Agricoltura malata
La campagna «#IChoose GMOFree». A seguire articoli di Alessio Lerda, Antonello Mangano, Marta Albè, Sabrina Del Fico e un documento del Consiglio nazionale dei vescovi del Brasile.
#IChoose GMOFree
“Transform! Italia” è parte del Coordinamento Italia libera da OGM – CILO – composto da 29 associazioni contadine, ambientaliste e della società civile. E si unisce alla campagna #IChooseGMOFree, insieme a un’ampia coalizione di organizzazioni europee, e lancia una petizione in cui esorta l’UE a mantenere rigorosamente regolamentati ed etichettati gli alimenti geneticamente modificati.
Abbiamo il diritto di decidere cosa mangiamo e coltiviamo nei nostri campi, per questo chiediamo ai cittadini dell’UE di firmare la petizione, rivolta ai decisori nazionali e ai membri del Parlamento europeo, chiedendo loro di prendere posizione contro la deregolamentazione nuovi OGM in Europa.
I responsabili politici nazionali e gli eurodeputati sono stati rispettivamente nominati ed eletti per rappresentare i nostri migliori interessi ed hanno il potere di fermare il piano della Commissione europea https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_21_1985 che mira ad allentare le regole per i nuovi OGM che presentano rischi per la nostra salute, l’ambiente e la nostra sovranità alimentare. Ricordiamo loro che vogliamo mantenere la nostra libertà di scegliere o meno alimenti OGM!
Il governo italiano è favorevole a questa follia: FERMIAMOLO!
Chiediamo che i nuovi OGM siano sottoposti alle stesse regole di quelli “vecchi”, cioè tracciabilità ed etichettatura, procedure che fino ad oggi hanno impedito l’arrivo degli OGM sulle nostre tavole e nei nostri campi.
E chiediamo che l’Italia si schieri contro la loro coltivazione, difendendo il Made in Italy e la scelta di restare un paese libero da OGM!
Firma la petizione anche dalla nostra pagina, seguendo le indicazioni che troverai in home a breve.
COSA STA ACCADENDO
Le grandi aziende chimiche e sementiere vogliono spingere sul mercato nuovi organismi geneticamente modificati, forzando l’ingresso di prodotti geneticamente modificati sui nostri campi e piatti a nostra insaputa.
Queste aziende hanno fatto pressioni per anni sulla Commissione Europea per escludere i nuovi OGM dal regolamento europeo sugli OGM, facendo affermazioni infondate sui presunti benefici per la sostenibilità, la riduzione dei pesticidi e il clima ma, poiché detengono anche brevetti sui semi ingegnerizzati con queste tecniche, la loro vera motivazione rimane quella di aumentare i loro profitti.
Ora la Commissione europea prevede di escludere i nuovi OGM, che chiamano nuove tecniche genomiche (NGT), dai processi di approvazione della legislazione UE esistente sugli OGM. Secondo le norme attuali, vecchi e nuovi OGM sono soggetti all’autorizzazione dell’UE, che garantisce la valutazione dei rischi per la salute umana e l’ambiente, la trasparenza per i produttori e gli agricoltori e l’etichettatura chiara per i consumatori. L’esclusione di nuovi OGM impedirebbe agli agricoltori, ai produttori alimentari, ai rivenditori e ai cittadini di optare per scelte prive di OGM. Abbiamo il diritto di decidere cosa mangiamo e coltiviamo nei nostri campi!
Se passerà la proposta europea, nel 2023 i prodotti creati con queste tecniche di manipolazione genetica verranno esclusi dalle regole oggi in vigore per gli OGM: significa che non saranno etichettati come OGM, non saranno tracciati in alcun modo e arriveranno nei nostri piatti privandoci della libertà di scelta. Gli agricoltori vedranno potenzialmente contaminate le loro produzioni perché gli agenti atmosferici potranno diffondere i nuovi OGM anche su terreni di produttori che non vogliono coltivarli. Con un rischio enorme per la loro sostenibilità economica, perché i consumatori non si fideranno più di loro.
Occorre condurre ulteriori ricerche sui rischi ambientali, di biodiversità e per la salute dei nuovi OGM, sul loro impatto socioeconomico per gli agricoltori e il sistema alimentare e sullo sviluppo di metodi di individuazione. Finora solo l’1,8 % dei fondi europei per la ricerca sulla biotecnologia viene effettivamente speso per identificare e sviluppare metodi di sperimentazione per nuovi OGM e per esaminare i potenziali rischi causati dai nuovi OGM. Il denaro dei contribuenti viene utilizzato per sviluppare nuovi OGM, controllati da una manciata di società, ma non per controllare ed evitare potenziali rischi per la natura e gli esseri umani.
I governi, e i responsabili delle decisioni dell’UE, devono promuovere e sostenere soluzioni comprovate per un’agricoltura sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici e proteggere la libertà degli allevatori di operare senza essere limitati dalla portata di vasta portata dei brevetti sulle sementi prodotte con nuovi OGM.
I “VECCHI” OGM
Le multinazionali hanno presentato i primi OGM come il cibo che avrebbe nutrito il mondo e ridotto l’uso di sostanze chimiche tossiche. In realtà, ovunque siano stati utilizzati, gli OGM hanno peggiorato le cose. La maggior parte degli OGM in uso oggi sono ingegnerizzati in uno dei due tipi di piante: un tipo che rimane in vita dopo essere stato spruzzato con diserbanti, come l’erbicida glifosato; l’altro tipo che produce sostanze chimiche tossiche per gli insetti. Alcuni OGM hanno entrambe queste caratteristiche.
Soia, mais, colza e cotone sono le colture più comunemente soggette a questi cambiamenti genetici. Lungi dal ridurre l’applicazione di sostanze chimiche tossiche, l’uso di OGM ne ha effettivamente aumentato l’uso. In Europa, gli OGM sono stati finora in gran parte respinti sia dal pubblico che dai decisori, con una varietà di mais GM attualmente l’unico OGM coltivato commercialmente in alcuni paesi. Diciannove paesi dell’UE hanno esplicitamente deciso di non coltivare quel mais geneticamente modificato. Tuttavia, un esercito di lobbisti aziendali ha lavorato a tempo pieno allo smantellamento dei regolamenti OGM dell’UE per molti anni.
I “NUOVI” OGM
La Commissione le chiama “nuove tecniche genomiche” (NGT), ma le NGT non sono fondamentalmente diverse dai processi di modificazione genetica – o come i loro sostenitori ora preferiscono chiamarlo, “editing genetico” dei vecchi OGM.
I processi sono rimasti sostanzialmente gli stessi negli ultimi trent’anni. Ciò che è cambiato è che la modificazione genetica sta ora utilizzando una serie di nuove tecniche che hanno ridotto il costo del processo in base al quale il materiale genetico viene trasferito all’interno della stessa specie o di specie strettamente correlate. La più famosa di queste tecniche, che ha fatto guadagnare ai suoi pionieri un premio Nobel e milioni di euro in diritti di brevetto, è conosciuta come CRISPR / Cas9.
L’industria biotecnologica ha inventato una varietà di termini alternativi agli OGM, come “nuove tecniche di allevamento” o “allevamento di precisione”, per seminare confusione mentre, decine di lobbisti finanziati dalle imprese, stanno tentando di influenzare i responsabili politici dell’UE sostenendo che i nuovi OGM aiuteranno l’umanità ad adattarsi ai cambiamenti climatici e a riparare i sistemi alimentari “rotti”.
Eppure già i “nuovi” impianti GM che le multinazionali hanno in cantiere sono progettati per essere tolleranti agli erbicidi su cui le stesse società hanno il monopolio. La loro coltivazione aumenterebbe necessariamente la presenza di residui di pesticidi nel suolo e nell’acqua, così come nel nostro cibo.
Inoltre le nuove tecniche sono tutt’altro che precise, in quanto generano una serie di effetti “fuori bersaglio” su altre parti del genoma rispetto a quelle che vengono prese di mira, con rischi ancora sconosciuti per la salute degli organismi ingegnerizzati e per coloro, compresi gli esseri umani, che potrebbero consumarli.
Che anche le nuove biotecnologie di editing del genoma, affermatesi negli ultimi dieci anni, producano a tutti gli effetti degli OGM, è sancito da una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 25 luglio 2018.
Questa sentenza oggi rischia di essere messa in discussione e aggirata riscrivendo le norme che regolano il settore ed esentando le nuove biotecnologie dal perimetro della legge europea.
Ciò aumenterebbe i rischi di contaminazione irreversibile delle colture convenzionali e biologiche da parte dei nuovi OGM, con la ovvia conseguenza di compromettere tutti i vantaggi derivanti dall’aver perseguito una politica che ha tenuto il nostro paese libero da OGM.
Riassumendo quindi questi sono i rischi della produzione di nuovi OGM.
- Sono legati all’uso di sostanze chimiche tossiche che colpiscono la salute umana, animale e ambientale
- Implicano un’ulteriore intensificazione della monocoltura e dell’agricoltura industriale
- Minacciano la sovranità alimentare degli agricoltori e dei pescatori
- Ci sono rischi sconosciuti da effetti “off-target” non intenzionali di tecniche di ingegneria genetica.
- Minacciano la biodiversità
- Minacciano la sicurezza alimentare
- Alimentano la monopolizzazione e la concentrazione del mercato delle sementi già esistenti
- Minacciano le varietà di semi tradizionali e il patrimonio culturale delle comunità locali
- Non ci sono abbastanza informazioni su una potenziale diffusione incontrollata di tratti ingegnerizzati agli ecosistemi agroecologici e ad altri ecosistemi privi di OGM
- Gli organismi gene drive potrebbero spazzare via intere specie e potenzialmente spazzare via interi gruppi di specie con funzioni chiave in un ecosistema, come l’impollinazione.
https://transform-italia.it/ichoosegmofree/
Le donne invisibili dell’agricoltura – Alessio Lerda
Un rapporto di ActionAid mostra le difficoltà del lavoro agricolo femminile nell’Arco Ionico
«Lavorare in modo che abbia sempre più spazio la cultura dell’agricoltura delle relazioni, quella cioè che non guarda solo alla produzione ma anche a sistemi sociali più sostenibili per l’intera filiera». È questo l’obiettivo di Cambia Terra, progetto di ActionAid Italia che è attivo nell’Arco Ionico dal 2016 ed è orientato, in particolare, a cogliere le difficoltà delle lavoratrici del settore agricolo.
A descriverlo in questo modo è Grazia Moschetti, la responsabile programma intervistata all’interno della trasmissione Cominciamo Bene, su RBE, in occasione della pubblicazione di Donne Invisibili (*) un rapporto che mostra le pesanti problematiche alle quali vanno, spesso, incontro le donne impegnate nel lavoro agricolo della zona.
Facciamo un passo indietro, rispetto al rapporto. Che cos’è Cambia Terra?
«Noi abbiamo iniziato a lavorare in un comune della Puglia, Adelfia, e abbiamo ascoltato le lavoratrici agricole, per capire quali fossero le loro condizioni del lavoro. Assieme ad una psicologa le abbiamo ascoltate, in uno spazio protetto. In base ai bisogni che sono emersi le abbiamo messe in rete con le istituzioni, le associazioni e le imprese agricole del territorio, per studiare soluzioni di welfare di comunità. È stato così creato un servizio di cura per bambine e bambini che nel mese di agosto non trovano servizi pubblici aperti, anche se agosto è il mese di punta del raccolto (qui si coltiva prevalentemente uva). Grazie a questa sperimentazione, il comune di Adelfia ha ancora adesso l’asilo nido comunale che alle 4 del mattino apre in pre-accoglienza, per i bambini e bambine delle lavoratrici agricole. Diversamente, erano affidati in maniera informale a giovani ragazze per un piccolo compenso, senza quelle condizioni di sicurezza necessarie».
Un punto importante di questo progetto e del rapporto Donne Invisibili è proprio quello di portare in superficie il lavoro agricolo femminile, visto che spesso diamo per scontato che a lavorare nei campi siano gli uomini
«Dalla morte di Paola Clemente [la donna 49enne che morì per un colpo di calore nel 2015, nei pressi di Andria, NDA] si è molto parlato di ghetti. Le cronache giudiziarie avevano riportato delle violazioni di diritti gravissime, fino alla riduzione in schiavitù, di giovani provenienti da paesi terzi. In realtà, questa è un’area caratterizzata storicamente dal lavoro agricolo femminile. Stiamo parlando dell’Arco Ionico, che dalla provincia di Taranto attraversa la Basilicata e si estende fino alla provincia di Cosenza. Secondo i dati Istat, all’incirca 230mila donne sono occupate in agricoltura, e la metà di loro risiede nel mezzogiorno. (Sono dati incompleti: secondo il ministero del lavoro l’irregolarità purtroppo interessa 160mila lavoratori e lavoratrici). Le aziende dell’Arco Ionico contano 6mila lavoratrici. Questi dati riflettono solo una parte del fenomeno: molte sono donne comunitarie, provengono da Romania e Bulgaria, perciò non hanno necessità di documenti per potersi spostare. La mobilità interna all’areale ionico è altissima e a questa mobilità purtroppo non corrispondono servizi adeguati: alloggi, trasporti, welfare. Questo rende le donne ancora più vulnerabili in quanto donne, o in quanto proveniente da paesi dell’est europa, o rispetto all’età, o perché sono discriminate per il lavoro che svolgono. Perché, purtroppo, il lavoro agricolo non è rappresentato positivamente nel dibattito pubblico, né le donne sono adeguatamente prese in considerazione dalla politica pubblica. Quindi le molestie e gli abusi che subiscono nei campi trovano le loro cause non necessariamente all’interno dei luoghi di lavoro, ma all’interno del sistema ben rodato che organizza i flussi di manodopera, da una coltura all’altra o da un’azienda all’altra, che fornisce loro il welfare parallelo. Dove lo stato non c’è, interviene l’intermediazione illecita, ed è qui che abbiamo rilevato gravissime forme di sfruttamento in particolare verso le donne in quanto tali».
Nel rapporto si legge proprio dei tanti abusi e anche ricatti sessuali che ricevono molte di queste lavoratrici. Al centro, c’è il caporalato?
«È un sistema di illegalità che fa danno come prima cosa alle tante aziende che lavorano nella legalità e tengono ai diritti delle loro lavoratrici. Accade che le donne hanno un contratto regolare, presso un datore di lavoro che ne rispetta i diritti, e poi magari vengono intercettate dall’intermediario illecito per proseguire la loro giornata di lavoro presso campi e magazzini che le regole non le rispettano. In merito alle retribuzioni, [queste] già variano tra donne e uomini, ma poi accade anche che alle donne non venga retribuita la giornata, e che questa venga retribuita a persone che in campo non hanno mai messo piede. Questo è uno schema molto ben organizzato, che fa danno a tutta la filiera. Noi interveniamo perché le filiere agricole siano sostenibili, non solo dal punto di vista economico ma anche sociale».
Infatti ActionAid non si limita soltanto al prezioso lavoro di monitoraggio, ma anche ad interventi sul territorio. Quali sono i progetti in corso al momento all’interno di Cambia Terra?
«L’intero Arco Ionico è una porzione di territorio estremamente vivace dal punto di vista della società civile, della cultura aziendale orientata ai diritti. Cambia Terra introduce delle azioni di programmazione condivisa del welfare e dell’orientamento lavorativo tra le lavoratrici, le istituzioni, le aziende agricole e la società civile. Ed è uno strumento complementare, non sostitutivo delle politiche pubbliche, che devono continuare ad agire per creare quelle condizioni utili per far affermare e crescere le buone pratiche. Abbiamo avviato 4 servizi di welfare di comunità, in cui collaborano tutte le istituzioni, le imprese, le associazioni datoriali e i sindacati, per orientare le donne sia ai servizi pubblici sia al lavoro regolare. Le imprese portano azioni di sensibilizzazione all’interno delle aziende agricole stesse».
(*) cfr Donne braccianti, invisibili e sfruttate
da riforma.it
La guerra dei semi tra Bruxelles e Ragusa – Antonello Mangano
Seconda condanna in Italia per trapianto di semi. Ancora una volta punita un’azienda del ragusano che ha violato i brevetti del pomodoro. Soddisfazione presso la lobby di Bruxelles delle multinazionali del seme, diretta da un pensionato dei servizi segreti
Alcuni rametti germogliati del pomodoro possono formare radici e dare vita a una nuova pianta. Senza usare semi. Questa procedura si chiama talea e può costare otto mesi di carcere.
È quanto accaduto ai legali rappresentati della “Sicil Vivai”, un’azienda vivaistica della provincia di Ragusa. Il 28 gennaio 2022 il Tribunale del capoluogo ha emesso una dura condanna in primo grado: otto mesi di detenzione, ventimila euro di multa, centomila di danni.
Si tratta della seconda sentenza di questo tipo in Italia. Nella stessa zona, nel novembre 2019, un agricoltore era stato condannato per aver ripiantato semi brevettati da una multinazionale svizzera.
Le due sentenze arrivano dopo una crociata decennale delle lobby con sede a Bruxelles. L’obiettivo è farsi pagare ogni volta che qualcuno ripianta un seme coperto da copyright. In base al principio: “Un seme, una pianta”.
Anche questo processo è iniziato con una denuncia presentata dall’AIB (Anti-Infringement Bureau for Intellectual Property Rights in Plant Material), un’associazione internazionale di diritto belga il cui obiettivo è combattere l’attività illegale nel settore delle sementi. AIB raggruppa i maggiori produttori di sementi al mondo e alcuni giganti della chimica. Tra i membri ci sono aziende come Basf e Bayer.
Come funziona l’indagine? AIB, nei suoi uffici di Bruxelles, ha ricevuto una segnalazione, girata alle autorità del territorio. La Procura della Repubblica di Ragusa predisponeva l’analisi del DNA sulle piante sospette. La Guardia di Finanza è entrata nelle serre. Le piantine risultavano protette da copyright e non esisteva una corrispondente fattura di acquisto dei semi. È quindi scattato il processo, con l’accusa di “fabbricazione e il commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale”…
Un anno di carcere per aver piantato pomodori. La guerra dei semi tra Bruxelles e Ragusa – Antonello Mangano
Un agricoltore siciliano è stato condannato per aver ripiantato semi brevettati da una multinazionale svizzera. Con una sentenza senza precedenti arriva il primo provvisorio risultato di una crociata decennale delle lobby europee. L’obiettivo è farsi pagare ogni volta che qualcuno ripianta un seme coperto da copyright
Piantare un pomodoro può essere reato. Il 20 novembre 2019 il Tribunale di Ragusa ha scritto una sentenza unica nel suo genere. Un produttore del ragusano avrebbe piantato pomodori protetti da copyright di Syngenta. È stato condannato a un anno di carcere e 15 mila euro di multa per “fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale”.
In attesa dell’appello, l’imputato dovrebbe risarcire 70mila euro. La quota è da dividere appunto tra la multinazionale svizzera e AIB, Anti-Infringement Bureau for Intellectual Property Rights on Plant Material. Si tratta di un’associazione che raggruppa i maggiori produttori di sementi al mondo e alcuni giganti della chimica. Tra i membri, ci sono aziende come Basf e Bayer.
La sede si trova nei palazzi di vetro e cemento di Rue du Luxembourg, a Bruxelles. Un luogo molto distante dalle serre bruciate dal sole del ragusano. La condanna in primo grado riguarda un uomo di 72 anni, titolare di un’impresa che controlla numerose serre del vittoriese. Un piccolo impero non privo di contraddizioni ma che reclama ad alta voce la sua innocenza.
La denuncia è invece partita dalla capitale belga, in particolare dall’amministratore delegato di Aib, Casper Van Kempen. Si tratta di un manager olandese con una lunga carriera alle spalle. Dopo gli inizi con la vendita all’ingrosso di farmaci in Burkina Faso, dal 2006 si dedica a combattere la “pirateria” dei semi.
Aib nasce nel 2010 e da allora promuove leggi sul brevetto dei semi e la loro applicazione, soprattutto in sede penale. Finora i risultati appaiono scadenti e hanno provocato reazioni impaurite contro “l’Europa che vuole impedirci di coltivare gli orti”. Il punto di vista della lobby di Bruxelles è specularmente opposto. La pirateria significa “evasione fiscale e concorrenza sleale”. Secondo alcune stime presentate in un congresso, in Italia la “propagazione vegetale” illegale riguarda il 20% delle piante. Nel caso del pomodoro ciliegio, arriverebbe al 40%. Ovviamente la Sicilia è la zona più interessata. Ma anche la Lombardia, con le coltivazioni di lattuga, è considerata un’area a rischio…
Ogm: i semi killer della Monsanto dietro l’ondata di suicidi di contadini in India
In India ogni trenta minuti un contadino si suicida. Ad essere incriminata è la multinazionale , la fornitrice di prodotti chimici, che persuade gli agricoltori indiani a comprare sementi da organismi geneticamente modificati (OGM) per espandere ulteriormente queste colture in tutto il mondo. La stima è impressionante come il fatto che nel giro di 16 anni, più di un quarto di milione di contadini si è tolto la vita per la disperazione di non poter sostenere le proprie famiglie, riferisce il Centro per i diritti umani e la giustizia globale (CHRGJ). E una delle possibili cause di questi alti tassi di suicidio è proprio l’arrivo delle colture geneticamente modificate in India, avverte l’attivista Jeffrey Smith in un’intervista a RT.
Secondo l’attivista, gli agricoltori indiani si suicidano a causa del fallimento delle colture geneticamente modificate. Una ricerca indipendente conferma che “circa l’85% delle famiglie degli agricoltori in cui si è avuto il suicidio è collegato direttamente al fallimento del cotone Bt e approssimativamente un altro 10% si lega indirettamente al fallimento dello stesso”, spiega Smith.
Il cotone geneticamente modificato causa una serie di problemi: non germoglia, ha una performance peggiore, stimola la putrefazione della radice, la deformazione delle foglie o l’infestazione da cocciniglie. La qualità del cotone inoltre può essere minore o può richiedere più lavoro per raccogliere le piante. Gli agricoltori si lamentano anche del prurito e di eruzioni cutanee quando toccano il cotone e, a volte, quando il bestiame pascola sulle piante di cotone dopo la raccolta si registrano morti tra bufali, capre e pecore.
Smith ha anche rivelato la strategia con la quale la Monsanto spinge gli agricoltori indiani a comprare i suoi semi OGM: realizzare le prove sul campo in condizioni ideali, con irrigazione. Senza di queste, i semi non sono così buoni. Inoltre, la società ha gonfiato le statistiche per dimostrare che questi semi sono garanzia di prosperità, racconta l’attivista.
Smith scorge l’obiettivo della società che è quello di usare l’India, che ha una delle più grandi concentrazioni di contadini in tutto il mondo, perché sia una fonte di reddito per i suoi semi, utilizzandola così per introdurre molte altre varietà di colture geneticamente modificate che potrebbero, a partire da quel momento, diffondersi in tutto il mondo. ”
“Vogliono contaminare il mondo con colture geneticamente modificate in modo che nessuno possa competere con i prodotti non modificati geneticamente puri”, ha concluso.
Esperimenti illegali sugli OGM: Syngenta condannata per l’omicidio del contadino brasiliano Valmir de Oliveira – Marta Albè
Syngenta, multinazionale produttrice di Ogm e pesticidi con sede in Svizzera, è stata dichiarata legalmente responsabile per l’omicidio di Valmir de Oliveira, contadino brasiliano conosciuto come Keno, e per il tentato omicidio di Isabel de Souza Nascimento.
Syngenta, multinazionale produttrice di Ogm e pesticidi con sede in Svizzera, è stata dichiarata legalmente responsabile per l’omicidio di Valmir de Oliveira, contadino brasiliano conosciuto come Keno, e per il tentato omicidio di Isabel de Souza Nascimento.
Entrambi erano membri di Via Campesina e sono stati vittime degli attacchi da parte di guardie armate avvenuti per volere della multinazionale nel 2007. Lo ha stabilito il giudice Pedro Ivo Moreiro presso il primo Tribunale Civile di Cascavel County.
La multinazionale dovrà risarcire i parenti di Keno e di Isabel per i danni morali e materiali che ha provocato. La causa era stata presentata nel 2010, con il tentativo di ottenere risposte da parte dello Stato per quanto riguarda la responsabilità di Syngenta nell’attacco avvenuto da parte di guardie armate private presso Santa Tereza do Oeste nel 2007.
I contadini di Via Campesina avevano protestato contro gli esperimenti illegali sugli Ogm condotti da Syngenta. Isabel Nascimento dos Santos, sopravvissuta al tentato omicidio, si è dichiarata felice per la decisione del giudice, ben al di là del rimborso finanziario.
Durante l’attacco organizzato da Syngenta nel 2007, Isabel fu gravemente ferita. Finalmente, a suo parere, la giustizia ha riconosciuto la colpevolezza di Syngenta nell’accaduto. Che sia stata dichiarata la responsabilità di Syngenta è davvero un’eccezione alla regola, dato che le multinazionali degli Ogm sembrano non seguire regole per le loro sperimentazioni, ma nemmeno nel rispetto dei diritti umani.
La vicenda risale al 21 ottobre 2007, quando un gruppo armato formato da circa 40 uomini provenienti dalla società di sicurezza privata NF attaccò il campo in cui Syngenta stava sperimentando coltivazioni transgeniche nella località di Santa Tereza do Oreste. Il campo era stato occupato da circa 150 membri di Via Campesina.
I contadini avevano denunciato ciò che Syngenta stava compiendo. Stava cioè conducendo esperimenti illegali con il mais Ogm in una zona cuscinetto del Parco Nazionale di Iguaçu, una pratica vietata dalla legge sulla Biosicurezza. Le coltivazioni transgeniche e l’uso di pesticidi stavano impedendo ai contadini e alle popolazioni native di coltivare il proprio cibo secondo la tradizione. I contadini avevano deciso di lottare per i propri diritti e contro la privatizzazione delle sementi.
Syngenta detiene il 19% del mercato agrochimico ed è la terza società con il più alto profitto nella commercializzazione di sementi nel mondo. L’uso della violenza per attaccare i contadini è imperdonabile. Finalmente la multinazionale pagherà per ciò che ha fatto, o almeno ce lo auguriamo, anche se qualsiasi rimborso in denaro non servirà a riportare in vita il contadino ucciso.
Nella zona in cui avvenne l’attacco, è ora attivo il Centro di Ricerca in Agroecologia nato in onore di Keno. Le prove contro Syngenta sono considerate schiaccianti, ma purtroppo la multinazionale potrebbe presentare un appello contro la decisione del giudice. La speranza è che la difesa dei diritti umani possa avere la meglio.
https://www.greenme.it/ambiente/agricoltura/esperimenti-illegali-ogm-syngenta-omicidio-contadino/
I vescovi brasiliani contro semi OGM e acqua privata
Il Consiglio Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB) discute ed approva un documento importante sulla questione agraria brasiliana
Dal 30 aprile al 9 maggio, 2014, tutti i vescovi della Chiesa cattolica brasiliana si sono riuniti nella città di Aparecida, Sao Paulo, per la loro Assemblea annuale, e hanno analizzato ed approvato un documento importante sulla questione agraria brasiliana.
Il documento è il risultato dell’elaborazione degli ultimi cinque anni, e fa un’analisi della realtà attuale, riflettendo sulle sfide e proponendo alternative ai temi trattati, partendo dalla dottrina sociale della Chiesa.
Il documento, approvato all’unanimità, è di 44 pagine e sarà presto a disposizione del pubblico.
In esso è presente una forte condanna da parte dei vescovi brasiliani dell’uso dei semi transgenici, del controllo oligopolistico che i grandi gruppi economici stanno facendo degli alimenti, trasformandoli in meri oggetti di massimo profitto. E’ presente anche una condanna del governo, per il fatto di non limitare la proprietà privata delle risorse idriche del paese.
Di seguito alcuni estratti del documento su questi aspetti.
ESTRATTI DAL DOCUMENTO DELLA CHIESA SULLA QUESTIONE AGRARI BRASILIANA ALL’INIZIO DEL SECOLO XXI.
178. Che il potere pubblico garantisca incentivi economici a chi preserva la natura, in particolare la foresta amazzonica e il Cerrado. La lotta dei piccoli agricoltori per la conservazione ambientale dovrebbe essere riconosciuta e ricompensata per il servizio che fanno a tutta l’umanità.
- Anche se è stato adottata una legge sulla biosicurezza, è un nostro dovere pastorale di continuare a manifestare contro la semina e la vendita di sementi geneticamente modificate.
Sono molto precari gli studi conclusivi sui rischi per la salute umana e gli effetti collaterali sulla biodiversità delle specie correlati alle sementi transgeniche. 182. Abbiamo timore che le grandi imprese, il cui obiettivo primario è il profitto, controllino il grano. Si tratta di una vera e propria minaccia alla sovranità e alla sicurezza alimentare dei popoli, perché crea dipendenza dei produttori e progressiva esclusione dei più poveri. - E’ inaccettabile l’atteggiamento del governo brasiliano che si rifiuta di riconoscere il diritto all’acqua come un diritto fondamentale della persona umana. I diritti umani non possono essere soggetti alle pressioni politiche o di aziende interessate a trasformare l’acqua in una merce.
http://www.rrrquarrata.it/www/2014/05/i-vescovi-brasiliani-contro-semi-ogm-e-acqua-privata/
Olio di girasole: le aziende lo stanno sostituendo con colza e palma (senza avvertire nelle etichette), l’allarme di Foodwatch – Sabrina Del Fico
A causa del conflitto in Ucraina, l’olio di girasole viene sostituito con altri olii vegetali, non sempre prodotti secondo le norme europee – e il consumatore è troppo spesso lasciato all’oscuro
Le conseguenze economiche, sociali e ambientali del conflitto russo-ucraino fanno ormai parte della nostra quotidianità e stanno costringendo governi e industrie a fare delle scelte – non sempre per il bene dei consumatori. Un esempio è dato dall’improvvisa mancanza dell’olio di semi di girasole di cui l’Ucraina era, fino a pochi mesi fa, uno dei maggiori esportatori al mondo.
L’olio di semi è una delle materie prime maggiormente utilizzate nell’industria alimentare: biscotti, merendine, sughi pronti, creme spalmabili, piatti pronti, prodotti panati…insomma, la lista dei prodotti che contengono olio di girasole e che ora si vedono privati di questo ingrediente è molto lunga – e ciò ci dà un’idea della gravità del problema.
L’Ucraina non esporta più il prezioso olio, e l’industria alimentare deve rapidamente trovare un sostituto degno. Per il momento, le aziende si stanno rifornendo di altri tipo di olio, come quello di palma o quello di colza: spesso però, si tratta di prodotti importati dal continente americano (Stati Uniti, Canada, Paesi dell’America Latina) contenenti OGM – qui in Europa vietati per i danni che possono provocare alla salute.
Ma non solo: le aziende alimentari chiedono deroghe, vista l’eccezionalità del momento storico, per poter vendere i propri prodotti con nuovi ingredienti senza dover cambiare le etichette né specificare la presenza di organismi geneticamente modificati. In pratica, lasciando noi consumatori nell’ignoranza rispetto ai cambiamenti che stanno avvenendo lungo la filiera produttiva.
In Francia, per chiedere alle aziende (e al governo) maggiore trasparenza e correttezza per quanto riguarda le etichette dei prodotti alimentari, l’associazione FoodWatch ha lanciato una petizione sul proprio portale: le etichette devono essere chiare e contenere tassativamente tutte le informazioni sulla presenza di allergeni, sull’origine delle materie prime, sull’eventuale modifica degli ingredienti o sulla riformulazione delle ricette.
La petizione è rivolta a tutti gli attori dell’industria alimentare, dalle multinazionali presenti sul territorio francese ai produttori fino alle catene di supermercati che si occupano della distribuzione e della vendita:
Siamo stati informati che molte aziende devono adattare le ricette di determinati alimenti e utilizzare fonti di approvvigionamento alternative, come l’olio di colza o l’olio di palma. Queste riformulazioni sono in corso, con esenzioni da parte delle autorità per consentire un cambio di ingredienti senza un cambio immediato delle etichette sui prodotti.
Noi consumatori possiamo comprendere alcuni adattamenti delle ricette in caso di emergenza, ma rivendichiamo il nostro diritto di sapere. Un elenco dei prodotti interessati disponibile online è utile ma non sufficiente. Queste informazioni devono essere a disposizione di tutti al momento dell’atto di acquisto, per ogni prodotto, sugli scaffali dei supermercati, così come sui propri siti, social network e sui siti di vendita online.
https://www.greenme.it/lifestyle/sai-cosa-compri/sostituzione-olio-di-girasole/
Ho ltto tutto l’articolo c riportate. Sarà l’età e la poca conoscenza del computeron attenzione e sono d’accordo sulla maggior parte delle varie informazioni e pericoli esposti nella narrazione.
A questo punto mi domando ma non si chiedeva una partecipazione alla protesta da inviare al nostro governo e, se possibile, alla commissione europea?
Non ho trovato, forse per mia pochezza, dove firmare.
era in un’altra pagina
qui la petizione da firmare:
https://friendsoftheearth.eu/food-farming-and-nature/gm-crops/