Aeroporto di Bologna: diciamo come stanno le cose…
Occorre , urgentemente, DEMARCONIZZARE…
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Qualcuno ha scoperto, dopo numerosi decenni, che l’aeroporto di Bologna ha un impatto negativo sul territorio. Una tempestività dal tempi biblici.
Intanto dobbiamo sottolineare una “lacuna” in questa percezione molto tardiva: l’impatto viene “ridotto” a impatto acustico.
Si tratta solo di questo ?
Certamente no!
A monte di questa “rimozione” forse una altra che, non la giustifica, ma contribuisce a spiegarla (torneremo nelle conclusioni…).
Nella seconda metà degli anni ottanta del secolo scorso i “comunisti” (si fa per dire) avevano la maggioranza assoluta nelle istituzioni locali (Regione 26 consiglieri su 50): il “problema” per loro non esisteva.
Viceversa il “gruppo verde regionale” tentò di organizzare la protesta e la resistenza a sostegno della popolazione già allora martoriata e vessata dall’inquinamento.
Uno dei momenti più importanti fu la conferenza con la ecologista tedesca Gisela Stief che evidenziò il contributo catastrofico del traffico aereo all’inquinamento generale.
Gisela era meno nota di Greta e meno “corteggiata” anche se si tratta di chiacchiere (per Greta).
Il “ceto politico” locale (non certo solo coloro che, ancora per poco, si dichiaravano “comunisti”) era genuflesso al magnifico ruolo di volano della economia che l’aeroporto rappresentava.
Come (quasi) tutti sono oggi genuflessi alla P.Morris.
C’era chi invece, da posizione eretiche anche nel vischioso movimento ecologista, proponeva e rivendicava politiche che garantissero la salubrità ambientale a discapito degli interessi economici di bottega.
Vox clamans in deserto?
Purtroppo sì; per cui l’impatto sanitario, ambientale e sociale del’aeroporto è anche “colpa” nostra;per questo non siamo paghi della nota auto-lamentazionedel “LO AVEVAMO DETTO”.
Veniamo ai fatti:
– Ad un certo punto della sofferenza patita dagli cittadini intervenne un seminario che si tenne ad Ozzano con la partecipazione di esperti che avevano collaborato a piani di mitigazione dell’impatto di alcuni areoporti italiani. In quella circostanza il dipartimento di sanità pubblica ventilò l’ipotesi di avviare un’indagine epidemiologica.
Obiettammo, in quella sede, che i dati raccolti in altri territori erano già sufficientemente esaustivi al fine di indurre misure di contenimento e che non si aveva bisogno di nuove indagini (alle quali ovviamente non eravamo contrari) per valutare se certi fattori di rischio che avevano causato danni altrove potevano provocarli anche a Bologna (salvo ipotizzare particolari invulnerabilità locali, ma mediate da cosa? fattori genetici? consumo di tortellini?)
– Si arrivò comunque ad una indagine epidemiologica.
Chiedemmo più volte al DSP di riceverne copia: niente.
Trovammo il testo della indagine, che è reperibile per tutti, attraverso gli atti del congresso di epidemiologia dell’AIE tenutosi a Catania nel 2019.
I riscontri emersi, pur prevedibili, sono stati importanti anche se, a nostro avviso, c’è un errore nella interpretazione dei risultati.
– I RISCONTRI DI QUESTO STUDIO SONO STATI ESAMINATI DALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA DI BOLOGNA? Dalla mancanza di iniziative di indagine e approfondimento in sede giudiziaria (almeno a nostra conoscenza) dobbiamo dedurre di no.
– A fronte dunque di questa evidenza epidemiologica dopo 4 anni dalla pubblicizzazione dei
dati una parte del ceto politico di Bologna esce dalla suo stato di ibernazione e scopre che occorre adottare misure restrittive.
– Questa uscita, parziale, dall’ibernazione tuttavia pare aver irritato CGIL-CISL E UIL accomunati nella stessa sensibilità da UGL (un cui esponente era dato per papabile per lapresidenza nazionale dell’Inail…come dire che “staremo freschi”).
A prescindere dalle ideologie diciamo, per memoria storica, che Marx ipotizzava che il proletariato liberando se stesso avrebbe liberato anche le altre classi.
Marx non ci ha azzeccato, purtroppo.
Quantomeno i rappresentanti di una parte dei lavoratori (certamente diverse le posizionidei sindacati di base) ritengono che lo stato di ibernazione debba continuare o quantomeno che lo scongelamento sia stato troppo rapido.
Una posizione inquietante che va oltre il masochismo e supera la politica già rigettata dal movimento operaio alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, che era di rifiuto della monetizzazione della salute, con le riserve avanzate dai “confederali” (in simpatica sintonia con Ugl) sugli effetti delle limitazioni (solo ancora ventilate) ai voli cargo.
Mentre negli anni sessanta il movimento operaio rifiutava la monetizzazione della salute operaia, ora si propone una sorta di monetizzazione della salute della intera popolazione.
– Farebbero bene i “sindacati” ad occuparsi della salute dei lavoratori aeroportuali che subiscono (soprattutto se oltre a lavorare all’aeroporto, abitano pure “in zona”) un impatto certamente superiore anche a quello dei “semplici” abitanti).
INDAGINI EPIDEMIOLOGICHE SVOLTE IN DIVERSE SEDI AEROPORTUALI INDICANO CHE I
LAVORATORI SUBISCONO UN “ECCESSO” DI CASI DI TUMORE RISPETTO AI CASI “ATTESI”.
Questo pare non aver ancora meritato la dovuta attenzione.
– Alle lacune nella valutazione sistemica dell’impatto sanitario e ambientale hanno contribuito alcuni errori: la questione centrale è che varie fonti hanno teso a prendere in esame solo il rischio rumore che, di per sé è comunque un rischio altamente morbigeno.
MA L’INQUINAMENTO DEL “MARCONI” NON E’ SOLO ACUSTICO, E’ ANCHE ATMOSFERICO.
Qui a nostro avviso c’è un errore anche della indagine epidemiologica citata.
Si tratta, per la precisione, non tanto di rimozione quanto di macroscopico errore di interpretazione.
Peraltro due considerazioni:
a) in altre sedi areoportuali è stato valutato anche l’impatto sul suolo dei gas di scarico degli aerei. A Bologna non risultano studi analoghi.
b) il confronto tra il contributo complessivo all’inquinamento dato dalle varie modalità di trasporto ha evidenziato dati che sono noti a tutti (sia dal punto di vista dei gas climalteranti che di tutti gli altri inquinanti relativi ai carburanti utilizzati).
Si ipotizza, per il futuro, l’uso di fonti energetiche rinnovabili per il trasporto aereo (fotovoltaico, idrogeno verde)?
Si vedrà per il futuro, forse potremmo ragionare su diversi volumi di traffico accettabili.
MA PER ORA L’IMPERATIVO CATEGORICO E’ DEMARCONIZZARE, CON BUONA PACE DI CHI VORREBBE INSISTERE SU POLITICHE INQUINANTI E MASOCHISTICHE.
FACCIAMO APPELLO AI CITTADINI RESIDENTI, AI SINDACATI “CONSAPEVOLI” E AGLI ECOLOGISTI CHE NON SCAMBIANO COERENZA CON POLTRONE alla MASSIMA MOBILITAZIONE.
LA SALUTE NON E’ IN VENDITA ED E’ PERSINO TRISTE DOVERLO RICORDARE ANCHE IL GIORNO DOPO DELLA FESTA DELLA REPUBBLICA.
Vito Totire, RETE NAZIONALE LAVORO SICURO
Via Polese 30 40122 Bologna
Bologna, 3.6.2023
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È verissimo! si parla molto di inquinamento acustico e ben poco di quello ambientale. Molti aerei passano sopra alla mia casa e rilasciano, specie nelle giornate di calma vento, una insopportabile puzza di kerosene. Finirà come le denunce sull’amianto: non ne parla più nessuno e continuerà ad aumentare il volume del traffico aereo. Però, a parole, Merola, Lepore e relative giunte , continueranno ad opporsi per convincere quei 4 indispensabili gonzi a votare per loro!