«Adelmo e gli altri. Confinati omosessuali nel Materano»

Una mostra itinerante (fino al 25 novembre sarà a Ragusa Ibla)

Si è voluto dare il nome di Adelmo a questa mostra perché così si chiamava il più giovane – 18 anni – dei confinati dei quali si cerca qui di ricostruire le vicende. Si sarebbe potuto altrettanto a ragione intestarla a Giuseppe, morto probabilmente suicida a 22 anni – ucciso dall’omofobia come oggi si direbbe – oppure a Catullo, confinato per la seconda volta a 51 anni; oppure a uno qualunque dei 29 protagonisti di queste vicende. Tutte hanno qualcosa che le rende uniche. Si tratta di storie, inevitabilmente parziali, ricostruite soltanto sulla scorta delle carte di polizia e degli atti giudiziari, nella consapevolezza che la vita delle persone a cui si riferiscono fu più complessa e – si spera –  serena di quanto risulta da quella documentazione. Il rischio che si corre in questi casi è duplice. Ci si può appiattire  al modo di vedere le cose proprio degli organi dello Stato fascista. Oppure, al contrario, guardare a quegli stessi fatti da una prospettiva troppo attualizzata lasciando in ombra le peculiarità dei tempi e dei luoghi in cui accaddero. Dato il carattere foto-documentario di questa mostra, si è scelto di esporsi sul versante di una visione “giudiziaria” lasciando al visitatore il compito di meglio interpretare i materiali presentati. L’alternativa, in mancanza – o in attesa – di una ricostruzione documentaria a più voci, sarebbe stata  lasciare che l’opera del tempo e l’incuria degli uomini cancellassero ogni traccia di ciò che quelle carte raccontano. Ma le vite distrutte di chi patì il confino (e delle loro famiglie) ci interpellano ancora oggi dalla condizione di paria loro assegnata rivendicando il diritto di esser parte della nostra memoria. E ad esistervi con pieno diritto, come dettato dall’articolo 3 della nostra Carta Costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge». 

E’ stato quindi per adempiere al monito di Primo Levi – «meditate che questo è stato» – che vengono presentate a Ibla-Ragusa le brevi biografie di 28 maschi confinati nella provincia di Matera e quella di una tenutaria della casa dI appuntamenti per omosessuali che subì la stessa sorte. Si trattava di persone provenienti da ogni parte d’Italia, di condizione sociale prevalentemente disagiata, mediamente trentenni, condannate per lo più a 5 anni di confino, il massimo della pena, più di quanta se ne infliggesse ai mafiosi. Con l’aggravante che, a differenza di questi, non disponendo che del sussidio statale di 5-6 lire giornaliere. Per loro fu difficile trovare un tetto e nutrirsi. Tutti i casi qui presentati riguardano inviati al “soggiorno libero” vale a dire mandati nei più piccoli e isolati paesi della zona. A fine giugno 1942 ne arrivarono una decina dalle colonie confinarie di Favignana e di Ustica trasferiti per far posto ai prigionieri di guerra.

Sono numerosi gli enti promotori dell’iniziativa (comprende una mostra e il convegno che si è svolto il 27 ottobre) «Storie di omosessualità nell’Italia fascista». La mostra è ospitata nel Consorzio Universitario Ibleo (all’ex distretto militare… e ha il sapore di un salutare sberleffo al militarismo) di Ragusa Ibla. Resterà aperta per un mese, fino al 25 novembre. Promuovono l’iniziativa (che ha il patrocinio dell’AIPH- Associazione Italiana di Public History) l’università di Catania – SDS Lingue e letterature straniere Ragusa, il Consorzio Universitario Ibleo, l’Archivio degli Iblei, Agedo Ragusa, Agedo Torino, Cliomedia Officina.
Quello ragusano è il primo allestimento della mostra itinerante, intitolata «
Adelmo e gli altri. Confinati omosessuali nel Materano», dopo l’inaugurazione di Torino dello scorso maggio. Altre tappe sono previste in varie città italiane. Curatore della mostra è il professore Cristoforo Magistro, che con pazienza e passione si è immerso nelle carte dell’Archivio di Stato di Matera ricostruendo la storia di tanti uomini, soprattutto giovani, mandati al confino in quanto omosessuali, pericolosi per l’ordine sociale e in contrasto con l’immagine del regime e con il mito dell’«uomo nuovo», l’italiano virile e combattente. La mostra torinese è stata sostenuta da Agedo Torino, l’Associazione di genitori, parenti e amici di giovani LGBT, con il contributo della Città di Torino, dell’Istoreto, dell’Aned e di numerose associazioni culturali.

L’idea di Chiara Ottaviano (Archivio degli Iblei e Cliomedia Officina) e Anna Battaglia (Agedo Ragusa) di portare la stessa mostra a Ragusa, prendendo occasione per una riflessione storica sul tema che in Sicilia ha avuto aspetti peculiari, è stata accolta dal professore Santo Burgio (presidente SDS Lingue e letterature straniere Ragusa, Università di Catania) e dall’avvocato Cesare Borrometi (presidente Consorzio Universitario Ibleo). «Avevo sempre pensato all’istituto del confino fascista come sopruso e violenza nei confronti di chi si opponeva politicamente al regime: uomini e donne, intellettuali, dirigenti o anche semplici militanti di sinistra» spiega Chiara Ottaviano. «E invece mi sono trovata di fronte alle biografie di ragazzi discriminati per il loro orientamento sessuale. Adelmo, che dà il titolo alla mostra, aveva appena 18 anni. Ho capito che occuparsi di questa vicenda non significava dimostrare interesse per la ‘storia di una minoranza’ quanto piuttosto comprendere come le discriminazioni di genere siano un’efficace lente di ingrandimento per capire più profondamente alcune strutture portanti dei regimi totalitari. Anche nell’Italia repubblicana, conquistati i diritti politici, non sono finite le discriminazioni di genere».

Per visite scolastiche contattare agedoragusa@gmail.com, 329 4924554.

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