Adam Zagajewski: «Di mia madre nulla saprei dire»

  Diciannovesimo appuntamento con “la cicala del sabato” (*)

cicala-18giugno

 

Di mia madre nulla saprei dire –

come ripeteva rimpiangerai un giorno,

quando non ci sarò più, e come non credevo

né nel “più”, né nel “non ci sarò”,

come mi piaceva guardare, quando leggeva

un romanzo alla moda,

sbirciando subito l’ultimo capitolo,

come in cucina, reputando che questo non è per lei

il luogo adeguato, prepara il caffè domenicale,

oppure, ancora peggio, i filetti di merluzzo,

come attende l’arrivo degli ospiti e si guarda

allo specchio,

facendo quella faccia che la proteggeva

efficacemente dal

vedere realmente se stessa (cosa che, pare,

ho ereditato da lei, assieme ad alcune altre debolezze),

come poi disinvoltamente disserta di cose

che non erano il suo forte, e come io scioccamente

la stuzzicavo, come in quella occasione in cui si

paragonò a Beethoven facentesi sempre più sordo,

e io dissi, crudelmente, ma sai, egli

aveva talento, e come tutto mi perdonava

e come io lo ricordo, e come volavo da Houston

al suo funerale e in aereo veniva proiettato

un film comico e come piangevo di riso

e di rimpianto, e come non ero in grado di dire nulla

e continuo a non esserlo.

 

[traduzione di Marco Bruno, da «Poesia # 310»]

 

(*) Ricordo che qui regna “cicala”: libraia militante e molto altro, codesta cicala da tempo – per essere precisi: 14 anni – invia ad amiche/amici per 3 o 4 giorni alla settimana i versi che le piacciono; immaginate che gioia far tardi la sera oppure risvegliarsi al mattino trovando una poesia. Abbiamo raggiunto uno storico accordo: lei sceglie ogni settimana fra le ultime poesie che ha inviato quella da regalare alla “bottega” e io posto. Perciò ci rivediamo qui fra 7 giorni. (db)

 

Redazione
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