Alcune considerazioni su Arthur Clarke tra…
… le accuse di pedofilia e il suo incontro con Rama
di Fabrizio “Astrofilosofo” Melodia
«Ho 80 anni. A questo punto della mia vita non ha senso cercare di nascondere ancora le cose. Sto tentando di ricordare quanti anni aveva il ragazzo più giovane che ho mai avuto. Qui è difficile dirlo, ma la maggior parte, sono sicuro, avevano raggiunto l’età della pubertà. Voglio dire: non ho mai avuto il minimo interesse nei bambini, né maschi né femmine. Ma una volta raggiunta la pubertà è tutto ok. Se quei ragazzi sanno quello che fanno, e lo vogliono fare, e non importa loro di farlo, per me va bene. Io penso che la maggior parte dei danni lo faccia il chiasso dei genitori isterici» disse in un’intervista Arthur C. Clarke, quando fu costretto a rispondere alle presunte accuse di pedofilia mosse a suo carico dal tabloid britannico «Sunday Mirror». Tale accusa, in seguito ad accertamenti da parte della polizia dello Sri Lanka, fu ritirata pochi giorni dopo con tutte le scuse ufficiali e per iscritto.
Come si evince dall’intervista citata, Clarke respinge pesantemente le accuse di pedofilia prepuberale, ammettendo con grande coraggio di essere stato un “hebephilo-omosessuale” attratto da minori maschi appena puberi e di aver praticato sesso con giovanissimi prostituti maschi dello Sri Lanka: affermazioni confermate dagli stessi ragazzi, i quali, come ammesso da Clarke, lo facevano esclusivamente per soldi.
Clarke doveva ricevere a Colombo la carica onorifica di “Knight bachelor” per i suoi meriti nella letteratura e chiese che tale investitura fosse rimandata fino a quando non si fosse venuti a capo di tale accuse. E’ da notare la grande dignità di Clarke, il quale mette tutto nero su bianco, esponendosi alle poderose bordate dei tabloid di mezzo mondo, Italia compresa.
Sul quotidiano «La Repubblica» scrive Antonio Polito a commento dell’intervista: «Lo scandalo nella piccola isola è enorme. Leggi molto severe, e molto barbare, proibiscono l’omosessualità, che è punita con il carcere fino a dieci anni e la flagellazione. Altrettanto proibito è il sesso con chiunque, maschio o femmina, non abbia almeno 18 anni. Una patina d’ipocrisia copre una delle più crudeli prostituzioni del mondo e garantisce l’impunità a chi ha abbastanza soldi per procurarsela. La regola è: si fa ma non si dice. Ma ora Clarke l’ha detto». Parlava dello Sri Lanka o dell’Italia? Una parola è stata detta bene: ipocrisia. La medesima parola che protegge, con lo stesso peso e identica misura, alti prelati protetti da un sistema ferreo e uomini politici votati a larga maggioranza che rappresentano il macho attempato e ricchissimo, in grado di procurarsi tutto quello che vuole, comprese leggi fatte a propria misura.
A voci diverse, che mettevano in luce la diffusione “universale” di tali comportamenti, si è risposto con la crocifissione e l’ostracismo sociale, spesso senza nemmeno rendersene conto. Questo è un dato di fatto sotto gli occhi di tutti: la popolazione, a parole scandalizzata, in concreto permette un comportamento e un modello di vita simile, alla faccia della lotta ai libri “gender” e all’omosessualità. Lo ammetto, sono perentorio e assertivo ma l’ipocrisia va oltre al mio aplomb filosofico, e mi permette di guardare un po’ più lontano.
Ben lungi dal giustificarlo, Clarke era – nei limiti della legge – perfettamente libero di agire, esattamente come si va ad adescare prostitute nei luoghi non scritti sulla carta ma di cui tutti conoscono l’ubicazione.
Quello che auspico è che, un giorno – un po’ come nelle più belle utopie fantascientifiche – il sesso venga vissuto serenamente e in libertà, nel pieno rispetto l’una/o dell’altra/o e nell’amore.
Ho parlato nuovamente di Clarke e delle accuse di pedofilia dapprima spinto da un commento di Silvio Sosio alla mia mini-recensione a «Le guide del tramonto» e poi per portare alla luce un aspetto di Clarke solitamente taciuto – per pudore? – ma che lui, da grande maestro, non ha voluto tenere nascosto. L’altra ragione per cui torno su Clarke è la recente pubblicazione di un “seguito” finora inedito in Italia del famoso romanzo «Incontro con Rama» (era uscito nel numero 634 di Urania nel 1974) nel quale fra l’altro viene immaginata la fine della “mia” Venezia.
Nel 2130 il sistema solare è stato in gran parte colonizzato e il progetto Guardia Spaziale – nato per l’appunto dopo la devastazione della pianura padana e la distruzione di Venezia e dintorni causata apparentemente da un meteorite – veglia sul “pericolo meteore” per la sicurezza dell’umanità. In quell’anno, la Guardia Spaziale si accorge di un asteroide sconosciuto che viene ribattezzato con il nome di una divinità del pantheon induista, ovvero Rama, dato che ormai tutti i nomi della mitologia greca e latina sono stati completamente utilizzati. L’esplorazione da parte di una sonda porta alla scoperta sensazionale cioè la natura artificiale dell’asteroide: è una nave spaziale. Così l’umanità ha la prova definitiva di non essere sola nell’universo.
Il compito di scoprire i misteri Rama viene affidato al comandante Norton dell’astronave Endeavour, il quale dovrà esplorare la nave aliena, trovare eventuali abitanti e capirne gli scopi. Non tutti però, sulla Terra, vedono la scoperta con ottimismo e alcuni si preparano ad accogliere i ramani con mezzi decisamente poco pacifici.
In questo romanzo, condotto con una prosa elegante e assolutamente verosimile dal punto di vista scientifico e tecnologico, Clarke dipana una ragnatela più che una trama: senza che succeda nulla di rilevante, gli alieni rimangono sempre nell’ombra o a malapena percepiti, e i guai maggiori sono procurati proprio dagli imbranati umani, prigionieri in un luogo che a tratti percepiscono ostile.
Misteri irrisolti e “destino pendente” caratterizzano questo romanzo che invito a leggere o rileggere. Magari prima dell’ennesimo seguito, cioè «Il segreto di Rama» di Clarke e di Gentry Lee che trovate in edicola come “Urania Junbo” (in effetti sono 560 pagine).
Questo piccolo gioiello però costò all’autore la nomea di “freddo e tecnologico” ma io dissento – e come già scrisse db qui in “bottega” – trovo che l’esplorazione di Rama sia appassionante nonché inquietante senza cadere nell’adrenalinico di maniera.
«Incontro con Rama» presto potrebbe avere una trasposizione filmica grazie alla sensibilità registica di Morgan Freeman, attore sopraffino ma anche bravo cineasta, che nel progetto vuole fortemente alla regia il bravo David – cioè “Alien 3” – Fincher.
La sceneggiatura, di non facile realizzazione, sembra a un buon punto anche perché il romanzo ha una freccia molto speciale al proprio arco: mentre si torna a rappresentare l’alieno brutto sporco e cattivo, Clarke si distacca da questo clichè per mettere in luce una figura sofisticata e filosofica, quasi mistica.
Per finire sentite ancora Clarke: «Nell’universo o siamo soli o non lo siamo: in entrambi i casi, l’ipotesi è terrificante».