Aforisma o semplice buon senso?

di Mauro Antonio Miglieruolo

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I comunisti non hanno da insegnare niente a nessuno, ma da imparare da tutti. Inclusi i fascisti, dai quali devono imparare a guardarsi e far sì che a loro volta le masse si guardino dai loro travestimenti.
Lo stesso vale per il dogmatismo, malattia mortale del comunismo.

Redazione
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  • Ci sono anche malattie infantili, l’estremismo, ed in qualche caso anche malattie senili.

  • Ritengo necessario ricordare due cose (e mi scuso con coloro che, ritenendosi estranei alla militanza comunista, valuteranno poco interessanti ambedue): 1) il lavoro politico inizia dall’inchiesta operaia: neanche il grande Engels ha esitato nel promuoverne una. Appunto per farsi dire dai lavoratori qual’erano gli specifici punti di partenza dell’attività politica; 2) Imparare dalle masse, imperativo chiave dei comunisti cinesi, che poi è diventato nostro, di tutti i comunisti.
    Guidare le masse sì, ma dopo aver imparato da loro le tante cose che coloro che sono fuori dalle fabbriche non possono conoscere. Lo stesso vale per gli interventi sul territorio. Sono coloro che l’abitano che sanno dei problemi che lo travagliano.
    Un’ultima cosa (rivolta principalmente ai non comunisti): non vi lasciati fuorviare. I comunisti non sono professorini pronti a impartire lezioni a tutti. Sono buoni allievi che, avendo una qualche conoscenza delle teorie Marx-engelsiane, sanno che senza fermarsi ad ascoltare umilmente ciò che le gente ha da dire, il comunismo non andrà mai da nessuna parte.
    La democrazia per un comunista non è mai predicazione, ed è invece sempre confronto, ascolto e disponibilità a lottare sul piano che gli viene di volta in volta proposto. In cambio chiede di essere a sua volta ascoltato.
    Anzi, neppure lo chiede: è quel che consegue da un lavoro di massa quale quello sopra descritto.

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