Tutte le guerre sono combattute per denaro

articoli, video, disegni di Elena Basile, Nicolai Lilin, Paolo Selmi, Fabrizio Poggi, Giuseppe Masala, Piero Pagliani, Fabio Mini, Francesco Corrado, Marinella Mondaini, Alastair Crooke, Guido Viale, Davide Malacaria, Alex Zanotelli, Giuliano Marrucci, Sascha Picciotto, Stefano Orsi, Fernando Moragón, Jesús López Almejo, Jorge Cachinero, Antonio Alonso Marcos, George Grosz, Christopher-R.-W.-Nevison, Douglas McGregor, Domenico Gallo, Alfred de Zayas, Pasquale Pugliese.

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L’Ucraina sarà il Vietnam dell’Ue. E la ‘sinistra’ tace – Elena Basile

Pensavamo che le dichiarazioni del ministro degli Esteri ucraino Kuleba a La7 risentissero del nazionalismo di un Paese in guerra e di un contesto peculiare: la storia dell’Ucraina, Paese di fragilissima democrazia dominato da oligarchi e ricattato dalla destra radicale.

Ci sbagliavamo. Il 4 luglio su Repubblica – giornale che divoravo a 16 anni e che era, con gli articoli di Giorgio Bocca e di tanta parte dell’intellighenzia di sinistra, un punto di riferimento per l’opposizione al malgoverno democristiano e a un atlantismo guerrafondaio e menzognero – appare l’intervista a James Cleverly, ministro degli Esteri britannico. Abbiamo una conferma imbarazzante. Il Paese culla della civiltà liberale, il Paese di Locke e dello stato di diritto dichiara che non c’è possibilità di mediazione. La pace ci sarà solo con la vittoria militare sul campo. La Russia, una potenza nucleare, deve essere sconfitta.

Naturalmente il giornalista del quotidiano diretto da Maurizio Molinari – faro del centro sinistra e dei militanti del Pd, che vedono nei democratici statunitensi, nella dinastia dei Clinton piuttosto che in quella dei Kennedy, i padri spirituali – non si scandalizza, non oppone alcun ragionamento che possa contrastare gli assunti fideistici del ministro britannico. Lo stesso giorno ho rivisto Nato il 4 di luglio, il film di Oliver Stone che risale al 1989. Racconta la vita di un ragazzino di 18 anni che si inginocchia davanti al crocifisso per far tacere i suoi dubbi, lascia la ragazza che ama e parte per il Vietnam, perché la Patria chiama e il pericolo comunista è alle porte. È incoraggiato persino dalla madre, fiera del suo ragazzo che difende la libera America dai criminali “gialli”. Il ragazzino vedrà l’orrore, il massacro di donne e bambini vietnamiti, tornerà su una sedia a rotelle, paralizzato dalla vita in giù. È ormai un disperato rabbioso che ancora difende il suo sacrificio e la guerra, le sue medaglie al valore. Diventa presto un peso per la famiglia. Dopo aver toccato il fondo con altri reduci in Messico, tra alcol e prostitute, tornerà negli Usa dove le rivolte giovanili contro la “sporca guerra” dominano l’attualità. Gradualmente prenderà coscienza della sua storia esistenziale e ne farà una battaglia civile. Il film è ispirato alla figura di Ron Kovic, reduce dal Vietnam e attivista contro la guerra.

È terribile come la storia si ripeta nell’indifferenza della maggioranza. Al pericolo “comunista e giallo” oggi l’Occidente sostituisce la minaccia delle dittature, alla guerra per la libertà contro l’Unione Sovietica quella per la libera Europa contro l’invasione russa.

Non fraintendete. Sappiamo tutti che c’è stata un’invasione da parte di Mosca di uno Stato sovrano. Conosciamo tuttavia le cause e le responsabilità di questa guerra che sono perlomeno condivise tra Nato e Russia. La propaganda è uguale a quella che imperversava negli anni Settanta per giustificare la guerra in Vietnam. La differenza è che allora morivano i soldati americani, oggi soltanto gli ucraini. Altra importante distinzione: allora l’opinione pubblica non era addormentata, gran parte dell’intellighenzia e della stampa riformista era contro la guerra. E il dissenso non era criminalizzato.

Credete che tra vent’anni i libri di storia racconteranno un’Ucraina differente? Avremo un altro Oliver Stone che renderà giustizia ai diciottenni ucraini (e russi) mandati al macello da classi dirigenti senza scrupoli e non in grado di elaborare una strategia lungimirante per la difesa degli interessi dell’Europa in una regione stabilizzata e in pace con Mosca?

Oggi è lecito nutrire qualche dubbio. L’intervista a un ministro appartenente a un governo di destra in un Paese che con la Brexit ha rinnegato i valori europei – pubblicata su un quotidiano mainstream e in fondo condivisa dal Pd, partito dell’opposizione “riformista” come dal presidente del Consiglio di estrema destra – ci fa temere che la società del pensiero unico stia preparando il terreno a un futuro orwelliano. Esisteranno ricostruzioni storiche obiettive? Esisterà una cultura impegnata a denunciare i crimini della politica?

La Francia brucia. All’odio delle periferie e degli esclusi risponde la repressione delle forze di polizia, sostenute dalla maggioranza benpensante e non più silenziosa. Alla colletta dei poveri per il diciassettenne di colore ucciso si oppone quella con mezzi maggiori a favore del poliziotto. La destra radicale in Europa è sdoganata e legittimata. La responsabilità non è soltanto dei moderati di destra alleati dei fascisti e dei neonazisti. È condivisa dal “riformismo” di sinistra che ha rinnegato i suoi valori e oggi sostiene riarmo, nazionalismo, imperialismo americano e atlantismo muscolare della Nato.

da qui

 

 

La pericolosità delle posizioni del ministro degli Esteri ucraino – Elena Basile

Abbiamo ascoltato le dichiarazioni del Ministro degli Affari Esteri Kuleba in una trasmissione del programma Otto e Mezzo de La7.

Devo dire che non ho potuto non provare una dolorosa indignazione nell’ascoltare metafore calcistiche quasi la guerra fosse un gioco e non implicasse la sofferenza di un popolo, il massacro di un’intera generazione di Ucraini.

Il Ministro parte da assunti fideistici quasi non fossimo nel 2023 ma ancora nel  sedicesimo secolo quando si combattevano guerre di religione. È del resto confortato dalla propaganda occidentale. La storia recente è abolita. La “ingiustificata e non provocata” aggressione russa costituisce una minaccia di invasione da parte del nuovo zar imperialista che vuole dominare sull’Europa tutta, fino a Lisbona come ha ripetuto un ascoltato e simpatico giornalista.

Quindi è giusto che gli ucraini muoiano e soffrano per la loro libertà e la libertà dell’Europa. Strano! Se il Ministro fosse veramente convinto di quel che afferma avrebbe molte armi per convincere i membri della NATO a scendere in guerra, “boots on the ground”. Se tenesse al suo popolo e al suo Paese , potrebbe far valere una comprensibile posizione: l’esercito ucraino non è disposto a morire per la libertà dell’Europa se gli Stati Europei e i membri della NATO non fronteggiano insieme ai soldati di Kiev il comune pericolo.

Purtroppo egli sa bene che non c’è nessuna minaccia all’Europa  e che non ci sarebbe stata invasione dell’Ucraina se il Paese avesse difeso un percorso a vantaggio del suo popolo e che poteva essere facilmente negoziato con i Russi e gli Statunitensi.

L’Ucraina si sarebbe salvata se 1) avesse imposto il proprio avvicinamento all’Europa grazie a liberi investimenti occidentali, apertura commerciale e serie riforme di una democrazia debolissima, dominata dagli oligarchi e da forze nazionaliste radicali, bisognosa di riforme dell’Amministrazione, dell’Istruzione e della Sanità 2) se avesse negoziato una neutralità con forti garanzie internazionali a protezione della stessa 3) se avesse applicato gli accordi di Minsk e avesse concesso  l’autonomia linguistica alle regioni divenute poi separatiste  e uno status egualitario ai russofoni ( si possono ancora ascoltare sul net i discorsi dei Presidenti Ucraini che minacciano di  togliere scuole e pensioni agli abitanti del Donbass) 4) se avesse evitato una penetrazione militare anglosassone nel proprio Paese che non poteva non avere conseguenze sulla percepita minaccia da parte di Mosca. La Russia non é mai  stata ambigua sulle esigenze che considerava esistenziali per la propria sicurezza  e ha stabilito linee rosse sin dal discorso di Putin  a Monaco nel 2007.

Se ci fossero statisti ucraini che hanno a cuore le sorti del loro paese, Kiev oggi non sarebbe quello che è sotto gli occhi di tutti: un Paese in bancarotta, tenuto artificialmente in vita dall’occidente, distrutto nelle sue belle città e infrastrutture, cha ha mandato a morte circa 250.000 giovanissimi ucraini e che è in procinto di massacrarne altri, assecondando la volontà della NATO.

Washington e l’Europa stanno utilizzando Kiev per realizzare una strategia pericolosa  e demenziale con la quale perseguono la sconfitta della  Russia, potenza nucleare. L’obiettivo minimo è l’indebolimento del regime di Putin, quello massimo la caduta del regime nella quale anglosassoni, polacchi e baltici ancora sperano. Gli Americani mirano al recupero nei confronti della Cina e sulla scena internazionale del  potere egemonico occidentale che il mondo multipolare sta mettendo in discussione.

Avvicinamento politico e economico dell’Ucraina all’Europa, Neutralità, Referenda nel Donbass e autonomia linguistica, erano i capisaldi di una proposta russa circolata dopo poche settimane dall’invasione. Era pervenuta alle istanze occidentali ed era destinata a essere ripresa dall’unico piano di pace occidentale che è circolato grazie alla diplomazia italiana e in particolare alla direzione degli Affari Politici della Farnesina. Esso prevedeva anche i capisaldi di una nuova architettura di sicurezza europea.

È stato triste ma importante assistere a questo show del nazionalismo ucraino. La vittoria come in una partita di calcio è l’unico obiettivo perseguibile insieme allo smembramento della Russia, le cui risorse energetiche e minerarie devono essere spartite dall’Occidente, come è cosa buona e giusta.

Non amo questa élite al potere in Ucraina. Amo il popolo ucraino. Gli Stati Uniti e le classi dirigenti europee stanno sacrificando bambini, ragazzi, donne, cittadini ordinari, fingendo di assecondare  la volontà di libertà del Governo ucraino. Chiediamo a una casalinga di Kiev se vuole mandare suo figlio a morire al fronte per permettere al suo Paese di entrare nella NATO. Che ridicola ipocrisia! Kiev è in vita grazie all’Occidente e si vorrebbe far credere che è l’Ucraina a decidere e non Washington?

da qui

 

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Uno cinismo scandaloso! – Nicolai Lilin

Il primo ministro italiano Giorgia Meloni, 23 luglio 2023: “I russi stanno distruggendo la nostra civiltà europea…! L’Italia, con la sua esperienza unica al mondo nei lavori di restauro, aiuterà a restaurare la Cattedrale di Odessa!”.
Signora Meloni! Le ricordo che il suo Ministro della Cultura nel marzo 2022 ha promesso solennemente di restaurare il teatro di Mariupol, perché “i teatri di tutti i Paesi appartengono all’umanità”! I lavori di restauro sono in corso a Mariupol già da un anno. E dove sono gli architetti, i restauratori, i costruttori italiani? Forse prima di dare esattamente gli stessi nuovi teatri, realizzerete la promessa del governo italiano?
E comunque, la cattedrale di Odessa è stata danneggiata (e non distrutta) dal missile di antiaerea ucraina, perché il missile balistico russo l’avrebbe polverizzata.

https://t.me/s/nicolaililin

 

“E OGNI MATTINA (UO UO)”. TAPPA ODIERNA DI UNO STILLICIDIO PROGRAMMATO – Paolo Selmi

Che dire… alzarsi la mattina e vedere che come di consueto, come ogni maledetto giorno da oltre un mese a questa parte,

– alle 5.50, sopra RABOTINO, 2 carri, tre Bradley e 70 soldati ucraini sono stati mandati allo stesso appuntamento con la morte del giorno prima, ad accoglierli han trovato la stessa artiglieria pesante, gli stessi droni kamikaze e il risultato è stato lo stesso di ieri mattina:
https://t.me/rusich_army/10051
E come ieri mattina, subito dopo partiva la preparazione del secondo turno di caduti in battaglia, preparazione ancora in corso un’ora fa,
https://t.me/dva_majors/21856
ora potrebbero avere già timbrato il cartellino ed esser partiti all’attacco.

– di notte si son continuati a susseguire attacchi a KLESCHEEVKA, ritenuta decisamente più promettente dai generali NATO, che hanno imbottito il turno di notte degli attaccanti di DRONI KAMIKAZE e BOMBE A GRAPPOLO. Dopo ore di fuoco preparatorio di artiglieria e droni, propedeutico all’assalto terrestre, gli sventurati son passati all’attacco: parte è finita sulle mine e parte sotto il fuoco dell’artiglieria russa.
https://t.me/RVvoenkor/49728

Frasi scritte e riscritte, riprese col copiaincolla dai rapporti precedenti. I generali NATO usano contro i russi quest’unica tattica che, ripeto, per loro è una tattica WIN-WIN, non va dimenticato anche se non lo dice nessuno, purtroppo.

PRIMO “WIN”:
– all’ennesimo attacco si apre una breccia, il nemico cede, si sfonda → EVVIVA;
1. abbiam messo i russi in estrema difficoltà anche quest’anno,
2. li abbiamo obbligati a altra mobilitazione generale, altre fedi e denti d’oro fusi per la patria,
3. il complesso militare industriale nostrano gioisce, commesse à gogo e alleati che non discutono aumenti di spesa nei loro bilanci “per gli aiuti”;
→ ALTRO GIRO DI GIOSTRA con in prospettiva
– altri giri analoghi, “fin quando fa male, fin quando ce n’è” di carne da cannone altrui da sbattere a crepare per noi, siano polacchi, baltici, o altro ancora…
– e il superpremio finale del gigante russo nel caos totale con uno dei nostri, pardon, un “oppositore democratico” che stavolta cazzo non si fermerà a 200 km da Mosca ma tirerà dritto. E come quei figli di puttana (si, ma “our sons of a bitch”… vero Somoza?) che bombardarono il Parlamento russo “okkupato”, non guarderanno in faccia a nessuno e faranno lo stesso! (a questo punto i generali NATO, in genere, si svegliano di colpo, tutti sudati… e si girano dall’altra parte)

SECONDO “WIN”:
– non c’è un ennesimo attacco dove si apre una breccia, l’intero quantitativo di carne da cannone e di armamenti vecchi di trent’anni finiscono sotto lo schiacciasassi russo → TERMINA LA GIOSTRA → EVVIVA LO STESSO:
1. abbiamo un popolo decimato, distrutto, una società a pezzi, un’economia ridotta al grado zero della dipendenza pressoché totale da aiuti, questo è quanto lasciamo ai russi;
2. inoltre ci siamo portati a casa i paesi scandinavi e ampliato di centinaia di km a nord la linea di fronte coi russi,
3. abbiamo distrutto due gasdotti, un condotto di ammoniaca, rotto ogni legame fra Bruxelles e Mosca,
4. ripristinando contestualmente, nel vecchio continente, quei rapporti di dipendenza e vassallaggio diretti
5. che ci consentono di recuperare, COMPENSARE, quelle quote di plusvalore perse nel resto del mondo,
6. a partire dallo stesso complesso militare industriale che impone aumenti di spese militari “per sicurezza interna” (di riffa o di raffa…)
E tin tin tin… monete sonanti, fantastiliardi nelle loro casse. Col culo degli altri! Altro che Vietnam! Altro che Afghanistan! “Ma chi li ammazza?” Si dice da queste parti in questi casi.

Parlare di questa strategia IMPERIALISTICA win-win, qui, è tabù. Perché significherebbe ammettere che l’U-ccidente è più barbaro del cosiddetto “stato canaglia” barbaro che ha detto di combattere “in nome di” (metteteci la solita pletora di “valori” che la sua retorica ci ha propinato per trent’anni). Significherebbe ammettere che IL FINE ULTIMO NON È LA DIFESA DI UN POPOLO MA I FINI PIU’ BIECHI, QUI SOPRA ELENCATI, CHE PREVEDONO IL SUO IMPIEGO A PERDERE, LA SUA DISTRUZIONE QUOTIDIANA, IL SUO STILLICIDIO PROGRAMMATO, IL SUO GENOCIDIO.

https://sinistrainrete.info/2-non-categorizzato/25791-provvisorio12.html

 

 

La NATO merita l’etichetta di “organizzazione criminale” – Alfred de Zayas

Che cos’è un’organizzazione criminale? La persona media pensa immediatamente ai cartelli della droga locali e internazionali, alle associazioni di trafficanti di esseri umani, alle società di pedopornografia, ai siti di gioco d’azzardo o alla mafia. Forse a causa di un’immagine creata artificialmente, sostenuta dai media occidentali, la NATO non viene immediatamente riconosciuta come “organizzazione criminale”.

Inizialmente la NATO non era un’organizzazione criminale. Il trattato che istituiva la NATO il 4 aprile 1949 stabiliva all’articolo 5 che:

“Le Parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America del Nord sarà considerato come un attacco contro tutte loro e di conseguenza convengono che, qualora si verifichi tale attacco armato, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva riconosciuto dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, assisterà la Parte o le Parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre Parti, le azioni che riterrà necessarie, compreso l’uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell’area dell’Atlantico del Nord”.

Inizialmente la NATO aveva un obiettivo di sicurezza legittimo, compatibile con il Capitolo VIII della Carta delle Nazioni Unite (artt. 52-54), che consente accordi regionali, a condizione che questi siano coerenti con l’oggetto e lo scopo della Carta delle Nazioni Unite e siano subordinati al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Infatti, ai sensi dell’articolo 103 della Carta (“clausola di supremazia”), in caso di conflitto tra un trattato e la Carta, è quest’ultima a prevalere.

Finché l’Unione Sovietica minacciava l’Europa occidentale e intendeva espandersi, era legittimo che i Paesi occidentali adottassero misure di sicurezza collettiva. Una conseguenza del trattato NATO è che l’Unione Sovietica organizzò un’alleanza concorrente chiamata Patto di Varsavia (1955-1991) e che la minaccia di distruzione reciproca assicurata attraverso le armi nucleari dissuase entrambi i campi dall’attaccarsi a vicenda. Le cose cambiarono nel 1989, quando il leader sovietico Mikhail Gorbaciov, amante della pace, ritirò le forze sovietiche dall’Europa centrale e orientale e ricevette la promessa dall’allora presidente degli Stati Uniti George H.W. Bush e dal segretario di Stato James Baker che la NATO non si sarebbe mossa “di un pollice” verso est.

Per un breve momento di splendore, la possibilità di una pace mondiale sembrava realizzabile con il disarmo reciproco. Questo sogno è stato infranto dal presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, quando ha deciso di seguire i consigli dei neoconservatori e la tabella di marcia imperialista del politologo Zbigniew Brzezinski, che ha concepito l’idea di un mondo unipolare sotto un egemone, gli Stati Uniti, che avrebbe sostanzialmente sostituito le Nazioni Unite. La decisione di Clinton di espandere la NATO verso est, in violazione delle promesse vincolanti, è stata fortemente criticata da George F. Kennan come un “errore fatale” nel suo saggio sul New York Times del 5 febbraio 1997.

Dopo il 1997, la NATO si è gradualmente trasformata da un’alleanza “difensiva” a un colosso geopolitico per soggiogare il resto del mondo. Già negli anni ’90, i Paesi della NATO hanno partecipato alla distruzione dell’integrità territoriale della Jugoslavia e nel 1999, senza il consenso del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la NATO ha bombardato la Jugoslavia, violando così l’articolo 2(4) della Carta delle Nazioni Unite. La guerra di aggressione della NATO nel 1999 è stata una prova generale di ciò che sarebbe seguito. Ha comportato anche gravi crimini di guerra, tra cui il bombardamento indiscriminato di centri civili e l’uso di armi indiscriminate, come l’uranio impoverito e le bombe a grappolo. La Jugoslavia è stata solo il preludio di una serie di aggressioni contro l’Afghanistan, l’Iraq, la Libia e la Siria e altrove, durante le quali sono stati perpetrati crimini di guerra e contro l’umanità nella più totale impunità. La Corte Penale Internazionale, che è essenzialmente al servizio dell'”Occidente collettivo”, non ha indagato su questi crimini e nessun politico o leader militare occidentale è stato mai incriminato.

Ai processi di Norimberga del 1945-46, la delegazione statunitense aveva previsto di processare 14 organizzazioni come criminali, poi ridotte a sei: il Gabinetto del Reich, il Corpo Direttivo del Partito Nazista, la Gestapo, le SA, le SS e l’SD, lo Stato Maggiore e l’Alto Comando dell’esercito tedesco (Wehrmacht). L’obiettivo era quello di far dichiarare queste organizzazioni retroattivamente criminali, in modo che i loro membri potessero essere processati più rapidamente per la semplice appartenenza al partito. Naturalmente, questo concetto viola lo stato di diritto, perché comporta una punizione collettiva e sovverte il principio della presunzione di innocenza. Sebbene la sentenza di Norimberga abbia considerato tre organizzazioni come criminali di per sé, non ha ritenuto criminali le SA, il Gabinetto del Reich o la Wehrmacht. La sentenza di Norimberga, tuttavia, ha creato un precedente (negativo) che potrebbe essere applicato ai Paesi e alle forze della NATO. Questo, tuttavia, non è necessario, poiché le violazioni delle Convenzioni dell’Aia e di Ginevra da parte delle forze NATO sono così ben documentate che qualsiasi tribunale con giurisdizione appropriata potrebbe processare i membri delle forze NATO in base alle Convenzioni già esistenti, senza dover ricorrere al concetto di organizzazione criminale.

Il punto è che se le forze della NATO dagli anni ’90 hanno commesso crimini di guerra e crimini contro l’umanità, ciò che è importante oggi è che l’opinione pubblica mondiale riconosca la NATO come una minaccia alla pace e alla sicurezza dell’umanità. Le sue provocazioni seriali costituiscono il più grande pericolo per la nostra sopravvivenza come specie. Se la NATO merita l’etichetta di “organizzazione criminale”, ciò che è cruciale non è condurre processi per crimini di guerra, ma neutralizzare la minaccia.

L’autore è professore di diritto internazionale alla Scuola di diplomazia di Ginevra ed ex esperto indipendente delle Nazioni Unite.

(Traduzione de l’AntiDiplomatico)

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Nato, Stoltenberg è sempre più simile al dottor Stranamore – Domenico Gallo

Era scritto in un cartello/ sulla schiena di ragazzi/ che senza conoscersi/ di città diverse/ socialmente differenti/ in giro per le strade della loro città/ cantavano la loro proposta.

Così cantavano i Giganti nel 1967 interpretando i sentimenti di pace che percorrevano i giovani che, al di qua e al di là dell’Atlantico, contestavano la barbarie della guerra del Vietnam, aprendo la strada a quella grande rivoluzione politica e culturale passata alla Storia come movimento del ’68.

La più grande povertà dell’epoca drammatica in cui stiamo vivendo è l’impossibilità di dare voce ai sentimenti di pace che sono radicati nel senso comune, prima ancora che nel cuore, dei popoli. In questo tempo immemore, si sono sviluppati nuovi nazionalismi che alimentano spiriti bellicosi e diffondono l’odio fra i popoli e corrompono il senso comune della gente, annebbiano l’orrore per le stragi e per quelle scelte che organizzano la morte come strumento della politica.

Viene contrabbandato per solidarietà all’Ucraina aggredita, l’istigazione a proseguire in un conflitto senza quartiere e senza speranza, alla fine del quale rimarrà soltanto una montagna di morti, una devastazione ambientale incommensurabile e un oceano di odio fra due popoli fratelli. Siamo arrivati al paradosso che, nel suo aiuto fraterno al popolo ucraino, il Regno Unito ha inviato tonnellate di munizioni all’uranio impoverito, destinate ad avvelenare l’ambiente e a produrre morte anche dopo molti decenni. Per non parlare del paradosso delle cluster bombs che Biden ha deciso di fornire all’Ucraina con la clausola che non siano impiegate nel territorio russo: serviranno solo a “saturare” il campo di battaglia in Ucraina. In questo contesto in cui la politica ha bandito il “cessate il fuoco”, dobbiamo prendere atto che – per adesso – al vertice Nato di Vilnius è stato sventato il tentativo di Zelensky di coinvolgere la Nato nella guerra con la Russia. Nelle ultime tre righe del paragrafo 11 della dichiarazione conclusiva del vertice della Nato a Vilnius si legge: “Saremo in grado di estendere un invito all’Ucraina ad aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte”. Questa formula mette in evidenza due presupposti essenziali: tutti gli alleati devono essere d’accordo e devono essere soddisfatte le “condizioni” per l’ammissione di un Paese terzo. Secondo l’art. 10 del Patto atlantico, “le parti possono, con accordo unanime, invitare ad aderire ogni altro Stato europeo, che sia in grado (…) di contribuire alla sicurezza della regione dell’Atlantico settentrionale”.

Orbene è evidente che, anche dopo che i combattimenti saranno cessati, l’Ucraina non sarà mai in grado di contribuire alla nostra sicurezza, al contrario, la presenza dell’Ucraina nella Nato renderà più concreto il rischio di un conflitto, anche nucleare, fra la Nato e la Russia. Forse l’unico che non l’ha capito è proprio il segretario generale della Nato, Stoltenberg, la figura politica che più si avvicina al personaggio del Dr. Stranamore. Affidare a Stoltenberg/Stranamore il timone della politica europea non è stata una scelta lungimirante da parte di Ursula von der Leyen e compagni. La guerra – ha scritto Domenico Quirico (La Stampa dell’11 luglio) – ha perso i suoi obiettivi. Si sono rivelati irrealizzabili sia gli obiettivi di Putin (di sottomettere l’Ucraina), sia quelli del governo ucraino (di recuperare i territori persi nel 2014), sia quelli dell’Alleanza occidentale (di infliggere una sonora sconfitta alla Russia). “Dopo 500 giorni nessuno di questi scopi esiste più”. La guerra è diventata un massacro che si autoalimenta. Ora basta! Rilanciamo il messaggio del ’68, chiedendo l’immediato cessate il fuoco.

da qui

 

 

McGregor: Kiev perderà incondizionatamente il conflitto contro Mosca e la NATO cesserà di esistere.

Il colonnello statunitense in pensione Douglas McGregor ha espresso la sua opinione sul conflitto in Ucraina sostenuto dagli Stati Uniti e dalla NATO e sulle sue conseguenze per l’alleanza atlantica.

“Continuo a credere che il conflitto con la Russia in Ucraina, sostenuto dagli Stati Uniti e dalla NATO, porterà alla fine alla dissoluzione della NATO”, ha dichiarato McGregor.

Ha osservato che mentre sono in corso colloqui segreti tra Stati Uniti e Russia per porre fine al conflitto, le proposte di Mosca rimangono invariate. Il colonnello ha suggerito che un nuovo governo potrebbe emergere a Kiev per avviare i colloqui di pace, alludendo a un possibile cambio di leadership in Ucraina prima dei negoziati formali.

Secondo McGregor, è molto più accettabile mantenere la NATO nel suo status attuale. Alla domanda se Cipro potrebbe chiedere di entrare nella NATO come parte dell’allargamento dell’alleanza, McGregor ha risposto che questo potrebbe aumentare le tensioni con la Turchia e che “la posizione di Washington è che la NATO sta meglio con la Turchia all’interno che all’esterno dell’alleanza”.

Ha inoltre affermato che la NATO, originariamente creata come fattore di difesa, si è trasformata in “uno strumento degli interessi economici e politici occidentali guidati dagli Stati Uniti per dominare l’Europa dall’Atlantico agli Urali”.

“Data l’altissima probabilità che il conflitto per procura tra Washington e Mosca in Ucraina si concluda con una sconfitta inequivocabile per Kiev e un disastro economico per l’Ucraina, se la NATO sopravvive come alleanza, il blocco militare sarà costretto a tornare a una strategia difensiva o a trasformarsi in un’alleanza esclusivamente europea con un focus sulla sicurezza regionale”, ha concluso il colonnello McGregor.

https://t.me/s/nicolaililin

 

 

ANCORA SUL “FUOCO AMICO”…- Paolo Selmi

La situazione invariata sulla linea di fronte ci permette di approfondire ulteriormente l’argomento della CONTRAEREA DIFETTOSA E PIAZZATA NEI CENTRI URBANI A RIDOSSO DI EDIFICI CIVILI.

Il canale ucraino ZeRada, che vanta 370.000 iscritti, quanto una nostra testata nazionale giusto per avere un’idea di diffusione, oltre al fatto che i suoi posti sono ripresi da altri canali ucraini come Legitimnyj e Rezident UA (quasi 1 milione di iscritti solo quest’ultimo), CONFERMA CHE LA CATTEDRALE E’ STATA COLPITA DA “FUOCO AMICO” (se così si può chiamare il regime di Kiev a Odessa)

https://t.me/ZeRada1/14914
Argomentazione principale: un missile russo avrebbe provocato un danno DECISAMENTE MAGGIORE al tetto soprastante una navata secondaria.

Pone quindi altre domande, di cui la più interessante da questo punto di vista è: SE NON FOSSE STATO UN S-300 SCADUTO, magari “donato” dalla Slovacchia, avrebbe lo stesso deviato dalla propria traiettoria? Nota, peraltro, che anche i missili dell’antiaerea NATO “donati” al regime di Kiev sono anch’essi SCADUTI, tirati fuori dalla discarica della Storia.

Probabilmente, egualmente. I missili antiaerei moderni, ho letto da qualche parte, sono anche provvisti di un dispositivo in grado di farli esplodere in aria in caso di mancato contatto col missile. Ma non è questo il caso.

Riprende l’argomento Rozhin. I razzi dell’antiaerea deviati nella traiettoria sono minimo DUE (quelli filmati): di dove è andato a schiantarsi il secondo, nessuna notizia. Nessuna notizia anche di quelli non filmati da civili e diffusi in rete. Tornando alle argomentazioni sviluppate nel suo intervento,
https://t.me/boris_rozhin/92979

ODESSA è stata, fino a qualche settimana fa, la miglior cassaforte di armamenti NATO grazie all’IMMUNITA’ CONCESSAGLI DALL’ACCORDO SUL GRANO. Per questo, negare diritto di cittadinanza alle richieste russe per prolungare tale accordo e, in aggiunta, passare a modus operandi ricattatori colpendo Sebastopoli e Ponte sulla Crimea, è stato un vero e proprio HARAKIRI ANCHE DAL PUNTO DI VISTA MILITARE.

Ma si vede che il tafazzismo è la malattia senile del capitalismo, un po’ come l’estremismo di sinistra è la malattia infantile del comunismo («Детская болезнь „левизны“ в коммунизме»).

A maggior ragione, se si considera che gli attacchi ai depositi da parte russa e il semplice tasso di consumo, a dir poco stellare (un “geranio” da poche migliaia di euro, una batteria di missili), ha messo in ginocchio la contraerea ucraina: mancano missili, e non solo i Patriot miliardari.

Quindi DENTRO TUTTO, anche missili chiaramente non idonei. Del resto, nessuno produce più missili per postazioni di lancio sovietiche. Oltre al fatto banale che avran svenduto anche gli stampi, da allora…

Risultato: CIVILI IN COSTANTE PERICOLO DA PARTE NON DI RUSSI CHE CALIBRANO I LORO LANCI SU POSTAZIONI MILITARI O INFRASTRUTTURE STRATEGICHE, BENSI’ DA PARTE DEL COSIDDETTO “FUOCO AMICO”.

Un fuoco che sempre più milioni di ucraini stanno imparando a riconoscere per quello che è.

da qui

 

 

E’ un “lupo morto”. L’occidente alla ricerca di un sostituto di Zelensky – Fabrizio Poggi

Per l’Occidente, ormai Zelenskij è un “lupo morto”, scrive Vladimir Kornilov su RIA Novosti, e le iene non aspettano altro che il via libera euro-atlantico per banchettare sui suoi resti. Con la sorte toccata al capobranco kiplinghiano, si intende dire che le incrinature tra nazigolpista-capo e “democrazie” liberali si stanno approfondendo a vista d’occhio, così che, senza nemmeno aspettare che il summit NATO di Vilnius si raffreddasse, ecco che hanno immediatamente preso a farsi avanti i pretendenti a rimpiazzare l’ormai dato per spacciato “Akela” ucraino.

Sembra stiano per prender corpo gli slogan messi in piazza dal regime golpista – «Il summit NATO determinerà il destino dell’Ucraina e di Biden» – alla vigilia di Vilnius, ma non senso sperato: e il destino infausto sembra al momento riguardare più da vicino Vladimir Zelenskij. A Kiev, hanno cominciato a presentare il rifiuto al “Piano d’azione per l’adesione” come una specie di svolta: per anni, i golpisti hanno rimproverato l’Alleanza per il rifiuto di concedere il Piano, mentre ora proclamano agli ucraini «Guardate che successo! Ci hanno rifiutato il Piano!».

Dunque, la sorte a breve termine di Kiev era già scritta ben prima di Vilnius. Quello che nella capitale lituana ha provocato il “nobile sdegno” delle cancellerie occidentali, sono state le bravate e i sarcasmi di Zelenskij, in particolare nei confronti del Ministro della guerra britannico Ben Wallace (per altro, già in odore di dimissioni, ma per altre questioni) e delle sue parole su “NATO-Amazon” per le forniture di armi alla junta e la mancata “riconoscenza” golpista…

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Guerra energetica: l’ultima (disperata) mossa in mano all’Ucraina – Giuseppe Masala

Sostanzialmente tutti gli analisti economici erano arrivati alla conclusione che la “guerra dei tubi” e la “guerra energetica” mondiale erano sostanzialmente finite dopo le esplosioni dolose che hanno distrutto il gasdotto North Stream che collegava attraverso il Mar Baltico la Russia direttamente con la Germania minando così alle fondamenta la competitività economica del paese teutonico fondamentalmente basata sull’energia a basso costo acquistata dalla Russia (oltre che naturalmente sulla deflazione salariale imposta ai paesi europei grazie ai trattati capestro europei).

Ovviamente una guerra che vedeva come vincitori sia gli USA che riuscivano a ribaltare il dato sfavorevole della competività delle loro merci rispetto a quelle tedesche e sia la Cina che acquistava la sicurezza energetica grazie al fatto che la Russia avendo perso il mercato dell’Europa occidentale doveva per forza vendere il suo Gas all’Impero Celeste; dall’altro lato invece questa guerra vede in pareggio la Russia che sostanzialmente non perde e non guadagna nulla in termini finanziari dalla perdita dei clienti europei perchè ha immediatamente trovato nuovi clienti, in particolare la Cina e l’India.

Grande sconfitta della guerra energetica è stata considerata – certamente non a torto – l’Europa nel suo complesso, che ha perso l’accesso all’energia russa a basso costo, vedendo minata sia la sicurezza degli approvvigionamenti sia la competitività dei propri prodotti nei mercati mondiali dovuta proprio ai bassi costi energetici.

Ormai dunque, viste queste risultanze della guerra energetica, gli analisti si concentravano su due sole variabili per riuscire a predire l’andamento del conflitto in corso tra NATO e Russia: la variabile prettamente militare compreso l’aspetto dell’innovazione tecnologica degli armamenti, e la variabile monetaria e finanziaria…

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Ma di gran pianto Andromaca bagnata – Piero Pagliani

Chissà cosa si aspettava Zelensky dal vertice Nato. Ha ottenuto ciò che era naturale (e che lui si merita): A) promesse di armi per continuare a mandare al massacro la sua gente (ripeto per l’ennesima volta: per niente perché bastava onorare gli accordi di Minsk, ma la Nato e i suoi pretoriani nazisti non glielo hanno permesso), B) la promessa di accettare Kiev nell’allegra compagnia atlantica della buona morte, non appena “avrà vinto”. E qui ci sarebbe da piangere ma scappa solo una risata, anzi il “sogghigno della realtà”, come diceva Gramsci.

Insomma, l’Ucraina deve essere munta fino all’ultimo uomo, all’ultima risorsa e all’ultima grivnia (scambiata in dollari o euro, of course – Kiev è indebitata con noi “alleati” per la metà del suo PIL).

In realtà è vero che il regolamento Nato impedisce di accettare paesi in guerra. Ma data la legge si troverebbe l’inganno se non fosse che Usa, Germania, Italia e il nucleo storico della Nato (tranne apparentemente la superpotenza mignon UK ormai completamente in stato di delirio) non se la sentono di affrontare direttamente la Russia.

E non è solo una questione di rischio nucleare. Qualche militare avrà avvertito che un conto è andare a sparare a un pastore afgano armato di kalashnikov o far fuori carri armati d’epoca iracheni, un altro è affrontare una superpotenza formato King Kong dotata di armi che l’Impero del Caos e della Menzogna nemmeno si sogna e che fanno strame in quantità industriale di tutte le armi Nato profuse in Ucraina.

Perché la Nato non ha i mezzi per affrontare la Russia, ma la Russia ha i mezzi per affrontare la Nato altrimenti il Cremlino, storicamente sede di ultrà della pianificazione, non avrebbe iniziato questa Operazione Militare Speciale che col 20% delle forze armate disponibili fa vedere i sorci verdi a uno dei più grandi e armati eserciti del mondo sostenuto da migliaia di “volontari” Nato e da un flusso continuo di armi occidentali.

Un flusso un po’ troppo continuo se Biden ha dovuto affermare che fornisce bombe a grappolo (che Kiev sta già usando, quindi erano già arrivate) perché negli arsenali non ha più munizioni “normali” (sic!). Facendo impensierire Francia e Germania che si sono ricordate che la Russia possiede bombe a grappolo ben più potenti anche se finora non le ha utilizzate (Usa, Russia, Cina, India, Israele, Pakistan e Brasile non hanno firmato la Convenzione di Dublino)…

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L’insostenibile lentezza Nato e i soldi per quietare Zelensky – Fabio Mini

…I confini della Nato a ridosso della Russia e della Bielorussia significano lo schieramento di armi e truppe in Ucraina con la garanzia di una conflittualità permanente in Europa e sull’Europa di sicuro sul piano delle armi convenzionali e nucleari tattiche. Per l’ucraina, l’indeterminatezza dell’accesso a “quando ci saranno le condizioni” o “a guerra finita” oltre a uno schiaffo a tutte le assicurazioni ricevute dal 2008 in poi, è in realtà una imposizione senza vie d’uscita. Deve vincere ma non può farlo da sola, l’aiuto esterno non è sufficiente. Oppure Zelensky deve scendere a patti con la Russia (e gli Usa se lo concederanno) rinunciando a parti del territorio che rivendica e all’immagine di combattente per la civiltà che gli è stata cucita addosso. La prospettiva più concreta è quella meno fausta: il conflitto continua per consunzione. Gli ucraini si ridurranno di numero e di morale. I miliardi si volatizzeranno. La sicurezza europea non sarà assicurata, la pace non farà comodo a nessuno. La ricostruzione sarà compromessa e il conflitto con la Russia si tradurrà su entrambi i fronti in una serie di provocazioni, incursioni, “incidenti”, atti di terrorismo, “resistenza popolare”, restrizioni economiche e della libertà, tentativi di colpi di stato. Tutte cose che sempre comportano una buona dose di connivenza e collaborazionismo con il nemico. Ucraina docet.

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La “controffensiva” ed altre leggende del conflitto ucraino – Francesco Corrado

Siamo oramai al compimento del primo mese della tanto attesa, sostenuta, propagandata, sbandierata controffensiva ucraina. Ciò che è oramai chiaro corrisponde a quello che abbiamo detto mille volte: l’Ucraina non è assolutamente in grado di ottenere successi militari di rilievo contro i russi, a meno che non scendano in campo forze armate di altri paesi in soccorso del popolo gialloblu.

Ma al di la della propaganda incessante, alcune cose possono essere analizzate con molta tranquillità e con la consapevolezza di dire qualcosa che è molto vicino alla verità. Ferme restando le mezze ammissioni dello stesso governo ucraino, che tramite propri ministri ed ufficiali ha ammesso che la controffensiva va male, rimangono le esternazioni dello stesso Zelensky, il quale ha addirittura fatto sapere al mondo che questa non è la vera controffensiva, che se gli ucraini avessero voluto sarebbero potuti arrivare in Russia ma che non hanno voluto. Del resto si tratta di un comico. Così la stampa occidentale, ad una sola voce, come tipico dei regimi totalitari, ci spiega che non di vera controffensiva si tratta, ma più di un saggiare le difese russe, per poi vedere come impostare la vera azione militare.

Chissà allora perché, per saggiare le difese russe, si sono usati i tanto decantati mezzi tecnologici occidentali come Leopard o Bradley che fanno bella mostra di se inceneriti in colonne? Perché per saggiare le difese russe si sono usate le migliori brigare, addestrate per quasi un anno nei paesi NATO e che hanno subito perdite così gravi da essere state ritirate dal fronte? Perché, in soldoni, usare il meglio solo per fare una prova?

Invece quella cui stiamo assistendo è la vera controffensiva ucraina. Ed è stata un disastro, militarmente e politicamente. Nessuno realmente si aspettava che gli Ucraini davvero riprendessero la Crimea o fantasie simili: solo i giornalisti dei paesi UE. Di fatto la cosiddetta controffensiva è stata pensata solo per far si che gli ucraini si potessero presentare al vertice NATO di Vilnius con qualcosa in mano che non fossero solo ed esclusivamente richieste, ma con qualcosa di concreto, in termini di conquiste sul campo, che lasci quantomeno intravedere una possibilità, una via di uscita dignitosa, per sedersi al tavolo delle trattative: perché parlare di vittoria sul campo è impossibile ed assurdo, come detto da qualsiasi analista militare con un briciolo di onestà intellettuale…

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Niente di buono all’orizzonte – Pasquale Pugliese

Il vertice Nato di Vilnius, mentre non ha sciolto tutti i nodi per il famigerato ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica, che trasformerebbe la guerra in Ucraina hic et nunc in una guerra mondiale nucleare, ha sancito due risultati nefasti: l’ulteriore aumento delle spese militari dell’Alleanza (come ha evidenziato Francesco Vignarca su il manifesto del 12 luglio, L’unica intesa è sull’aumento delle spese militari) e l’ufficializzazione del prossimo ingresso della Svezia nell’Alleanza, dopo aver accettato le condizioni poste dalla Turchia sulla pelle dei kurdi, che non potranno più avere in quel paese asilo politico in fuga dalla repressione turca, alla quale saranno riconsegnati. Al di là dell’incredibile doppio standard del sottostare ai diktat di un “dittatore” (Draghi dixit) amico, come Erdogan, che opprime un popolo per fare la guerra ad un altro dittatore, come Putin, che fa lo stesso ma è nemico, l’ingresso della Svezia nella NATO mette definitivamente – e pericolosamente – la pietra tombale sul sogno di Olof Palme del “neutralismo attivo” tra i blocchi contrapposti.

Era la visione di un socialista che, dopo la più volte evocata Conferenza di Helsinki del 1975, trasformava il tradizionale neutralismo della Svezia in “attivo” come azione positiva e propositiva per il disarmo, il dialogo, la cooperazione internazionale, senza risparmiare puntuali critiche agli opposti militarismi, statunitense e sovietico. Operando, al contempo, per costruire ponti tra l’Est e l’Ovest per un’Europa unita nel nome della pace, e tra il Nord e il Sud del mondo per un pianeta giusto nel nome dell’uguaglianza, al punto da costruire nel 1980 la Commissione internazionale per la sicurezza e il disarmo, che prenderà il nome di “Commissione Palme”, impegnata strenuamente contro il riarmo nucleare dell’Europa degli anni ‘80 (si veda su questo Aldo Garzia, Olof Palme. Vita e assassinio di un socialista europeo, 2007). Sulle strade dei costruttori di pace degli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, Olof Palme incontrerà, tra gli altri, il comunista italiano Enrico Berlinguer, il quale – pur non chiedendone l’uscita dalla Nato – configura per il nostro Paese un ruolo di presenza critica e autonoma, capace, a sua volta, di fare da ponte tra mondi diversi, in un’ottica di disarmo e cooperazione europea ed internazionale, così come lui fa con il Partito Comunista Italiano, posizionandolo decisamente all’interno del movimento pacifista (si veda su questo Enrico Berlinguer, La pace al primo posto. Scritti e discorsi di politica internazionale (1992-1984), a cura di Alexander Hobel, 2023).

Olof Palme, scomodo a molti, sarà ucciso da primo ministro in carica il 28 febbraio 1986. Al contrario di Berlinguer, morto due anni prima, avrebbe fatto appena in tempo a vedere l’elezione di Michail Gorbačëv al vertice dell’Unione Sovietica, che avrebbe messo in pratica elementi concreti di una visione internazionale non molto dissimile da quella promossa da Palme (e Berlinguer): moratoria unilaterale sui test delle armi nucleari nel luglio del 1985 e poi ritiro unilaterale di 50.000 soldati dall’Europa orientale, smobilitazione di 500.000 truppe sovietiche, ritiro militare dall’Afghanistan nel 1989, non ingerenza nell’autodeterminazione dei popoli dei paesi dell’ex Patto di Varsavia, fino a consentire l’abbattimento del Muro di Berlino e la riunificazione della Germania. Ossia la visione e la costruzione di un nuovo ordine globale fondato sulla cooperazione e l’interdipendenza egualitaria e pacifica per un’Europa unita dall’Atlantico agli Urali. Senza muri, alleanze militari contrapposte e corse agli armamenti. “Grande è il pericolo che incombe sull’umanità. Ma quest’ultima dispone di ingenti forze per scongiurare la catastrofe e aprire la strada che conduce ad una civiltà senza armi nucleari. La coalizione della pace, che sta accumulando le forze e che unisce gli sforzi del movimento dei non allineati, del gruppo dei ‘Sei’, di tutti i paesi, partiti politici e organizzazioni sociali amanti della pace, ci dà motivo di speranza e di ottimismo. È arrivato il momento di azioni decisive e improrogabili”. Avrebbe scritto Michail Gorbačëv – tra le altre cose – insieme al presidente indiano Rajiv Gandhi, nella Dichiarazione di New Delhi sulla nonviolenza in occasione della visita in India il 27 novembre 1986, che ne anticipava le azioni successive.

Ma le cose sono andate molto diversamente da come Palme, Berlinguer, Gorbačëv e milioni di donne e uomini costruttori di pace avevano immaginato: la Nato non solo non si è sciolta, come il Patto di Varsavia, ma si è espansa ad Est paese dopo paese (e spende in armi più di quattro volte di Russia e Cina messe insieme); gli USA dal 1991 in avanti hanno esportato la guerra ovunque sul pianeta; la Russia si è consegnata all’autocrazia nazionalista; le spese militari mondiali si moltiplicano; la guerra dilaga ed è tornata anche in Europa, per la seconda volta, con un nuovo pericoloso confronto armato internazionale tra Russia e Nato sul territorio ucraino. E con l’ingresso acritico nell’Alleanza atlantica anche della Svezia, e la fine definitiva del “neutralismo attivo”, niente di buono si prospetta all’orizzonte per l’Europa. Mentre le armi nucleari distendono minacciosamente, di nuovo, la loro ombra sull’umanità.

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I bambini vittime del terrorismo di Kiev e l’assordante silenzio dei “democratici” – Marinella Mondaini

Continuano gli atti terroristici del regime di Kiev, oramai diventato totalmente terrorista sotto la
guida e assistenza degli istruttori occidentali in questi lunghi anni di guerra nel Donbass.

In un Occidente, sempre più coinvolto nella guerra contro la Russia usando gli ucraini, i politici occidentali, compreso quelli italiani, sono arrivati a giustificare questi atti terroristici come “atti  dovuti, per difendersi dall’aggressione della Russia” e c’è chi dichiara che “gli ucraini lottano anche  per la nostra libertà”.

Però non spiegano come mai questi atti terroristi ucraini sono diretti a
uccidere la popolazione civile in Russia e che attinenza ha con la “libertà degli italiani”. Ed è chiaro
come avviene la loro mistificazione: stravolgono la realtà dei fatti, negano con impudenza la verità di ciò che è accaduto e accade nel Donbass.

Dopo il secondo atto terroristico al Ponte di Crimea dell’altro giorno, dove è stata distrutta una famiglia, si è salvata per miracolo una ragazzina di 13 anni, rimasta adesso orfana ed è ricoverata in ospedale, ieri, sempre in Crimea, ancora un altro atto di terrore ucraino sulla popolazione russa locale: un drone ha ucciso un’altra ragazzina di 14 anni.

Il cinismo dei curatori occidentali che addestrano questi nuovi terroristi raggiunge il suo massimo quando dichiarano che “non abbiamo elementi necessari per poter dire chi è il responsabile di questo accaduto”.

I bambini che sono coinvolti e spesso uccisi in questa guerra certamente colpiscono in maniera
particolare la nostra giovanissima scrittrice del Donbass, Faina Savenkova, 13 anni, che vive a
Lugansk.

Ecco la sua riflessione da me tradotta.

“E’ terribile vedere come uno Stato europeo si è trasformato in terroristico.
Sono già nove anni che non mi sorprendono più i bombardamenti e gli abitanti pacifici morti. 
Purtroppo sono già abituata alla morte, vivo in una zona di conflitto militare e questo per me è abituale. Ma non potrò mai accettare e perdonare l’uccisione di persone innocenti.
Altro ieri il governo ucraino a compiuto un altro solito atto terroristico facendo saltare in aria una delle campate del ponte della Crimea sono morti civili una ragazzina di 14 anni è rimasta senza genitori, ma che colpa ne ha lei, è forse colpevole della guerra, scatenata dall’Occidente contro la Russia con le mani dell’Ucraina? No. I suoi genitori erano comuni abitanti pacifici, stavano semplicemente andando in vacanza. Ma non solo questo è terribile, è terribile anche che un intero Stato europeo si sia trasformato in terroristico. Con orgoglio, questo Stato commette crimini di guerra, organizza omicidi di civili, attentati terroristici e in questo è aiutato dai Servizi Segreti occidentali. “Questo non può essere, non è vero” – direte voi, ma è così. Noi non sentiamo condanne da parte dei governi di questi paesi, non sentiamo rammarico perciò che è successo. 
Riuscite a immaginare che l’11 settembre del 2001, quando i terroristi hanno fatto saltare in aria le 
Torri Gemelle, possano essere stati aiutati dai Servizi segreti di altri paesi e il mondo fosse rimasto zitto e cinico a guardare? Io no, ma ora il terrorista è un intero Stato e il suo popolo. Così è già successo. Tu diventi un criminale quando ignori le vittime, quando giustifichi le tue azioni dicendo che queste persone, questa nazione non devono esistere. Quando sei orgoglioso di uccidere chi è 
diverso, perché hai un grande obiettivo: liberare il mondo dai russi, oppure dagli ebrei o dai polacchi. Questo è fascismo, così fanno i terroristi. Troppo il mondo è sempre più vicino a una Nuova guerra mondiale. Essa comincia col primo bombardamento delle città pacifiche, del Viale degli Angeli con i cognomi dei bambini uccisi, con la gioia e derisione dopo un atto turistico compiuto. Con la disumanizzazione… 
Probabilmente io sono abituata alla guerra, alle morti, ma tuttora no.

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Trincee – Christopher-R.-W.-Nevison

 

La Hybris delle elites occidentali – Alastair Crooke

…Ucraina: come si vince una guerra che non si può vincere? Bene, la risposta dell’élite è stata via la narrazione. Insistendo contro la realtà che l’Ucraina sta vincendo e la Russia si sta “sfasciando”. Ma tale hybris alla fine viene smontata dai fatti sul campo. Anche le classi dirigenti occidentali si rendono conto che la loro richiesta di successo dell’offensiva ucraina è fallita. Alla fine, i fatti militari sono più potenti delle ciance politiche: Una parte è distrutta, i suoi molti morti diventano il tragico “agire” per rovesciare il dogma.

“Saremo in grado di estendere all’Ucraina l’invito ad aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte… [tuttavia] a meno che l’Ucraina non vinca questa guerra, non c’è alcuna questione di adesione da discutere” – dichiarazione di Jens Stoltenberg a Vilnius. Così, dopo aver esortato Kiev a gettare altre (centinaia di migliaia) di uomini nelle fauci della morte per giustificare l’adesione alla NATO, quest’ultima volta le spalle al suo protetto. Dopotutto, si trattava di una guerra non vincibile fin dall’inizio.

La hybris, a un certo livello, risiedeva nel fatto che la NATO contrapponeva la sua presunta “superiorità” in termini di dottrina militare e di armamenti alla deprecata rigidità – e “incompetenza” – militare russa di stampo sovietico.

Ma i fatti militari sul campo hanno smascherato la dottrina occidentale come hybris – con le forze ucraine decimate e le armi della NATO che giacciono in rovine fumanti. È stata la NATO a insistere sulla rievocazione della Battaglia di “73 Easting” (dal deserto iracheno, ma ora tradotta in Ucraina).

In Iraq, il “pugno corazzato” ha colpito facilmente le formazioni di carri armati iracheni: Si trattava infatti di un “pugno” di spinta che mise al tappeto l’opposizione irachena. Ma, come ammette francamente il comandante statunitense di quella battaglia di carri armati (il colonnello Macgregor), il suo risultato contro un’opposizione demotivata è stato in gran parte fortuito.

Tuttavia, la “73 Easting” è un mito della NATO, trasformato in dottrina generale per le forze ucraine – una dottrina strutturata sulla circostanza unica dell’Iraq.

La hybris – in linea con il video del Daily Telegraph – sale tuttavia verticalmente per imporre la narrazione unitaria di una prossima “vittoria” occidentale anche sulla sfera politica russa. È una vecchia storia che la Russia sia militarmente debole, politicamente fragile e incline alle spaccature. Conor Gallagher ha dimostrato con ampie citazioni che era esattamente la stessa storia nella Seconda Guerra Mondiale, che rifletteva un’analoga sottovalutazione occidentale della Russia – combinata con una grossolana sopravvalutazione delle proprie capacità.

Il problema fondamentale della “chimera” è che l’uscita da essa (se mai avviene) avviene a un ritmo molto più lento degli eventi. Il disallineamento può definire gli esiti futuri.

Potrebbe essere nell’interesse del Team Biden supervisionare un ritiro ordinato della NATO dall’Ucraina – in modo da evitare che diventi un’altra debacle di Kabul.

Perché ciò avvenga, il Team Biden ha bisogno che la Russia accetti un cessate il fuoco. E qui sta il difetto (ampiamente trascurato) di questa strategia: Semplicemente, non è nell’interesse della Russia “congelare” la situazione. Ancora una volta, l’ipotesi che Putin “salterebbe” all’offerta occidentale di un cessate il fuoco è un pensiero hybristico: I due avversari non sono congelati nel senso basilare del termine – come in un conflitto in cui nessuna delle due parti è riuscita a prevalere sull’altra, e sono bloccati.

In parole povere, mentre l’Ucraina è strutturalmente sull’orlo dell’implosione, la Russia, al contrario, è pienamente plenipotente: Dispone di forze ingenti e fresche; domina lo spazio aereo; e ha quasi il dominio dello spazio aereo elettromagnetico. Ma l’obiezione più fondamentale a un cessate il fuoco è che Mosca vuole che l’attuale collettivo di Kiev se ne vada e che le armi della NATO siano fuori dal campo di battaglia.

Quindi, ecco l’intoppo: Biden ha un’elezione, e quindi sarebbe adatto alle esigenze della campagna democratica avere una “graduale cessazione ordinata”. La guerra in Ucraina ha messo in luce troppe carenze logistiche americane. Ma anche la Russia ha i suoi interessi.

L’Europa è la parte più intrappolata dall'”illusione” – a partire dal momento in cui si è gettata senza riserve nel “campo” di Biden. La narrazione dell’Ucraina si è spezzata a Vilnius. Ma l’amour propre di alcuni leader dell’UE li mette in conflitto con la realtà. Vogliono continuare ad alimentare il tritacarne dell’Ucraina – persistere nella fantasia di una “vittoria totale”: “Non c’è altro modo che una vittoria totale – e sbarazzarsi di Putin… Dobbiamo correre tutti i rischi per questo. Nessun compromesso è possibile, nessun compromesso.”

La classe politica dell’UE ha preso così tante decisioni disastrose in ossequio alla strategia statunitense – decisioni che vanno direttamente contro gli interessi economici e di sicurezza degli europei – che ciò dimostra solo che ha molta paura.

Se la reazione di alcuni di questi leader sembra sproporzionata e irrealistica (“Non c’è altro modo che una vittoria totale – e sbarazzarsi di Putin”) – è perché questa “guerra” tocca motivazioni più profonde. Riflette i timori esistenziali di un disfacimento della meta-narrazione occidentale che farà crollare la sua egemonia e con essa la struttura finanziaria occidentale.

La meta-narrazione occidentale “‘from Plato to NATO’ [‘da Platone alla NATO’], è quella di idee e pratiche superiori le cui origini risalgono all’antica Grecia, e che da allora sono state raffinate, estese e trasmesse nel corso dei secoli (attraverso il Rinascimento, la rivoluzione scientifica e altri sviluppi presumibilmente unicamente occidentali), cosicché oggi noi occidentali siamo i fortunati eredi di un DNA culturale superiore.”

Questo è ciò che probabilmente avevano in mente gli autori del video del Daily Telegraph quando insistono sul fatto che “la nostra narrativa vince le guerre”. La loro hybris risiede nella presunzione implicita: che l’Occidente in qualche modo vince sempre – è destinato a prevalere – perché è il destinatario di questa genealogia privilegiata.

Naturalmente, al di fuori della comprensione generale, è accettato che la nozione di “un’Occidente coerente” sia stata inventata, riadattata e utilizzata in tempi e luoghi diversi. Nel suo nuovo libro, “The West”, l’archeologa classica Naoíse Mac Sweeney contesta il “mito generale” indicando che è stato solo “con l’espansione dell’imperialismo europeo d’oltremare nel corso del XVII secolo che ha cominciato a emergere un’idea più coerente di dell”Occidente’, utilizzata come strumento concettuale per tracciare la distinzione tra il tipo di persone che potevano essere legittimamente colonizzate e quelle che potevano essere legittimamente colonizzate“.

Con l’invenzione dell’Occidente è arrivata anche l’invenzione della storia occidentale – un lignaggio elevato ed esclusivo che ha fornito una giustificazione storica per la dominazione occidentale. Secondo il giurista e filosofo inglese Francis Bacon, nella storia dell’umanità ci sono stati solo tre periodi di apprendimento e civiltà: “uno tra i greci, il secondo tra i romani e l’ultimo tra noi, cioè le nazioni dell’Europa occidentale“.

Il timore più profondo dei leader politici occidentali – complice la consapevolezza che la “Narrazione” è una finzione che raccontiamo a noi stessi, pur sapendo che è di fatto falsa – è che la nostra epoca sia stata resa sempre più e pericolosamente contingente a questo meta-mito.

Essi tremano non solo per una “Russia potenziata”, ma piuttosto per la prospettiva che il nuovo ordine multipolare guidato da Putin e Xi, che si sta diffondendo in tutto il mondo, faccia crollare il mito della Civiltà Occidentale.

(Traduzione a cura di: Nora Hoppe)

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Gli eserciti che usano ancora le bombe a grappolo e chi le produce

Le ‘cluster bombs’ all’americana, o ‘bombe a grappolo’ in militarese nostrano, tutte egualmente vietate, hanno accompagnato le ultime settimane di controffensiva ucraina silenziata per problemi sul campo. Già usate sul campo (prima i russi o prima chi si difende?) ora sono arrivate quella americane che tenevano nascoste nei fondi degli arsenali per problemi di immagine.
Ma ecco che finisce il secondo piano, denuncia opportunamente InsideOver, la catena di produzione di quegli ordigni della vergogna che molti producono e tanti altri ancora usano in troppi teatri di guerra.

Le regole sistematicamente violate

«La Convenzione di Oslo del 2008 ha vietato la produzione, l’uso, il trasferimento e lo stoccaggio di questo tipo di munizioni, raccogliendo consenso tra più di 100 Paesi, tra cui l’Italia, considerata nazione virtuosa. Ne restano fuori, invece, potenze di rilievo come Stati Uniti, Russia, Cina, India e Pakistan», ripete Francesca Salvatore per gli smemorati. Mentre per gli illusi…

Chi le produce

«Almeno 34 Paesi al mondo hanno prodotto bombe a grappolo fino alla Seconda guerra mondiale». Da allora, 18 Paesi che avevano aderito alla Convenzione di Oslo avevano ufficialmente rinunciato alla produzione e allo ‘stoccaggio’, a conservarle ‘non si sa mai’. Ma ben 16 Paesi restano produttori o si riservano il diritto di farlo. Fra questi, Brasile, Cina, Egitto, Grecia, India, Iran, Israele, le due Coree, Pakistan, Polonia, Romania, Russia, Singapore, Turchia Stati Uniti. L’ultimo report disponibile in fatto di investimenti e produzione di bombe a grappolo è del 2018, ma una nuova analisi dovrebbe giungere a breve grazie al monitoraggio di think tank come ‘Stop Explosive Investments’. Col rischio di ulteriori spiacevoli scoperte…

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Guerra in Ucraina e danni collaterali – Guido Viale

(Foto di Andrea Mancuso)

Dall’inizio della guerra con la Russia l’esercito ucraino ha sparato una media di 9.000 proiettili di cannone al giorno – quasi mezzo milione finora, tanto da aver esaurito le scorte degli Stati Uniti e di molti altri membri della Nato. Dove? Tutti concentrati su quattro regioni, quelle che rivendica e vuole riconquistare.

Vediamo alla Tv e leggiamo sui giornali le distruzioni inflitte dalle armi russe – razzi, bombe e cannonate – sugli edifici di tutto il resto dell’Ucraina, anche se per lo più concentrate sulla zona del fronte. Non vediamo però le distruzioni che le cannonate ucraine hanno inflitto e infliggono a quella che gli ucraini considerano parte del loro Paese, della loro patria. Andranno tutte a segno? Non semineranno morte e distruzione anche tra la popolazione civile – quella rimasta – e le loro case? Quando non colpiscono obiettivi militari o edifici, quelle bombe finiscono nei campi: li inquinano, li cospargono di frammenti metallici, ne rendono difficile se non impossibile la coltivazione per anni.

Ora si comincia anche con le bombe a grappolo fornite dagli Usa – perché, ha detto Biden, le bombe convenzionali sono finite – che diffondono frammenti inesplosi che renderanno quei terreni infrequentabili per anni. Sono armi proibite da una convenzione internazionale che però Usa, Russia e Ucraina – tra altri – non hanno firmato. Se le tengono, le producono, e non hanno firmato perché intendevano usarle e prima o poi lo avrebbero fatto. Secondo il governo degli Stati Uniti l’esercito russo lo ha già fatto (è del tutto probabile) sul resto del territorio ucraino di cui non si è appropriato e secondo il governo russo lo ha già fatto anche l’esercito ucraino su quello che vorrebbe riconquistare. Ma lo stesso discorso vale per le armi nucleari: se non si sottoscrive il trattato dell’ONU che le mette al bando è perché prima o poi si intende usarle. E le si useranno.

Poi ci sono le mine. Secondo il governo ucraino l’esercito russo ne ha già posizionate almeno un milione, di tipo e dimensioni diverse. E tutte, ovviamente, a ridosso del fronte, entro i confini di quel territorio conteso. Dove non si sa. Forse non lo sa bene nemmeno l’esercito russo che le ha collocate. Sicuramente non lo sa l’esercito ucraino, che dovrà scoprirle e neutralizzarle a sue spese (in vite umane) se e quando riconquisterà quei territori: un altro ostacolo micidiale alla loro vivibilità, chiunque li governi. Ma molte di quelle mine sono state smosse e trascinate chissà dove, insieme a migliaia di tonnellate di inquinanti, di detriti, di animali annegati, dalla distruzione della diga di Kakhovka (da parte di chi? Entrambe le parti avrebbero avuto dei motivi per farlo). D’altronde hanno cercato di farci credere per un anno che a distruggere il gasdotto Northstream fosse stata la Russia…E un’altra diga, per fermare l’invasione, era già stata fatta saltare un anno prima dagli ucraini, che lo avevano rivendicato con orgoglio. Chi potrà mai abitare e coltivare quelle terre, tra le più fertili e con un sottosuolo tra i più ricchi del pianeta?

Per appropriarsi o riappropriarsi di un territorio che la guerra sta rendendo inabitabile sono stati, e vengono mandati, al macello, centinaia di migliaia di uomini da entrambe le parti. Gli uni – si dice – consenzienti, ma certo non tutti. Gli altri quasi tutti costretti. Non ci sono solo i morti; migliaia sono gli invalidi permanenti e ancora di più i combattenti che la guerra ha stravolto tanto da non essere più recuperabili alla vita civile. Poi ci sono altri milioni di ucraini e ucraine fuggiti in Europa (per lo più ben accolti, tanto che molti cercheranno di restarvi, come peraltro aveva già fatto un milione e più di loro anche prima che scoppiasse la guerra). Il Paese uscirà da questa guerra, se mai ne uscirà, devastato, privo di una parte vitale ed essenziale della sua popolazione, con centinaia di migliaia di invalidi fisici e psichici a cui provvedere, senza che essi possano provvedere a se stessi o alle loro famiglie. Ma come sempre, dopo essere stati acclamati come eroi, verranno dimenticati, trascurati e trattati sempre più come un inutile peso.

Poi occorre mettere in conto di questa guerra – forse Greta Thunberg, andando a trovare Zelensky, non lo ha fatto – il danno inflitto alla lotta per il clima e l’ambiente anche nel resto del pianeta. Le emissioni climalteranti si avvicinano a quelle dell’Italia in un anno. Poi, per supplire al blocco di quelli russi, via libera all’estrazione e alla lavorazione di idrocarburi ovunque possibile, in barba agli impegni presi; spinta alla fabbricazione di sempre più armi che non aspettano altro che di essere usate; militarismo dispiegato e soprattutto diffusione ovunque di uno spirito bellicista secondo il quale i problemi non si possono risolvere che con la guerra…

Ne valeva la pena? Era proprio certo che la Russia – Putin – avrebbe cercato di impossessarsi dell’Ucraina se il suo governo non si fosse promesso alla Nato dopo la rivolta di Maidan? Se da quella rivolta non fosse sorta una guerra feroce contro le aspirazioni autonomistiche delle regioni russofone dell’est del paese, imposta anche a Zelensky che aveva vinto le elezioni con tutt’altro programma? Se la finta tregua di Minsk non fosse stata sottoscritta, come ha riconosciuto la stessa Angela Merkel, solo per prendere tempo, per armare fino ai denti l’Ucraina, il suo esercito e le sue milizie naziste, per prepararle a una guerra che non si è fatto niente per sventare?

Rileggo i libri sulla guerra di di Svetlana Aleksievic, in cui dà voce a chi le guerre le ha fatte e subite e mi chiedo se i fautori dell’armamento ad oltranza dell’Ucraina sono consapevoli dell’orrore, del dolore e dello strazio irreparabili che una guerra del genere infligge a milioni di esseri umani (esseri umani che vivono in Europa come noi; perché di quelli di continenti lontani siamo tutti sicuramente e serenamente inconsapevoli).

Che cosa ha trasformato tanti di noi in strateghi che non riescono più a trovare, e nemmeno a cercare, una soluzione di questo strazio, se non in una “vittoria” che appare sempre più irrealistica sul piano militare, ma soprattutto inconsistente su quello civile? Perché a quei territori distrutti e a quelle esistenze spente nessuno restituirà più la vita.

E di fronte a questa non-prospettiva, che cosa ci impedisce di considerare quella guerra un conflitto scatenato e condotto a spese di popolazioni ignare del “grande gioco” che si svolge sulle loro teste, ma promosso da un’idolatria dei “confini” (in gran parte disegnati “a tavolino”) che oggi viene richiamata a giustificazione delle peggiori efferatezze, ma che è anche la premessa di ogni guerra?

da qui

 

 

Un drone russo Lanzet, prodotto dal gruppo industriale Kakashnikov, distrugge un carro armato tedesco Leopard 2. Insomma, dal punto di vista dell’economia di guerra questo episodio si spiega così: 12.000 dollari distruggono 10.000.000 di dollari.

https://t.me/s/nicolaililin

 

 

 

 

23/07 ore 01:30 aggiornamento
Situazione del tutto invariata. SE NON PER IL FATTO CHE OGGI FONTI UCRAINE HANNO PUBBLICATO IL NUMERO DEI LORO SOLDATI MORTI DA INIZIO CONFLITTO: TRECENTODIECIMILA .
https://t.me/polk105/9430

da qui

 

 

 

 

 

Guerra in Europa e “ordine internazionale” NATO – Gaetano Colonna

…Ma la NATO fa anche qualcosa di più, e questo è davvero il segno dei tempi. Cioè sta sviluppando il primo fondo sovrano internazionale. Notate bene: i fondi sovrani sono entità finanziarie che raccolgono capitali, quindi raccolgono denaro da investitori sparsi in tutto il mondo. Però con una caratteristica appunto di sovranità, cioè di carattere pubblico, addirittura internazionale in questo caso: come garante finanziario dello sviluppo degli armamenti e della ricerca scientifica, in direzione appunto militare. Giustamente la NATO con Stoltenberg si vanta di avere ideato e creato il primo fondo sovrano internazionale della storia, il che significa davvero molte cose.

Significa intanto che gli Stati nazionali cominciano a non avere più sovranità, neanche da questo punto di vista: in un settore, quello della difesa e degli armamenti, che normalmente era di assoluta pertinenza dello Stato-nazione di modello classico. Quindi si va a toccare una pluralità di elementi strutturali, giuridici, istituzionali, dei sistemi politico-economici attuali. Aggiungo un dettaglio, che mi è venuto in mente prima vedendo il vostro cartello all’entrata: Resistenza e Resilienza. Nel documento NATO, si dedicano un paio di paragrafi al fatto che la NATO si deve preoccupare anche di aiutare gli Stati membri a organizzare la “resilienza della società civile”, ovviamente rivolta a condizioni belliche: quindi preparare i popoli a vivere in stato di guerra, con il relativo indispensabile controllo sociale, che abbiamo già visto all’opera durante la pandemia (perdonatemi il collegamento…).

Quindi cominciamo ad avere un’istituzione internazionale politico-finanziario-scientifico-militare, con una direzione che è comunque controllata da una superpotenza, gli USA, la quale si preoccupa a questo punto di entrare in tutti i settori chiave di qualsiasi entità statale alleata, di qualsiasi genere e tipo. Quindi abbiamo di fatto uno Stato sovranazionale, al quale noi aderiamo e continuiamo sempre di più a sottostare.

Finisco con un ultimo riferimento. Perché proprio la Russia e la Cina sono indicati come nemici dalla NATO? Questo è stato detto in maniera molto chiara nel 2018, nel documento strategico di difesa degli Stati Uniti d’America, e questo viene ribadito anche nella dichiarazione NATO di ieri. Molto semplicemente, si dice che la Cina e la Russia mettono in discussione l’ordine, l’ordine di cui dicevamo prima, fondato sulle regole dell’internazionalismo liberal-capitalista, e dunque sono delle potenze revisioniste. Non si può non notare che si tratta della stessa accusa che si fece negli anni Trenta del secolo XX, dal ‘36 in poi, nei confronti di ItaliaGermania e Giappone.

Per quanto ovviamente i parallelismi lascino sempre il tempo che trovano, sappiamo bene attraverso quali drammatiche vicende questo marchio di “potenze revisioniste” abbia comunque portato alla Seconda Guerra Mondiale. Quindi stigmatizzare come nemico chi non accetta. o vuole semplicemente rivedere, l’ordine esistente è una scelta molto preoccupante. La revisione dell’ordine internazionale creato dagli iniqui trattati del 1919 era una delle richieste che avanzarono Italia e Germania, con tutte ovviamente le critiche che si possono sollevare ai loro rispettivi regimi politici.

Oggi preventivamente si dice che chiunque voglia mettere in discussione l’ordine esistente, appunto il Rules-Based International Order, è un pericoloso nemico, contro il quale è necessario prepararsi a combattere, e contro uno dei quali si sta già combattendo, quanto meno fornendo le armi a chi lo combatte.

È possibile parlare di pace, in una prospettiva del genere?

da qui

 

 

 

 

Italia: «Fuori dal deficit le spese per Kiev», ma è trucco contabile

 

Roma chiede un trattamento preferenziale da riservare alle spese per la Difesa. Si vuole evitare che il rispetto degli impegni internazionali riduca i margini di manovra, sostengono a Bilancio e Difesa. Dubbi europei e del mercato che ricadrebbe sui nostri Buoni del tesoro.

 

‘Patto di stabilità’ con eccezioni

All’Italia l’impianto generale del nuovo Patto di stabilità proposto dalla commissione non dispiace, segnala il Sole24ore, salvo qualche sconto che Roma chiede a Bruxelles prigioniera tra mille compromessi, mentre la rigida Germania già si arrabbia.

Flessibilità o scorciatoie?

Il ministro dell’Economia Giorgetti, tra ‘flessibilità’ e ‘sostenibilità del debito pubblico di ciascun Stato’ fa l’equilibrista. Ed ecco la trovata: «l’adozione di un trattamento preferenziale per una serie di investimenti pubblici». Scuole, ferrovie, ospedali? No. La novità Giorgetti è di voler comprendere «la spesa per la difesa derivante da impegni assunti nelle sedi internazionali». Tradotto, lo sforzo finanziario per il sostegno militare all’Ucraina.

Quel dannato 2% NATO. Oltre Kiev, la sollecitazione Nato a portare le spese per la difesa al 2% del Pil. 

Rischio fondo classifica

Ma c’è un altro aspetto della proposta di riforma proposta dalla commissione che a Roma non va giù. L divisione dei Paesi in tre classi, in base al livello del proprio debito pubblico: basso, medio o alto. Con l’Italia che finirebbe nella classe peggiore, con vincoli più rigidi negli obiettivi da concordare con la commissione per assicurare la «sostenibilità dei conti pubblici».

Pessimo per ‘piazzare’ i nostri Bot

Il timore è che questa etichetta, assegnata in partenza proprio per fissare i binari in cui far correre il piano di rientro -segnala Gianni Trovati sul giornale di Confindustria-, «si trasformi in una sorta di stigma non esattamente utile per tranquillizzare l’approccio dei mercati ai nostri BTp».

da qui

 

 

Saccheggio dell’Ucraina: terre rare e predatori – Davide Malacaria

“Si ritiene che l’Ucraina sia la nazione più ricca di terre rare d’Europa, sebbene gran parte di esse non siano estratte. Le terre rare (cerio, ittrio, lantanio e neodimio) e le relative leghe sono utilizzate in molti dispositivi di uso quotidiano, computer, batterie, cellulari e molto altro”, tanto che sono considerate le risorse più strategiche del tempo attuale.

Nel 2022, prima dell’inizio della guerra aperta con la Russia (quella di attrito è iniziata nel 2014), l’Ucraina era “al quarto posto nel mondo per valore totale stimato di risorse naturali, con circa 15 miliardi di dollari di produzione annua e un potenziale ‘valore stimato [che] potrebbe raggiungere i 7,5 trilioni di dollari’”.

Terre rare e spoliazione delle risorse

Questa fotografia dell’Ucraina del 2022 è riportata da Larry C. Johnson sul sito del Ron Paul Institute, in una nota basata a sua volta su un articolo pregresso, molto ben documentato, della CBC.

Una nazione ricca, ricchissima, che però non ha saputo sfruttare tale ricchezza, e ciò ben prima della guerra. Questo perché l’Ucraina è stata governata da una ristretta oligarchia, sia ai tempi dell’Unione sovietica, – dove però certe ricchezze, ad esempio le terre rare, erano inutili – che soprattutto nell’era post sovietica.

In Ucraina, scrive Johnson, si è replicato quanto è accaduto in Russia, dove la caduta del vecchio sistema non ha portato affatto la democrazia, ma ha creato una cricca di oligarchi che hanno predato le risorse del Paese a beneficio dell’Occidente.

Processo che Putin ha saputo invertire in Russia, con l’emarginazione forzata degli oligarchi dal potere e il rilancio dell’economia nazionale, processo, che secondo Johnson, è ora davanti agli occhi di tutti: non solo la Russia è risultata resiliente alle sanzioni, che anzi stanno deprimendo l’Occidente, ma ha anche mostrato un apparato militare efficiente e tecnologicamente avanzato.

Non si tratta di lodare Putin, solo di far intravedere come l’Ucraina, dopo la fine del comunismo, sia rimasta in balia degli oligarchi legati all’Occidente, – com’era la Russia prima di Putin – i quali hanno istituito un sistema di spoliazione permanente delle sue risorse.

Così Johnson: “Gli oligarchi occidentali […] erano impegnati a stringere accordi con gli oligarchi ucraini per ottenere il controllo delle terre rare e delle risorse energetiche. Pensate che mettere Hunter Biden nel consiglio di amministrazione di Burisma [società energetica cipriota che opera prevalentemente in Ucraina ndr], insieme all’ex capo dell’antiterrorismo della CIA Cofer Black, sia solo una coincidenza?”…

continua qui

 

 

 

 

Alex Zanotelli: boicottare le banche armate contro contro la guerra e il riarmo (Intervista di Laura Tussi)

Alex Zanotelli interviene con decisione sul tema delle banche armate per sostenere la campagna di sensibilizzazione sugli investimenti non etici degli istituti finanziari e per difendere la legge 185 dagli attacchi del ministro Crosetto e della lobby delle armi. La sua esortazione contiene due inviti fondamentali, uno alla consapevolezza e all’informazione e un altro alla disobbedienza civile.

Pochi giorni fa si è tenuto un incontro organizzato dall’AIAD – la Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa – alla presenza del ministro Crosetto, che si è detto favorevole a modificare la legge 185 perché sta bloccando troppo la vendita di armi. Le reazioni a questo attacco non si sono fatte attendere e uno dei primi a intervenire è stato Alex Zanotelli: «Non ho mai visto un Governo italiano così prigioniero del complesso militare industriale di questo Paese e questo è gravissimo», ci ha detto.

Un altro aspetto preoccupante che emerge dalle dichiarazioni di Crosetto riguarda il rapporto fra guerra e finanza.

Il ministro si è detto molto preoccupato per le banche etiche perché – a detta sua – diventa sempre più difficile trovare soldi dalle banche che si sentono accusate di non essere etiche. Per questo ha dichiarato di voler fondare una nuova banca che investa soltanto nel militare. Per questo penso che diventi fondamentale in questo momento proprio l’invito a tutti a evitare e soprattutto boicottare le banche armate. Con la guerra in Ucraina verranno prodotte molte armi ed essa andrà avanti perché è importante produrre armamenti e poi smaltirli subito. È il solito modo di procedere.

Cosa ti preoccupa di più di questa situazione?

Quello che mi preoccupa di più non è tanto la reazione della società civile, che purtroppo non è molto cosciente, quanto quella delle comunità cristiane. Il livello dovrebbe essere molto chiaro: non possono lasciare i loro soldi in mano alle banche che investono nella produzione di armi. Quel povero Gesù di Nazareth era il profeta della nonviolenza. Il grande teologo Enrico Chiavacci al Concilio Vaticano Secondo ha detto una cosa molto chiara: un cristiano è obbligato a sapere dove tiene i propri soldi, in quali banche e come quella banca usa quei soldi.

Quello che mi sconcerta di più è quindi il silenzio da parte delle comunità cristiane, delle parrocchie, delle diocesi, dei vescovi. Non riesco a capirlo. Ormai noi cristiani siamo talmente conformati al sistema economico-finanziario militarizzato che accettiamo come una cosa normale che i nostri soldi vengano investiti in tutta questa infernale produzione. Penso che sia importante un appello alle comunità e a tutti i cittadini perché davvero adesso devono compiere una scelta sostanziale. Non vogliamo la guerra, siamo per la pace, ma se poi i soldi li depositiamo in una banca che investe in armi e ordigni militari la coerenza viene meno. È necessario aiutare la gente a capire questo, ma non è facile.

Come valuti oggi il mercato degli armamenti in Italia?

L’anno scorso abbiamo investito per 32 miliardi di euro in armi. È pazzia collettiva. Sono tutti soldi che vengono tolti alla scuola, alla sanità pubblica e ad altri settori vitali. La campagna di boicottaggio delle banche armate dovrebbe motivare la gente, far capire che i suoi soldi non possono essere usati per costruire armamenti che ci stanno conducendo inesorabilmente a un disastro planetario. E dall’altra parte ricordiamoci quanto pesano sull’ecosistema queste guerre, che provocano un altissimo tasso di inquinamento e qui siamo davanti all’estate incandescente.

Vendere armi nelle zone calde, nelle aree di conflitto armato è vietato dalla legge 185/1990, come anche dalla nostra Costituzione. L’export di armamenti è veicolato verso i paesi impegnati nella guerra contro lo Yemen, verso i paesi come l’Egitto di al Sisi e la Turchia di Erdogan. Puoi argomentare queste considerazioni?

Il problema è drammatico. Il Ministro della Difesa Crosetto è molto preoccupato della 185 perché ostacola la vendita d’armi, che lui al contrario vorrebbe accelerare. È una legge nata in seguito a una lunga battaglia di cui ho fatto parte con la rivista Nigrizia. Poi mi hanno “defenestrato” e sono andato in Africa, ma quel movimento, che includeva tantissime organizzazioni, ha portato alla legge 185, che è unica in Europa. È un piccolo strumento per prevenire un sacco di disastri ed è fondamentale difenderlo ostinatamente, anche a costo di pagare di persona.

I caricatori del porto di Genova, i Calp –ma anche quelli di altri porti –, si sono rifiutati di caricare le armi sulle navi destinate all’ Arabia Saudita per la guerra contro lo Yemen. I portuali stanno pagando di persona, sono incriminati e rischiano di essere processati. Ma oggi diventa fondamentale la disobbedienza civile. Giorni fa ho partecipato a un incontro sul caporalato in Campania e il vescovo emerito di Caserta, Monsignor Nogaro, ha detto proprio queste parole: «È arrivato il tempo di gridare che è necessaria la disobbedienza civile. Siamo arrivati a questo punto. Dobbiamo davvero disobbedire».

Questo però vuol dire pagare nella propria vita e so che questo non è facile. Eppure il cittadino che capisce quanto è folle questo sistema drammatico deve avere il coraggio. Questo per le armi ma non solo: ho sempre appoggiato tutte le manifestazioni di Ultima Generazione, fanno bene a fare quello che fanno perché oggi stiamo andando verso il disastro ecologico.

armi nucleari 1

L’idea di base della campagna di pressione sulle banche armate è valida perché tende a bloccare questo sistema di commercio di armamenti. Con quali modalità?

Le modalità di questa campagna di boicottaggio delle banche armate è molto semplice. È necessario comprendere il problema e reagire. Basta semplicemente ritirare i propri soldi dalla banca che investe in armi e vedere di trovare una banca etica, ossia un’altra banca che non investa in armi. È fondamentale questa azione. Tutto questo non è facile perché è chiaro che gli interessi sono tanti perché certe banche – come le tre banche principali in Italia: Unicredit, Intesa Sanpaolo e Deutsche Bank – danno alti dividendi, che sono molto più vantaggiosi, e quindi ognuno anche qui ci perde a livello personale. Ma dobbiamo cominciare a capire che non si può continuare così.

Penso che il successo dipenda da due fattori fondamentali. Finora abbiamo lanciato questa campagna con Pax Christi e le tre riviste NigriziaMissione Oggi e Mosaico di pace, ma non basta. Stiamo premendo affinché la chiesa italiana faccia un passo in avanti. Ma allo stesso tempo ci vorrebbe anche da parte della società civile la capacità di rilanciare con forza tutta questa azione, perché molta gente non sa nulla di queste cose.

Il secondo fattore è la disobbedienza civile dei tanti che lavorano in fabbriche d’armi: che si rifiutino di continuare a fare il proprio lavoro. Ho scritto recentemente – in occasione del funerale di Berlusconi – che l’amoralità, cioè la non-moralità, è diventata l’etica del popolo italiano. Questo è il problema: non ci sono più valori né ideali e questo richiede un intervento soprattutto da parte della rete della Chiesa, che deve ricominciare a formare una coscienza di valori.

Il valore delle operazioni segnalate dalle banche italiane relative al commercio di armi sfora i 9 miliardi e mezzo di euro. Le riviste missionarie Nigrizia, Mosaico di pace e Missione oggi come denunciano il fatto che gli istituti di credito si sono messi al servizio delle aziende belliche?

In generale le tre riviste sono molto chiare sulla denuncia di tutto questo ed è fondamentale che continuino in questa loro denuncia, che però da sola non è sufficiente. Sono tre voci che non hanno gran peso nella società italiana. Bisognerebbe che qualche televisione o qualche grosso giornale iniziasse una campagna sul tema, ma chiaramente il problema è che sono tutti parte del sistema: basta vedere un giornale e chi lo paga, da dove riceve fondi. Penso che anche questa sia una vera e propria missione. Sono un missionario e a volte sembra sempre di parlare al deserto, ma è importante continuare a declamare la nostra posizione.

Non smetterà mai di invitare tutti a riflettere su come i nostri soldi vengono usati. Vale per le banche armate, ma vale anche per chi investe in fossili. Sono due facce della stessa medaglia, perché sono le due realtà che ci stanno portando alla possibilità che la presenza umana sul pianeta venga meno.

Anche il PNRR sarà sempre più proiettato all’investimento e produzione di armi?

Il PNRR dovrebbe servire alla società civile, soprattutto servire a portare avanti la scuola e la sanità, ma se i fondi vanno a finire in armi e non rimangono che le briciole per tutto il resto. Questa è una cosa gravissima.

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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