Ancora sulla morte di Filippo Matera in Algeria
Lettera aperta a Niki Vendola, presidente della Regione Puglia,
di Francesco Cecchini (*)
Gentile Niki Vendola,
sono uno dei molti che ascolta con attenzione quello che dici e proponi in questi tempi di una crisi che massacra l’Italia.
Il 18 settembre fanno cinque mesi che a Guelma (Algeria) è esplosa una fabbrica di ceramica, la ETER ALGERIE SpA.
Dal giorno che l’ ENTREPRISE CERAMIQUE ET VASAILLE DE L’ EST è diventata Eter, passando dalle mani dello Stato algerino a quelle di Graziano Giacobazzi, ho raccontato in Monopoli Live questa vicenda aziendale che è emblematica di come sono andate molte privatizzazioni in Algeria.
È una storia, non esemplare, fatta di salari non pagati, scioperi, digiuni di protesta, denaro preso in prestito e non restituito, macchinari sequestrati ecc.
Graziano Giacobazzi mi ha risposto sullo stesso giornale affermando che non si trattava di scioperi veri e propri, ma di forti proteste e che tutto era in via di sistemazione.
Invio il link con un video di un anno fa che può rispondere a Graziano Giacobazzi meglio di me:
Gréve des travaileurs d’ETER Céramique Guelma pour la … – YouTube
Fra l’altro i lavoratori e i sindacalisti parlano di ri-nazionalizzare la fabbrica e di far tornare Gaetano Giacobazzi in Emilia e Romagna.
Il 6 agosto di quest’anno, in un inchiesta di Melissa Roumadi apparsa su «El Watan», il deputato del Parti des Travailleurs di Guelma, Smaïl Koudria, dichiara che Eter continua a essere un incubo e che i salari ai 154 operai superstiti non sono ancora stati pagati.
Da allora della fabbrica di ceramica di Guelma non so niente, non sono in Algeria e non è facile avere notizie chiare anche se sono in contatto con un giornalista di Guelma, Karim Doudci, e con il deputato Smail Koudria. Spero per le centinaia di operai e per le loro famiglie che Graziano Giacobazzi abbia pagato e paghi il dovuto e che – come ha dichiarato, la prima settimana di luglio, a giornali algerini – il futuro della fabbrica sia luminoso.
Non è però di Eter che si trova a Guelma, Algeria, che ti scrivo, ma per parlare di quello che tragicamente è avvenuto cinque mesi fa a Filippo Matera, pugliese di Monopoli.
Filippo Matera tecnico ceramista agli inizi di aprile assieme a un collega, benchè la fabbrica sia paralizzata da scioperi (o da forti proteste, secondo i punti di vista) viene mandato a Guelma da Graziano Giacobazzi per organizzare un nuovo reparto e far ripartire una produzione, la cui paralisi non è dovuta a problemi tecnici ma a problemi salariali. Filippo non vive in albergo o in un appartamento in città, ma in locali che sono all’interno della fabbrica. Insomma dove lavora vive. Non è una cosa unica in questo mondo. Non credo in Algeria, ma, per esempio, esistono situazioni in Cina e dintorni dove nella stessa fabbrica si lavora e si dorme.
Giovedì 18 aprile, di sera, una forte esplosione distrugge i locali dove Filippo Matera e il suo collega dormono.
Filippo Matera è molto grave, viene trasportato all’ospedale di Guelma e poi a quello di Annaba, una tragica odissea. Rientra in Italia solo qualche giorno dopo, ma oramai morto.
La morte di Filipppo Matera è assurda per varie ragioni di cui le principali sono le seguenti.
- Essere stato inviato a Guelma in una situazione critica dove gli operai erano da mesi senza stipendio e in sciopero.
- Dormire in fabbrica e non in albergo o in un appartamento, come normale.
- Lavorare e dormire in un ambiente non sicuro. Un articolo apparso su «REPORTERS.dz» in agosto ricorda che spesso la negligenza delle norme di sicurezza è la causa di incidenti. L’articolo elenca vari casi e mette in rilievo anche l’esplosione del 18 aprile scorso. Va detto che a Eter un incidente causato da fughe di gas non è una novità. Era già successo, nel febbraio 2008.
- Filipppo Matera, essendo molto grave, doveva essere trasportato immediatamente in Italia. Annaba dista un’ora d’areo da Roma. La decisione doveva essere presa con l’urgenza che il dramma richiedeva da Giacobazzi presente in Algeria o dal suo Direttore generale.
Subito dopo la morte di Filippo, Pinuccio Galanto – coordinatore di SEL a Monopoli – scrive: «Lavorare lontano da casa e dagli affetti famigliari per sopravvivere è complicato, morire per tutto ciò è ingiusto. Di questo era convinto Pippo Matera che contro ciò si era sempre battuto anche da consigliere comunale, così come aveva fatto prima suo padre Michele da segretario della Camera del lavoro di Monopoli. Cecilia Matera, nostra consigliera comunale, ne aveva raccolto il testimone continuando in quella lotta. A Cecilia e a tutta la famiglia di Pippo, i compagni del direttivo, gli iscritti del direttivo ed i simpatizzanti tutti esprimono il loro cordoglio, auspicando quanto prima che sia fatta chiarezza dalla magistratura sull’episodio».
Giacobazzi ha promesso di edificare una stele e dedicare un reparto della fabbrica per onorare la memoria di Matera, ma quello che Filippo esige è giustizia e non credo l’abbia ancora ottenuta.
Onestamente non so, Niki, se puoi fare qualcosa, ma se puoi fallo. Sicuramente puoi parlare con facilità con il ministro degli Esteri Bonino, affinché l’ambasciata italiana ad Algeri non dimentichi questo dramma avvenuto in Algeria, in una fabbrica di proprietà italiana.
Un caro saluto e buon lavoro,
Francesco Cecchini
(*) Su questo blog la vicenda è stata già raccontata da Cecchini, a partire dal suo post Morire a Guelma (Algeria)… (db)