Arancini o arancine? Un dibattito “infuocato”
di Lella Di Marco
Mi sono “incartata” da sola. Non credevo ci fosse un dibattito così acceso che travalica le tradizioni, la linguistica, il campanilismo, il «glocalismo» per sfociare in questioni di alta economia e finanza.
Tutto è cominciato dal mio essere nonna e dal desiderio di parlare della mia città natale Trapani: sicché quando mio nipote – prima liceo – mi ha chiesto di raccontargli le tradizioni siciliane a Pasqua, per una ricerca suggerita dall’insegnante, non ho esitato a parlare della processione dei «misteri» nel suo significato storico, religioso e simbolico e poi della gastronomia tipica.
«Le arancine» nutrimento del corpo e dello spirito si alzano dalla terra con mani sapienti e abili per elevarsi al cielo. Un tempo si preparavano nelle festività per il pranzo pasquale, quasi un laboratorio per tutta la famiglia.
Informo mio nipote su fattura, prelibatezza, unicità, origini storiche… mai sospettando il giudizio negativo dell’insegnante.
Mi ri-trovo invece mio nipote molto critico nei miei confronti per una solenne correzione e la sostituzione del femminile con il maschile «ARANCINI» da parte dell’insegnante.
Devo riacquistare credibilità con mio nipote. Con l’insegnate non “oso” interloquire: io non metto in discussione la “buona scuola” (?) di Renzi e il valore dei docenti…
Faccio un po’ di ricerca fra linguistica e antropologia: con grande sorpresa, scopro che da anni c’è un dibattito in corso che sembrava apparentemente superato, ma si è riacceso in preparazione della partecipazione della Sicilia all’Expo di Milano.
Andando con ordine e in modo scientifico, esaminando la situazione nelle diverse zone della Sicilia.
Fra la “parlata “ orientale e quella occidentale dei siciliani c’è differenza. Si risente ovviamente più o meno delle diverse dominazioni subite, quindi è probabile che nelle zone di Catania, Agrigento, Ragusa (dove si parla in modo strano?) «arancina» pronunciata male sia diventata arancinu.
Ogni zona dell’isola ne rivendica la paternità e le origini arabe.
Tutto il dibattito minuto per minuto si trova nel web, compresa la posizione dell’Accademia della crusca che si è scomodata per tale nobile dibattito…
Io provengo da Trapani, con studi universitari a Palermo, quindi sono linguisticamente “nel giusto”; e comunque ho fatto le mie indagini scientifiche a Bologna consultando il mio “arancinaro di fiducia” palermitano doc.
A Bologna stanno fiorendo innumerevoli esercizi commerciali di stampo siciliano (rosticcerie, panellerie, dolcerie, pescherie… insomma tutte dell’agro alimentare). Si dice che sono imprese mafiose spostate in Emilia-Romagna. Io non ci credo e come dice il mio “panellaro”: «CAMMINANDO PER STRADA LA MAFIA NON L’HO MAI INCONTRATA»… Neanche io.
Il mio arancinaro di fiducia in questi giorni è fiero che AL PRIMO FESTIVAL FOOD STREET a Palermo (18 e 19 aprile scorsi) siano state vendute sette mila arancine. Il medesimo è però turbato quando i clienti entrano nel suo ristorante e gli chiedono “arancini” o quando nei supermercati, reparto rosticceria, vicino al piatto con le palle di riso trova il cartellino «arancini siciliani».
Capisco il disagio…
La mia posizione è che non si tratti di linguistica ma di una deliberata volontà politica, del potere maschile dominante, di appropriarsi di uno “spazio” di identità femminile.
A sostegno di tale mia posizione cito come nessun dubbio mai sia affiorato sull’identità di genere del «panino con le panelle». Si tratta di una identità maschile proletaria precisa, legata ai muratori… e alla loro pausa di mezzogiorno: mafalda (pane tipico) fresca con il sesamo, farcita di melanzane fritte, panelle, cazzilli, caciocavallo a fili.
Stessa cosa per il cannolo di ricotta.
Su tale prelibatezza “ne so a pacchi”: conosco la ricetta autentica (però non posso rivelarla) perché i cannoli li preparo e sulle origini sono molto documentata. QUI L’IDENTITA’ E’ MASCHILE SENZA ALCUN DUBBIO. Nessuno osa discutere: la forma fallica è eloquente spiegazione del suo valore simbolico quindi …
Tutte le città della Sicilia “ovviamente” rivendicano le origini con riferimento alla dominazione araba nel loro territorio Ma come sappiamo gli arabi non stavano fermi; si “catamiavano” in continuazione …
Le leggende sono numerose come le allusioni popolari. Il riferimento non è al priapismo dei siciliani… ma è pur sempre una “QUESTIONE D’ONORE”. Certo è che di organo genitale maschile si parla: che ci si riferisca a «Scettru di ogni Re e virga di Mosè» o all’omaggio che alcune concubine hanno voluto fare al loro padrone forse a Caltanissetta (“Kalt El Nissa” locuzione che in arabo significa «castello delle donne», a quei tempi sede di numerosi harem di emiri saraceni).
Può darsi che sentiremo ancora discussioni sulla identità di genere dell’arancina e sul potere evocativo del cannolo all’EXPO. Dicono – ma io non ci credo – che le imprese mafiose si stiano preparando in grande stile, senza badare a spese e a …profitti.
A questo punto il discorso diventa ancor più complesso: rimando ogni curiosità storica o approfondimento alla consultazione dei testi indicati in fondo.
Io preferisco concludere con la bocca dolce e gli occhi pieni… ricordando il mio amato PITRE’ che riferisce di un canto anonimo sulle lodi del prelibato dolce: peccato che, tanto per rimanere in tema di sesso, si concluda con un CORNUTU.
Beddi cannola di Carnalivari
bel cannolo di carnevale
Megghiu vuccuni a lu munnu ‘un ci nn’è:
non c’è miglior boccone al mondo:
Su biniditti spisi li dinari.
benedetti i soldi spesi.
Ognu cannolu è scettru d’ogni Re.
Ogni cannolo è scettro di re.
Arrivinu li donni a disistari;
Arrivano le donne a gioire;
lu cannolu è la virga di Mosè.
il cannolo è la verga di Mosè.
Cui nun ni mangia si fazza ammazzari,
vada a farsi ammazzare chi non ne mangia,
Cu li disprezza è un gran curnutu affè!
chi li disprezza è veramente un gran cornuto.
BIBLIOGRAFIA MINIMA
Antonino Tobia – la storia presa per la gola- www.trapaninostra.it/…Tobia/La_storia_presa_per_la_gola/La_storia_presa_ per_la_gola.htm: ricerca storica sulla gastronomia legata ai segni lasciati dalle dominazioni straniere in Sicilia (scaricabile per intero gratuitamente)
«Il libro d’oro della cucina e dei vini di sicilia» di Pino Correnti- casa editrice Mursia
www.cannoliworld.com di Rosa Maria Manuli sull’origine dei cannoli;
www.jamayca.multiply.com – “notizie storiche: tra leggenda e tradizione”;
www. godocoldolce.it – “il cannolo siciliano. Storia dei dolci”;
www.taccujinistorici.it. – “Cicerone e il cannolo siciliano”;
www.experiences.it – “i cannoli di Carnevale” di Rosa Maria Manuli.
“beddi cannola” è plurale : bei cannoli.
Io ho detto sempre : arancini. Al femminile non l’ho mai letto nè sentito.
non mi posso schierare perchè sono di Roma: conosco bene i supplì (una squisitezza sconosciuta – e aggiungo: ahimè – qui al Nord)
non c’è alcun dubbio, trattatasi di dogma: “arancinA” a Palermo, mentre “arancinO” a Catania.
chi dice il contrario è un curnutu!
per essere essenziali il termine più corretto è arancina: il nome arriva dalla somiglianza all’arancia, quindi dall’arancia all’arancina. ma in siciliano il frutto si chiama anche al maschile aranciu, aranci (dal fruttivendolo: mi rassi u’ chilu ri aranci – mi dia un chilo di arance). a palermo, dove si è caratterizzata e diffusa ed elaborata maggiormente, l’evoluzione linguistica a condotto all’espressione più appropriata. ma siccome ogni posto ha una sua storia ognuno lo chiami come vuole. ma l’arancina non è la sola a sollevare questioni: io ho avuto discussioni infuocate per la muffoletta e la vastedda (cos’è una e cos’è l’altra: pagnotta di pane con la mollica o senza?)
CARISSIMI-E
MI PIACE CHE CI SI ENTUSIASMI…
IO INTANTO VOGLIO RINGRAZIARE MIA SORELLA DONATA CHE ABITA A PALERMO (IO SONO EMIGRATA A BOLOGNA) PER LE FOTO E LE NOTIZIE CHE MI FORNISCE CONTINUAMENTE SULLA VITA QUOTIDIANA NELL’ISOLA
IO INTENDO CONTINUARE LA MIA RICERCA SUL CIBO SICILIANO…PERTANTO
INVITO I LETTORI E LE LETTRICI AD INFORMARMI, QUALORA AVESSERO DATI CERTI ,SULLE ORIGINI ” DEI CAZZILLI ” FAMOSISSIMI A PALERMO, SULLA CUI IDENTITA’ DI GENERE NON CORRE ALCUN DUBBIO…
GRAZIE
LELLA DI MARCO