Alice, la donna dell’anno
Alice, la donna dell’anno
di Dan Moshenberg (per «Africa is a country», 20.12.2012; traduzione e adattamento di Maria G. Di Rienzo)
E’ stato un anno indaffarato per Alice Nkom, avvocata del Camerun, ma è anche stato un anno indaffarato per il governo del Paese e i suoi svariati alleati nel perseguitare e perseguire legalmente chiunque essi sospettino essere gay, lesbica, transgender, effeminato o differente.
Alice Nkom è stata la prima donna a diventare avvocata in Camerun. Era il 1969 e lei aveva 24 anni: da allora in poi non ha fatto che lottare per aprire strade. Negli ultimi 40 anni Alice è stata una leader nella difesa dei diritti civili e dei diritti umani delle donne, e durante la scorsa decade è diventata famosa per la difesa delle persone Lgbtiq (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Inter-sessuali, Queer) delle loro comunità e dei loro diritti.
Nel febbraio 2003 Alice Nkom ha fondato Adefho – Association pour la défense des droits des homosexuel(le)s, cioè Associazione per la difesa dei diritti degli omosessuali – che ha sofferto aggressioni, attacchi, intimidazioni. Alice ha ricevuto minacce di morte. E’ stata imprigionata. E’ stata minacciata di essere estromessa dalla professione legale. Persiste. E continua ad andare in tribunale.
Questa settimana Alice è stata di nuovo sui giornali quando una Corte d’Appello ha confermato i tre anni di prigione per il suo cliente, Jean-Claude Roger Mbédé, il cui crimine è stato mandare un messaggio di testo a un altro uomo in cui si legge: «Sono profondamente innamorato di te». Nel luglio scorso Mbédé era stato provvisoriamente rilasciato e ora torna in prigione, «a subire le molestie e gli assalti per mano degli altri prigionieri e delle autorità carcerarie». (frase tratta dall’arringa di Alice Nkom, ndt.) Torna anche a quell’inferno generale che è il carcere di Yaounde, una prigione originariamente costruita per 600 persone che ne ospita 4.000.
Nel febbraio scorso dieci donne sono state arrestate perché sospettate di essere lesbiche. Nessuna prova è stata fornita. Nessuna prova è necessaria. Il sospetto è sufficiente, quando si tratta di proteggere la nazione. Uomini sono stati arrestati e imprigionati per il loro taglio di capelli o perché avevano bevuto un bicchiere di Bailey’s Irish Cream. Questi “crimini della moda” provavano che gli uomini erano effeminati, perciò gay, perciò meritevoli di essere incarcerati. La percezione è tutto. Questo sta accadendo, come Alice Nkom ha ripetutamente detto, in un Paese che ha un modico tasso di rispetto per la legge, al punto che tende a codificarla durante i processi. Ciò che autorizza gli abusi succitati, il famoso articolo 347, è qualcosa che ironicamente neppure esiste in modo formale: la legge che lo contiene non è mai passata per i comitati e le procedure parlamentari. Non che importi. Questa non-legge ha autorizzato lo Stato a disperdere un seminario sulla prevenzione dell’Hiv/Aids perché qualcosa nell’aria sembrava alludere al riconoscimento delle minoranze sessuali. La percezione, come dicevo, è tutto.
Non è facile sfidare il governo prendendo la strada dei diritti umani. In Camerun, le organizzazioni che si sono mobilitate su questioni di salute pertinenti alle relazioni fra persone dello stesso sesso hanno avuto fortuna sul piano internazionale, hanno ricevuto fondi in questa sfera, e persino qualche sostegno dal governo del loro Paese. Ma quando Alice ha ricevuto un finanziamento dall’Unione Europea è stata immediatamente minacciata di arresto, e una “fatwa” è stata emessa contro di lei dai gruppi giovanili pro-governativi.
Nel 2011, quando il suo arresto era imminente, Alice scrisse agli attivisti per i diritti delle persone Lgbtiq del Camerun: «Non vi preoccupate per me. Credo che finirò in prigione nei prossimi giorni, ma non intendo perderci il sonno ne’, ve lo assicuro, abbandonare ciò che abbiamo cominciato insieme». E’ stato un anno indaffarato per Alice Nkom, un anno di lotte, ritirate, avanzamenti. Alice conosce il suono di rombo della violenza, dell’assalto, della minaccia e questo è il modo in cui vi risponde: «Cose del genere ci mostrano che la lotta deve continuare».
SOLITA NOTA
Le traduzioni di Maria G. Di Rienzo sono riprese, come i suoi articoli, dal bellissimo blog lunanuvola.wordpress.com/. Il suo ultimo libro – non smetto di consigliarlo – è “Voci dalla rete: come le donne stanno cambiando il mondo”: una mia recensione è qui alla data 2 luglio 2011. (db)