ALLE OTTO E ZERO SEI
(Roba del Pabuda…)
dopo aver da casa
all’ufficio, al galoppo,
caracollato
litigando, io storto,
col marciapiede
più storto ancora –
ho timbrato:
superato il tornello
controlla-persone,
finalmente
posso prender fiato:
alla mia sana maniera:
all’ombra, nel cortile
schiantato
sulla panchina
mi faccio una fumatina.
accanto a me una ragazza
(già notata
in precedenti soste:
sembra abbastanza stramba
e a sufficienza simpatica).
non ci diamo retta
neppure per sbaglio:
io mi guardo intorno
appena appena speranzoso
a cercar delle novità
nel tetro panorama
postindustriale
visto e stravisto
del parcheggio riservato
e del muro di cinta allarmato
che ci separa
della fabbrica abbandonata,
tutt’arrugginita e bituminosa.
lei scruta concentrata
lo schermetto
della sua protesi telefonica.
entrambi emettiamo
nuvolette di buon tabacco
andato in fumo.
in effetti, dopo pochissimo,
metto a fuoco –
sulla balaustra, al primo piano,
della scala antincendio –
una presenza inedita
e meritevole
d’un esame visivo accurato:
molto più grande
di quelle che seguo giornalmente
dal poggiolo di casa
sul tetto dirimpetto,
più vicina, più dettagliata
in ogni pregio e difetto,
passeggia
un notevole esemplare
adulto palestrato:
tre etti e mezzo di maschio gazza:
le piume pettorali più scompigliate
di quanto abbia mai visto
denunciano
una notte brava o focosa
o una zuffa con la concorrenza
o chissà quale imprevisto.
ma le penne delle ali garantiscono
intatte potenzialità
per il volo acrobatico.
a quel punto, sbircio la vicina
di panchina
e penso che dovrei dirle:
ragazza!
almeno per un momento,
tira fuori il naso
e soprattutto gli occhi,
dal tuo schermetto scuro,
alza lo sguardo
e dà un’occhiata a quella
meraviglia
sulla scala di sicurezza:
che portamento,
ch’eleganza
in nero e bianco
di piume e penne!
poi, penso se dirglielo
veramente.
alla fine: non le dico niente.
mi alzo, me ne vado dal cortile
e prendo l’ascensore
per raggiungere la scrivania,
dove sto scrivendo.
la gazza da quella scala
nel frattempo
sarà bella volata via.
magari per andare dritta
e super veloce
sul tetto dirimpetto
al poggiolo di casa mia.
—
nell’illustrazione: Dream a little dream, uno dei primi collage del Pabuda, che ancora utilizza come biglietto di auguri per compleanni, ricorrenze fauste, anni nuovi e incoraggiamenti: in forma cartacea o tramite fb.
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