Anguillara Veneta e Bolsonaro

Dare la la cittadinanza onoraria al “messia nero” è un insulto ai più deboli. In patria il presidente brasiliano è accusato di “crimini contro l’umanità” per la gestione della pandemia.

di David Lifodi (*)

“Più che un insulto alla memoria di mio fratello, questa cittadinanza è una ferita sulle carni del popolo brasiliano, soprattutto dei deboli, degli emarginati, degli esclusi, che lui tanto amava. Per questo non posso fare finta di niente”.

Fabiano Ramin, fratello di Ezechiele, il giovane missionario veneto ucciso nella fazenda Catuva (stato di Rondônia) in Brasile, il 24 luglio 1985, ha commentato così la discussa cittadinanza onoraria concessa pochi giorni fa al presidente brasiliano Bolsonaro da parte del comune di Anguillara Veneta (Padova), da cui il suo bisnonno partì verso il più grande paese dell’America latina.

Sono numerose le contraddizioni che hanno accompagnato il soggiorno italiano del Messia nero, la cui capacità di manipolare e mistificare la realtà è simile a quella del suo compare Salvini. Quest’ultimo ha portato le sue scuse, peraltro non richieste, al popolo brasiliano per le polemiche seguite alla visita del Messia Nero in Veneto e a Pistoia, dove si trova il Monumento votivo militare brasiliano costruito nel 1965 con alcune centinaia di caduti appartenenti alla Força Expedicionaria Brasileira, che contribuì alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo grazie a molti dei suoi membri protagonisti di azioni eroiche tra l’Appennino tosco-romagnolo e la Lucchesia.

Sono numerosi, nel nostro paese, i monumenti, i musei e i cippi che ricordano quei 25.000 uomini giunti in Italia da un altro continente per dare una mano agli Alleati e alla lotta partigiana.

Come è facile intuire, a chiedere scusa verso i suoi concittadini dovrebbe essere lo stesso Bolsonaro, per aver deliberatamente permesso alla pandemia di dilagare nel suo paese, alle multinazionali di sfruttare liberamente l’Amazzonia tacendo sugli incendi appiccati dal grande latifondo e dalle transnazionali al polmone verde del mondo e ridotto il Brasile allo stremo dal punto di vista economico e alimentare.

E ancora, chissà se Salvini e lo stesso Bolsonaro si sono resi conto che a Pistoia hanno commemorato la Feb, una forza apertamente antifascista che perse circa 450 combattenti caduti in battaglia. Gran parte di loro furono sepolti a Pistoia e trasferiti in Brasile nel 1960 nel monumento che si trova nell’Aterro do Flamengo, zona sud di Rio de Janeiro, in onore e in ricordo del loro sacrificio. Il leader leghista ha sempre ridotto la Liberazione, parole sue, “ad un derby tra fascisti e comunisti”, mentre Bolsonaro, in patria, ha lodato più volte quella dittatura che ha tenuto prigioniero il Brasile dal 1964 al 1985 e di certo non si riconosceva negli ideali di libertà degli uomini della Feb che, solo 20 anni prima, avevano contribuito a cacciare il regime fascista dall’Italia.

A Padova la diocesi locale si è rifiutata di accogliere Bolsonaro, giunto alla basilica di Sant’Antonio come un cittadino qualunque e senza alcun onore. Il presidente brasiliano, in patria, è accusato di aver commesso “crimini contro l’umanità” per la gestione della pandemia e, per questo motivo, la Commissione d’inchiesta sul Covid- 19 lo ritiene responsabile della morte di oltre 300mila brasiliani, come ha sottolineato il senatore Renan Calheiros, l’autore principale del rapporto. Il Messia Nero, secondo il lavoro della Commissione d’inchiesta, rischia una pena dai 4 ai 15 anni di carcere per aver propagato intenzionalmente la pandemia, non aver adottato alcuna misura per contrastare il Covid-19, commesso il falso in atto pubblico e molto altro.

Oltre al presidente, la Commissione d’inchiesta parlamentare ha puntato il dito anche nei confronti dei suoi tre figli, Flavio (senatore nazionale), Eduardo (deputato statale), Carlos (consigliere), quattro suoi ministri, tra cui quello della Difesa, il generale in pensione Walter Braga Netto, due ex ministri, tra cui Eduardo Pazuello, uno dei tanti politici avvicendatosi al Ministero della Sanità, insieme ad un’altra sessantina di persone, gran parte delle quali legate all’attuale governo.

Secondo gli ultimi sondaggi, a fianco di Bolsonaro sarebbe rimasto non più del 25% circa dell’elettorato brasiliano, quello fatto di duri e puri che rifiutano di riconoscere anche la crisi economica in cui questo governo ha precipitato il paese. Dopo tre anni di mandato, dal ritorno della democrazia nel paese, Bolsonaro rappresenta il peggior esecutivo della storia del Brasile e, non caso, le sedute della Commissione d’Inchiesta, trasmesse dal canale tv del Senato, hanno raggiunto dei picchi di ascolto mai visti prima.

Tuttavia, di fronte all’arrivo di Bolsonaro nel vecchio continente, l’Europa ha taciuto sulla partecipazione delle proprie imprese nella distruzione e nel saccheggio della Foresta Amazzonica e del Cerrado, la regione della savana dove si trova un altro degli ecosistemi più ricchi del paese. Sono anche gli interessi economici europei ad aver contribuito all’agroindustria, alla monocoltura della soia e all’estrazione mineraria che ogni giorno in più si abbatte sulla sempre più fragile bidoversità brasiliana, ma nessuna istituzione, anche qui da noi, ha chiesto conto a Bolsonaro degli incendi indotti e dei tentativi per ridurre alla fame e sterminare le comunità indigene.

Solo per fare un esempio, Olanda e Spagna sono i principali paesi che ricevono la soia proveniente dalla deforestazione brasiliana. Nel Pará dettano legge imprese minerarie come la francese Imerys e la norvegese, Norsk Hydro, mentre la svizzera Syngenta è leader del transgenico.

A livello alimentare, in Brasile circa 20 milioni di persone trascorrono almeno un giorno senza mangiare e più di altrettante presto potrebbero trovarsi nella stessa situazione.

Uno studio del gruppo “Potere, politica e disuguaglianze alimentari” della Libera università di Berlino ha evidenziato che il 53,9% dei brasiliani non si alimentano in maniera adeguata dall’inizio della pandemia e la Fondazione Getulio Vargas avverte che dallo scorso aprile quasi il 13% della popolazione vive sotto la soglia della povertà.

Altro che la concessione della cittadinanza onoraria: per le sue responsabilità Bolsonaro dovrebbe essere dichiarato “persona non gradita” ovunque vada.

(*) Fonte: Peacelink

David Lifodi
Sono nato a Siena e la mia vera occupazione è presso l'Università di Siena. Nel mio lavoro "ufficioso" collaboro con il sito internet www.peacelink.it, con il blog La Bottega del Barbieri e ogni tanto pubblico articoli su altri siti e riviste riguardo a diritti umani, sindacalismo, politica e storia dell’America latina, questione indigena e agraria, ecologia.

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