APPARTENGO A UN POPOLO
(*) di Pietro Ratto
Appartengo ad un popolo che si dice democratico, ma che preferisce farsi governare da gruppi di corrotti piuttosto che accettare di auto-determinarsi, di gestire autonomamente e direttamente la vita politica del proprio Paese.
Perché, a differenza di chi vanta un’autentica mentalità democratica, il mio popolo è abituato a secoli di dominazione.
Non sa cosa significhi davvero la parola “libertà”, non si fida dei propri concittadini e, tutto sommato, trova comodo farsi governare da personaggi ambigui, interessati alla ricchezza ed al potere, proprio perché ciò comporta l’esser tenuto all’oscuro di qualsiasi decisione importante, condizione ideale per chi intenda risparmiarsi la seccatura di dover pensare, di doversi assumere qualche minima responsabilità.
Per questa “comodità”, per questa sua pigrizia, il mio popolo accetta – e forse preferisce – che chi lo governa trami alle sue spalle e si arricchisca a suo danno.
Questo, in realtà, è il prezzo da pagare per evitare ogni responsabilità e permettersi il lusso, di tanto in tanto, di puntare anche il dito contro chi tiene in mano i fili.
E anche quando si accorge che chi lo dirige ha passato il segno e, conseguentemente, decide di votare contro il sistema, anche quando sembra indirizzarsi in un’ottica di maggior responsabilità e partecipazione per non farsi più sottomettere e derubare, il mio popolo lo fa solo in apparenza, per dare un moderato ed educato segnale di dissenso.
Poi, passata “l’emergenza”, tutto torna come prima ed i soliti ladri vengono puntualmente ricollocati ai posti di comando, autorizzati dalla nuova conferma elettorale (o, a volte, soltanto dal loro stesso potere), a rubare ancor più di prima.
Appartengo ad un popolo di servi, che hanno bisogno di un despota che gestisca il loro Paese, di una Chiesa – tanto intimamente retrograda e corrotta quanto, di fronte alle telecamere, ostentatamente aperta al dialogo e al cambiamento – che amministri il loro rapporto con Dio e la loro moralità. Un popolo che si aspetta sempre dall’esterno ogni regola, che privilegia multe e sanzioni, che in certi casi non si trattiene nemmeno dall’invocare la pena di morte. Un popolo che seguirebbe i dettami di qualsiasi criminale, piuttosto che sentirsi costretto ad imparare a ragionare, a domandarsi cosa sia davvero giusto o sbagliato. Piuttosto che sentirsi obbligato a decidere con la propria testa.
Ecco, io appartengo a un popolo così…
Ma anche no.
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Tratto da BoscoCeduo.it. Cfr. anche, qui in bottega: P. Ratto, L’uomo avvisato.
Pietro Ratto è su Facebook e su Twitter. Qui, tutti i suoi scritti “in Bottega” ed una sua biografia