Ait Adda dove l’insegna, in arabo e in francese…
… dice: «biblioteca rurale “Roberto Di Marco”»
di Antonella Selva (*)
Un intellettuale comunista, rigoroso e schivo come Roberto di Marco (Palermo 1937-Bologna 2013), scrittore e saggista fuori dagli schemi, animatore di avanguardie letterarie ma troppo critico di ogni establishment per poterne/volerne diventare un’icona, da un lato. Dall’altro un villaggio rurale del Marocco centrale, adagiato sulle assolate pendici del Medio Atlante: Ait Adda è il suo nome, ma non si nota sulle carte geografiche, semplicemente è “nei dintorni” di Afourer, piccolo centro amministrativo di una vasta campagna coltivata a ulivi. Dal villaggio, ragazzini e ragazzine di undici o dodici anni dovrebbero percorrere a piedi una decina di kilometri su strade isolate e non sempre sicure per arrivare alla scuola media del capoluogo e anche per questo molti/e di loro abbandonano prematuramente gli studi, problema generale del Marocco rurale.
Cosa hanno in comune l’introverso professore, una vita dedicata agli studi e ai libri, e il remoto villaggio all’ombra degli ulivi, nel quale andare oltre le scuole elementari è un lusso per pochi? Nulla, a prima vista. Ma può capitare che, in questo nostro mondo globalizzato, elementi anche molto distanti “cozzino” tra loro, come trascinati nel vortice di un gigantesco shaker. Ed ecco apparire, nell’assolato villaggio del Medio Atlante, un’insolita insegna sulla porta di un piccolo locale che ospita per il momento quattro casse di libri ancora da aprire, scaffalature, alcuni tavoli e sedie. L’insegna informa, in arabo e francese, che si tratta della «Biblioteca comunitaria Roberto Di Marco».
Nel caso specifico, la mano che ha scosso lo shaker è stata quella dell’immigazione. Nonostante Di Marco fosse, soprattutto nei suoi ultimi anni, riluttante ad allontanarsi dalla propria casa di Bologna, è stato il Marocco a bussare alla sua porta (complice anche il fatto forse che la sua casa si trova in prossimità del Centro intercultuale Zonarelli) con le sembianze delle numerose famiglie immigrate residenti nelle case popolari del vicinato e dell’associazione «Sopra i ponti», fondata nel 1995, una delle storiche aggregazioni espresse dalla comunità marocchina di Bologna.
Se delle famiglie migranti del quartiere è stata soprattutto la componente femminile a trovare nella famiglia Di Marco – e in particolare nella moglie Lella e nella figlia Maria Rosa – un punto di riferimento e un appoggio per il proprio processo di integrazione, è stato con Mohamed Rafia Boukhbiza, presidente dell’associazione «Sopra i ponti», che Di Marco ha stretto un legame di amicizia e reciproca simpatia. Ed è stato proprio a partire da tale umanissimo vincolo che, alla scomparsa del professore, Boukhbiza ha sentito il bisogno di attivarsi in qualche modo per dare un contributo a tramandarne la memoria.
Ecco che entra in scena lo scarto dalla norma, il punto di vista “altro” che offre un’inquadratura inaspettata. Per Boukhbiza infatti è naturale pensare di disseminare questa memoria nel suo paese, coerentemente con la propria storia di impegno per il cosviluppo, fatta da azioni ponte fra i due Paesi, tra le due sponde del Mediterraneo, in un costante dialogo e arricchimento reciproco. L’idea, nella prospettiva decentrata dell’attivista migrante, nasce spontanea e perfettamente logica: cosa c’è di meglio di una biblioteca per celebrare lo studioso cultore della parola scritta? E quale migliore collocazione del Marocco rurale, carente dei più elementari strumenti di istruzione, per onorarne la visione comunista e dunque sensibile alla voce dei più abbandonati? La proposta ha dunque sedotto immediatamente la famiglia del professore che ha deciso di devolvere una donazione in favore del progetto.
Passando all’attuazione concreta, il primo nodo da sciogliere è stato individuare il villaggio beneficiario. La scelta è caduta fra gli ulivi di Ait Adda per molteplici motivi: il villaggio fa parte della rete di località e soggetti rurali pazientemente tessuta negli anni dall’associazione «Sopra i ponti» comprendente associazioni femminili, associazioni di sviluppo, cooperative di produzione agroalimentare e artigianato, comunità coinvolte nel progetto di turismo responsabile; inoltre ne ha espresso la presidente, Jamila Amzil, cofondatrice della locale cooperativa di lavorazione delle olive. Proprio la presenza di questa donna, forte, autorevole, istruita e molto sensibile verso i bisogni delle giovani generazioni è apparsa una garanzia per la perennizzazione e il buon funzionamento della biblioteca. Così, con la donazione della famiglia Di Marco in tasca, nel mese di luglio Boukhbiza ha acquistato a Casablanca i circa 200 volumi indicati nella lista elaborata dal comitato di insegnanti e attivisti appositamente costituito al villaggio (perché nelle località decentrate i libri sono di difficile reperimento) e li ha spediti a destinazione in 4 casse: così alla riapertura della scuola la nuova biblioteca comunitaria aprirà i battenti. La lista dei “desiderata” comprendeva una serie di classici della letteratura araba e internazionale in traduzione araba e/o francese, poi testi di approfondimento di varie discipline come storia, geografia, religione, infanzia, gastronomia, quindi vocabolari, manuali di informatica e un settore più ampio dedicato al tema dello sviluppo sostenibile.
Vale la pena di notare che, benché i libri siano tutt’ora merce rarissima nelle campagne marocchine, le biblioteche rurali non sono una novità assoluta: sono state infatti l’oggetto di uno specifico progetto della robusta rete associativa franco-marocchina IDD (Immigration Développement Démocratie) legata alla diaspora della sinistra marocchina uscita dal Paese negli “anni di piombo” del precedente re Hassan II (dai ’70 ai ’90 del secolo scorso), progetto che individuava nelle biblioteche affidate alla società civile nuclei di sviluppo e democratizzazione per la società rurale.
Appare quindi evidente come il curioso corto circuito che ha prodotto l’apertura della biblioteca comunitaria Roberto Di Marco nel cuore del Medio Atlante non rappresenti una semplice stranezza ma piuttosto la cifra più caratteristica, in senso positivo, di quest’epoca globalizzata e l’aspetto più affascinante dell’immigrazione nella sua capacità di mettere in relazione mondi distanti.
Questa è peraltro la missione della biblioteca che è concepita come un luogo di scambio e produzione culturale, dove ospitare diverse attività collaterali, come corsi di alfabetizzazione informatica, alfabetizzazione per adulti/e, centro di aggregazione perle donne, sostegno scolastico e incontri culturali. Peraltro il progetto è aperto e in fieri: fino a che punto potrà arrivare dipenderà anche dalla capacità che avremo, da qui, di affiancare e sostenere l’esperienza sia a distanza sia in loco.
Il villaggio di Ait Adda fa parte del circuito di turismo responsabile messo in piedi dall’associazione «Sopra i ponti» insieme all’agenzia specializzata Viaggi e Miraggi: si può dunque visitare per conoscerne lo splendido territorio alle pendici del possente massiccio del Medio Atlante, a metà strada tra le città d’arte di Fes e di Marrakech e la comunità impegnata nello sviluppo sostenibile e democratico del proprio territorio.
NOTA SU ROBERTO DI MARCO, «militante comunista contro ogni forma di imperialismo».
Notizie sulla sua produzione letteraria e le scelte di vita sui siti:
ADDII – retididedalus.it
www.retididedalus.it/Archivi/2014/gennaio/PRIMO_PIANO/6_addii.htm
di Francesco Muzzioli
-Addio a Roberto Di Marco, componente critico del Gruppo 63 …
www.nadiacavalera.it/blog/2013/addio-a-roberto-di-marco-componente…
(*) Antonella Selva è dell’associazione «Sopra i ponti» di Bologna, responsabile progetti cooperazione internazionale, fumettista e studiosa di cultura islamica. Questo testo è ripreso da Vox zerocinquantuno. Le foto sono di Chiara Davoli e Nicolò Sivini.