Africa Centrale e Congo: l’instabilità politica persiste

di Donata Frigerio (*)

L’area dell’Africa centrale è infuocata in questo periodo: ribellioni, colpi di Stato, massacri. Le notizie arrivano soprattutto da Sud Sudan e Repubblica Centrafricana… mentre di nuovo in Congo-Rd (cioè repubblica democratica) sembra cominciare un difficile processo di pacificazione: il processo di stabilizzazione del Paese è in corso ma si prevede un lungo cammino per uscire da una guerra durata 20 anni.

Il 30 dicembre scorso a Kinshasa, la capitale, un gruppo di seguaci del pastore evangelico Mukungubila, ha attaccato la sede della televisione nazionale congolese, l’aeroporto internazionale e il quartier generale dello Stato Maggiore dell’esercito. In contemporanea, altri seguaci hanno attaccato l’aeroporto a Kindu (nella regione dell’Est del Maniema) e sparato intorno alla residenza del loro capo a Lubumbashi (nella regione del Katanga). La notizia è rimbalzata sui media italiani solo perché alcune famiglie italiane si trovavano a Kinshasa in attesa di poter ripartire con i figli adottati, ma non è stata, come molto spesso accade, approfondita; interessava solo constatare l’incolumità dei connazionali.

Perché questa serie di attacchi armati? Mukungubila denuncia i tentativi di balcanizzazione della Rd-Congo e il saccheggio delle risorse naturali del Paese da parte dei Paesi vicini. Accusa il governo di aver ceduto alle pressioni del Ruanda quando, lo scorso mese di dicembre, ha firmato un accordo di pace con l’ex movimento armato M23, che era attivo nell’est del Paese. Gli osservatori della politica congolese pensano che, da come si sono svolti gli eventi, Mukungubila sia l’esecutore materiale di un piano ben studiato dai veri mandanti. Due giorni prima degli attacchi, il presidente Jhoseph Kabila aveva sostituito, a capo della polizia nazionale, un generale katanghese (John Numbi) con un altro dal nome ruandofono: il generale rimosso era stato fortemente sospettato di essere implicato nell’assassinio, nel 2010, di Floribert Chebeya, un attivista dei diritti umani, e del suo autista, Fidel Bazana. Da allora Numbi, l’ex capo della polizia, si è auto-recluso nei pressi di Lubumbashi ed è sospettato dagli esperti delle Nazioni Unite di teleguidare i Bakata Katanga, un gruppo armato separatista, fornendo loro armi, con lo scopo di aumentare la loro influenza sul potere. La nomina del nuovo capo della polizia non è piaciuta nemmeno al generale congolese Amisi, detto “Tango Four”, implicato nel commercio illegale di minerali, ritenuto responsabile di ostacolare le operazioni militari contro M23 di cui era complice, accusato di alto tradimento, sospeso dalle sue funzioni di capo di Stato Maggiore delle Forze Terrestri. Dietro Mukungubila si nasconderebbero dunque John Numbi e Amisi Tango Four, frustrati perché si vedrebbero definitivamente privati dei loro rispettivi posti di comando.

Uganda e Ruanda inoltre nutrono mire espansionistiche sull’est della RD-Congo, in particolare sul ricchissimo Kivu; di fronte alla costante e coraggiosa resistenza della popolazione, potrebbero cercare nei “katanghesi”, nuovi alleati per destabilizzare lo Stato e balcanizzare il Congo, con l’ appoggio delle potenze occidentali e delle multinazionali, interessate a continuare il saccheggio delle immense ricchezze minerarie della regione.

Vedi anche «Congo Attualità» 209: http://paceperilcongo.it   

(*) Ho chiesto a Donata Frigerio di “riscrivere” – ogni mese – l’editoriale di «Congo attualità» per il blog: non perché questo bollettino sia poco informato (anzi) ma perché si rivolge (inevitabilmente?) a chi già si muove in solidarietà con il Congo e dunque ha un quadro di riferimento abbastanza preciso; proprio quello che invece manca a chi legge codesto blog e ancor più a italiane/i da sempre vittime della disinformazione dei grandi (supposti) media e che dunque faticano a decifrare le pochissime (confuse e spesso volutamente omissive) notizie che ogni tanto bucano il muro del silenzio. Sabato scorso il quotidiano «il manifesto» ha pubblicato una lettera «ai media» di Alex Zanotelli proprio per chiedere ai giornalisti italiani di mettere «qualche sassolino nell’ingranaggio dell’informazione» e dare «qualche notizia in più sui drammi dei più poveri, soprattutto del Sud del mondo», dunque in particolare dell’ «Africa dimenticata» (come titolava «il manifesto» che in questo è certamente uno dei meno colpevoli… se non del tutto innocente). Ricordando quel che accade in Sud Sudan, Repubblica Centroafricana, in tutta la zona del Sahel, Zanotelli scrive: «siamo di fronte a immensi drammi umani, a massacri di popolazioni inermi, a milioni di rifugiati che ora premono alle porte dell’Europa. E tutto questo in un incredibile silenzio stampa». La lettera conclude: «caro collega, non ti chiedo l’eroismo ma solo un po’ più di coraggio e di passione». Temo che il bell’appello di Zanotelli andrà deluso non tanto per la scarsità di coraggio (che pure spesso c’è) nei giornalisti ma perché nella «fabbrica di notizie» dei media non si può dire la verità sull’Africa, sui poveri e sugli impoveriti…. altrimenti bisognerebbe anche raccontare chi vive del loro sangue, cioè del saccheggio delle risorse del Terzo Mondo, proprio quelli che purtroppo controllano i grandi media. Possiamo però e dobbiamo impegnarci – anche nei piccoli blog come questo – a raccontare le molte Afriche, primo passo per cambiare la politica dell’Italia e dell’Europa (a esempio potete leggere in blog Fermiamo gli Epa… tema tabù per i media italiani). Qui si è spesso parlato di Congo però… mai abbastanza e dunque invito chiunque possa far circolare notizie e analisi a prendersi spazio dentro il blog. Fermo restando che, grazie a Donata, ci sarà questo appuntamento mensile. (db)

 

 

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