Acqua davvero potabile per tutte/i
di Vito Totire (*)
Pre-requisito ovvio per una acqua potabile è che il bene sia sottratto alle regole del mercato e dunque l’acqua sia pubblica. L’esperienza lo dimostra e lo conferma non significa delegare la gestione ai sindaci e ai Consigli comunali. Peraltro se la risorsa comincia pericolosamente a scarseggiare nelle aree più ricche del pianeta una parte molto ampia della popolazione mondiale già non ha a disposizione quantità sufficienti per la sopravvivenza.
Qui a Bologna la risorsa è inquinata da diverse sostanze che prenderemo in esame dopo aver indicato l’ obiettivo irrinunciabile a cui tendere: un’acqua veramente potabile deve essere indenne da sostanze tossiche, cancerogene, mutagene e da interferenti endocrini. Proponiamo come riferimento la totale assenza di sostanze classificate dalla IARC nella classe 1 (cancerogeno accertato per l’uomo) , 2 A (probabile cancerogeno) e 2 B (possibile cancerogeno). Come già detto in altre occasioni nella black list dobbiamo aggiungere altro: tutte le sostanze tossiche o allergizzanti, gli interferenti endocrini (ftalati e Pfas).
Veniamo ai due problemi attualmente più rilevanti:
- AMIANTO. Nel 1999 risultavano “in servizio” 1650 km di tubazioni in cemento-amianto; vari tentativi delle istituzioni hanno teso ad argomentare che a Bologna si beve “poco” amianto (o “se ingerito è innocuo”); assolutamente falso; ciononostante il sistema Hera ha retto con il silenzio-assenso delle istituzioni politiche e sanitarie locali (cui è venuto in soccorso l’ISS con un documento del 2015 discusso e redatto “in casa” senza il confronto con le parti sociali); nel 2002 Hera ipotizzò che i costi della bonifica integrale sarebbero ammontati a 250 milioni di euro; una cifra irrisoria a fronte dell’abbattimento di un rischio cancerogeno ma “tutti” – sindaci , consigli comunali (con opposizioni inesistenti) hanno preferito spartirsi i profitti, ovviamente per altre “nobili” destinazioni; questa storia conferma che «la proprietà pubblica» non è sufficiente a garantire acqua salubre; mentre le istituzioni locali indulgono nella realizzazione di altre opere devastanti e inquinanti come il passante di mezzo e il rigassificatore a Marina di Ravenna, la UE nell’ottobre 2021 ha emanato una risoluzione che dice (fra l’altro): le reti acquedottistiche in cemento amianto vanno bonificate ! Per contro la regione Emilia-Romagna (ah la sindrome del “primo della classe” e/o del “qui siamo nel migliore dei mondi possibili”) ha annunciato – in un seminario del 3 marzo 2022 – che si sta cominciando a fare il censimento delle reti in amianto!
- ORGANO ALOGENATI. Appartengono sostanzialmente a due famiglie: quelli di origine industriale e quelli derivanti dai processi di clorazione; lo Stato periodicamente modifica i cosiddetti parametri di riferimento (detti anche di “accettabilità”) e che si cerca di far credere coincidano con salubrità-innocuità; al momento lo Stato italiano ha dichiarato «accettabile» un livello che non superi i 30 mcg per litro di acqua con l’avvertenza che la quota riferibile alle sostanze clorurate di origine industriale però non deve superare i 10 mcg e quindi, secondo lo Stato, l’acqua sarebbe potabile anche con 10 mcg. di trielina (livello che, fortunatamente, non si raggiunge mai al rubinetto) un cancerogeno accertato e persino “tabellato” in Lista I per esposizioni professionali (tumore del rene); ma i pozzi del Fossolo (Bologna città) sono inquinati ben sopra il livello di 10 mcg (quasi tutto tetracoroetilene); allora per utilizzare quell’acqua deve essere filtrata; la filtrazione viene attuata da numerosi decenni ma il Palazzo si è chiesto «chi paga i costi della filtrazione?». Chi ha inquinato con trielina e soprattutto con tetracloroetilene lo sappiamo però «chi inquina paga» è uno slogan agitato qualche volta e accreditato come unanimemente condiviso salvo poi amnesie collettive del ceto politico e delle istituzioni;
Le nostre proposte, a fronte degli obiettivi dichiarati, sono semplici:
- Bonifica immediata e urgente del cemento-amianto associata a indagine epidemiologica sull’impatto sanitario che molto verosimilmente esso ha determinato
- Metodi di potabilizzazione che riducano a zero (o quantomeno sotto 1 mcg) gli organoalogenati, stante l’obiettivo zero per i cancerogeni effettivi e sospetti.
A fronte del rilevante impegno propagandistico di Hera (del quale faremo una disamina in altra sede) “il re è nudo”. Non è con i giochi di prestigio che si azzera la cancerogenicità degli inquinanti. Come per l’inquinamento industriale proponiamo e auspichiamo che tutte le iniziative ambientalistiche “partoriscano” un gruppo di lavoro.
(*) Vito Totire è portavoce della «Rete europea per la ecologia sociale»