Amazzonia: fili, storie e mani di donne

 

Tessere per conservare: donne kichwa usano l’artigianato per promuovere la protezione della fauna amazzonica.

di Maria Teresa Messidoro (*)

 

Mani di donne

Fili intrecciati

intrecciano storie,

storie di donne,

donne di ogni dove,

dove corre il pensiero.

Ogni secondo

di molti minuti,

in troppe settimane,

donne portate via,

donne uccise,

corpi disprezzati,

fatti sparire.

Ogni giorno,

da molti anni,

altre donne

lottano

gridano

rivendicano

piangono

cantano

e ballano.

Ballano con mani

che si alzano,

mani forti di donne,

mani di terra e di mais,

mani di acqua, vento

e sale.

Mani che tremano,

mani che sudano,

mani di donne

che generano verità,

mani slegate, finalmente,

che cantano le libertà,

mani allacciate

per difendere i nostri futuri.

Mani di donne

che tessono fili,

fili intrecciati. (1)

A Gladis Grefa il padre aveva raccontato che il serpente boa ha la capacità di trasformarsi  in donna.

Ed è cosi che, nella cultura kicwa, questi enormi animali possono trasmettere le proprie conoscenze ad alcuni uomini, che diventeranno i saggi (yachaks) delle differenti comunità. I serpenti sono chiamati nella lingua kichwa “Mujan warmi” (warmi indica genericamente il sesso femminile): secondo le tradizioni indigene, si avvicinano agli uomini in modo familiare, per non suscitare paura; solo così potranno poi passare il proprio sapere, necessario per curare le malattie e le malvagità.

Il boa, Amarun nella lingua originaria di Gladis, è una specie considerata di Minore Preoccupazione secondo la la Unión Internacional para la Conservación de la Naturaleza (UICN), cioè non ancora a rischio di estinzione, anche se la sua popolazione sta diminuendo.

Il simbolismo che racchiude questo serpente ha spinto Grefa e due sue compagne a lavorare ininterrottamente per otto giorni e otto notti, tessendo a mano enormi quantità di lana, per terminare il rettile di quattro metri di lunghezza che ora è esposto nella Casa de la Cultura Ecuatoriana Benjamín Carrión, a Quito.

Gladis Grefa è originaria della comunità di Atacapi, nella provincia di Napo, nell’Amazonia centrale dell’ Ecuador.

Ha partecipato al progetto Tejiendo para la Conservación (Tessendo per la conservazione), un progetto dell’associazione che lei dirige,  Awakkuna —che nella sua lingua significa tessitrice— che si propone di favorire l’apprendimento di donne dedite alla tessitura artigianale di animali, per incentivare una resilienza economica.

Il centro delle loro attività è la trasmissione di messaggi di conservazione per le specie animali del loro territorio, attraverso le conoscenze ancestrali plasmate nelle creazioni tessili realizzate.

“Alle donne di Awakkuna piace sognare – dice Grefa in una intervista – se vedono un animale nel bosco, lo fotografano per poi riprodurlo a casa, seguendo la propria ispirazione ma mantenendo le caratteristiche ed i colori reali. Perciò ci piace ricercare, utilizzando anche internet, concentrandoci sulle caratteristiche della fauna locale.” (2)

Gladis ha incominciato a tessere da sola nel 2016: due anni dopo nasce l’idea dell’associazione, a cui ora aderiscono una trentina di donne., e a cui si stanno avvicinando delle giovani, molte delle quali figlie delle prime socie. Awakkuna è legalmente costituita presso la Superintendencia de Economía Popular y Solidaria (SEPS).

La stessa Grefa ha goduto di una borsa di studio del Programa de Mujeres Indígenas de la Amazonía, una iniziativa di Conservación Internacional, appoggiata economicamente dal Governo francese.

Tessendo più di 50 specie di animali amazzonici, con la vendita a livello nazionale e internazionale delle proprie creazioni, le donne kicwa coinvolte nel progetto hanno incominciato a conquistare una certa indipendenza economica, riuscendo a mantenere i propri figli, garantendone educazione e alimentazione.

Contemporaneamente, quelle stesse donne hanno potuto condividere le conoscenze ancestrali, generando vincoli affettivi consolidati nel tempo.

Perché, superando qualsiasi aspettativa della stessa associazione Conservación Internacional, si è capito che le donne sono abituate a lavorare in collettivo, quindi per un beneficio non solo individuale ma anche per la comunità di appartenenza nella sua totalità.

Occorre ricordare che dietro a ciascun prototipo ci sono i miti, le leggende, le tradizioni che sono state trasmesse di generazione in generazione.

Per realizzare le proprie creazioni, le donne kicwa si servono soprattutto della pita (scientificamente nota come Aechmea magdalenae) utilizzata dai popoli indigeni amazzonici per elaborare vestiti, corde per pescare e cesti.

La pita è ricavata da una agave sisaliana e può essere facilmente utilizzata, ad esempio, per rappresentare l’armadillo, perché il coloro naturale è praticamente lo stesso dell’animale da riprodurre. L’associazione stimola le proprie socie a seminare e coltivare la pita, dato che le fibre naturali in Amazzonia sono scarse.

Non solo: si è scoperto che, utilizzando semi, fiori e foglie di altre piante, è stato possibile ottenere ben 10 colori naturali per tingere la fibra della pita.

E così, dalle mani delle donne nascono pappagalli, farfalle, tartarughe, formiche, lucertole e serpenti; su ciascuno di essi, viene apposto una etichetta che riporta il nome comune, quello scientifico, la traduzione in kicwa, i dati sullo stato di conservazione del singolo animale e una breve descrizione delle sue caratteristiche.

Molte di queste specie animali sono in pericolo di estinzione, soprattutto a causa della caccia, il traffico illegale degli animali e il disboscamento clandestino con la conseguente perdita dell’habitat necessario alla sopravvivenza delle specie.

Anche le miniere illegali rappresentano una grave minaccia per la fauna: la distruzione di ettari di foresta per lasciare posto a macchinari e scavatrici e l’immissione nel terreno di mercurio,  danneggiano sia specie terrestri che acquatiche.

Alcuni specialisti affermano, a ragione, che l’Amazzonia è un attore strategico nello scenario del cambiamento climatico: se l’estrattivismo selvaggio violenta i diritti della natura, si sta di fatto compiendo un assassinio, una terribile violenza con gravi conseguenze per il territorio coinvolto.

Un altro elemento che minaccia le comunità indigene è il traffico della fauna silvestre: molte persone si recano in Amazzonia, denuncia l’associazione Awakkuna, per comprare animali vivi da proporre come mascotte. E’ il caso del guacamayo, l’ara, della famiglia dei pappagalli, dotato di un bellissimo piumaggio, inserito nell’elenco degli animali a pericolo di estinzione.

Foto tratta da https://animali.wiki/animales-aereos/guacamayo/, dove si racconta la storia dei molti esemplari di ara catturati per trasformarli in animali domestici.

Grazie al finanziamento di Conservación Internacional, Awakkuna è riuscita a creare un catalogo presente sul web e sui social (3); in collaborazione con la Universidad Regional Amazónica IKIAM, inoltre, ha ottenuto un corso di fotografia della fauna locale per 15 giovani figli delle socie, così come formazione nel campo amministrativo.

Le donne già hanno assunto una nuova prospettiva, ribadisce Grefa: “le mie compagne non sono più quelle di prima, ora possono sognare di innovare, riprodurre e preservare ciò che esiste in Amazzonia, in particolare le specie animali che sono parte della nostra cultura”

E conclude: “Che il mondo possa conoscere come nella nostra provincia di Napo, in Ecuador, in una piccola realtà, si stia lavorando per apportare qualcosa di positivo all’umanità e alla nostra relazione con la Terra, significa moltissimo”

Questa breve nota, con le sue immagini e il racconto dell’impresa delle donne di Avakkuna, ha proprio questo scopo.

  1. La poesia è di Maria Teresa Messidoro, menzione speciale nel XXVI Premio Anna Kuliscioff,

Concorso Nazionale di Poesia sul tema della Donna, Centro Studi Cultura e Società, Torino 2020.

  1. https://desinformemonos.org/tejer-para-conservar-mujeres-kichwas-usan-artesanias-para-promover-la-proteccion-de-la-fauna-amazonica/, articolo da cui sono tratte anche le foto che appaiono nell’articolo
  2. https://drive.google.com/file/d/19_XhMYvQGT6feLIFWxPzRz3wMMNf4toi/view qui si trova il catalogo, mentre https://awakkuna.org/ è il sito generale dell’associazione.

 

*Donna, femminista, amante dell’America Latina, incapace purtroppo di tessere ma di condividere esperienze, che ci fanno sognare e sperare.

 

Redazione
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