Ancora violenze contro i Mapuche e chi appoggia la loro lotta

Maicoño (Pu Lof en Resistencia): «Polizia usata dai ricchi possidenti per coprire i propri crimini»

di Monica Zornetta (*)

Che cosa cercavano i cinque gendarmi che una sera, poco prima delle 22, si sono introdotti nell’area della Pu Lof en Resistencia a Cushamen, il territorio ancestrale che i Mapuche hanno recuperato dalla immensa proprietà dei Benetton nella provincia del Chubut, e una volta sorpresi da alcuni weichafe, guerrieri della comunità, hanno fatto fuoco? E perchè, dopo che un gruppetto di Mapuche li ha messi in fuga con delle pietre, diverse auto della Gendarmeria, della Policìa Federal e Provincìal si sono messe a percorrere minacciosamente la strada che circonda la Pu Lof ? Si tratta di una delle tante, troppe provocazioni che i Mapuche stanno patendo per mano dei governi e delle istituzioni argentine – e cilene1 – al fine di tutelare gli interessi dei capitalisti “bianchi”, dei winkas (nel caso argentino: Benetton, Joe Lewis etc)?

Che cosa intendono dire in tal modo a quei popoli che stanno resistendo con ogni forza all’aggressiva voracità dei ricchi stranieri per non essere completamente spogliati delle loro terre ancestrali, e per evitare che l’ambiente venga irrimediabilmente sfigurato e contaminato?

E che cosa volevano quei poliziotti di Rìo Negro che – a parlarne è Revista Cìtrica http://revistacitrica.com/que-onda-vos-con-los-mapuches.html – poche sere fa si sono introdotti iin una casa del barrio cooperativa 258 a San Carlos de Bariloche, hanno rovistato dappertutto senza alcun mandato e, prima di andarsene, uno di loro ha sferrato un ceffone al padrone di casa, un trombettista che insegna musica in una scuola, dicendogli: «Che cosa hai da vedere tu con i Mapuche? Guarda bene a chi ti accompagni… stai rompendo le palle con quei Mapuche». L’uomo, che per evitare ritorsioni ha preferito declinare le proprie generalità, ha spiegato a Revista Cìtrica di non militare in alcuna organizzazione ma di aver partecipato alle marce per Santiago Maldonado e Rafael Nahuel e alla protesta per la liberazione dei detenuti politici di qualche settimana fa davanti alla Comisarìa 2 di Bariloche. «Ero con il cane e presumo che qualche poliziotto mi abbia riconosciuto e per questo sono venuti a cercarmi a casa. Ma è una follia» ha detto, parecchio allarmato.

Immediatamente dopo la misteriosa irruzione dei gendarmi a Cushamen, Soraya Maicoño, la portavoce della comunità Pu Lof en Resistencia, ha invece scritto un coraggioso editoriale su Pagina12, in cui ha cercato di spiegare il perchè di tutto il dolore che sta vivendo il pueblo Mapuche. «In una radio del Rìo Grande mi hanno chiesto se abbiamo paura, come riusciamo a vivere tra così tanti soprusi, vessazioni, sotto le minacce costanti del potere politico e giudiziario. Ci affidiamo ai consigli dei nostri anziani, perchè la nostra sofferenza è stata, ancor prima, la loro sofferenza». Sull’irruzione dei cinque gendarmi nella Lof e dei colpi di pistola sparati contro membri della comunità, ha spiegato: «Sono entrati senza ordine del giudice, furtivamente, come ladri. Qualcuno di loro ci sarà stato anche il 1 agosto scorso? […] Fuori, sulla strada, c’erano le camionette della Gendarmeria e della Policìa Federal: loro sono il potere, sono protetti dal principio di innocenza e godono dell’appoggio dei governi e dei grandi possidenti che li usano per i propri crimini. […] Come si è arrivati a tanto, a quel che ci sta succedendo?» si è poi chiesta la vocera.

La risposta l’ha trovata proprio nelle pieghe dell’identità del suo popolo: «Perchè siamo Mapuche, perchè la nostra carnagione è scura, perchè siamo poveri e coraggiosi. Che cosa vogliono ancora? Hanno ucciso Santiago, hanno ucciso Rafita [Nahuel, nda], hanno illegalmente il nostro lonko da più di otto mesi, rivelano il loro potere e l’impunità di cui godono incentivando la pratica del gatillo facil, il grilletto facile, uccidendo ragazzini, rubando, facendo sparire donne, togliendo il lavoro, chiudendo scuole. Che cosa deve succedere ancora? Quando risveglieremo la nostra antica conoscenza che è latente nelle vene e la memoria che ci emancipa, che ci mostra il cammino dell’unione? E’ un cammino che ci consente di mettere una fine, una volta per tutte, a questo insano e oscuro modo di vivere […] Noi siamo capaci di difenderci e di scegliere quale vita vogliamo per noi e per i nostri figli, perchè ce lo meritiamo, anche si ci vogliono far credere che non è così».

(*) articolo tratto da http://www.monicazornetta.it – 12 marzo 2018

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