Aforismi di Oscar Wilde – 3
A cura di Mauro Antonio Miglieruolo
Siamo arrivati al terzo capitolo, spero di trovare le parole adatte per non diminuire il valore di ciò che commento. La buona volontà c’è, ignoro se anche la capacità di misurarsi con un così brillante rappresentante del primo Novecento.
Inizio contraddicendolo.
Nessun grande artista vede mai le cose come realmente sono. Se lo facesse, smetterebbe di essere un artista.
(OW)
Al contrario, solo l’artista è in grado di vedere le cose come realmente sono. Agli altri è dato vederle come la cultura le descrive, ma poiché in ogni uomo sonnecchia un artista, tutti possono vederle come lui le vede. E in effetti, utilizzando un poco di buona volontà e la saggezza che porta con sé il tempo, è quello che spesso succede.
L’artista dunque, in buona sostanza, non è altro che un battistrada, la guida indiana che permette all’umanità di orientarsi nell’immensa prateria dell’essere e del non essere.
Benché sembri un paradosso (e i paradossi sono pericolosi) è comunque vero che la vita imita l’arte di gran lunga più di quanto l’arte imiti la vita.
(OW)
Aforisma così tante volte riproposto (in molteplici salse) da ridursi a un miserabile e apparentemente vuoto automatismo da conversazione salottiera. Una banalità micidiale, del cui contenuto si è indotti a dubitare. Ma poi il pensiero va alla fantascienza e all’influenza che la fantascienza ha avuto sulla cultura del Novecento e l’aforisma recupero senso e capacità euristica.
Che cosa è la realtà se non il costruito umano sul costruito oggettivo materiale? Sul vanvogtiano spazio senza fine e senza principio? La realtà è forte ed è ostinatamente presente, sempre tra i piedi, altrettanto che l’oggettività. Ma la realtà, vita dell’uomo, molto deve all’arte che incessantemente la concepisce e la trasforma.
Gli unici artisti personalmente deliziosi che abbia conosciuto, sono cattivi o pessimi artisti. Quelli bravi invece, in quanto esistono solo in funzione di ciò che fanno, sono completamente privi di interesse.
Affermazione non ben meditata. Dante, come uomo, era privo di interesse? Forse sì, ma non certo Bach, il più banale e affascinante degli artisti. Le spigolature sulla sua borghesissima esistenza, non stancano mai di affascinare. E Mozart? Mozart uomo, anche lui privo di interesse?
Non so, ritengo sia necessario qui un supplemento di indagine.
La natura è sempre arretrata. Ha bisogno di un grande artista per essere completamente moderna.
(OW)
Ho sorriso. E questo è il massimo che sono disposto a concedere; e anche il più che, di solito, un aforisma può ottenere. Un risultato questo calcolato, costruito mediante un eccesso di leggerezza che non nasconde la mediocrità della riflessione. Forse Wilde neppure voleva, come solitamente non vuole.
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Tappe salienti della vita di Oscar Wilde.
1874: vince una borsa di studio per il Magdalene College di Oxford
1875: viaggio in Italia, con il Reverendo John Pentland Mahaffay, suo tutor al Trinity College (1871-1874)
1876: muore il padre Sir William Wilde. Escono sue poesie sul “Dublin University Magazine” e sulla “Month and Catholic Review”
1877: viaggio in Grecia, sempre con il Reverendo Mahaffay. Allunga il viaggio di ritorno per passare da Roma e da Ravenna, il che gli costa, a causa del ritardo accumulato, la sospensione dall’Università
1878: vince con il poemetto “Ravenna” il premio di poesia “Newdigate”, nel passato conferito a Ruskin e Arnold.
(continua)