Alieno è… (terza parte)
Alieno è razziale, sessuale, sociale, mentale, antropologico, politico, biologico, funzionale, religioso… Un saggio pubblicato sull’ultimo numero di «HP-Accaparlante»(*)
L’alienità sessuale e i suoi tabù
«Tol studiò la faccia allegra dell’Allegon cercando di conciliarla con il concetto umano di mascolinità. Ma su quel pianeta, si disse, i ruoli sessuali come tali erano in gran parte inesistenti, Il desiderio sessuale, secondo il testo di antropologia, era quasi interamente sotto controllo razionale. Il “matrimonio a tre” era asessuale per natura e sanciva l’unione di un Allegon, un Gonnegon e un Berregon. Dopo la formazione della triade, ciascun adulto si accordava fuori dal matrimonio con qualcuno della sua specie per la concezione e la nascita di un figlio. Alla nascita, il figlio veniva affidato al genitore con cui ci si era accordati e l’altro, fosse padre o madre, rinunciava a ogni diritto su di lui. Successivamente, il piccolo Allegon, fosse maschio o femmina, cresceva educato a servire; il Gonnegon a comandare; il Berregon a produrre». Se in questo scenario – il romanzo «Un mondo da salvare» di Sydney Van Scyoc (del 1973 ma tradotto in italiano nel 1986) – sono un po’ complicati per i nostri standard, quelli sociali sono purtroppo chiarissimi.
Un passo indietro perché il sesso – ci avevate fatto caso? – è argomento assai complicato. Combattuti fra una rilassante normalità (non meglio precisata) e il fascino indiscreto della diversità (l’esotico è erotico?) la nostra buffa razza continua da millenni a vivere in termini schizofrenici il rapporto con le differenze, oscillando fra attrazione e ripugnanza senza trovare punti di equilibrio. Particolarmente vero dalle parti dell’amore e del sesso.
C’è naturalmente chi la vede semplice; tanto per fare un esempio: l’uomo domina, la donna ubbidisce e via così. Cosa c’è da indagare?
Pregherei chi sta leggendo di dedicare un attimo di attenzione al disegno – qui accanto – che è noto come «la moglie e la suocera di W. E. Hill».
Cosa vedete? Se non lo conoscete, faticherete a mettere a fuoco contemporaneamente la vecchia e la giovane. Eppure le due figure ci sono e non bisogna girare il foglio o ricorrere a qualche trucco: se non riuscite a trovarle… fatevi aiutare. Una volta individuate entrambe vedrete che le ritroverete sempre.
Così dalle parti di amore-sesso. C’è chi vede (si ostina?) un solo modo, un’immutabile realtà e chi – guardando meglio – scopre complessità, ne prende atto.
Una battuta, vecchia forse come il mondo, proclama «una piccola differenza, viva la differenza». Ma uno sguardo sul mondo e sulla storia invece dice che questa diversità inquieta al punto che nel pensiero religioso, filosofico, politico – come in quello “da bar” – uno dei due sessi (sapete bene quale) viene considerato inferiore e/o pericoloso.
E poi davvero sono solamente due, maschile e femminile, le caratterizzazioni? Non stiamo facendo confusione fra genere e sessualità? E le caratteristiche fisiche, mentali, psicologiche di M e F dipendono (come i ruoli) dalla genetica o anche dalla determinazione storica?
Oppure: quanto dall’una e quanto dall’altra?
Per capire le incomprensioni ma ancor più le falsificazioni intorno alla sessualità, bisognerebbe ripartire da «Il secondo sesso» (del 1949) e da altri scritti di Simone de Beauvoir ma anche dalla convinzione di Carl Gustav Jung che i maschi cercano dentro se stessi un archetipo femminile (in certo senso il mito platonico del centauro spezzato in due da un fulmine) appunto l’altro da sé.
In questo orizzonte bi-sessuali, transessuali o asessuati sono anomalie, mostruosità o solamente opzioni rare? Quanto al numeroso “gay people” insomma all’omosessualità… amare persone dello stesso sesso è – ancora lo proclamano i più accreditati esponenti delle tre maggiori religioni monoteiste – una offesa a dio (o come volete chiamarlo) e/o alla natura? O chi lo dice è solo uno spaventato, ignorante razzista?
Differenze sessuali: in definitiva chi invidia chi? E chi ha paura di chi? Dobbiamo accettare o rifiutare che in differenti periodi storici e/o sociali, sotto altre latitudini o magari solo per libera scelta vi siano modi assai variegati per esprimere amore e per cercare una felicità sessuale? O è roba da alieni?
Domande difficili. La fantascienza forse ci può aiutare. Mettendo a fuoco – come in un certo senso prevede il suo “statuto” – la ricerca di un punto di vista insolito o il semplice “e se invece accadesse?”. Proviamo a vedere se ci è riuscita, almeno un poco.
Siddo, il Veneto, il marito di Gil
L’esordiente Philip Josè Farmer nel 1951 suscitò reazioni scandalizzate e boicottaggi ma contrapposte grida di giubilo. Accadde con il racconto «The lovers», in seguito allungato a romanzo e noto in Italia come «Un amore a Siddo». Lo struggente rapporto, anche erotico, fra un umano (bianco e anglosassone) e un’aliena veramente diversa, per di più immaginato in uno scenario controllato da rigide strutture para-religiose, non poteva che scatenare – nel mondo detto reale – le ire di razzisti e bigotti, amplificate dalla vittoria di Farmer come “autore dell’anno” nel premio Hugo, il riconoscimento più importante della fantascienza. Altro che sesso inter-razziale, qui siamo all’accoppiamento fra specie biologicamente moooooooooolto diverse. Signora mia dove andremo a finire? Non sembri una battuta: posso testimoniare per conoscenza diretta che pochi anni fa in un paesino del Veneto un padre picchiò la figlia (maggiorenne oltretutto) perché usciva con «il figlio della zoppa»; a gettare benzina sul “rogo” … il fatto che buona parte dei vicini si schierasse con il padre della ragazza. Signora mia, si comincia a uscire con il figlio della zoppa e si finisce con gli et.
Negli anni Cinquanta esordisce anche Dick, un autore importante e assai contraddittorio, con punte di forte misoginia altalenate a un’insolita sensibilità che forse potremmo definire femminile.
Uno dei suoi racconti più delicati è senza dubbio «Umano è» del 1955 e vale la pena ricordarlo perché ci parla di amore con alieni ma soprattutto ci ricorda che il concetto di umanità non è definito una volta per sempre.
Lester Merrick è un umano quanto meno odioso, indisponente e violento nei rapporti con la moglie, la mite Gil. Al ritorno da un viaggio spaziale, Gil scopre che il marito è profondamente mutato: attento, disponibile, tenero. Non ha quasi il tempo di essere felice che piombano da lei due agenti dell’onnipotente Sicurezza federale: sono certi che Merrick sia stato “invaso” da un parassita di quel lontano pianeta; sapremo più tardi che si tratta di una razza antichissima e in via di estinzione ma anche che “l’impossessamento” è avvenuto solo perché Lester era già morente. I super-sbirri chiedono alla donna di aiutarli a neutralizzare “il mostro”. La donna esita ma alla fine tradisce i suoi “simili”. Preferisce l’alieno, infinitamente migliore dell’arrogante, crudele maschio terrestre che prima aveva occupato quel corpo ora capace di dolcezza. E fugge con lui. Il racconto termina con questo dialogo.
«Stavo pensando – disse la donna all’essere non terrestre – che forse continuerò a chiamarti Lester, se non ti dispiace».
E l’alieno risponde: «Tutto quello che vuoi purché possa farti felice».
In una antologia, Dick lo ha commentato così:
«Per me questa storia simboleggia ciò che un essere umano è. Non si tratta di avere un certo aspetto o di provenire da un certo pianeta ma di vedere sino a che punto si è gentili. La gentilezza ci differenzia dai sassi, dai pezzi di legno, dal metallo e così sarà sempre, qualsiasi forma assumiamo, dovunque andiamo, qualunque cosa diventiamo. “Umano è” è il mio credo e mi auguro che possa essere il vostro».
Questo concetto era così importanteper Dick che lo ha ripetuto spesso; a esempio nel romanzo «I nostri amici di Frolix 8». Ascoltate:
«La misura dell’uomo non è la sua intelligenza. Non consiste nell’altezza che può raggiungere in un sistema sbagliato. La misura dell’uomo è questa: con quale rapidità sa reagire ai bisogni di un’altra persona? E quanto può dare di sé?».
Gentilezza, amore, empatia: passa da queste parti la strada giusta per uscire dalla terribile triade di violenza, potere, paura. E se non parliamo anche di questo allora ogni discorso sulla sessualità rimanda solo a una ginnastica vagamente solipsista. O almeno chi scrive la pensa così.
L’incerta definizione di umanità
Eppure definire un essere umano non è semplice. Lo stesso Dick in altre sue storie offre tutt’altri parametri. Per esempio nel racconto «Le pre-persone» la definizione legislativa di umanità è stringente: solo chi è in grado di risolvere un’equazione di secondo grado è un umano “completo”. A una certa età se qualcuna/o non supera quest’esame può (in quanto umano non completo) essere eliminato; o meglio «abortito» nella provocazione di Philip Dick.
Chiederei al riguardo un attimo di riflessione a chi sta leggendo, soprattutto se non ha mai amato le equazioni.
Questa rigidissima definizione non vi sembri assurda. I nazisti hanno legiferato, in nome della scienza, contro le «razze inferiori». Tanto per fare un solo esempio che ci chiama in causa, un recente governo italiano ha chiesto ai medici – che in massa si sono rifiutati, per fortuna – di non riconoscere il diritto universale alle cure mediche per quelle persone che una apposita definizione di “non umanità” (la clandestinità è il suo ridicolo nome) aveva escluso dai diritti fondamentali.
Sturgeon
Torniamo all’alieno sessuale. In questo segmento l’uragano si chiama Sturgeon. E occorre dedicagli un ampio spazio perché anche oggi – dopo 60/70 anni – le sue opere dividono, inquietano, suscitano resistenze, aprono orizzonti.
Edward Hamilton Waldo, più noto come Theodore Sturgeon, a suo tempo venne presentato dagli editori italiani come «portatore di scandalo» quando andava bene o più spesso come «sgradevole, che fa nascere la sua poesia in mezzo ai rifiuti». Ciò è lontano dalla verità: Sturgeon non vuole scandalizzare; con il suo inimitabile stile esplora alcuni mondi possibili di altre sessualità e affettività dove talora incontra storie che ad alcuni possono risultare sgradevoli o impossibili a capire. Se per «svegliare il mondo sull’orlo del possibile» Sturgeon ha dovuto pagare un alto prezzo di censure, insulti, mancate pubblicazioni, ghettizzazione ciò conferma solo la forza, la persistenza di intolleranze e pregiudizi che ha cercato di smontare.
Di sicuro il racconto che costò a Sturgeon il massimo di insulti e minacce fu «Un mondo ben perduto» del 1953. Dallo spazio arrivano fra noi «due bipedi implumi, abbastanza simili a noi». Vengono da Dirbanu, pianeta lontano e rinchiuso in uno splendido isolamento. Della coppia di forestieri ben poco si sa ma sono disarmati, non rappresentano una minaccia. I due sono inseparabili e questo grande amore commuove i terrestri, anche quelli che di solito hanno “il cuore di pietra”. Poi arriva da Dirbanu un laconico messaggio: sono criminali, restituiteceli subito.
Ovviamente la “ragion di Stato” – cioè i buoni rapporti con un vicino che si sa essere potente – prevale e, seppure a malincuore, la Terra decide di rimpatriarli. A riportare “gli inseparabili” sul loro lontano pianeta è l’astronave Stramite-439 con i due piloti spaziali Rootes e Grunty. Nella tensione del lungo viaggio, Grunty scopre un sistema per comunicare con i due alieni: ora sa chi sono e in cosa consista il loro “crimine”. E decide di farli fuggire, all’insaputa di Rootes che, quando lo scopre, esige un chiarimento. A fatica Grunty gli fa capire qual è il problema: i due “inseparabili” sono dello stesso sesso.
«Vuoi dire che abbiamo viaggiato per tutto questo tempo con una maledetta coppia di invertiti? Oh, se l’avessi saputo li avrei ammazzati» urla Rootes.
Ma Sturgeon ha in serbo una sorpresa che dà un’ulteriore chiave di lettura a un racconto già eccellente. Dopo il litigio, Rootes si è addormentato. Grunty lo guarda «con grande tenerezza e assoluta attenzione, come una madre farebbe con il suo bambino». Poi, senza svegliarlo, tende la sua mano gigantesca e «con un tocco di piuma accarezza le labbra addormentate».
L’incontro con gli stranieri di Dirbanu serve a Sturgeon per ricordarci che gli alieni sono già fra noi anche se molti fingono di non saperlo. Dove nasce questa paura? Lui risponde così: «L’homo sapiens crede, nella parte più buia del suo cuore, che tutto ciò che è diverso è pericoloso per definizione e che per questo deve essere sterminato», si legge in «Venere più X» (del 1960) uno dei pochi romanzi di Sturgeon. In questo caso gli alieni “sessuali” sono già fra noi e si nascondono, sono un sentiero parallelo dell’evoluzione oppure – il romanzo lascia un margine di dubbio – sono il nostro futuro?
Vale accennare la trama. Charlie Johns, un uomo qualsiasi, si trova scaraventato nella civiltà dei Ledom. Umani. Eppure incomprensibili: religione, bambini, valori, scienza… tutto è diverso da quel che Charlie conosce. Gli indecifrabili Ledom possono servirgli per una riflessione critica sul suo mondo. A impaurire Charlie è scoprire che i Ledom sono ermafroditi eppure prova egualmente a rivolgersi le domande proibite, a capire dove è nato l’orrore del diverso:
«Quando gli uomini hanno cominciato a dichiarare impuri i flussi mensili e a praticare il rito noto come la vecchia purificazione post-parto? E chi ha iniziato a dire che le differenze fra uomo e donna erano maggiori delle somiglianze?».
Una prima provvisoria risposta è:
«Perché, dicono, l’uomo è superiore … e non sei buono a far niente, allora l’unico modo per dimostrare che tu sei superiore è rendere inferiore qualcun altro».
Ma i Ledom non gli hanno ancora detto tutto (né qui l’intera trama sarà rivelata: prendetelo come un invito a rintracciare il libro in qualche buona biblioteca) al punto che Charlie sconvolto dirà: «Oh, la distanza e la fusione tra la deità e una sconcia barzelletta». Il mondo dei Ledom non è una felice utopia chiusa e rassicurante. Come dicono essi stessi:
«Di tanto in tanto dobbiamo incontrarci con l’homo sapiens per vedere se è pronto a vivere, ad amare, ad adorare senza la gruccia di una bi-sessualità imposta … Noi non siamo una utopia. Un’utopia è qualcosa di finito, di completo; noi siamo transienti: custodi … o un ponte. Transienza è passaggio, è dinamismo, è movimento, è evoluzione, è mutamento, è vita».
Le inquietudini “sessuali” – qui solo accennate – narrate da Sturgeon rappresentano un punto di vista insolito nella fantascienza maschile. Ma c’è anche (ed esplode in sincronia con il femminismo degli anni ’70) una science fiction femminile. Per quel che qui ci interessa, vedremo solo Naomi Mitchison, Alice Sheldon e Ursula K. Le Guin.
Naomi, Alice, Ursula e le altre
Le donne hanno maggiore predisposizione a capire le psicologie aliene? E’ uno dei quesiti che serpeggia nel romanzo «Diario di una astronauta» scritto nel 1962 dalla scozzese Naomi Mitchison, attivista politica per i diritti umani e occasionalmente (ma con eccellenti risultati) scrittrice. Qui gli alieni non sono creature artificiali ma animali che divengono alieni per come sono osservati; Mary – la protagonista – è una esperta in «eso-comunicazioni». Mitchison spalanca un impressionante numero di porte (impossibile qui dettagliare) sulla fallibilità della scienza, sulle complicazioni della “civiltà” ma soprattutto sul meticciato, su maternità e maternage, sul sesso (varie razze aliene non posseggono generi sessuali) in definitiva sulla “alienità” dell’essere donne. Come notava Nicoletta Vallorani nella prefazione alla ristampa del romanzo c’è una «oscillazione costante di Mary dal suo ruolo privato di madre a quello pubblico di esperta in linguaggi alieni».
«Le donne invisibili» di Alice Sheldon merita un sia pur breve riassunto.
Un gruppo di scienziati terrestri, uomini e donne, è al lavoro in un luogo sperduto quando incontra alieni tanto superiori quanto sprezzanti. Ed è dunque con stupore che i terrestri ricevono l’offerta di accompagnare questi misteriosi Et nel loro viaggio fra le galassie. Non è chiaro se gli alieni vogliono compagni di viaggio in stile barboncini, allievi da educare o cosa. Si discute. Il sospetto e il fastidio (per l’arroganza sino ad allora dimostrata) sono tali che tutti declinano l’invito. Ma «tutti»
appunto, cioè i maschi perché invece le donne accettano. E spiegano agli stupefatti colleghi una verità nascosta (o rimossa, fate voi): per male che vada, le donne non potranno essere trattate dagli alieni «peggio» di come già accade sulla Terra.
Come sa chi ha frequentato la fantascienza lo scandalo di Alice Sheldon è doppio: perché questo racconto (e molti altri simili per provocazione) erano firmati James Tiptre junior e solo all’ennesimo premio il celebre autore si rivelò… un’aliena dello “spazio interno”.
Chio ama questa serie ricorderà uno dei più riusciti episodi di «Star Trek – The next generation». L’equipaggio dell’ Enterprise D entra in contatto diplomatico con un pianeta alieno dove i suoi abitanti sono obbligati alla più completa asessualità e ogni sbilanciamento verso l’uno o l’altro sesso, viene punito con la rieducazione coatta ma uno di loro, dopo aver conosciuto il primo ufficiale Ryker, sente il bisogno di cambiare e sceglie di diventare donna. L’amore fra i due dura il tempo di un battito di ciglia, poiché l’aliena è prelevata e portata al centro di rieducazione. Ryker ha le mani legate: non può violare i precetti della Prima Direttiva, che impone la non interferenza con altri popoli.
Ed eccoci a Ursula K. Le Guin (nata Kroeber, sposata con il francese Le Guin) che è oggi un’arzilla vecchietta: ha abbandonato quasi del tutto i territori della fantascienza in senso stretto ma continua a muoversi, con gran bravura, dalle parti della letteratura fantastica.
Quando nel 1970 vinse i premi Hugo e Nebula con «La mano sinistra delle tenebre» la Le Guin non ebbe che plausi, nonostante il tema fosse considerato scabroso. Per la prima volta una donna otteneva quei riconoscimenti, i più importanti della fantascienza e per di più mettendo “sottosopra” i tabù sessuali; ma i tempi erano cambiati anche nella science fiction.
Il narratore, Genly Ai, viene ufficialmente inviato sul pianeta Inverno che attraversa una perenne era glaciale. E’ il primo vero contatto con una razza aliena potente ma sino ad allora chiusa in un indecifrabile isolamento. Gli abitanti di Inverno, i getheniani, sono asessuati con un periodo mensile di fertilità (il kemmer) durante il quale ognuna/o si trova un partner e, a causa delle secrezioni ormonali, può diventare maschio o femmina alternativamente. Non v’è traccia di rigidi dualismi e incancrenite differenziazioni come sulla Terra. Ecco come un rapporto racconta – a un “uditorio” eterosessuale – le implicazioni socioculturali di questa sorprendente fisiologia.
«Tenere presente: chiunque può dedicarsi a qualunque cosa. Sembra molto semplice, ma i suoi effetti psicologici sono incalcolabili. Il fatto che chiunque fra i diciassette e i trentacinque anni circa sia soggetto a diventare (come dice Nim) “vincolato alla gravidanza” implica che qui nessuno è “vincolato” come, in qualunque altro posto, lo sono le donne – psicologicamente o fisicamente. Responsabilità e privilegi vengono condivisi equamente: ognuno ha in egual misura rischi da correre o scelte da fare. Perciò qui nessuno è tanto libero quanto lo è un maschio libero in qualunque altro posto.
Tenere presente: l’umanità non è divisa in una metà forte e in una metà debole, in protettori e protetti, in dominatori e sottoposti, in proprietari e nullatenenti, in attivi e passivi. Infatti la tendenza al dualismo, che pervade il modo di pensare degli esseri umani, è qui mitigata o mutata.
Quanto segue deve essere riportato nelle mie “Istruzioni”: allorché si incontra un getheniano, non si può e non si deve fare ciò che fa di solito un individuo etero-sessuale, cioè costringerlo nel ruolo di Uomo o di Donna, adottando perciò verso di lui un atteggiamento che si basi su quelle che si prevede siano le interazioni prestabilite o possibili fra persone dello stesso sesso o del sesso opposto.
Un individuo qui viene rispettato e giudicato soltanto come essere umano. E’ una esperienza fantastica».
L’incomprensione è reciproca. L’inviato “eterosessuale” non riesce a capire ma dall’altra parte incontra un’analoga chiusura.
Nessuno dei due mondi è superiore all’altro, una verità con la V maiuscola appare introvabile. Del resto persino l’utopia è ambigua come suggerisce la stessa Le Guin nel sottotitolo di «I reietti dell’altro pianeta», l’altro suo romanzo più famoso. E la migliore science fiction sembra in sintonia con questo suggerimento di Eduardo Galeano che, si sa, non è scrittore di fantascienza.
«L’utopia è come l’orizzonte. Cammino due passi e lei si allontana due passi, cammino dieci passi e si allontana dieci passi. Per quanto io cammini, l”orizzonte è irraggiungibile. E allora a cosa serve l’utopia? A questo serve: per continuare a camminare».
L’utopia evidentemente non è l’argomento di questo saggio. Invece per ulteriori approfondimenti su questo segmento dell’alienità rimando al capitolo «Sesso, amore e X» nel libro «Di futuri ce n’è tanti» che ho scritto, nel 1986, con Riccardo Mancini e anche alla home page di Giovanni Dell’Orto con uno specifico approfondimento sulla «fantascienza con personaggi glbt» dove la sigla sta a indicare persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender.
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(*) «HP-Accaparlante» è la rivista del Centro Documentazione Handicap di Bologna, edita dal Centro Studi Erickson di Trento. Esiste ormai da quasi 30 anni, ed è un riferimento essenziale per chiunque si muova intorno agli intrecci e alle trappole della normalità e della diversità. Già una dozzina di anni fa avevo avuto il piacere di scrivere per loro, in pratica raccontando il rovescio questo di «Alieno è…» che infatti si intitolava (alla Philip Dick) «Umano è…». Aggiungo che mi farebbe molto piacere presentare in giro questo saggetto – biblioteche? librerie? associazioni? centri sociali? cunicoli e gallerie? – e dunque chi è interessata/o mi contatti. (db)
A proposito del (qui citato) «uragano Sturgeon». Mi scrive un’amica,Tiamat (per chi non lo sapesse è una grande draghessa fenicia). All’interno di un messaggio più luuuuungo parla di Sturgeon. Le chiedo se posso estrapolare queste righe. Me lo concede (è assai sottovalutata la bontà delle draghesse).
«Durante queste ultime vacanze di Natale ho letto “Venere più X” di Sturgeon. Ne avevi già parlato nel blog, prima del saggio “Alieno è”, e io avevo avuto la fortuna di trovarlo in forma di ebook. È davvero pieno di colpi di scena e di spunti interessanti, primo fra tutti la necessità degli eldom di avere un “punto di vista” estraneo alla loro civiltà. Tuttavia ho notato una curiosa evoluzione nella storia. Quando Charly Jones non è ancora in grado di comunicare con gli eldom si limita a descriverli e a usare il pronome “loro”; ecco, in questo momento gli extraterrestri appaiono davvero androgini a chi legge; invece, dopo l’operazione che gli consente di comunicare con i suoi ospiti, Charly Jones userà spesso il pronome “lui”, pur rendendosi conto che è sbagliato, ed ecco che gli eldom diventano come i getheniani di “La mano sinistra delle tenebre”, cioè uomini che possono partorire.
È un problema linguistico? Un problema di punto di vista?
Sono propensa a credere che il linguaggio ci determini in modo più profondo di quanto non sembri. E l’idea scandinava di usare il pronome neutro per definire alcuni oggetti o entità della vita sociale è davvero il primo passo per cercare di superare le differenze di genere. Mi chiedo però: come faremo noi latini, che abbiamo espulso il neutro dalla nostra lingua?
Volevo dirti: complimenti per questo saggio sull’alienità, capace di entrare nello specifico senza perdere di vista il generale. La suddivisione “in puntate” l’ha reso ancora più appassionante. E grazie per i riferimenti a titoli che io, nella mia modesta cultura fantascientifica, non conoscevo. Proverò a cercarli in ebook, a volte si trovano. Ciao».