Amianto-Enichem: ricorso in Cassazione
Occorrono verità e giustizia, basta con le assoluzioni immotivate: non confondere la scienza medica con l’aspettativa di scudi penali.
di Vito Totire (*)
I morti causati dall’amianto e dalla omissione di misure di sicurezza (ma anche i vivi sopravvissuti) esigono verità! Gli imputati si assumano la responsabilità di chiedere lo “scudo penale” (RIPONDEREMMO …PER LE RIME MA NE GUADAGNEREMMO TUTTI IN CHIAREZZA) piuttosto che tentare di fare “riscrivere” in tribunale dai loro consulenti e avvocati la medicina e l’oncologia…
Era doveroso da parte nostra ricorrere alla Corte di cassazione dopo la sentenza di appello di Bologna; dietro fumose tesi fantascientifiche e voli pindarici extragiudiziari gli imputati potrebbero cavarsela, parzialmente, per il “rotto della cuffia”. Noi non ci stiamo; intanto la sentenza di appello non è la fotocopia di quella di primo grado in quanto la motivazione della assoluzione di fondo non è più «il fatto non sussiste» (di fatto assurda e provocatoria) ma la più sofisticata «non aver commesso il fatto». Vale a dire che i morti per mesotelioma sono deceduti per aver lavorato al petrolchimico ma i giudici non sono convinti di chi possa essere il responsabile; dunque, nel dubbio pro reo, “quasi tutti assolti”.
Per amore di verità e giustizia dobbiamo tenere aperta la questione. Per questo abbiamo presentato con l’avvocato Guglielmo Giuliano ricorso in Cassazione (la possibilità di ricorso scadeva il 16.10.2020): alcune decine di pagine con le quali chiediamo alla Suprema Corte di respingere la sentenza di appello giunta alla fine di un iter gestito in maniera inaccettabile in cui si è voluto avallare le incredibili argomentazioni delle difese.
Andiamo per punti:
- Le difese hanno ottenuto che non fosse avviata una ctu; loro che in primo grado hanno fatto intervenire consulenti dagli Usa, dal Galles, dalla Scozia e persino dalla provincia di Varese, alla fine hanno ottenuto fosse accolto il loro “veto” su consulenti sgraditi alla difesa; ma l’avallo è venuto dal collegio in seconda composizione che ha tagliato la testa al toro sulla nomina dei consulenti accantonando la ipotesi stessa che si facesse la ctu; particolare accanimento le difese hanno dimostrato contro la nomina di uno dei ctu che si intendeva incaricare; hanno sostenuto che chi avesse fatto parte del Renam (fatto peraltro non vero) non avrebbe potuto essere obiettivo! hanno sostenuto che chi ha fatto una volta il consulente per le parti lese non può essere considerato obiettivo nel ruolo di ctu; hanno affermato che il probabile ctu avesse già fatto una consulenza a sostegno della AEA (fatto assolutamente privo di fondamento); dopo questo fuoco di sbarramento il collegio in nuova composizione ha evitato di avviare una consulenza tecnica di ufficio; grave errore e grave responsabilità come la lettura delle motivazioni della sentenza ha confermato: nel senso che la ctu avrebbe contribuito a fugare la fumosità delle tesi difensive.
- Il secondo grado conferma la condanna penale per un caso di asbestosi; e qui dobbiamo noi confermare lo stupore che abbiamo già espresso per la prima sentenza: è possibile che in un ambiente di lavoro si manifesti un caso di asbestosi e non si manifestino – correlate a omissione di misure di prevenzione primaria – altre patologie causate da livelli di amianto molto più bassi di quelli che inducono una asbestosi polmonare? E QUESTO ALLA LUCE DEL FATTO CHE TANTI ALTRI LAVORATORI OPERAVANO “A CONTATTO DI GOMITO” CON I COIBENTATORI IN UN CONTESTO IN CUI ABBIAMO DOCUMENTATO COME SISTEMATICA E QUOTIDIANA LA VIOLAZIONE DEI PRINCIPI FONDAMENTALI DEL DPR 303/1956 CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ANCHE AGLI ARTICOLI 19 E 20 (separazione del lavoro nocivo e difesa contro e polveri nocive) PER NON PARLARE DELL’ART. 4 (assoluta omissione della informazione sui rischi)
- È come dare un colpo di spugna sul “luogo del crimine” e dimenticarsi delle tracce della pozza di sangue sul pavimento! A nostro avviso già solo la conferma della condanna penale per asbestosi, da sola, fa crollare tutto il castello assolutorio; ovviamente c’è di più…
- Il nocciolo della “assoluzione” fonda su una riscrittura di tutte le conoscenze acquisite oggi dalla comunità scientifica in medicina, patogenesi e oncologia; bene inteso: il collegio non dice “è così” ma “potrebbe essere così” però poiché non siamo certi della tesi delle parti civili e del pm propendiamo per l’assoluzione;
- Dunque il nocciolo dei dubbio pro reo sarebbe: “forse” il processo oncogenetico si consuma rapidissimamente (comunque non si sa in quanto tempo: la prima settimana di lavoro/esposizione, il primo anno, i primi cinque?) poi la cellula è definitivamente cancerogena MA STA Lì FERMA PER I SUCCESSIVI 35-40 ANNI ; come IBERNATA.
- Ma la cellula ormai “cancerogena completa” sta proprio ferma e ibernata per 40 anni? NO, pare che nel corso del periodo di latenza proliferi…
- Ovviamente questo approccio fantascientifico significherebbe che un mesotelioma diagnosticato a 60 o 70 anni di vita della persona dovrebbe pesare un quintale… ma il problema delle difese non è evitare le assurdità; uno degli effetti (graditi alle difese) dell’assurdo è che le responsabilità penali diventano sfumate o, tutt’al più, ricondotte alla notte dei tempi a responsabili ormai, anche loro (e ce ne dispiace) defunti.
- Ancora più sommarie e infondate le motivazioni per le assoluzioni nei “casi” di tumore polmonare: il riscontro, a decine di anni dalla fine dell’esposizione ad amianto, di 900.000 fibre per grammo di tessuto secco polmonare, non è sufficiente a confermare la eziologia occupazionale del tumore ? Si scambia grossolamente un dato statistico per eziologico, incredibile in un periodo in cui Parlamento e governo stanno discutendo di come contrastare le fake news ma pensando che l’incubatoio principale delle falsità siano i social mentre occorre prestare attenzione (anche) ai tribunali; ci sarebbe da rimanere allibiti (ma non è il nostro caso) se si avesse fiducia a priori nella “giustizia”.
- Noi non abbiamo né fiducia a priori né tendenza alla delega alla magistratura però non abbiamo neppure SFIDUCIA A PRIORI; questo, assieme alla determinazione per la ricerca di verità è giustizia, ci ha indotti a presentare ricorso alla Suprema Corte che, a nostro modesto parere, potrebbe individuare ampie motivazioni per respingere la sentenza di appello.
- Sul prosieguo dei processi: occorre smetterla con avvocati e periti della difesa che tentano, ormai ricorrendo a forme di “pensiero magico” , di riscrivere medicina ed oncologia o di mettere in cattiva luce i consulenti “sgraditi” (preferirebbero nominarli loro? lo abbiamo capito!); gli imputati abbiano la coerenza di chiedere “scudi penali” anche se sarebbe meglio chiedessero “perdono” invece che scudi e piuttosto che inventare cellule cancerogene che non si comportano come tali.
Un ringraziamento all’avvocato Guglielmo Giuliano che assiste pro bono la nostra associazione di volontariato e grazie a lavoratori, familiari, cittadini e associazioni che ci incoraggiano a resistere per la verità e la giustizia. Non altro ci muove che questo dovere.
Bologna, 16.10.2020
(*) Vito Totire, medico del lavoro e psichiatra, a nome di AEA – l’Associazione esposti amianto e rischi per la salute