Contro Mondiali: le parate dell’argentino Fillol contro la dittatura militare
L’estremo difensore, campione del mondo con l’albiceleste nel 1978, ancora oggi esprime amarezza per la strumentalizzazione della vittoria da parte della giunta Videla-Massera-Agosti.
di David Lifodi
“Firma il contratto con il River Plate o ti faccio sparire in trenta secondi”: disse più o meno così il vice ammiraglio Carlos Alberto Lacoste, uomo di spicco della giunta militare argentina, rivolgendosi a Ubaldo Matildo Fillol, portiere campione del mondo dell’albiceleste che conquistò la coppa nel 1978. Per ribadire ancora meglio il concetto Lacoste, anche uno dei principali organizzatori della massima competizione calcistica ed esponente della Fifa, fece intravedere all’estremo difensore che era in possesso di una pistola.
Oggi, a difesa di un’Argentina che ha iniziato in maniera disastrosa i mondiali di Russia 2018, in porta gioca Caballero: chissà se è a conoscenza delle gesta di “El Pato” Fillol in campo e della sua determinazione anche fuori dal rettangolo verde? Il portiere della Selección che vinse quei mondiali su cui il triumvirato militare aveva scommesso per cementare il consenso all’interno del paese e mostrare all’estero che in Argentina non c’era alcuna violazione dei diritti umani, ha sempre espresso il suo dispiacere perché la nazionale di allora fu associata in toto alla dittatura, come se tutti i calciatori fossero conniventi con il regime. Almeno per quanto riguarda lui, non fu senz’altro così. In un suo recente incontro con le Madres de la Plaza de Mayo, sia il portiere sia le madri dei desaparecidos hanno scoperto di aver vissuto in maniera simile quel mondiale. Da un lato, nei novanta minuti delle partite sembrava che l’unica cosa importante fossero le sorti dell’Argentina calcistica, addirittura gli stessi prigionieri politici gioivano per i successi della squadra, dall’altro, subito dopo il triplice fischio dell’arbitro, l’orrore si ripresentava nelle celle dei detenuti, nelle case dei familiari dei desaparecidos e nelle teste dei calciatori. Tutto ciò è raccontato nella canzone di León Gieco La memoria, a partire dalla significativa frase Cuando el fútbol se lo comió todo.
Fillol, ancora oggi, esprime il suo disagio per i festeggiamenti della squadra mentre i militari e i grupos de tarea effettuavano il lavoro sporco al servizio della dittatura e, per questo motivo, ha chiesto scusa alle madri dei desaparecidos, che pure il 14 giugno 1978, in occasione di Italia-Germania, fecero il loro ingresso nel mitico Monumental, lo stadio del River Plate poco distante dall’Esma, il più grande centro clandestino del paese, per lasciare nei bagni una serie di volantini in cui sottolineavano le responsabilità della dittatura nella sparizione e nella detenzione dei loro figli. Il mundial lo vinse la squadra, non i militari, che cercarono di strumentalizzarlo in tutti i modi, ha ripetuto “El Pato”, per tutta la vita.
Estremo difensore dell’Argentina per tre mondiali, Fillol fu scoperto da Renato Cesarini, prima calciatore e poi allenatore italiano con la cittadinanza argentina, noto per segnare spesso negli ultimi minuti, da cui è nata la cosiddetta “zona Cesarini”. Inizialmente Fillol difese la porta della squadra della sua città, San Miguel del Monte, fin da giovanissimo, per guadagnarsi in seguito un contratto con il Quilmes, la più antica società del calcio argentino. Ancora oggi “El Pato” detiene il record di portiere che ipnotizzava gli attaccanti dal dischetto: con la maglia del Racing Avellaneda parò ben sei rigori.
Divenuto una leggenda del calcio argentino e non solo (il portiere ha difeso anche le porte di Argentinos Juniors, River Plate, Flamengo, Vélez Sársfield e Atletico Madrid), Fillol di recente ha pubblicato la sua autobiografia, El Pato, mi autobiografía (Editorial Planeta, 2018), recensita sull’ultimo numero dell’edizione italiana di Le monde diplomatique, in edicola ogni mese con il quotidiano il manifesto. “Proviamo un grande dolore perché nel tempo ci siamo resi conto che questo meraviglioso risultato è stato utilizzato per proseguire con i rapimenti”, ha ripetuto una volta di più il portiere alla vigilia dei mondiali di Russia riferendosi alla vittoria della Coppa del mondo del 1978.
Considerato come il miglior arquero nella storia del calcio argentino, Fillol ha sbarrato la sua porta agli attaccanti avversari e a quella repressione a cui inneggiano un giorno si e l’altro pure il presidente Mauricio Macri e gli uomini del suo governo.
Fino al 16 luglio, giorno della finalissima di Russia 2018, la Bottega ospiterà articoli dedicati a raccontare la massima competizione calcistica in maniera altra.