Appunti sul golpe blando in Nicaragua
Per sfatare una comoda lettura.
di Bái Qiú’ēn
Naturalmente, cuando se habla de las condiciones para la revolución no se puede pensar que todas ellas se vayan a crear con el impulso dado a las mismas por el foco guerrillero. Hay que considerar siempre que existe un mínimo de necesidades que hagan factible el establecimiento y consolidación del primer foco (Ernesto Guevara).
I.
Tutti ricordiamo un avvenimento del 1° dicembre 1955, per quanto piccoli o non ancora nati. Lo abbiamo letto o ne abbiamo sentito parlare chissà quante volte. La nigger Rosa Parks, per usare il termine offensivo in voga all’epoca a quelle latitudini, si rifiutò di cedere il proprio posto sul bus a un bianco nella segregazionista Alabama e da quel gesto non-violento, considerato un crimine dalle leggi di apartheid in vigore all’epoca, prese vita il movimento di massa per i diritti civili dei neri statunitensi. Poi sfociato nel ben noto «I have a dream» di Martin Luther King, pronunciato il 28 agosto 1963 davanti a 250mila persone (alcuni sostengono che fossero parecchi di più, ma la cosa è irrilevante ai nostri fini).
Sono innumerevoli gli esempi di lotta non-violenta nella storia del mondo. Lasciando da parte il Nazareno di duemila anni fa, valido per i credenti, basta ricordare il notissimo boicottaggio delle stoffe inglesi nell’India di Gandhi o del tè proveniente dalle colonie all’epoca della lotta per l’Indipendenza statunitense. Lo stesso George Washington, che comunque non disdegnava la lotta armata, venne definito «terrorista» dalla Corona britannica. E il Mahatma altrettanto.
Tra le varie forme di lotta non-violenta, che tutti abbiamo praticato e continuiamo a praticare senza nemmeno rendercene conto, c’è quella azione politica che chiamiamo «sciopero». Strumento essenziale non solo per la difesa dei diritti, ma pure per richiedere e ottenere mutamenti socio-economici. Come quello generale per le riforme del 2 ottobre 1970, quando si faceva davvero fatica a trovare persino un bar aperto. O quello contro la finanziaria di Berlusconi, al Circo Massimo di Roma. O l’ultimo in ordine di tempo, indetto dalla Cgil e dalla Uil sulla manovra economica del governo Draghi.
II.
Il 15 ottobre 1984 la agenzia di stampa statunitense Associated Press rese noto che, almeno dall’anno precedente, la CIA aveva predisposto un manuale di novanta pagine intitolato «Operazioni psicologiche nella guerra di guerriglia» (Psychological Operations in Guerrilla Warfare), stampato in cinquemila copie. Redatto da un certo John Kirkpatrick con lo pseudonimo Tayacán (dal nahuatl teyacantiuh: guida) e tradotto in spagnolo da Edgar Chamorro Coronel, era destinato, ai mercenari della contra di stanza in Honduras. Il termine «guerra di guerriglia» non era casuale. Non solo serviva per mascherare il fatto che si trattava di un esercito controrivoluzionario addestrato e finanziato dalla amministrazione Reagan, ma si rifaceva in modo esplicito a un testo ben noto tra i militanti della sinistra, scritto da Ernesto Guevara e pubblicato un anno dopo il trionfo della Rivoluzione a Cuba.
Stando alle dichiarazioni rilasciate nei primi anni Novanta da alcuni ex capi controrivoluzionari, tra i quali ci pare di ricordare Jaime Morales Carazo (vicepresidente con Daniel dal 2006 al 2011) nel suo libro La Contra pubblicato in Messico nel 1989, il testo guevariano circolava nelle file di questi mercenari ben prima che fosse redatto e stampato il manuale della CIA.
Qualcuno tra i lettori ritiene che il comandante argentino-cubano lo avesse scritto in previsione di un suo utilizzo, venti anni dopo, da parte di assassini e criminali al soldo della Casa Bianca? Chi ci prenderebbe sul serio se sostenessimo che l’intento recondito di Guevara era quello di compilare un manuale controrivoluzionario o che fu il responsabile intellettuale e morale della contra, insegnandogli con il suo manuale le tattiche e le strategie della guerra di guerriglia? O che fosse addirittura un agente della CIA sotto copertura?
È sufficiente un minimo di ragionamento logico per comprendere che qualsiasi testo e qualsiasi teoria possono essere utilizzati per scopi esattamente opposti rispetto alle intenzioni originarie. Basterebbe questo per sfatare la comoda lettura sul golpe blando in Nicaragua. Eppure…
III.
…eppure, già da alcuni anni e anche di recente, ogni volta che se ne presenta l’occasione, come un vero e proprio tormentone nella propaganda filo-orteguista compare il nome di Gene Sharp. Studioso statunitense della non- violenza e della disobbedienza civile, accusato di aver inventato la strategia del golpe blando o suave utilizzata nell’aprile del 2018 in Nicaragua. Quindi, da bruciare sul rogo (se non fosse deceduto nel gennaio precedente).
Nello stesso periodo in cui la CIA predisponeva e stampava il manuale sopra ricordato, Sharp fondò l’«Istituto Einstein», con lo scopo di studiare scientificamente l’utilizzo della non-violenza nei conflitti sociali e politici, ossia la teoria della difesa popolare non-violenta. Non certo come parte integrante della guerra detta di bassa intensità scatenata dalla amministrazione Reagan contro il Nicaragua.
Se Guevara non ha alcuna responsabilità per l’uso improprio del suo testo da parte della contra, la stessa cosa dovrebbe valere per Sharp e per le sue idee, saccheggiate dal Dipartimento di Stato per i propri loschi interessi politico-economici in giro per il mondo. Ci pare di ricordare che nel 2012 ricevette persino il premio Nobel alternativo (Right Livelihood Award), esattamente come Leonardo Boff, Edward Snowden, Gino Strada, Greta Thunberg e vari altri.
Non vi sono dubbi che, nel secolo scorso, le sue teorie siano state applicate in vari luoghi, a partire dall’Est europeo e dai Paesi arabi, propagatesi con un effetto domino. Come è probabile che alcuni suoi collaboratori fossero sul libro paga del Dipartimento di Stato. O che lui stesso sia stato finanziato o abbia lavorato con la CIA o con personaggi oltremodo discutibili. Sgomberiamo subito il campo: senza dubbio, alla fine degli anni Sessanta era il Dipartimento di Stato, attraverso il DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), a finanziarlo. E, di certo, ha lungamente lavorato presso il Center for International Affairs di Harvard, definito «la CIA di Harvard». Ma, da qui a colpevolizzarlo per tutto quanto i gringos hanno fatto nell’ultimo trentennio et ultra saccheggiando i suoi studi e le sue teorie, ce ne passa.
A quanto ci risulta, la CIA è da parecchio tempo presente praticamente in tutte le università di Gringolandia, fondando e finanziando istituti di ricerca politica: negli anni Cinquanta sovvenzionava svariate fondazioni dedite ufficialmente alla ricerca e in uno studio della stessa CIA realizzato nel 1966 si affermava che «devono poter rassicurare i loro ignari membri e collaboratori, come pure i critici ostili, di essere in grado di contare su forme di finanziamento privato, autentico e rispettabile». Nel febbraio del 1967 numerosi quotidiani statunitensi pubblicarono in prima pagina articoli di denuncia sulla diffusa presenza della Agenzia nelle università (The New York Times, The Washington Post, ecc.). Per la cronaca, la Pravda pubblicò un paio di articoli indignati sulla faccenda (26 febbraio e 1° marzo).
Parlarne oggi è come scoprire l’acqua calda, ma a quanto pare occorre rinfrescare la memoria ai propagandisti del golpe blando: nella pratica, qualunque studioso volesse e voglia portare avanti i propri studi e le proprie ricerche, oltre che con le multinazionali doveva e deve fare i conti con il governo gringo, interessato a qualsiasi idea possa essergli utile per i propri interessi. Non vogliamo giustificare nessuno, ma semplicemente attestare una realtà di fatto.
Detto ciò, ci pare ovvio che qualunque teoria, persino la più innocua, può essere messa in pratica per scopi esattamente opposti rispetto alle intenzioni. Un esempio tipico è la colpevolizzazione di Nietzsche per ciò che fu e che fece il nazismo. Farneticante ideologia che semplicemente si appropriò di idee come quella del übermensch, adattandola al proprio delirante fine della «soluzione finale». Oggi nessuno studioso degno di questa definizione sostiene che il nazismo nacque dalle idee di quel filosofo dal cognome impronunciabile.
Per non parlare di Pino Rauti che saccheggiò Tolkien per i suoi «campi Hobbit» negli anni della strategia della tensione o, più recentemente, Giorgia Meloni con l’«Atreju» di Ende, come se la destra nostrana non fosse tra i massimi promotori del nulla che avanza. Qualcuno ricorda Franco Freda e il suo nazi-maoismo? O la meno nota rivista clandestina dei carcerati fascisti Quex, diretta dallo stragista Mario Tuti, che a una lettura superficiale sembrava un fritto misto tra Lotta Continua e Potere Operaio? E l’elenco potrebbe proseguire a lungo: la storia delle idee è piena di appropriazioni indebite oltre che di truffe ideologiche.
Che dire, poi, delle scoperte scientifiche e delle invenzioni, come quella della dinamite creata da Nobel non certo per scopi bellici, ma per evitare i rischi connessi all’uso della instabile nitroglicerina in attività civili. Quali responsabilità può avere Meucci se Hitler ordinò tramite il telefono l’eccidio delle Ardeatine? O se la teoria della relatività sulla equivalenza massa-energia ha prodotto le atomiche di Hiroshima e Nagasaki? O se gli studi di Leonardo sul volo hanno portato ai B52 e ai bombardamenti sul Vietnam? O se la semplice e innocua bottiglia, della quale non conosciamo l’inventore, è trasformabile in molotov?
Una teoria valida per far crollare un regime fascistoide può essere utilizzata per abbattere un governo rivoluzionario, esattamente come «il machiavellismo, essendo una scienza, serviva tanto ai reazionari quanto ai democratici», secondo il pensiero di Gramsci (Q. 4, § 8), che qualcuno tra i propagandisti dell’orteguismo o muerte potrebbe sospettare fosse un agente della OVRA.
E qui potremmo pure fermarci, lasciando ragionare i lettori. Ma riteniamo che occorra chiarire meglio l’uso distorto che la propaganda orteguista fa della definizione golpe blando.
Basterebbe riflettere sulla sostanziale diversità tra le 198 azioni non-violente indicate a Sharp e ciò che è accaduto in Nicaragua tra la metà di aprile e la metà di luglio del 2018, per capire che non esiste alcun punto di collegamento. Questo studioso mai ha previsto barricate, saccheggi di supermercati, incendi di edifici pubblici, scontri più o meno armati, omicidi atroci e inumani… nulla di tutto ciò che è successo quasi quattro anni fa.
Nulla accomuna il 2018 con queste sue parole: «Quali che siano i meriti dell’opzione violenta, una cosa è chiara: confidando nella violenza, si sceglie un terreno di lotta in cui gli oppressori hanno quasi sempre la superiorità. I dittatori dispongono dei mezzi per applicare la violenza in maniera soverchiante. Per quanto a lungo i democratici possano perseverare, alla fine la repressione militare diventa inevitabile. I dittatori dispongono quasi sempre di truppe, munizioni, mezzi logistici e militari superiori. Nonostante il coraggio, per i democratici non c’è partita». È pensabile che se avessero davvero applicato i suoi metodi, la protesta sarebbe andata in modo assai diverso. Né meglio né peggio, semplicemente diverso.
In breve, continuare a insistere con le sue responsabilità intellettuali e morali senza analizzare le condizioni per cui poteva concretamente realizzarsi un golpe blando in Nicaragua, significa volere a tutti i costi s-ragionare con il paraocchi dei cavalli da tiro («vos sos caballo», direbbe un nicaraguense). Meglio ancora, volutamente bendati: pure ammettendo che la CIA avesse avuto mille o duemila nicaraguensi sul proprio libro paga, come avrebbero potuto organizzare un golpe blando senza alcun seguito e contro un apparato statale monolitico che aveva il sostegno della maggioranza della popolazione, per quanto mugugnante?
Se da un lato la estrema violenza che una parte degli oppositori ha mostrato in parecchie delle azioni compiute, fa pensare che nessuno di loro avesse mai pensato a un golpe blando, ma soltanto a scaricare la rabbia e la frustrazione accumulate (abilmente o stupidamente sfruttate dalla destra interna e dalla ambasciata gringa), dall’altro i propagandisti orteguisti non si rendono conto che parlare di golpe blando e al contempo di violenze e devastazioni che hanno distrutto il Paese, è come minimo contradditorio. Una cosa esclude l’altra, per logica.
Oltretutto, la quarantina di arrestati nella estate scorsa con l’accusa della preparazione di un altro golpe blando e sotto processo in queste settimane, ha l’età media di circa sessanta anni, con punte di ottanta. Buona parte di loro con acciacchi che impedirebbero qualunque partecipazione diretta a uno scontro fisico, per quanto blando possa essere. Inoltre, ammettendo che costoro siano davvero i generali che danno gli ordini da dietro una scrivania, attualmente le truppe dove sono? Ci piacerebbe che qualcuno rispondesse a queste semplici domande. Ma dubitiamo che avvenga.
IV.
La lotta non-violenta, come quella armata, nasce e si sviluppa solo in base alle condizioni fattuali di un determinato Paese e in un particolare periodo. Su questa considerazione, chiarita a suo modo dallo stesso Guevara, si può discutere a lungo, ma in una situazione di tranquillità socio-politica nella quale un governo (qualsiasi esso sia) non imponga dall’alto le proprie scelte ai cittadini trasformati in sudditi, è assai difficile che possa verificarsi.
Rosa Parks, la Mother of the Civil Rights Movement, aveva intenzione di dare avvio a un golpe blando? E Gandhi? ecc. ecc. ecc. fino agli scioperanti contro la finanziaria di Draghi? O esistevano semplicemente le condizioni minime e sufficienti per innescare una protesta di massa? Il cosiddetto foco. Come quello che nel febbraio-marzo del 1917 rovesciò lo zarismo in Russia, anche grazie all’ammutinamento di interi reparti di militari stanchi del conflitto bellico mondiale. O come la resistenza partecipativa degli zapatisti in Chiapas a partire dal 1° gennaio 1994, con finti fucili, non estranea alla non-violenza? Pure il sup Marcos era un agente della CIA che stava applicando il «manuale di Sharp»?
V.
Quando nel 1953, a venticinque anni, lo stesso Sharp fu arrestato dal FBI dell’immarcescibile Edgar Hoover, incarcerato a condannato a due anni (scontando nove mesi e dieci giorni) per il suo rifiuto di andare a combattere in Corea, stava progettando l’avvio di un golpe blando? Quando molti ragazzi italiani, soprattutto cattolici, finirono a Peschiera per lo stesso motivo, stavano progettando un golpe blando? Quando don Lorenzo Milani, ex cappellano militare nella Prima guerra mondiale, pubblicò L’obbedienza non è più una virtù, stava propagandando un golpe blando?
Quando una mano ignota sostituì la scritta «Piazza Gaetano Alimonda» con «Carlo Giuliani», secondo la teoria di Sharp fu un gesto non-violento di forte valenza simbolica. Significava forse che quella mano ignota voleva dare l’avvio a un golpe blando? E che dire di quando, nell’ormai lontano 1974, Paolo Pietrangeli cantava «Se le strade cambiassero di nome…»?
Ogni corteo o manifestazione di protesta, «costituita da un gruppo di persone che camminano in modo organizzato per richiamare l’attenzione sulla loro rivendicazione o sul loro punto di vista», in base alla teoria di Sharp è una azione non-violenta che può condurre all’abbattimento di un regime. Non certamente un tentativo cosciente (e finanziato) di un fascistoide golpe blando. Anzi, come affermò a suo tempo Giulio Girardi, «L’alternativa non-violenta è radicalmente rivoluzionaria». Chi tra i lettori di queste righe non ha mai partecipato a un corteo o a uno sciopero o a una lotta di qualunque genere? Chi tra loro ha mai pensato di poter essere accusato di stare partecipando a un golpe blando teorizzato da Sharp? Da ex sessantottini che manifestavamo, partecipavamo ai picchetti davanti alle fabbriche e alle scuole, scrivevamo sui muri, attaccavamo manifesti clandestini ecc. ecc., neppure per un istante abbiamo pensato di far parte di un progetto eversivo della CIA.
In compenso, nel manuale della CIA del 1983 era tra l’altro indicata nero su bianco la necessità di infiltrarsi «nei sindacati dei lavoratori, nei gruppi studenteschi, nelle organizzazioni contadine, ecc., condizionandoli per il comportamento all’interno delle masse» al fine di condurre «i manifestanti a scontri con le autorità, a provocare rivolte o sparatorie, portando alla morte di una o più persone, che saranno viste come dei martiri; questa situazione deve essere usata immediatamente contro il Governo per generare conflitti ancora più grandi». Non occorre molta fantasia per vedere in queste parole gli eventi nicaraguensi del 2018. Non le aveva scritte Sharp.
Eppure, da vari anni, in rete si pubblicano articoli nei quali si sostiene candidamente l’esistenza di un vero e proprio «Manuale del “golpe blando” di Gene Sharp» («Cuba, i corvi volano bassi», 13 luglio 2021). Definizione assai fuorviante, come si vedrà tra breve, ma reiteratamente utilizzata come un dogma. Nel 2018 in Nicaragua fu applicata «la metodologia prevista dal manuale del “golpe morbido” dell’ex agente CIA Gene Sharp» («Dal golpismo al puchismo», 20 aprile 2021).
Il titolo del testo non citato dal navigatore sanfedista e da lui genericamente indicato come «Manuale», è From Dictatorship to Democracy, pubblicato la prima volta nel 1993 in lingua thai a Bangkok e diretto ai dissidenti di Myanmar, governati dal non certo democratico né tanto meno socialista Consiglio di restaurazione della legge e dell’ordine di Stato (che restò al potere fino al 2015). All’epoca, fu distribuito in fotocopie (la CIA non aveva soldi per pagare una tipografia?) e qualunque birmano lo possedesse, rischiava sette anni di carcere. Come semplice curiosità storica, negli anni Sessanta e Settanta qualcosa di molto simile accadeva ai possessori del testo guevariano nella maggior parte dei paesi latinoamericani. In Guatemala, tanto per fare un esempio, erano proibiti tutti i testi di Marx, di Lenin…
Naturalmente, tutti i complottisti di professione evitano di aggiungere queste poche informazioni, le quali darebbero un senso assai diverso rispetto a ciò che vogliono propagandare. Anzi, evitando accuratamente di citare il vero titolo e il vero scopo, lo chiamano genericamente «Manuale del golpe blando», travisando completamente le intenzioni originarie dell’autore. Esattamente come dire che Guevara scrisse il manuale per la contra. Ciò che non riescono, non vogliono o non possono spiegare in altro modo, rientra nella moda ideologica del golpe blando: una spiegazione buona per tutte le stagioni e tutte le latitudini. In spagnolo, si direbbe un comodín, una carta jolly. E, naturalmente, non fanno alcun cenno al manuale della CIA scritto dieci anni prima per la contra, ammesso che ne abbiano mai sentito parlare.
Come evitano pure di informare i loro lettori che chiunque può pubblicare questo supposto «manuale del golpe blando», senza chiedere permesso né pagare i diritti d’autore. Quando mai la CIA o il governo gringo hanno spontaneamente reso di pubblico dominio la documentazione sui loro metodi? Figuriamoci se lascerebbero liberamente pubblicare un loro manuale su come si organizza un colpo di Stato! La traduzione italiana Come abbattere un regime è stata stampata nel 2011 da Chiarelettere e la potete trovare in rete. Vi suggeriamo di dare una occhiata a questo testo, per vedere di che si tratta concretamente, al di là della facile propaganda.
È indubbio che il ruolo svolto dai socialnetwork per diffondere messaggi, immagini, filmati e quanto altro, abbia avuto un ruolo essenziale in Nicaragua. Che dire del fatto che nel 1993 Sharp neppure ne accenna, per il semplice motivo che non esistevano ancora. Parla invece di volantini, attacchinaggio clandestino di manifesti, scritte sui muri e altre azioni che molti di noi hanno compiuto senza mai pensare che fosse parte integrante di un golpe blando. Tutt’al più questo studioso della non-violenza pensava a emittenti radiofoniche clandestine, come quella creata da Guevara a suo tempo: «Aquí Radio Rebelde, transmitiendo desde la Sierra Maestra, primer territorio libre de Cuba».
In compenso, ne aveva parlato Eduardo Galeano nel gennaio-marzo del 2013 in una intervista al periodico cileno Punto Final: «Paradossalmente, una cosa che è nata – Internet – al servizio della morte, come invenzione del Pentagono per coordinare i suoi piani di aggressione contro altri Paesi su scala planetaria, è diventata uno strumento di vita. Le persone hanno trasformato lo scopo originario e grazie a ciò possono incontrarsi, riunirsi attorno a obiettivi comuni e possono convocarsi per respingere le ingiustizie. Per protestare. Sono questi paradossi che ti aiutano a vivere e ti mostrano che non c’è niente di definitivo. Ci sono molte cose che nascono in un senso e finiscono per vivere in un altro» («Escribo cuando me pica la mano»).
Continua pure a circolare la diceria che Sharp fosse un ex agente della CIA, utile per avvalorare la tesi complottista. Anzi, indispensabile per darle più credibilità. Anche qui, evitando con cura di ricordare che già nel 2008 Noam Chomsky, unitamente a un centinaio di attivisti, affermò che invece «è stato fonte di ispirazione per generazioni di progressisti, pacifisti, per i diritti umani e ambientali in tutto il mondo». Chissà, forse pure il vecchio Chomsky è un agente della CIA sotto copertura (per la cronaca, ha collaborato con il MIT Center for International Studies, fondato nel 1951 in funzione anti-sovietica e finanziato dalla CIA: al rogo!). Ma tant’è: con un maccartismo alla rovescia, alla propaganda della premiata ditta Innominabile & C. basta affermare che un tizio qualsiasi è al soldo della CIA per essere immediatamente considerato responsabile di qualsiasi nefandezza che questa agenzia compie in giro per il mondo.
Che poi la CIA, il NED o qualsiasi altro organismo del genere abbia finanziato o contribuito allo sviluppo delle teorie del renitente alla leva Sharp, rientra nella logica gringa che tutto e tutti possono servire per realizzare i loro obiettivi. A prescindere… Basti pensare ai milleseicento scienziati nazisti arruolati nel 1945 con la cosiddetta «Operazione Paperclip», a partire dal maggiore «Sturmbannführer SS» Wernher von Braun, il padre della V-2. Oppure, nell’altro campo politico, ma nello stesso periodo, lo scienziato comunista Robert Oppenheimer, posto addirittura a capo del «Progetto Manhattan» per la realizzazione delle atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki, ma nel 1953 accusato dall’ottuso e fanatico maccartismo di essere una spia dell’URSS.
Non occorre molta fantasia per pensare che la CIA, rendendosi conto che pure la lotta non-violenta poteva essere utile ai propri obiettivi, in determinati contesti, abbia lautamente finanziato gli studi di Sharp.
Parafrasando il vecchio detto dell’imperatore Vespasiano: per la CIA, scĭentĭa non olet. Che tradotto in italiano suona grosso modo: tutto fa brodo…
VI.
Un intermezzo è opportuno, per evidenziare la talebana e anti-marxista forma mentis dell’Innominabile. Il cui modo di ragionare (?!) esula completamente dal materialismo storico.
Poiché per lui la storia è sempre e comunque un optional (esattamente come qualsiasi altra materia che ha semplicemente sniffato), riesce candidamente ad affermare: «quali golpe ha promosso la sinistra nella storia? La sinistra ovunque ha vinto con rivoluzioni o elezioni, mai con i colpi di Stato, che invece sono stati e sono un’arma della destra fascista, in America Latina come ovunque» («Nicaragua verso le urne», 28 settembre 2021). Probabilmente parecchi o tutti i suoi lettori hanno creduto a questa bufala.
Infatti, ha scordato volutamente la giunta militare di centro-sinistra diretta dal generale Juan Velasco Alvarado che governò il Perù dal 1968 al 1975 e si auto-proclamò «Gobierno revolucionario de la Fuerza Armada», dopo un vero e proprio golpe militare. Sostenuta dalle forze di sinistra, dai sindacati e dagli intellettuali progressisti, aveva nazionalizzato tutto il possibile a partire dalle banche, realizzato una riforma agraria e rotto i ponti con gli Stati Uniti, avvicinandosi all’allora esistente Unione Sovietica e alla Cina di Mao ancora vivente. Ciò non fa parte della storia da lui conosciuta (per sua informazione, l’ambasciatore a Mosca era Javier Pérez de Cuéllar, in seguito segretario generale dell’ONU dal 1982 al 1991: gli anni della Rivoluzione popolare sandinista). Tra le varie decisioni, parificò il quechua allo spagnolo, rendendolo lingua ufficiale e stabilendo l’istruzione scolastica bilingue. Possiamo aggiungere che, dopo uno scalo di Fidel all’aeroporto di Lima proveniente dal Cile di Allende, il 4 dicembre 1971, il Perù di Velasco riallacciò le relazioni diplomatiche con Cuba, interrotte dal 1960.
Senza fare un elenco completo dei golpes di sinistra, intendendo il termine in senso ampio, tra i primi che ci vengono in mente ricordiamo quello del giugno 1932 in Cile (per restare all’America latina), dove la giunta militare composta dal generale Arturo Puga, Eugenio Matte Hurtado e Carlos Dávila instaurò una repubblica socialista di brevissima durata; quello del colonnello Gheddafi in Libia il 1° settembre 1969; quello incruento (leggasi blando) dei capitani in Portogallo il 25 aprile del 1974 che forse volevano solo cambiare la denominazione di qualche strada (tipo: rua Antonio de Oliveira Salazar), per merito di una fioraia passato alla storia come «rivoluzione dei garofani». Mai dire mai, caro Innominabile… e, per quanto ognuno sia libero di leggere la storia come meglio gli aggrada, dal canto nostro riteniamo che te se propri un barlafüs.
E tralasciamo, per doverosa compassione nei confronti di chi non conosce la storia, il fatto che il 30 gennaio 1933 l’allora presidente della Repubblica tedesca Hindenburg incaricò di costituire il nuovo governo un certo Adolf Hitler, il quale aveva ottenuto quasi il 40% di voti alle elezioni…
VII.
Il primo a parlare della strategia del golpe blando, il 10 febbraio 2005, fu il radicale francese Thierry Meyssan, ritenuto un vero e proprio teorico della cospirazione («La Albert Einstein Institution: no violencia según la CIA»).
Tralasciamo parecchie sue posizioni politiche alquanto discutibili, ma vale la pena ricordare che quando nel 2011scoppiò la guerra civile in Siria si professò sostenitore di Bashar al-Assad, nel 2013 appoggiò il golpe militare di al-Sisi in Egitto e nel 2020 sostenne Lukashenko. Senza dubbio, tutti perfetti democratici… esattamente come Trump che, sempre secondo lui, non ha perso le elezioni ma è stato vittima di un complotto.
Ha più volte sostenuto che il primo golpe blando o «cospirazione per la destabilizzazione» con l’uso di «strategie non violente», fu organizzato contro Mossadeq in Persia nel 1953, quando la CIA pagò i manifestanti che protestavano nelle piazze. Considerando che Sharp in quel periodo era nelle patrie galere statunitensi, prendendo per buone le idee cospirazioniste di Meyssan, risulterebbe evidente che, al massimo, il futuro teorico del golpe blando potrebbe essere accusato di aver migliorato ciò che la CIA già aveva iniziato a mettere in pratica per i propri scopi.
Come nota di colore, Meyssan è il fondatore della Rete Voltaire con sede in Libano. Per quanto fosse un illuminista, Voltaire definiva il popolo con il termine populace, plebaglia: «Quand la populace se mêle de raisonner, tout est perdu». Quando la plebaglia comincia a ragionare, tutto è perduto.
Nel maggio dello scorso anno Meyssan, quando un po’ in tutto il mondo era in vigore il lock-down, sostenne una teoria che quanto meno si può definire bizzarra: «In poche settimane, abbiamo visto Stati che presumibilmente si ritenevano democratici sospendere di colpo le libertà fondamentali: vietare a pena di multa o carcere di lasciare la propria casa, partecipare a manifestazioni e raduni». Naturalmente, si tratta di un complotto, in quanto «Il “confinamento generalizzato obbligatorio” è stato concepito quindici anni prima, all’interno dell’amministrazione Bush, non come uno strumento per la salute pubblica, ma per militarizzare la società americana durante un attacco bioterroristico. Ed è esattamente questo progetto che sta applicando oggi in Europa» («Il progetto politico globale imposto durante il Covid-19»).
Riteniamo che i nostri lettori riescano ancora a ragionare e a chiedersi come ci si possa difendere da un attacco bioterroristico di massa se non cercando di non restare contaminati. Esattamente come con il Covid-19. Abbiamo la vaga sensazione che prima o poi questo complottista incallito riuscirà a dirci che la pandemia non è mai esistita e si è trattato di un golpe bando interplanetario basato sulle idee di Sharp.
VIII.
Qualcuno ricorda il nome di Chelsea Manning? Probabilmente no, ma proprio grazie a questa ex marine e analista di intelligence, Julian Assange era entrato in possesso di migliaia di documenti top secret della Agenzia. Resi noti da Wikileaks, con le conseguenze che tutti conosciamo.
Per inciso, limitandoci a un altro personaggio noto, Edward Snowden non solo era un analista della CIA ma pure un consulente della National Security Agency.
Il fatto di essere una o un ex, non garantisce alla CIA o a chiunque altro la fedeltà nei secoli (nonostante il motto Semper fidelis). Però, serve alla propaganda facilona e interessata per screditare Sharp, senza riuscire a fornire uno straccio di prova, se non congetture e ipotesi. Come abbiamo detto, senza dubbio le sue teorie sono state utilizzate nelle primavere arabe e nelle rivoluzioni colorate nei Paesi dell’Est europeo, nelle quali la CIA ci ha messo pesantemente lo zampino (e forse pure il MOSSAD). Ma non ci pare che il risultato finale di tutti questi tentativi sia sempre andato secondo quanto sperato dai popoli interessati. Basta fare i nomi di al-Sisi e di Lukashenko.
IX.
Questi propagandisti della domenica sanno perfettamente che accusare qualcuno di essere un agente della CIA (o ex, non fa differenza), colpisce negativamente la fantasia del popolo di sinistra, portandolo a credere ciecamente che il soggetto in questione abbia compiuto chissà quali infamie. Che l’accusa sia vera o meno, non importa: ciò che conta è che serve egregiamente a reggere la propaganda con la quale turlupinare un certo numero di persone in buona fede. Le quali difficilmente hanno il tempo e la voglia di verificare la attendibilità delle affermazioni.
Non sappiamo se i suddetti siano realmente convinti di ciò che scrivono. Però, di certo, oltre a non ragionare con un minimo di dialettica, non verificano le fonti come dovrebbe fare chiunque pratichi la nobile professione di giornalista. E con il metodo materialista (marxista) di leggere la storia, nulla hanno a che fare. Di conseguenza, pure il loro racconto della cronaca non può essere che unilaterale e fazioso. Sanfedista, per rispolverare un termine antico.
In compenso sanno utilizzare egregiamente un meccanismo del cervello, il quale cataloga in una specie di schedario le varie situazioni: automaticamente, di fronte a un evento nuovo, ricerca i dati più simili per trovarvi una collocazione. «Ma è solo la superficie dei fatti che si rassomiglia, così come un atto di violenza rassomiglia a un altro atto di violenza, e una distruzione rassomiglia a un’altra distruzione» (Antonio Gramsci, 29 aprile 1917).
Nelle sinapsi di noi di sinistra è insita la equazione: protesta organizzata dalla sinistra uguale a «fatto rivoluzionario», protesta organizzata contro chi si auto-definisce di sinistra uguale a «fatto reazionario». E, quando un determinato evento è stato percepito in un modo, la mente oppone una resistenza naturale a vederlo in un altro. Così, sanno di poter affermare che «il manuale di Gene Sharp è diventato la Bibbia dell’eversione» («Dittature, che passione!», 21 dicembre 2021). Parole di un sodale dell’Innominabile, che ignora bellamente sia Chomsky sia Girardi sia tanti altri. Però, pare che abbia sentito parlare del drammaturgo Pier Maria Rosso di san Secondo, o quanto meno della sua commedia del 1918 Marionette, che passione! (Forse, il pittoresco richiamo a testi letterari dei quali si conoscono solo i titoli è contagioso come il Covid-19).
Per i più scettici e per coloro che si sono lasciati convincere da una propaganda assolutamente truffaldina, suggeriamo di consultare il testo di Sharp Politica dell’azione non violenta, pubblicato in italiano nel 1985 dal Gruppo Abele (pure don Luigi Ciotti è al soldo della CIA?) e leggibile interamente sul sito di PeaceLink (gestito da agenti della CIA sotto copertura?).
X.
Esiste una semplice domanda che i propagandisti embedded non si pongono e non pongono ai loro lettori, poiché sarebbe controproducente alla loro stessa propaganda: se in Nicaragua non ci fosse stato un terreno fertile per allestire e per tentare un golpe blando, sarebbe potuto accadere ciò che avvenne nel 2018?
Il mugugno sempre più diffuso nella popolazione, non eccettuata la base sandinista (non informata sulle trame della destra), era arrivato alle sempre vigili orecchie della ambasciata gringa. La quale ci si è tuffata a capofitto. Nel frattempo, il governo e tutte le istituzioni orteguiste ballavano allegramente sul Titanic, fingendo che «tutto va ben, madama la marchesa». Continuando a fare, a disfare, a tornare a fare e tornare a disfare senza mai coinvolgere i diretti interessati. Anzi, passando troppo spesso sulle loro teste. Ab libitum.
E, come tutti sanno, che sia una riforma pensionistica ritenuta iniqua o l’aumento del prezzo del biglietto della metro, prima o poi il bicchiere si riempie fino all’orlo, per cui basta una goccia per… essere definiti vandali e terroristi, sia in Nicaragua nel 2018 sia in Cile nel 2019. Peraltro, uno dei leader della protesta cilena ha da poco assunto la presidenza della Repubblica. Che si tratti di un riuscito golpe blando…? Stando alla logica perversa dei complottisti, certamente.
Non sappiamo se l’estensore del citato manuale della CIA conoscesse il testo di Gustave le Bon Psychologie des foules (1895) o quello di José Ortega y Gasset, La rebelión de las masas (1926) o Technique du coup d’État pubblicato anonimo a Parigi nel 1931 (il cui autore era Curzio Malaparte), ma sta di fatto che fa riferimento alla «mescolanza di elementi della lotta [propagandisti della contra; n.d.t.] con i partecipanti alla manifestazione darà l’apparenza di una protesta spontanea, priva di direzione, che sarà utilizzata dagli agitatori per controllare il comportamento delle masse». Altro che Sharp!
XI.
Qualcuno penserà che ci siano stancati di tutto «sto scarich publich de cess, de roera» come cantava il milanese d’adozione Ivan della Mea. Confermiamo: anche il nostro bicchiere è più che pieno, straripante. Ci domandiamo ormai da tempo come sia possibile non rendersi conto che se una verità è circondata da invenzioni, chiamiamole così, prima o poi qualcuno potrebbe pensare che pure quella verità sia un frutto della fantasia (malata?). Per cui tutto l’impegno e tutta la passione politica messa nella costruzione del castello di carte (che rispettiamo, pur non condividendolo) si sbriciolerebbe inesorabilmente.
Abbiamo il vago sospetto che entro breve qualcuno penserà che il neo-presidente cileno sia al soldo della CIA, visto che non solo ha duramente criticato il modo in cui si stanno svolgendo i procedimenti penali contro gli oppositori, ma ha nominato ministra degli Esteri nientemeno che Antonia Urrejola, la quale non è certo tenera nei confronti dell’orteguismo: era a capo della CIDH, la Commissione per i diritti umani della OEA. In un suo articolo relativamente recente («Gli attacchi falliti al Nicaragua», 23 agosto 2021), dopo che i governi messicano e argentino avevano espresso alcune critiche nei confronti dell’orteguismo, coloro che solo pochi mesi prima per l’Innominabile incarnavano la panacea di tutti i mali per i loro rispettivi Paesi, ipso facto si sono trasformati in persone rispettabili ma inutili (López Obrador) o in grigi funzionarietti di second’ordine che mai potranno ergersi a statisti (Fernández). Come si fa presto a mutare il proprio giudizio… trasformandolo in pregiudizio.
Un tempo, circa duemila anni fa, ci fu chi affermò che «Chi non è con me, è contro di me». Lo stesso pensiero pervade il cervello di questi propagandisti, i quali rifiutano per principio (?!) qualsiasi lettura diversa dalla loro. Esattamente come i negazionisti della pandemia o i terrapiattisti. O gli estimatori del baffuto georgiano tumulato nelle mura del Cremlino, nella cui lapide compare una sola parola in cirillico: Ста́лин.
Una prova della persistenza di questo schema dei due pesi e due misure lo si può verificare rispetto a Human Rights Watch e ad Amnesty International: se definiscono quella israeliana nei confronti dei palestinesi come una politica di apartheid, è perfetto. Applausi ed elogi. Ma se gli stessi organismi condannano l’uso eccessivo della forza da parte della polizia o l’uso distorto della giustizia in Nicaragua, allora sono al servizio degli Stati uniti. Se è forse eccessivo parlare di cortigianeria, quanto meno l’Innominabile assomiglia parecchio a quella attrice dagli occhi azzurri che in uno spot pubblicitario va al ristorante con il suo pacco di pasta preferita nella borsetta, perché mangia solo quella. Rigorosamente… Del resto, basta mettere un paio di occhiali con le lenti verdi a un cavallo per fargli credere che la paglia sia erba.
Qualcun riterrà che pure noi siamo al soldo della CIA, del MOSSAD, dell’OVRA, della defunta OSN somozista, della vecchia DINA pinochetista, della SAVAK dello scià di Persia o di qualsiasi altro organismo simile. La cosa non ci spaventa né ci preoccupa, anzi, ci ridiamo sopra allegramente, sperando che il nostro sghignazzo serva almeno a seppellire tutte queste baggianate. In varie occasioni abbiamo ricevuto l’accusa di tradimento e ci siamo ormai abituati da tempo. Fin dal lontano 1971 quando, di ritorno dalla vecchia e stagnante Unione Sovietica, esprimevamo il nostro giudizio politico: «Se quello è socialismo, se lo possono tenere». Abbiamo dovuto attendere un decennio prima che Berlinguer parlasse di fine della spinta propulsiva della Rivoluzione d’Ottobre e quasi altrettanto perché qualcuno cominciasse a parlare di glasnost e di perestroika. Pertanto, preferiamo continuare a essere dalla parte del torto, piuttosto che inventare o distorcere i fatti per farli rientrare in uno schema prestabilito. E, soprattutto, mantenerci coerenti con le nostre idee, nella certezza che qualsiasi verifica su ciò che scriviamo non potrà essere smentito. La stessa cosa non si può dire per coloro che si reputano e si vendono come i tenutari della verità rivelata, smascherabili facilmente con prove per ogni parola che pronunciano o che pubblicano.
È triste doverlo constatare, ma troppi commentatori ufficiali hanno scordato ciò che scrisse Julio Cortázar nel 1984: «Credo solamente nel socialismo come possibilità umana; però quel socialismo deve essere una fenice permanente, in un processo di costante rinnovamento e invenzione; e questo può essere ottenuto solo attraverso la sua stessa critica» (Nicaragua, tan violentamente dulce).
XII.
Non è il nostro mestiere fare l’avvocato d’ufficio, ma riteniamo che sarebbe il caso di smettere di colpevolizzare Sharp di avere inventato la strategia del golpe blando, sebbene capiamo che è assai comodo indicare un presunto colpevole con tanto di nome e cognome. Con la tecnica sperimentata dello «sbatti il mostro in prima pagina». È senza dubbio più facile che analizzare con serietà lo svolgersi degli avvenimenti che hanno portato a una determinata situazione e degli attori effettivi che vi hanno svolto un ruolo non secondario. Argomento che promettiamo di affrontare prossimamente, si Dios quiere.
Affermare che la CIA ha utilizzato e utilizza le teorie di Sharp per i propri scopi corrisponde a verità, ma è profondamente diverso da sostenere che lo stesso Sharp abbia volutamente scritto un manuale per il golpe blando in quanto agente della CIA.
Un’altra semplice domanda ai vari Innominabili: avete mai annusato il testo di un certo Edward Luttwak Strategia del colpo di Stato (sottotitolo assai indicativo: Manuale pratico)? Questo demoniaco consulente del Pentagono, cittadino israeliano nato in Transilvania e, lui sì, in stretti rapporti con la CIA e con il MOSSAD, fin dal 1968 afferma che una delle condizioni basilari per la riuscita di un golpe è la disperazione delle masse popolari costrette alla rivolta da parte di un potere che monopolizza l’intero apparato statale (vero o percepito che sia). Cinque anni dopo, la strumentalizzazione di una parte della popolazione che scendeva nelle piazze cilene per i primi cacerolazos della storia, assieme agli autotrasportatori che utilizzarono lo sciopero e il blocco dei rifornimenti, azioni teoricamente appartenenti alla non-violenza, furono indispensabili per la riuscita del golpe militare contro Allende.
Non credendo nelle coincidenze, sospettiamo che Luttwak non sia estraneo alla stesura del contemporaneo manuale Psychological Operations: U.S. Army Doctrine (FM 33-1) redatto nel giugno del 1968 dal US Department of the Army e utilizzato concretamente in Vietnam. Se poi l’Innominabile & C. volessero raffrontare il suo manuale pratico su come si organizza un golpe con il «Piano di rinascita democratica» redatto probabilmente nel 1976 e attribuito a Licio Gelli, ci troverebbero parecchie e significative consonanze.
Oltre a conoscere assai bene il testo guevariano, questo poco raccomandabile soggetto sa a memoria L’arte della guerra di Sun-tzu, Il Principe di Machiavelli, il trattato Della guerra di von Clausewitz e chissà che altro.
Del resto, le parole di Guevara che abbiamo riportato in epigrafe, valgono pure per gli avvenimenti del 2018 in Nicaragua: «è necessaria l’esistenza di un minimo di quelle condizioni atte a rendere realizzabile l’insediamento e il consolidamento del primo focolaio». Senza quelle condizioni minime e senza il consolidamento del foco, non poteva accadere ciò che è accaduto. Lo stesso Luttwak, nella premessa alla prima edizione del suo manuale pratico affermava che «in primo luogo, per poter attuare con successo un colpo di Stato, devono verificarsi determinate condizioni preliminari». E, nel capitolo appunto dedicato a Le condizioni preliminari del colpo di Stato aggiunge: «La massa della popolazione è politicamente passiva, ma si tratta della passività del silenzio imposto, non dell’inerzia. L’ira terribile causata dalle privazioni e dall’ingiustizia è sempre presente e a volte esplode» (Longanesi & C., 1969; pp. 41-42). Per la cronaca, il primo testo di Sharp, The Politics of Noviolent Action risale a cinque anni dopo.
A questo punto, ci poniamo ulteriori domande: chi aveva contribuito a creare in Nicaragua quelle «condizioni minime» di cui parla Guevara, sulle quali l’opposizione interna e i gringos si sono gettati come neri e saltellanti zopilotes su una carogna da spolpare? E, soprattutto chi, pur avvisato da tempo, con pochissimo intuito politico e la più assoluta mancanza di visione razionale, si è mosso come il classico elefante nella cristalleria, senza rendersi conto delle possibili, tragiche, conseguenze?