Ancora su uno straordinario artista: Jacek Yerka (34)
di Mauro Antonio Miglieruolo
Un messaggio politicamente neutro il suo (se non conservatore)? Conclusione impossibile se si considera che l’ideologia, i valori (quelli veri, non i disvalori della destra, che producono incubi sociali), le visioni del mondo, sono alla base dei cambiamenti. Occorre una determinata tensione ideale per affrontare le barriere (anche mentali) che oppone l’esistente e superarle. Come occorre molto coraggio (affrontare le sanzioni dei conservatori, detti anche dissimulatori) per accettare di vedere nella realtà un poco della verità che contiene. A partire dalla verità di ciò che può essere (il divenire), sempre in opposizione a ciò che è già.
Che la verità sia di per sé rivoluzionaria è un luogo comune giustificato da ragioni non comuni: accostare la verità è interesse delle classi rivoluzionarie (e dei pensatori che a esse fanno riferimento) . Vedere la verità per individuare il divenire che contiene… Dunque Yerka, qualunque sia la sua ideologia, nel momento stesso (e quando) accosta la verità svolge un ruolo rivoluzionario, di contestazione.
Ma la verità dell’arte (è stato accennato nelle “puntate” precedenti) va ben altro ciò che può essere. Da una parte (nella fantascienza, ad esempio) va verso l’improbabile e l’implausibile (il che non equivale all’impossibile); dall’altro insegue il nascosto profondo insito in ogni umano atteggiamento; insegue ciò che, nel “Grande Sertao” di Guimaraes Rosa, chiedeva in continuazione di sapere il Compare Clemente: l’altra cosa, la retro cosa. Non solo la verità che c’è nella realtà, ma l’intero effettivo che la realtà dissimula, saltando a pié pari il complesso di ciò che è stato seminato per occultare e impedire il riconoscimento dell’aspetto segreto proprio a ogni atto-pensiero umano. In altri termini, non si tratta solo di individuare ciò che gli uomini dissimulano e neppure una sorta di essenziale che esiste a dispetto dell’umanità; ma la cosa che sta dietro ogni cosa, il Mondo di Mezzo che media e non media tra Apparenza e Verità.
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Ecco perché Yerka, che a questa visione (quella implicita nelle richieste del Compare Clemente) spontaneamente aderisce (come vi aderiscono i grandi autori), rifiuta di rappresentare i furori del Novecento. Rifiuta di rappresentarli anche solo al fine di denunciarne la natura e denunciare le forze sociali che sono all’origine di quei furori e li rendono vincenti, forze sociali che prendono corpo nell’ideologia politica nelle varie forme assunte dal nazismo, dallo stalinismo e dal neocapitalismo. L’artista preferisce aderire a una visione, che è la sua propria (non so quanto segreta e quanto consapevole) di pace e di serenità, di idillico rapporto con le cose e delle cose tra loro (visione per altro ampiamente diffusa tra le donne e gli uomini del nostro tempo). Una visione, quella rappresentata nei suoi quadri, fortemente combattuta, dissimulata, mistificata e che felicemente Yerka restaura. Che felicemente porta alla luce. Che suggerisce, implicito sugerimento, di tornare a praticarla, farla diventare ragione di vita.
Con essa riscatta le sofferenze e i sacrifici di milioni di uomini che, oscuramente a volte, altre consapevolmente, hanno sacrificato le loro vite per tentare di concretizzarla.