Anche fra i sauri non è facile esser Galileo
recensione a «Occhi nello spazio» di Robert Sawyer, prima parte della trilogia dei Quintaglio
Sembra facile mescolare le grandi storie per tirarne fuori una nuova. Prendiamo «Occhi nello spazio» (in originale «Far-Seer», 1992) di Robert J. Sawyer che a luglio Urania ha mandato in edicola – 264 euri per i soliti 6,50 euri – nella traduzione di Marcello Jatosti.
Il mix di Sawyer è: la vicenda (più o meno) di Galilei contro l’Inquisizione con l’aggiunta di una memorabile battaglia in mare stile «Moby Dick» più suggestioni dei viaggi di Colombo (e soci) a circumnavigare con un finale di rivolta contro la tirannia “clericomonarchica” e quasi un “arrivano i nostri”. Gli ingredienti sono importanti ma conta il cuoco: da questa ricetta poteva uscire una schifezza stantia e invece Sawyer regala un ottimo libro dai sapori eccitanti e nuovi.
La differenza di base con il nostro Galileo è che Afsan, «apprendista astrologo», somiglia più a un dinosauro che a un umano (pisano o meno che sia). Infatti i Quintaglio sono rettili pensanti. Solo attraverso rituali complessi hanno imparato a controllare (e non sempre) la violenza primordiale. Come dite? Ma questo accade anche agli umani? Mi avete capito a rovescia: intendevo che i Quintaglio sembrano, nonostante tutto, meno sanguinari di noi sapiens sapiens.
Incontriamo il giovane Afsan che sognante scruta «due pianeti: il luminoso Keypel e il rossastro Daypel». Poco dopo saprà, quasi per caso, che in giro ci sono altri sognatori come lui: «un vetraio» dice di aver costruito «un congegno che gli permette di distinguere i dettagli sugli oggetti più distanti», lo chiamano «lunga vista». E qui mi fermo: al solito non racconterò la trama, tanto meno i due principali colpi di scena (astronomico il primo e politico il secondo) e il «lieto fine» (si fa per dire) giocati da Sawyer con gran maestria.
Chiuso il romanzo, chi già conosce Sawyer si porrà probabilmente una domanda del tipo: quando nel ’92, dunque giovane, ha scritto «Occhi nello spazio» Sawyer era già lui? In altri termini questa trilogia è all’altezza di quelle successive (che io ho molto amato e recensito in “bottega” praticamente ululando di gioia) e di romanzi come «Avanti nel tempo»?
La prima impressione è sì, ma per essere più onesto nella risposta dovrò leggere – spero che Urania non mi farà aspettare altri 24 anni – gli altri due volumi della Quintaglio Ascension Trilogy. Come spiega la noticina firmata da GL (Giuseppe Lippi) nelle vicende successive incontreremo gli equivalenti – ma chissà se la desinenza maschile è adatta – di Darwin e Freud. Io sospetto – ma potrei sbagliare (sto veramente tirando “nel buio”) – che ci sarà anche un Jurij Gagarin o una Valentina Tereškova e/o qualche Wernher von Braun o Sergej Pavlovič Korolëv. Nel frattempo mi sono assai goduto questo «Occhi nello spazio» e lo stesso spero per voi.
POST SCRIPTUM: In coda a questo libro si annunciano i 5 finalisti del «Premio Urania 2016»: in ordine alfabetico Serena Barbacetto, Francesca conforti, Alessandro Mainardi, Piero Schiavo Campo e Nicoletta Vallorani. Di nuovo 3 donne dunque e il ritorno (attesissimo, almeno da me) alla fantascienza di Nicoletta Vallorani. A novembre Urania pubblicherà l’opera vincitrice; sarà dura controllare la mia curiosità per altri 4 mesi.