del M5S (che molto la attaccò con offese cieche e scurrili, quanto la Lega), la sottovalutazione del neofascismo, la prima candidatura da parte di Sinistra Ecologia Libertà e l’interpretazione della funzione di terza carica dello Stato italiano, il caso di Luca Morisi, la campagna di sensibilizzazione #AdessoBasta, il linguaggio di genere, la legge Zan (colpevolmente affossata), il fine vita, le politiche contro la pandemia in corso. Oltre a domande puntuali e argomentate, Camilli firma la prefazione, mentre la postfazione è affidata a Giorgia Serughetti.