Ancora su «Sopravvissuto – The Martian»
di Gian Filippo Pizzo (*)
E’ un film di Ridley Scott e si vede. Certo non ha la complessità e la profondità di «Alien» o di «Blade Runner» ma il soggetto non era probabilmente suscettibile di altri approfondimenti. E’ derivato da un romanzo che, come ha dichiarato lo sceneggiatore Drew Goddard (che in un primo tempo era stato indicato anche come regista) «era già una sceneggiatura bell’e pronta», cosa che gli ha consentito la semplice trasposizione per lo schermo senza necessità di cambiamenti. Il romanzo è quello di esordio – inizialmente autoprodotto come ebook poi diventato un best seller – di Andy Weir, ingegnere programmatore ma anche grande appassionato di scienze spaziali, che vi ha trasfuso tutte le sue conoscenze al fine di dare una rappresentazione tecnologicamente accurata della vicenda. E infatti sia il romanzo che il film sono scientificamente molto attendibili e verosimili, con due sole eccezioni: il vento su Marte può raggiungere la velocità di quasi centonovanta chilometri all’ora, ma la bassissima pressione farebbe sì che non provocherebbe gravi danni: è chiaro che Weir doveva ignorare questo fatto, non potendo inventare altri disastri naturali plausibili, non essendoci su Marte rischio di terremoti, eruzioni vulcaniche eccetera. La seconda eccezione è dovuta invece al regista: siccome sul Pianeta Rosso la gravità è inferiore a quella terrestre, il suo protagonista avrebbe dovuto muoversi sempre a balzi, ma in un film totalmente ambientato su Marte e con un unico personaggio questo sarebbe sembrato ridicolo. Il resto – i macchinari che si costruisce il superstite per sopravvivere, per spostarsi, per coltivare le patate, per comunicare – è tutto rigorosamente verificato. In questo senso il film fa il paio – cioè ne è il corrispondente degli anni Duemila – con «La conquista dello spazio», il film dei primi anni Cinquanta rimasto famoso per l’attendibilità (ovviamente di allora) tecnologica. E gran parte del fascino di questa pellicola di Scott sta proprio nel fatto di essere “anti-fantascientifico” cioè completamente diverso dalle rutilanti guerre spaziali che vanno di moda. La trama è semplice e si sarà già intuita da quanto scritto: Mark Watney, astronauta biologo ma con ottime conoscenze delle altre discipline utili, resta isolato su Marte e deve sopravvivere da solo per almeno tre anni prima di un eventuale salvataggio; come un moderno Robinson saprà adattarsi con quello che ha a disposizione senza mai perdere la forza della speranza. Anzi, è proprio la consapevolezza di poter morire da un momento all’altro che lo tiene in vita. Dopo alterne vicende e la giusta dose di sciagure che riesce in qualche modo a superare, verrà infine recuperato in un finale pieno di ritmo, grazie all’impegno delle Nasa (che ha sponsorizzato il film) con la quale era riuscito a entrare in contatto e alla abnegazione dei suoi compagni dell’astronave Ares 3 che l’avevano abbandonato credendolo morto ma decidono di tornare indietro. Ridley Scott dirige con mano sicurissima, riesce a reggere lunghe scene in cui compare solo Mark (Matt Damon in piena forma, molto credibile), alterna la vicenda dell’uomo di Marte con quanto succede su Terra e sull’astronave (e qui segnaliamo volentieri qualche citazione visiva dal kubrickiano «2001: Odissea nello spazio», che speriamo non sfugga agli spettatori) e in definitiva fa anche accettare, sfumandola, la retorica che non manca mai nei film statunitensi: l’importanza dell’amicizia, lo spirito di corpo, l’orgoglio di essere americani, l’individualismo e lo spirito di iniziativa, aggiungendovi anche la – politicamente scorretta, come le espressioni verbali che usa il protagonista – cooperazione internazionale con la Cina.
Regia di Ridley Scott. Con Matt Damon, Jessica Chastain, Kristen Wiig, Mackenzie Davis, Kate Mara. Titolo originale «The Martian», 130 minuti – USA 2015. – 20th Century Fox
(*) Il film e il libro hanno fatto discutere: in bottega The martian (Il sopravvissuto) – Ridley Scott e La filosofia di “The Martian – Sopravvissuto” (NO SPOILER) ma anche la mia rec al libro qui: L’uomo che pisciava carburante per razzi . Che la rappresentazione – al di là delle due eccezioni segnalate da Pizzo – sia «tecnologicamente accurata», specie nel finale, è stato contestato da alcuni fisici; non si faticherà in rete a trovare le loro ragioni e… ironie. (db)
Bel libro e bel film. Sopravvivere è questione di calcolo e sanità mentale. Consigliatissimi.