Apo è vivo
«Ocalan venga restituito al suo popolo»: dalla manifestazione di Parigi una richiesta corale mentre arriva la notizia che dopo tre anni il fratello ha potuto vederlo
di GIANNI SARTORI
Una notizia confortante: Abdullah Ocalan è vivo e – compatibilmente con la sua situazione di prigioniero politico da un ventennio – in discreta salute. E’ quanto ha potuto verificare il fratello Mehmet nel primo colloquio concesso al leader curdo da quasi tre anni a questa parte. L’ultima visita infatti risaliva al settembre 2016. Inoltre dal 27 luglio 2011 non erano stati consentiti dalle autorità turche nemmeno i colloqui con gli avvocati. Stessa sorte, per inciso, toccata ad altri tre detenuti politici segregati a Imrali.
La notizia è stata data dal nipote, il deputato di HDP (Partito Democratico dei Popoli) Omer Ocalan. Comunque una buona novità anche se il colloquio è stato forzatamente limitato alle questioni inerenti la salute di “Apo”.
Con un breve comunicato Pervin Buldan, co-presidente di HDP, lo ha confermato: «ggi si è svolto un colloquio tra Abdullah Ocalan e suo fratello Mehemet Ocalan. Voglio comunicare che Apo è in buona salute e che domani pubblicheremo altre informazioni».
Una piccola ma significativa vittoria dovuta all’impegno di migliaia di militanti curdi e in particolare al sacrificio di quanti sono entrati in sciopero della fame, seguendo l’esempio di Leyla Guven, proprio per ottenere la fine dell’isolamento per Ocalan (*).
Sicuramente la decisione di Ankara di “non tirare troppo la corda” deriva anche dall’imponente spettacolo offerto dalla manifestazione di Parigi di sabato 12 gennaio:
almeno 15mila curdi provenienti da tutta Europa hanno voluto ricordare il massacro perpetrato in rue Lafayette sei anni fa, il 9 gennaio 2013 (**).
A nessuno sembra una coincidenza che il 17 dicembre 2016, l’autore del triplice omicidio – legato ai servizi segreti turchi – fosse morto improvvisamente in carcere, a un mese dal previsto inizio del processo (23 gennaio 2017). Processo – non casualmente – ripetutamente rinviato. Quella che è stata definita una “une plaie ouverte” (una piaga aperta) nel sistema giudiziario francese è destinata a rimanere tale almeno fino a quando i mandanti non saranno identificati e condannati.
Come è noto, l’operazione da “guerra sporca” avvenne in coincidenza con l’appello del prigioniero Ocalan affinché la voce delle armi cedesse il campo a colloqui di pace fra lo Stato turco e il PKK. Un processo di pace che però venne subitamente abbandonato da Erdogan nel 2017 quando i risultati delle elezioni negarono al suo partito la maggioranza parlamentare.
A fianco dei curdi, nella manifestazione parigina, anche molti eletti ed esponenti della cultura francesi. In particolare: Laurence Cohen, senatrice del PCF di Val-de-Marne e vice-presidente della commissione degli affari sociali; Pierre Laurent, vice-presidente del Partito della sinistra europea, senatore di Parigi; Simonnet Danielle, esponente del Parti de Gauche; Esther Banbassa, senatrice EELV; Poyraz Sahin, delegato per la solidarietà internazionale al 18° arrondissement di Parigi; Jean Christophe Sellin, consigliere regionale della Region Occitanie; Sergio Coronado, ex deputato EELV; Rémi Feraud, senatore del PS; Lydia Amarbakhsh, responsabile delle relazioni internazionali del PCF; Patrick Leyaric, deputato del Parlamento Europeo; Hélène Bidar, esponente del PCF; Eric Coquerel, deputato di St Ouen Epinay e coordinatore del Parti de Gauche; Laurent Ziegelmeyer, membro del consiglio comunale di Choisy le Roi…. Senza dimenticare l’editrice Emmanuelle Collas Glaade; la presidente dell’associazione France-Kurdistan Sylvie Jan…e tanti altri amici e amiche del coraggioso, indomito popolo curdo.
(*) cfr qui: Donne in sciopero della fame nelle prigioni di Ankara e gli articoli successivi
(**) Parigi, 12 gennaio: in marcia per Sakine, Fidan e Leyla che…
Comunicato del PCF (Partito Comunista Francese) sulla stato di salute
di Leyla Guven in sciopero della fame da 68 giorni e ormai “tra la
vita e la morte”.
« Dans toute l’Europe et en Turquie, des grèves de la faim se
multiplient pour dénoncer l’odieux régime d’isolement dont fait
l’objet le leader kurde Abdullah Ocalan.
La députée Leyla Güven (HDP), incarcérée à Diyarbakir, est désormais
entre la vie et la mort. Le PCF appelle les gouvernements français et
des pays membres de l’Union européenne à interpeller la Turquie sur le
sort de Leyla Güven et d’Abdullah Ocalan. Les violations des droits
humains sont devenues la règle dans la Turquie du président Recep
Tayyip Erdogan.
Défendre les prisonniers politiques de Turquie, dénoncer les
conditions dans lesquelles elles et ils sont maintenu-e-s en
détention, c’est affirmer sa pleine solidarité avec tou-te-s les
partisan-e-s de la paix et de la démocratie avec les peuples de Turquie.
Le PCF réitère son soutien aux grévistes de la faim de Strasbourg, et
avec Leyla Güven qui doit être libérée immédiatement. »
Parti communiste français,
Paris, le 14 janvier 2019.
Da UIKI, il messaggio di Angela Davis per Leyla Guven:
“Leyla Guven, deputata del Partito Democratico Popolare in Turchia [HDP, ndt], in questi ultimi due mesi ha intrapreso uno sciopero della fame a oltranza. Dopo aver dedicato i suoi sforzi politici nel corso degli anni alla lotta contro le invasioni e occupazioni militari illegali dello stato turco nei confronti delle regioni curde e contro le continue violazioni dei diritti umani in Turchia, ora offre la sua vita in segno di protesta contro l’isolamento di Abdullah Ocalan, leader del “Partito dei Lavoratori del Kurdistan”, e di altri prigionieri politici curdi. Leyla Guven è una grande fonte d’ispirazione per le persone di tutto il mondo che credono nella pace, nella giustizia e nella liberazione. Mi unisco a tutti coloro che la sostengono e sono in attesa di condannare le condizioni repressive della detenzione di Ocalan.
Come Leyla Guven, migliaia di leader e rappresentanti del Partito Democratico dei Popoli e del Partito delle Regioni Democratiche sono dietro le sbarre. Il maggiore movimento ad ombrello femminile della Turchia, il Congresso delle donne libere, fondato in Kurdistan, è stato sciolto con la forza e molte delle sue attiviste sono state incarcerate. E coloro che hanno denunciato l’uccisione indiscriminata di migliaia di persone curde da parte dell’esercito turco dopo la rottura del processo di pace nel 2015 sono stati criminalizzati in molti modi.
Quelli di noi che negli Stati Uniti hanno protestato contro l’espansione del complesso industriale carcerario sono stati incoraggiati nel corso degli anni dalle coraggiose azioni dei prigionieri politici curdi – specialmente dalle donne, che hanno resistito alle prigioni di tipo americano in Turchia. Dovremmo ora seguire l’esempio e il ruolo guida di Leyla Guven nel protestare contro l’isolamento di Abdullah Ocalan, riconosciuto come capo negoziatore che rappresenta i curdi nei colloqui di pace con la Turchia, e che ha dichiarato che la lotta per l’uguaglianza delle donne è centrale al processo rivoluzionario. Mentre altre figure politiche imprigionate sono state rilasciate dopo l’elezione al Parlamento, anche la signora Guven dovrebbe essere liberata.
Angela Y. Davis
Oakland, California
Nota del NYtimes conclude: La scrittrice, attivista e accademica, ha fatto parte di uno sciopero della fame nel 1970 per protestare contro le condizioni carcerarie quando lei stessa era in prigione”.