Ancora su “Per chi fischia l’uomo nero “
Gian Marco Martignoni sul romanzo di Marco De Palma (*)
«Il calcio è musica, danza e armonia. E non c’è niente di più allegro che la sfera che rimbalza» (Pelè) Poiché non sono un critico letterario, anche se mi è sempre piaciuto leggere e scrivere – recensendo i libri che a mio avviso meritano di essere letti – mi preme illustrare come è avvenuta, un po’ singolarmente in rete , la mia conoscenza di Marco De Palma.
Qualche anno fa avevo recensito in Bottega il libro di Mario Agostinelli e Debora Rizzuto “Il mondo al tempo dei quanti“. Dato che il minimo comune denominatore di chi segue questo blog – ideato da db (Daniele Barbieri) ex-giornalista anche de Il manifesto – è l’anticapitalismo e l’antirazzismo, tra coloro che in seguito mi hanno richiesto il libro ci fu anche Marco di Lomazzo, dunque non molto lontano da Abbiate Guazzone, dove abito.
E’ così che, dopo qualche mese, mi sono ritrovato a recensire il suo primo romanzo “Ce ne andremo in fila indiana“, e l’anno scorso “L’anno che sta finendo“, quindi l’estate scorsa abbiamo fatto una bella camminata nel Parco Pineta di Tradate, scoprendo quelle affinità, che pur nella differenza anagrafica abbiamo in comune. In quella occasione Marco mi annunciò l’uscita di un suo nuovo libro con l’inizio del 2023, che mi disse avrebbe riguardato – con mia grande sorpresa – il mondo del calcio.
Quando con i primi di febbraio mi è pervenuto il libro, confesso di aver provato un certo imbarazzo, poiché, stante la sua mole, ho compreso che non l’avrei potuto leggere tra un sabato e la domenica; ma come mi era accaduto per “Il libro degli abbracci“ di Eduardo Galeano, ho deciso che avrei centellinato la sua lettura in un paio di mesi, al ritmo di uno, due capitoli al giorno. Effettivamente il mio programma di lettura ha funzionato, perché mentre le precedenti prove narrative avevano un preciso filo conduttore, con “Per chi fischia l’uomo nero“ siamo di fronte ad una certa maturità letteraria di Marco, in quanto il romanzo si dilata nelle sue dimensioni spazio-temporali, lasciando sbigottito ma anche incuriosito il lettore.
Al centro della narrazione ci sono i giocatori dilettanti della squadra di calcio Stella di Belgrana, a partire dal portiere precario come condizione lavorativa, ma filosofo come condizione esistenziale, Emiliano Pablo Argenti, che riflette con i suoi compagni e la sua compagna (Edera) sui guasti sociali prodotti dal neoliberismo e sulle gravi conseguenze per i comportamenti umani indotte da quello che l’ex-direttore di Le monde diplomatique, Ignacio Ramonet, ha definito a suo tempo come “il pensiero unico“, ovvero l’omologazione conformistica delle masse. Pertanto, per gli amanti del calcio devo fare i complimenti a Marco per il lavoro certosino di assemblaggio di una marea di citazioni poste in premessa ad ogni capitolo, perché sono lo specchio delle tante letture che ha effettuato nel tempo, ma anche di una ricca raccolta estratta penso dai quotidiani sportivi.
Ce n’è da sbizzarrirsi, a partire da quegli scrittori come Eduardo Galeano, Osvaldo Soriano, Darwin Pastorin che hanno teso a dissacrare il calcio spettacolo e la mole dei soldi che gli gira attorno. Chissà cosa avrebbero scritto a proposito dei recenti mondiali di calcio svoltisi a Dubai, a fronte delle migliaia di morti e degli gli infortuni più o meno gravi denunciati da Amnesty International e dalle altre organizzazioni non governative , nell’indifferenza pressochè totale dell’opinione pubblica. Tra gli altri temi oggetto dell’attenzione di Emiliano Pablo Argenti c’è la denuncia del razzismo e dell’ipocrisia che lo alimenta.
Infatti, con il 1989 la caduta del muro di Berlino avrebbe dovuto comportare, secondo la vulgata dominante, l’avvento di un mondo pacificato. La realtà concreta, invece, ha contraddetto questa previsione, al punto che il mondo è attraversato ed insanguinato da una molteplicità di guerre, in quanto , essendo il nostro modo di produzione fondato sul primato dell’industria militare e bellica, siamo da tempo in presenza di quella Terza guerra mondiale a pezzi di cui parla profeticamente papa Francesco.
Al contempo la libertà di circolazione delle persone, a differenza delle merci e dei capitali, si dispiega, paradossalmente, solo nel mondo del calcio. Ove non vale la distinzione rifugiati politici e migranti economici non graditi, che dovrebbero essere rispediti da dove provengono, perché arbitrariamente definiti negativamente come clandestini. Non solo i muri di filo spinato sono stati eretti in molti luoghi del mondo, mentre – come è noto – le nostre squadre di calcio per dieci o quasi undici undicesimi sono composte da stranieri, provenienti da ogni parte del mondo. Con la conseguenza che i nostri vivai vengono letteralmente mortificati, dato che nel vigente calcio spettacolo servono come il pane fenomeni iper-dotati sul piano tecnico-atletico come Leao, Oshimen, Vinicius Iunior.
Inoltre, non poteva mancare uno sguardo preoccupato sulla sistematica distruzione ambientale in corso – documentata da tutti i rapporti scientifici, a partire da quello dell’Ipcc – e i rischi di una vera e propria estinzione di massa. Così come è puntuale la denuncia della drammatica disgregazione sociale provocata da un sistema economico, quello liberista, che ha incrementato la polarizzazione tra ricchi e poveri anche nell’Occidente , culla a parole del benessere generalizzato. Da queste contraddizioni scaturisce la naturale esigenza di sottrarsi agli imperativi del pensiero dominante, per recuperare una dimensione collettiva ed emancipatoria del soggetto umano, respingendo l’individualismo consumista e compulsivo sottomesso ad una certa tirannia dell’immaginario.
Infine , da pagina 220 a pagina 226 c’è lo stupendo racconto della ormai mitica sfida del 5 luglio 1982 Italia-Brasile, con l’esaltazione del grande Socrates, il brasiliano che poi giocò in Italia (alla Fiorentina) per studiare anche Antonio Gramsci, l’italiano più conosciuto al mondo per via de I Quaderni dal carcere e il concetto di egemonia.
NOTA: il 25 marzo scorso in Bottega avevamo pubblicato una recensione di David Lifodi al libro di Marco De Palma “Per chi fischia l’uomo nero”.
(*) Questa è l’introduzione di Martignoni – appassionato di calcio e sindacalista Cgil – per la presentazione del libro “Per chi fischia l’uomo nero“, avvenuta il 13 maggio scorso alla biblioteca di Lomazzo (Como).
Bianco, rosso, verde….e nero: i colori ammodernati della bandiera italiana. Cosi’ si sancisce agli Europei di atletica che di svolgono a Roma: tanti gli atleti della nazionale italiana, di colore nero, che portano medaglie alla Patria antirazzista e antifascista. Sono nuovi italiani. Tanti, nati e/o cresciuti in Italia, ancora senza cittadinanza. Molti diplomati o laureati. Parlano la nostra lingua in maniera perfetta, molto piu’ corretta di tanti approssimatori di grammatica che innalzano la bandiera del razzismo.